Spirito
Papa Francesco attacca il cardinale Burke e i critici del Sinodo: non difendono «la vera dottrina cattolica»
Nel suo volo di ritorno dalla Mongolia la scorsa settimana, papa Bergoglio ha attaccato il cardinale americano Raymond Leo Burke e quanti esprimono preoccupazione per il prossimo «Sinodo sulla sinodalità».
Riguardo al Sinodo che si svolgerà a Roma per quasi tutto il mese di ottobre un gruppo di giornalisti hanno sollevato interrogativi con un libro recentemente pubblicato, la cui prefazione è stata scritta dal cardinale Burke. Il testo si intitola Il processo sinodale è un vaso di Pandora e mette in guardia il Sinodo un tentativo di «cambiare radicalmente l’autocomprensione della Chiesa, in accordo con un’ideologia contemporanea che nega gran parte di ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato».
Secondo il libro vi sarebbero «voci eretiche all’interno della Chiesa cattolica» che stanno promuovendo un «programma radicale» attraverso il Sinodo sulla sinodalità. Questo programma, notano i due autori, si riassume in «distorcere la dottrina, sovvertire la tradizione e smantellare la natura gerarchica della Chiesa».
Nella prefazione il cardinale Burke discute gli interventi regolari di Papa Francesco su come la Chiesa deve diventare «sinodale»: «ci viene detto che la Chiesa che noi professiamo, in comunione con i nostri antenati nella fede fin dal tempo degli Apostoli, essere Una, Santa, Cattolica e Apostolica deve ora essere definita dalla sinodalità, termine che non ha storia nel mondo della dottrina della Chiesa e per la quale non esiste una definizione ragionevole» scrive il prelato statunitense.
Burke denuncia quindi la «sinodalità» come copertura di una «rivoluzione» che sta lavorando per alterare «radicalmente» la Chiesa cattolica in linea con una «ideologia contemporanea» che rifiuta gran parte dell’insegnamento della Chiesa: «la sinodalità e il suo aggettivo, sinodale, sono diventati slogan dietro i quali è all’opera una rivoluzione per cambiare radicalmente l’autocomprensione della Chiesa, in accordo con un’ideologia contemporanea che nega gran parte di ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato. Non si tratta di una questione puramente teorica, perché già da alcuni anni l’ideologia è stata messa in pratica nella Chiesa in Germania, diffondendo ampiamente confusione ed errore e il loro frutto, la divisione – anzi lo scisma – con grave danno di molte anime».
Il cardinale incoraggia i difensori della tradizione cattolica a ricorrere alla «verità di Cristo… così come ci viene tramandata nella dottrina e nella disciplina immutabili e immutabili della Chiesa».
Solo questa verità, scrive Burke, «può affrontare efficacemente la situazione smascherando l’ideologia all’opera, correggendo la confusione mortale, l’errore e la divisione che sta propagando, e ispirando i membri della Chiesa a intraprendere la vera riforma che è la conversione quotidiana a Cristo vivo per noi nell’insegnamento della Chiesa, nella sua preghiera e adorazione, e nella sua pratica delle virtù e della disciplina».
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In aereo tornando da Ulaan Bator, è stato chiesto dalla testata argentina Vida Nueva, considerata vicina al papa, se tale tipo di visione potrebbe «influenzare il Sinodo».
Papa Francesco non sembra aver risposto direttamente alla domanda, ma prima ha raccontato una conversazione telefonica avuta con una suora carmelitana, che gli aveva parlato del timore della sua comunità che il Sinodo potesse cambiare la dottrina della Chiesa.
«Se si va alla radice di queste idee, troverai delle ideologie» ha ammonito il papa. «Sempre, quando nella Chiesa si vuole attaccare il cammino di comunione, quello che attacca sempre è un’ideologia».
«E accusano la Chiesa di questo o di quell’altro, ma mai la accusano di quello che è vero: che è peccatrice. Mai dicono: “È peccatrice”»
Il Papa ha continuato, suggerendo che la dottrina difesa dai critici del Sinodo – il Sinodo che ha messo in discussione l’insegnamento cattolico sulle questioni LGBT, sui preti sposati e sulle donne diaconi – non era in realtà l’autentica dottrina cattolica:
«Difendono una “dottrina”, tra virgolette, che è una dottrina come l’acqua distillata, non sa di niente, e non è la vera dottrina cattolica, che è nel Credo. È che tante volte la vera dottrina cattolica scandalizza, come scandalizza l’idea che Dio si è fatto carne, che Dio si è fatto uomo, che la Madonna ha conservato la sua verginità… Questo scandalizza» ha dichiarato il papa.
