Persecuzioni
Pakistan, folla picchia a morte un uomo accusato di blasfemia
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Muhammad Waris è stato portato fuori dalla stazione di polizia di Warburton, spogliato e preso a sprangate. Secondo gli ufficiali che stanno indagando, la folla di fanatici era composta da almeno 800 persone. I difensori dei diritti umani chiedono un serio intervento del governo contro i linciaggi.
Una folla di fanatici ha linciato un uomo trattenuto in custodia dalla polizia di Warburton, nel distretto di Nankana Sahib (provincia orientale del Punjab), dopo essere stato accusato di blasfemia per aver presumibilmente oltraggiato il Corano.
Muhammad Waris è stato catturato, portato fuori dalla stazione, trascinato nudo per la strada e colpito a morte con aste di legno e metallo. In alcuni video diventati virali sui social si vedono anche alcune persone tentare di dare fuoco al cadavere.
Gli agenti che erano in servizio sono stati sospesi per aver abbandonato la stazione durante l’assalto della folla (composta da circa 800 persone, secondo alcune dichiarazioni), mentre il primo ministro ha ordinato un’inchiesta.
Ma sono azioni insufficienti per i difensori dei diritti umani: «Il governo non ha elaborato strategie per risolvere questi problemi e per affrontare le situazioni di emergenza come il recente linciaggio», ha commentato Naveed Walter, presidente dell’organizzazione Human Rights Focus Pakistan.
«Fra pochi giorni le azioni delle autorità non varranno più niente», ha continuato Walter, aggiungendo di aver fatto appello alla Corte suprema affinché proceda con un’azione non per giudicare il singolo caso di linciaggio, ma per stabilire una strategia di lungo periodo e una soluzione permanente: «i casi di blasfemia sono delicati e la sicurezza di ogni accusato dovrebbe essere rafforzata. Nessun governo ha intrapreso azioni serie per arginare i linciaggi, al contrario, la polizia anche in altri casi ha permesso alle folle inferocite di compiere queste azioni. Ma solo i tribunali hanno il diritto di confermare chi è colpevole. L’incapacità di fermare le violazioni dello Stato di diritto diventa così un sostegno ai fanatici».
Muhammad Waris era già stato accusato di blasfemia nel 2019 ed era appena stato rilasciato dopo essere stato dichiarato innocente dal tribunale.
Anche altri attivisti e organizzazioni hanno condannato il linciaggio: la Human Rights Commission of Pakistan ha sottolineato che «le deboli misure messe in atto finora danno l’idea di uno Stato impotente, non di un’entità protettrice della vita e della proprietà dei cittadini».
La polizia di Nankana Sahib ha spiegato di aver finora arrestato 60 persone sospettate di essere coinvolte nel linciaggio dopo aver sequestrato e analizzato oltre 900 video che riprendevano l’accaduto. Il capo della polizia locale ha detto che una cinquantina di ufficiali hanno tentato di salvare Muhammad Waris, ma erano in inferiorità numerica e i rinforzi sono arrivati dopo che l’uomo era già stato ucciso.
Interpellato da AsiaNews, Samson Salamat, presidente di Readari Tehreek, un movimento interreligioso contro l’estremismo, ha dichiarato: «Il linciaggio di un altro accusato di blasfemia è l’ennesima prova del fallimento dell’apparato statale nel mantenere il controllo della situazione quando si verificano di reazioni pubbliche per le accuse di blasfemia. Il Pakistan sta mostrando i frutti del seme dell’intolleranza religiosa, resa possibile da anni di programmi di studio distorti nei seminari religiosi, impunità concessa ai gruppi estremisti, e propaganda religiosa favorita dalle leggi sulla blasfemia».
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Immagine da AsiaNews.
Persecuzioni
Sudan, un anno di guerra ha lasciato il Paese senza seminarista
Dal 15 aprile 2023, violenti combattimenti hanno contrapposto l’esercito sudanese comandato dall’attuale presidente di transizione, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Rapid Support Forces (RSF), un gruppo paramilitare guidato dal vicepresidente, il generale Mohammed Hamdan Dagalo, conosciuto anche con lo pseudonimo di Hemedti.
Dopo la destituzione di Omar al-Bashir – insediato al potere con un colpo di stato nel 1989 – i due uomini hanno rovesciato il governo instaurato l’11 aprile 2019. Ma hanno litigato sull’integrazione delle forze di sicurezza nell’esercito regolare e nella distribuzione della ricchezza: il Sudan è il terzo produttore di oro in Africa e Hemedti possiede miniere d’oro nel Nord del paese.
