Spirito
Papa Leone XIV intende preservare le tradizioni liturgiche
In un discorso pronunciato il 14 maggio 2025, in occasione del Giubileo delle Chiese orientali legate a Roma, il Sommo Pontefice, seguendo le orme del suo lontano predecessore Leone XIII, ha voluto adottare misure concrete per non permettere la scomparsa dei riti cattolici orientali.
Rivolgendosi a loro, papa Leone XIV ha insistito sulla necessità di riscoprire il senso del primato di Dio, caratteristica spiccata delle liturgie orientali: «abbiamo un grande bisogno di riscoprire il senso del mistero che rimane vivo nelle [liturgie orientali], liturgie che cantano la bellezza della salvezza», ha affermato il nuovo successore di Pietro, richiamando la ricchezza teologica di queste liturgie.
E il papa si è lasciato andare a una riflessione sulla dimensione «medicinale» delle tradizioni spirituali orientali che coniugano «il dramma della miseria umana con lo stupore per la misericordia di Dio»: un approccio orientale che non è privo di echi delle tradizioni liturgiche della Chiesa latina, ma è ben lontano dalle innovazioni liturgiche degli ultimi cinquant’anni.
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Un aspetto centrale dell’intervento di Papa Leone XIV ha riguardato la situazione dei cattolici orientali nella diaspora, in particolare in Occidente, dove spesso si trovano sotto la giurisdizione di un clero latino. Consapevole delle sfide poste da questa realtà, il Santo Padre ha incaricato il Dicastero per le Chiese Orientali di definire principi, norme e linee guida affinché i vescovi latini possano sostenere i fedeli orientali nel preservare le loro tradizioni liturgiche e spirituali.
Papa Leone XIV, ribadendo esplicitamente l’appello di Leone XIII a proibire ai missionari latini di spingere i cattolici orientali ad adottare il rito latino, sottolinea l’importanza di rispettare l’autonomia delle Chiese sui iuris e di promuovere una maggiore consapevolezza tra i cristiani latini del valore delle tradizioni orientali.
Ma esiste anche un’altra «diaspora», all’interno della Chiesa latina, : composta da quei numerosi fedeli e sacerdoti che, poco considerati –per usare un eufemismo – dalla gerarchia ufficiale, si sforzano, in mezzo a difficoltà di ogni genere, di preservare il patrimonio tradizionale e la dottrina della Chiesa latina. Che il successore di Francesco ne tenga conto.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine screenshot da YouTube
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Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
Tralasciando il dubbio valore delle nuove procedure di canonizzazione, una doppia canonizzazione in Venezuela è diventata rapidamente una questione di Stato, rivelando le profonde fratture tra una Chiesa cattolica fortemente coinvolta nell’arena politica, a rischio di apparire come una forza di opposizione, e il potere chavista detenuto dal presidente Nicolas Maduro.
Per comprendere la storia, dobbiamo fare un passo indietro. Il 19 ottobre 2025, papa Leone XIV proclamò «santi» i primi due venezuelani nella storia del Paese: José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri», e María del Carmen Rendiles Martínez, fondatrice della comunità delle Serve di Gesù. L’evento divenne rapidamente un affare politico.
Nicolás Maduro, al potere dal 2013, non ha perso tempo a sfruttare la canonizzazione. Dopo la cerimonia nella casa-museo di José Gregorio Hernández, circondato da fedeli e autorità governative, il capo dello Stato ha rilasciato una serie di dichiarazioni sui social media: «Siamo felici per i nostri santi. Sono entrambi grandi! Il papa ha agito giustamente!», ha dichiarato, esprimendo «immensa, eterna gratitudine» al pontefice, che ha definito un «amico» e un «fratello».
E presentare l’evento come un gesto provvidenziale di fronte alle «minacce» che la «più grande potenza militare della storia» rappresenterebbe nei Caraibi, vale a dire gli Stati Uniti, che da diversi anni cercano invano di far cadere il regime chavista.
Il chavismo ha una lunga storia con la religione: Hugo Chavez ha invocato la cosiddetta Teologia della Liberazione per la sua «Rivoluzione Bolivariana». Il processo di canonizzazione, guidato con grande entusiasmo dal defunto Papa Francesco, è visto da Nicolas Maduro come una forma di benedizione per il regime.
Ma l’opposizione non è rimasta indietro. Maria Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025, un premio altamente politico, ed Edmundo Gonzalez, il candidato presidenziale fallito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui José Hernández e Carmen Rendiles vengono descritti come «due santi per 30 milioni di ostaggi venezuelani», riferendosi al destino di 800.000 prigionieri «politici» e migliaia di esuli.
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«Questi santi esemplari, che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri, offrono speranza e consolazione in mezzo all’oscurità», scrivono, invocando un «miracolo imminente»: la caduta del regime chavista.
Temendo che la messa papale del 19 ottobre potesse suggerire una forma di approvazione per Maduro, il giorno seguente, durante una messa di ringraziamento a San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex nunzio in Venezuela dal 2009 al 2013, ha pronunciato un’omelia in cui ha chiesto «di aprire le prigioni ingiuste, di spezzare le catene dell’oppressione, di liberare gli oppressi, di spezzare tutte le catene».
Il caso torna di attualità a Caracas: la «Festa della Santità», prevista per il 25 ottobre 2025 allo stadio Monumental Simon Bolívar , davanti a 50.000 fedeli e alla presenza di tutti i vescovi venezuelani, è stata annullata il 22 ottobre, ufficialmente per «problemi di sicurezza e capienza» – erano state registrate più di 80.000 iscrizioni mentre la capienza non supera i 40.000 posti: «È una questione di sicurezza, sarebbero stati necessari circa tre stadi», spiega uno dei portavoce dell’arcidiocesi.
Nell’arcidiocesi di Caracas si vociferava addirittura che il regime chavista intendesse noleggiare autobus per migliaia di sostenitori, trasformando l’evento in una dimostrazione di forza pro-Maduro. Il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, ha denunciato il 17 ottobre una situazione «moralmente inaccettabile»: «crescente povertà, militarizzazione come forma di governo, corruzione, mancanza di rispetto per la volontà popolare» e ha chiesto il rilascio dei prigionieri.
Nicolas Maduro rispose quattro giorni dopo: «Baltazar Porras ha dedicato la sua vita a cospirare contro José Gregorio Hernández (uno dei neo-canonizzati). È stato sconfitto da Dio, dal popolo». L’accesa discussione tra Chiesa e Stato – in un Paese in cui l’80% della popolazione è cattolica – arriva mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione contro il regime chavista.
Lo schieramento di una grande flotta al largo delle coste del Paese, accompagnata da un sottomarino nucleare d’attacco, da caccia F-35 e dalla CIA ufficialmente autorizzata da Donald Trump a operare sul territorio venezuelano: si intensifica la pressione su un Paese economicamente rovinato dal bolivarianismo e che – per fortuna o per sfortuna? – è uno dei più dotati in termini di risorse petrolifere. Abbastanza da suscitare cupidigia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Guillermo Ramos Flamerich via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
Omelia relativista di Papa Leone XIII: «nessuno possiede tutta la verità»
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