Come nota LifeSite, «non è del tutto chiaro se il Papa avesse l’impressione che l’Incarnazione o la nascita verginale fossero esempi di scandalizzazione positiva, con cui la verità viene presentata al mondo in linea con la Scrittura (1 Pietro 2:8), o di scandalo negativo con cui vengono presentati insegnamenti o esempi immorali (Mt 18:7)».
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Come riportato da Renovatio 21, durante il viaggio aereo, sorvolando la Repubblica Popolare Cinese, il papa ha mandato due messaggi di benedizione a Xi Jinping.
La sottomissione del Vaticano a Pechino, forse frutto di ricatti indicibili, si è manifestato apertamente con la nomina del vescovo di Shanghai, scelta dal potere comunista cinese senza consultarsi con la Santa Sede, come gli Accordi-sino vaticani (di per sé già infami e traditori) prevederebbero.
Ciò porta Bergoglio ad essere in totale antitesi con Burke anche sul tema Cina: come riportato da Renovatio 21, durante una recente messa in Wisconsin, il cardinale americano ha tuonato con veemenza contro i comunisti cinesi che si sono «ribellati a Dio» e hanno «perseguitato crudelmente» i cattolici.
Il cardinale Burke nel marzo 2019 partecipò al convegno di Roma organizzato da Renovatio 21 «Fede, Scienza e coscienza» che verteva sul tema di vaccini e linee cellulari da feto abortito.
Qui sotto il video dell’intervento del cardinale Burke al convegno di Renovatio 21.
Immagine screenshot da YouTube
Spirito
Io difendo Ambrogio e Ambrogio difende me
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Devozione
Fu con quella cartolina in tasca che un pomeriggio d’inverno, senza saper neanche bene perché, entrai per la prima volta nella Basilica di Sant’Ambrogio. Vagai per la navata, che rispetto a quella del Duomo, notai, era più luminosa, e non so quanto la cosa mi piacesse. Osservai quella colonna stranissima che si erge a metà chiesa, che sopra monta un serpente di bronzo. Ero confuso. C’era pace. Quello, sì, lo sentivo distintamente. Non passò molto prima di venir magnetizzato verso il fondo della Basilica. E di lì, giù per quella mezza manciata di scalini. Ero entrato nella cripta. Non ero preparato: non mi aspettavo di trovare, in quel cunicolo buio sotto l’altare, tre scheletri — gli unici punti illuminati — e una grande cancellata di metallo a dividermi da essi. Di quella prima volta, conservo il ricordo nitido di una sola figura umana che stava dinanzi a me. Una ragazzina, che non arrivava ai vent’anni. Composta, nel suo cappottino elegante, stivali alti, gli occhi azzurri, che potevo scorgere con un bagliore proveniente dall’esterno, trasmettevano fierezza, ma non solo quella. Era in ginocchio davanti alla cancellata, rivolta verso i Santi. Le mani erano giunte in preghiera. Con le stesse, poi si aggrappava alle barre di metallo. Come se fossero le inferriate di un carcere, come se ardesse per liberare se stessa o qualcos’altro, tenuto appena oltre quelle sbarre. Cosa stava facendo? Perché una ragazza così — una ragazza di buona famiglia, che trovavo anche carina — aveva bisogno di fare una cosa simile? Pregare con tutto lo spirito uno scheletro? La risposta è in qualcosa che imparai a comprendere tempo dopo: devozione. La devozione era, in realtà, quella fierezza che avevo fugacemente letto negli occhi di Penelope, e che ora veniva irradiata da questa ragazzina. Una devozione speciale, personale, locale: quella fanciulla stava pregando il protettore della città. Il difensore proprio di quella città specifica. Passarono gli anni, passarono le fidanzate, le fortune, le sventure, gli studi, i lavori, le gioie, le disgrazie, i sindaci e i governi: eppure mi ritrovai sempre, e sempre più spesso, immerso in quella cripta. Con il tempo, mi ritrovai ad emulare quella ragazzina che non vidi mai più: in ginocchio, le mani a stringere forte quella grata, di cui anche ora che scrivo percepisco il freddo del metallo mentre tocca i miei palmi. A volte, su quella grata appoggio anche la testa, così, tra una sbarra e l’altra, nell’impossibilità di fare passare attraverso il mio cranio, così, in quello che è