Nell’aprile 2023 la situazione è cambiata: in un Paese già indebolito è scoppiata la «guerra dei generali». La popolazione è in agonia e la piccola comunità cristiana si sta riducendo al nulla. Senza che nessuno dei belligeranti si tiri indietro, il futuro appare cupo. I dati ufficiali mostrano più di 13.900 morti e 8,1 milioni di sfollati, di cui circa 1,8 milioni fuori dal Paese.
«Data l’intensità della guerra, molti residenti si chiedono come entrambe le parti possano avere così tante armi dopo un anno di combattimenti e, quindi, chi le finanzia», afferma la coordinatrice del progetto Kinga Schierstaedt per l’organizzazione benefica cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN) nel Sudan.
La popolazione muore di fame a causa di un conflitto dimenticato. Quanto alla Chiesa locale, «prima della guerra rappresentava il 5% della popolazione, ma era tollerata e poteva gestire alcuni ospedali e scuole, anche se non era autorizzata a proclamare apertamente la fede», spiega Kinga Schierstaedt.
Sostieni Renovatio 21
La caduta di Omar al-Bashir ha portato alcuni miglioramenti in termini di libertà religiosa e sono state abolite le pene previste dal codice penale della sharia. È stato allora che ACS ha potuto finanziare e contribuire all’importazione di un computer per la diocesi di El Obeid, cosa che negli anni precedenti sarebbe stata impossibile, continua Kinga Schierstaedt. Ma questa nuova libertà fu di breve durata.
Pur essendo minoritaria, la Chiesa è sempre stata un «porto di pace» per la popolazione e molte persone si sono rifugiate nelle chiese all’inizio della guerra. Oggi, questo rifugio è esso stesso indebolito. Molti missionari e comunità religiose hanno dovuto lasciare il Paese, parrocchie, ospedali e scuole cessarono le loro attività.
Il seminario di Khartum ha dovuto chiudere i battenti. Fortunatamente alcuni seminaristi riusciti a fuggire hanno potuto continuare la loro formazione nella diocesi di Malakal, nel vicino Paese del Sud Sudan. Mons. Michael Didi, arcivescovo di Khartoum, si trovava a Port Sudan, sulla costa del Mar Rosso, quando è scoppiata la guerra e non ha potuto tornare nella sua città.
Mons. Tombe Trile, vescovo della diocesi di El Obeid, ha dovuto trasferirsi nella cattedrale perché la sua casa era parzialmente distrutta. Molti cristiani sono fuggiti a piedi o attraverso il Nilo e si sono stabiliti in campi profughi dove la sopravvivenza è una lotta quotidiana. Oggi l’esistenza stessa della Chiesa in Sudan è messa in discussione.
Tuttavia, ci sono alcune luci in mezzo all’oscurità. «Se è vero che la guerra continua, non può soffocare la vita. Sedici nuovi cristiani sono stati battezzati a Port Sudan durante la Veglia Pasquale e 34 adulti sono stati cresimati a Kosti!» confida un testimone.
La Chiesa rimane molto attiva anche in Sud Sudan, assistendo i rifugiati provenienti dal vicino nord e aiutando i seminaristi sudanesi a continuare la loro formazione, grazie, tra gli altri, al sostegno di ACS. «La Chiesa del Sud Sudan si sta preparando per il futuro aiutando i cristiani sudanesi a prepararsi per la pace di domani», conclude Kinga Schierstaedt.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Quodvultdeus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
Vescovo cristiano assiro anti-lockdown accoltellato in streaming
Nel video si sentono urla di terrore mentre altri fedeli si precipitano in aiuto del vescovo mentre cade a terra. Secondo le prime notizie filtrate dalla scena, almeno altri quattro fedeli sarebbero stati accoltellati nella rissa che ne è seguita. Un portavoce della polizia dello Stato australiano del Nuovo Galles del Sud ha dichiarato che il vescovo Emmanuel ha subito «lesioni non mortali». «Gli agenti hanno arrestato un uomo e lui sta collaborando con la polizia nelle indagini», ha aggiunto il portavoce. Non vi è al momento alcuna informazione sull’identità del sospetto, né sulle sue possibili motivazioni.Bishop Mar Mari Emmanuel has been attacked and stabbed by a suspected Islamist during a service in Sydney Australia.