anche un appoggio di sollievo, sempre con il ferro gelido a toccarmi fino alle ossa. In ginocchio, a parlare con il Patrono. A chiedergli di proteggermi, e di proteggere tutta la città dove vivevo. Proteggere Milano, perché a Milano, talvolta a distanza talvolta no, avevo visto ogni sorta di cosa. Avevo visto la gente brutalizzarsi nel modo più abietto; avevo visto la cattiveria dei potenti; avevo visto la cattiveria degli impotenti; avevo visto uomini combattersi e ammalarsi; avevo visto amici accumulare danari perdendo l’umanità e anche la famiglia; avevo visto un uomo spararsi davanti all’ex fidanzata nel bar sottocasa; avevo visto coetanei inghiottiti da abissi notturni per non riemergere più; avevo visto la droga (sia quella illegale che quella legale) consumare le menti di una o due generazioni per non lasciare niente; avevo visto una bella conterranea fucilata dal convivente impasticcato psichiatricamente, un’altra fu squartata dal rampollo suo convivente; avevo visto luoghi di perdizione vera, che ancora oggi mi chiedo come facciano ad esistere; avevo visto il crimine convivere tranquillo con la quotidianità; avevo visto l’ambizione delle persone renderle squallide, mostruose, deformi; avevo visto tradimenti, adulterii, ogni sorta di sovversione sessuale e morale; avevo visto ragazze rifiutare i propri figli, e ucciderli; altre ne avevo viste uccidere in provetta quantità indefinite di bambini per alla fine averne uno solo in braccio. Perversione, decadenza, morte. Milano è davvero una metropoli. Come non invocare la protezione di Ambrogio? La cosa mi era impensabile. Come non immaginare, mentre stringo quelle sbarre, che egli stenda un manto santo sopra la città? Che blocchi il Male che correva libero per quelle strade? Finii col credere fermamente che Ambrogio fosse ciò che tratteneva Milano dallo sprofondare in quell’Inferno di fuoco che avrebbe inghiottito quell’inferno umano che registravo con i miei occhi. Per questo, la preghiera in quella cripta divenne per me assidua.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Tales ambio defensores
Non posso enumerare le volte in cui sono finito davanti alle spoglie mortali di Ambrogio, Gervaso e Protaso. Per dei periodi, è stato un affare quotidiano. Mi sono aggrappato a quelle sbarre migliaia di volte; spesso sono stato mandato via dal solerte signore filippino (credo) che arriva con l’enorme, tintinnante mazzo di chiavi per chiudere tutta la basilica. Ho fatto ogni sorta di meravigliosi incontri in quel luogo santo. Ricordo quando, inciampandole addosso, dissi «izvinite» («mi scusi») a una anziana signora velata. Si faceva multipli segni della croce ed era, chiaramente, una delle tante signore ortodosse — per lo più immagino badanti, ma vi sono talvolta anche veri e propri gruppi di pellegrini — che vanno ad omaggiare Ambrogio. La signora, usciti dalla cripta, volle scambiare quattro chiacchiere con me, entusiasta del misero russo che stavo studiando. Pretese che salissi immediatamente con lei in metropolitana fino al Duomo, dove mi schiuse le porte di una chiesa ortodossa, che prima di allora mai avevo saputo esistere, appena dietro la cattedrale. La visita ad Ambrogio era una fermata che ella faceva prima di andare nella sua chiesa. C’erano tante signore (moldave, ucraine, bielorusse, russe, kazake…), alcune ho pensato fossero impiegate nell’assistenza di malati o anziani, altre, più giovani ed eleganti, lavoravano chiaramente nella moda; altre ancora, più formose e appariscenti, probabilmente si occupavano di altro – tutte, però, portavano il velo. C’erano i pope con barbe e vesti scure e lunghissime, le candele, l’iconostasi immensa con i suoi bagliori dorati. Tutto sembrava solenne anche se non vi era una funzione in corso. Anche la signora moldava, come Penelope, mi passò una cartolina, e cioè quel che poteva donarmi di più vicino ad una icona. Capii di essere finito un’altra volta in un circuito invisibile il cui termine era sempre e comunque Ambrogio. La devozione. Sì, il circuito della devozione, la cui fermata principale era quella cripta, in cui sono finito non perché ho letto un libro (ignoravo, e tuttora ignoro tutto del Santo!) ma perché sospinto da questo flusso intangibile che scorreva a Milano attraverso perfino i cuori degli stranieri. In quella cripta ho portato tutto: dalle gioie dei primi (piccoli) incassi per i lavori compiuti alla morte di un genitore, dalla speranza di prosperità alla frantumazione del mio essere che a volte gli eventi milanesi potevano cagionare. Soprattutto, ho portato la mia pochezza. Il mio bisogno di essere protetto, difeso. «Tales ambio defensores» disse Ambrogio quando rinvenne i corpi dei due martiri Gervaso e Protaso che ora giacciono con lui (fu l’esito di uno scavo che egli volle commissionare guidato da un presagio interiore; l’evento gli permise di vincere definitivamente il cuore di Milano, che all’epoca contava molti eretici ariani). Me lo sono ripetuto anche io tante volte: «Tali difensori io desidero».Sostieni Renovatio 21
Nemici di Ambrogio
Al contempo, mi sento in dovere di difendere Ambrogio. Perché, per quanto possa sembrare incredibile, Ambrogio ha dei nemici. Forze che bramano la distruzione di Ambrogio e di quel fiume invisibile che mi ha portato da lui. Nel 1799 i napoleonici della Repubblica Cisalpina vollero che la Basilica venisse trasformata in un ospedale militare. Altre forze figlie della Rivoluzione — i nostri «liberatori» angloamericani — bombardarono vigliaccamente dal cielo Sant’Ambrogio nel 1943. Poi, il 28 giugno 2000 il Male e la sua manovalanza terrena passano all’attacco diretto, penetrando sino al cuore ambrosiano. Nascondono in un inginocchiatoio della nostra cripta uno zaino con due bottiglie contenenti benzina, collegate a un innesco chimico alimentato da una pila. Una bomba incendiaria. (Bruciare Ambrogio e il suo tempio, lo dirò più sotto, potrebbe avere un suo significato di nemesi precisa). L’ordigno è trovato dalla Digos, perché un quotidiano riceve un volantino di rivendicazione. Gli esecutori dovrebbero essere gli anarchici della sigla «Solidarietà Internazionale»; protesterebbero per una cerimonia della polizia penitenziaria. Io in realtà so che, da secoli, vogliono colpire qualcosa di più grande, qualcosa di fondamentale per l’equilibrio di tutta la città – e della mia vita. Vogliono colpire Ambrogio. Vogliono colpire la sua devozione. Perché so tutto questo, non mi son sorpreso quando qualche anno fa uscì sotto forma di libro un attacco ad Ambrogio. Il libro, incensato dall’intero arco delle gazzette nazionali, da Il Sole 24 ore a Il Manifesto, portava la firma di una vecchia conoscenza, diciamo così, tale Franco Cardini. Il titolo non è molto sibillino: Contro Ambrogio.Aiuta Renovatio 21
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Tradidi quod et accepi
Voglio concludere. Molto ci sarebbe da dire, come per esempio il mio disgusto per i ciellini (e il loro vescovoni trombati e infelici) che cianciano di «libertà religiosa» quando il Santo della loro capitale ne è stato il più acerrimo nemico, e su di essa — in ispecie contro i pagani — ha combattuto una guerra infuocata, e l’ha vinta. Qualcuno mi accuserà: perché parli, sei uno storico? Un teologo? Un sapiente? No, non lo sono. Sono un uomo ignorante, e l’unica storia che conosco davvero, riguardo Ambrogio, è quella che mi ha portato a lui. Sono solo una persona che riesce ancora a struggersi davanti alla devozione; qualcuno di così ottuso da stupirsi del fatto che esiste ancora; qualcuno di così scemo da credere che la devozione sia non solo necessaria, ma perfino «efficace». Sono un peccatore: sono uno che ad Ambrogio chiede aiuto. Non ci ho scritto libri, non ho studiato a fondo la sua vita e le sue opere. Una cosa però l’ho fatta. Ho portato ad Ambrogio una ragazza, S., tedesca, come Ambrogio. S. aveva un problema, non riusciva più ad entrare in chiesa senza avere un attacco di pianto. Il motivo, ho ipotizzato, era legato a delle vicende personali. La sua famiglia ha attraversato momenti bui, in parte irrisolti, in parte risolti, che hanno lasciato un segno sul suo spirito. In chiesa, mi ha poi spiegato, non riusciva ad entrare perché «non mi sentivo pura a