Or it could be another white Christian with mental health issues. You decide. pic.twitter.com/QLh561HIGQ — Tommy Robinson 🇬🇧 (@TRobinsonNewEra) April 15, 2024
Sostieni Renovatio 21
Crowds of peolle in Sydney are not happy with the police at the scene outside the mass stabbing. pic.twitter.com/f8wbQuLfP5
— Ian Miles Cheong (@stillgray) April 15, 2024
Aiuta Renovatio 21
Un altro filmato riprende la folla che ripete compatta «Bring him out / Bring him out», ossia «portatelo fuori». È immaginabile che stesse serpeggiando in molti la voglia di linciaggio.🚨Police cars are being ransacked as riots break out outside the church in Wakeley were the #stabbing of Bishop Mari Mari has just occurred.
Western Sydney is rising. pic.twitter.com/SpVofTgPu6 — Aussie Cossack (@aussiecossack) April 15, 2024
Una foto di un ragazzo dall’aspetto levantino che sorride mentre è al suolo probabilmente arrestato sta circolando sui social media. L’immagine, messa su Twitter anche dal noto utente russo-australiano Aussie Cossack e ripresa da tanti altri, ovviamente non è verificata. L’attacco al prelato assiro arriva dopo appena 48 ore dopo che sei persone sono state uccise a Westfield Bondi Junction, un’altra zona di Sydney, da un folle armato di coltello. Joel Cauchi, 40 anni, ha pugnalato a morte cinque donne e una guardia di sicurezza e ne ha feriti molti altri prima di essere ucciso da un agente di polizia. Come riportato da Renovatio 21, attacchi in chiesa durante le funzioni si sono visti di recente in Turchia e, in numero impressionante per quantità di violenza e vittime, in Africa occidentale.BREAKING: Thousands of angry protesters have surrounded the Wakeley church and chanting ‘bring him out’ after mass stabbing attack in Sydneypic.twitter.com/MupeOEQ4ra
— Insider Paper (@TheInsiderPaper) April 15, 2024
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Persecuzioni
Birmania, due uomini armati sparano a un sacerdote cattolico durante la Messa
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Alle 6 del mattino due persone non identificate hanno fatto irruzione in chiesa e sparato almeno cinque colpi, secondo fonti locali. Padre Paul Khwi Shane Aung, 40 anni, è stato ricoverato all’ospedale di Moe Nyin, nello Stato Kachin, e sottoposto a cure d’urgenza.
Due uomini non identificati hanno sparato a un sacerdote cattolico che stava celebrando la Messa nella chiesa di Saint Patrick a Moe Nyin, nella diocesi di Myitkyina, che si trova nello Stato birmano del Kachin. Padre Paul Khwi Shane Aung, 40 anni, si trova attualmente ricoverato nell’ospedale locale, dove è stato sottoposto a cure d’urgenza per le gravi ferite riportate.
Da oltre tre anni, a seguito di un colpo di Stato militare, il Myanmar è scosso da un brutale conflitto civile, ricordato anche da papa Francesco durante l’udienza generale di mercoledì. In diverse aree del Paese vige il caos e le violenze, anche contro i civili e gli appartenenti alle minoranze religiose, sono quotidiane.
Sono ancora poche le informazioni disponibili riguardo l’accaduto di questa mattina: la sparatoria è avvenuta intorno alle 6 del mattino (ora locale). Due uomini vestiti di nero e con il volto coperto, arrivati alla celebrazione in motocicletta, hanno fatto irruzione in chiesa e sparato almeno cinque colpi, hanno riferito fonti locali, centrando padre Paul Khwi Shane Aung, che si trova a Moe Nyin da quattro anni e ferendo una donna che si trovava in chiesa.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine da AsiaNews
-
Spirito2 settimane fa
Papa Francesco attacca i non vaccinati, vescovo svizzero reagisce
-
Pensiero6 giorni fa
La giovenca rossa dell’anticristo è arrivata a Gerusalemme
-
Occulto2 settimane fa
Il vescovo Strickland celebra una messa per contrastare l’attività satanica prevista durante l’eclissi solare
-
Controllo delle nascite2 settimane fa
OMS e riduzione della popolazione, cadono le maschere
-
Civiltà2 settimane fa
Tutti contro lo spot con l’Eucarestia sostituita da una patatina. Ma il vero scandalo è il Concilio e la caduta della civiltà cristiana
-
Scuola1 settimana fa
Dal ricatto del vaccino genico alla scuola digitalizzata: intervento di Elisabetta Frezza al convegno su Guareschi
-
Cervello3 giorni fa
«La proteina spike è un’arma biologica contro il cervello». Il COVID come guerra alla mente umana, riprogrammata in «modalità zombie»
-
Salute7 giorni fa
I malori della 15ª settimana 2024