sufficienza», anche se S. è una delle persone più pure che conosco a Milano. Ho fatto fatica. Le prime volte, trascinarla era un vero esercizio di violenza psicologica. «Io vado dentro, devi proprio fare queste scene?». Seguivano occhi sgranati, afasie, imbarazzi paralizzanti, lacrime. Ho iniziato così pian piano a portarla alla messa della domenica sera. Nella pratica, è vero che qualche volta è svenuta, subito soccorsa da fedeli circostanti. Ma ora è tutto alle spalle. Mi esprime, anche troppo spesso, la sua gratitudine per la mia ostinazione. È amica dei sacerdoti come degli altri fedeli, è assidua. Si chiede spesso perché io abbia spinto tanto: il perché lo sa Ambrogio, io sono solo la nanometrica parte del suo circuito invisibile. Qualche giorno fa, S. ha ricevuto finalmente la Cresima, che le mancava. Voleva che facessi da padrino, ma lontano come sono oggi dalla Chiesa conciliare, non per un secondo ho pensato che potessi essere io a sigillare la fine di questa minuscola storia ambrosiana. Nonostante lo stato di aberrazione in cui versa la Chiesa, posso dire che questo è il mio microscopico contributo alla Tradizione: ho tramandato la devozione che ho ricevuto, ho mandato ad Ambrogio qualcuno, come vi ero stato mandato io. Ho conservato, e tramandato, la devozione al cuore di Milano e della vera Cristianità. Io difendo Ambrogio perché Ambrogio difende me. Roberto Dal BoscoIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Notre-Dame brucia e la Madonna viene privata del suo titolo
Il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato la Mater Populi Fidelis il 4 novembre 2025. Approvato da Leone XIV, questo documento priva la Madonna del titolo di Corredentrice.
Si tratta tuttavia di un titolo eminentemente tradizionale, come affermava Leone XIII nell’enciclica Adjutricem Populi del 5 settembre 1895: «Come ella era stata strumento del mistero dell’umana Redenzione, così, con il potere quasi illimitato che le era stato conferito, era dispensatrice della grazia che da questa Redenzione deriva per sempre».
Come ha potuto Leone XIII sbagliarsi così tanto? Non solo lui, ma anche i suoi successori: San Pio X (Ad Diem Illum, 2 febbraio 1904), Benedetto XV (Inter sodalicia, 22 marzo 1918), Pio XI (Discorso del 30 novembre 1933 ai pellegrini di Vicenza in Italia) e Pio XII (Mediator Dei, 20 novembre 1947, e Ad Cæli Reginam, 11 ottobre 1954), che hanno tutti parlato della corredenzione di Maria. Il recente documento romano ha ragione contro tutti questi papi?
Il 15 e 16 aprile 2019, Notre-Dame de Paris è stata devastata dalle fiamme. Di fronte a questo tragico incendio, un’immensa emozione ha scosso il mondo intero, ma si trattava solo di una cattedrale di pietra. Oggi, è la Casa d’Oro, l’Arca dell’Alleanza, la Porta del Cielo, come cantano le litanie della Vergine Maria, a essere privata del titolo di Corredentrice.
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Un’emozione ancora più intensa si impadronisce dell’intera cristianità, sconvolta nel vedere che questa detronizzazione è opera di un dicastero romano incaricato di insegnare la fede nella sua integrità e completezza.
Ieri Notre-Dame è stata incendiata. Ma la cattedrale è stata ricostruita pietra su pietra; i discendenti dei costruttori medievali si sono alternati giorno dopo giorno, con infinita pazienza e notevole abilità. Ancora una volta, la Madonna protegge Parigi con il suo manto materno. È lì, in piedi. Stabat Mater.
Oggi, la Madonna, Corredentrice, è spogliata. Ma la pietà filiale dei cattolici restituirà onore alla Beata Vergine, con tutti i suoi titoli, attraverso la recita fervente del Rosario e delle sue litanie. La fermezza dei costruttori si opporrà all’empietà dei demolitori.
Con questa incrollabile certezza, i documenti degli attuali dicasteri passeranno, e anche i loro autori. La Madonna rimarrà Corredentrice, ai piedi della Croce. Stabat Mater .
Don Alain Lorans
FSSPX
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immaine di Olivier Mabelly via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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