Persecuzioni
Haiti, rapito un missionario, aggredite suore brasiliane
Da anni sull’isola, non solo persistono violenze e devastazioni, ma anche la corruzione e l’abuso di potere hanno raggiunto livelli altissimi, colpendo le organizzazioni impegnate a portare aiuti alla popolazione stremata.
«Avevamo sperato che la situazione migliorasse e, invece, dopo una pausa a Natale, tutto è esploso di nuovo» racconta all’Agenzia Fides padre Antonio Menegòn, missionario camilliano (MI).
Il sacerdote fa riferimento al recente rapimento del missionario clarettiano, padre Antoine Macaire Christian Noah, che il 7 febbraio era in viaggio verso la sua comunità a Kazal, quando è stato rapito da una banda di malviventi che hanno poi chiesto un riscatto alla Chiesa locale.
«Tra gli ultimi episodi denunciati dai nostri confratelli camilliani ad Haiti, continua padre Menegòn, la scorsa settimana c’è stato un violento attacco contro un istituto di suore brasiliane a Port au Prince. I banditi hanno preso tutto e hanno usato la violenza contro le suore».
«Ultimamente, continua il sacerdote, per trasportare un nostro camion degli aiuti da Port-au-Prince a Jérémie, un paese isolato, già devastato dal terremoto del 14 agosto 2021, dove la popolazione non ha proprio nulla, abbiamo dovuto pagare diverse bande criminali per ogni viaggio fatto per raggiungere la nostra destinazione».
Padre Massimo Miraglio, unico camilliano italiano presente ad Haiti, visita periodicamente queste zone montuose. Cerca di offrire alla popolazione un minimo di assistenza: è parroco, costruisce una scuola, vuole costruire un ambulatorio e una piccola cappella.
Con il suo gruppo, percorre ore di strade sconnesse per trasportare a dorso di mulo banchi di scuola e altri beni di prima necessità fino alle zone più isolate delle montagne di Jérémie.
«L’anno scorso», ricorda padre Menegòn, «i nostri confratelli di Jérémie hanno trovato villaggi distrutti, totalmente isolati, e organizzato dispensari da campo e cliniche mobili in questa regione così remota e difficile da raggiungere».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine di FCLHaïti via FFSPX.news
Persecuzioni
Politica di origine musulmana svizzera spara ad un’immagine della Madonna e di Gesù Bambino. Il vescovo la perdona
Una politica svizzera di sinistra e di origini musulmane ha suscitato polemiche per aver sparato ad un’immagine della Beata Vergine Maria che tiene in braccio Gesù Bambino.
Sanija Ameti del Partito Verde Liberale della Svizzera (PVL) ha pubblicato su Instagram delle foto di sé stessa mentre sparava con una pistola ad aria compressa ad un’immagine della Madonna che tiene in braccio Gesù Cristo bambino.
Ha aggiunto la parola «Abschalten» al suo post, una parola traducibile come «rilassarsi», «staccare la spina».
Swiss politician Sanija Ameti, born in Bosnia, co president of the liberal movement Operation Libero, posted a video on her Instagram in which she can be seen firing a gun at an image of the Virgin Mary with baby Jesus on September 8, 2024 the Catholic feast of the Nativity… pic.twitter.com/gRdJ6YT547
— nikola 3 (@ronin19217435) September 11, 2024
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Dopo aver affrontato l’indignazione per le sue azioni blasfeme, la Ameti ha pubblicato delle scuse e ha cancellato il video, affermando: «Come modello per il poligono di tiro da 10 metri, avevo bisogno di motivi che fossero abbastanza visibili. Avevo a portata di mano solo il catalogo Koller, che era abbastanza grande. Non ho prestato attenzione al contenuto delle immagini. Non era giusto. Mi dispiace dal profondo del mio cuore se ho offeso qualcuno!»
Tuttavia, la Ameti ha fotografato più volte specificamente i volti della Madonna e di Gesù, che sono chiaramente raffigurati come madre e bambino.
Nemmeno il presidente del suo partito PVL, Jürg Grossen, è sembrato credere che Ameti non fosse consapevole di ciò che stava facendo. «Questo comportamento di Sanjia Ameti è inaccettabile. È stata una provocazione deliberata», ha detto.
Nel frattempo la Ameti si è dimessa dal suo incarico nel PVL nel Canton Zurigo con il partito che ha annunciato che intende espellerla del tutto dalle sue fila.
La trentaduenne Ameti, nata in Bosnia da genitori musulmani, ha perso anche il suo lavoro di consulente presso l’agenzia di pubbliche relazioni svizzera Farner. Solo Operation Libero, un movimento transpartitico di sinistra di cui Ameti è co-presidente, l’ha difesa, scrivendo che considera Ameti «politica, co-presidente e amica» e affermando che le sue azioni erano «sbagliate e inappropriate».
La politica svizzera potrebbe anche affrontare conseguenze legali. Come riportato dal Blick , l’organizzazione giovanile conservatrice del Partito Popolare Svizzero (SVP) ha presentato una denuncia penale contro di lei per violazione della libertà religiosa e di culto, come annunciato dal partito lunedì mattina. Nicolas Rimoldi, presidente del movimento sorta in polemica con le restrizioni pandemiche Mass-voll, ha anche annunciato che avrebbe sporto denuncia contro la Ameti.
Secondo il diritto penale svizzero, la violazione della libertà di credo e di culto è un reato. Chi disonora pubblicamente e volgarmente oggetti di culto religioso potrebbe incorrere in una multa. Tuttavia, secondo l’esperto di diritto penale Joel Haefeli, questa legislazione è applicata molto raramente poiché «l’asticella per la sua applicazione è elevata nella pratica», scrive LifeSite.
La Ameti ha affermato che lei e la sua famiglia hanno richiesto la protezione della polizia a causa delle presunte minacce ricevute. «Non mi sento bene e non so per quanto ancora potrò sopportarlo», ha detto al sito svizzero kath.ch.
Ad ogni modo, non ha tardato ad arrivare il perdono del vescovo della diocesi Coira Joseph Maria Bonnemain. Il prelato, in una lettera indirizzata personalmente alla donna , ha comunicato il suo perdono. L’Ameti aveva scritto a lui e alla comunità per scusarsi, riporta RSI.ch.
Nel suo comunicato il vescovo del Canton Grigioni ha chiesto a tutti di astenersi dall’odio e dalla vendetta.
Come riportato da Renovatio 21, le statistiche mostrano che la Svizzera va sempre più apertamente verso una società dichiaratamente atea, dove la popolazione si dichiara «senza religione» e dove galoppano i fenomeni eutanatici (e l’annesso «turismo della morte» internazionale) e il gender che ora si è impadronito anche dei documenti ufficiali dell’anagrafe.
Tre mesi fa a Olten, dopo 378 anni di presenza nel centro storico della cittadina, ha chiuso il convento dei frati cappuccini fondato nel 1646.
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Immagine screenshot da Twitter
Persecuzioni
Croazia, due chiese serbe ortodosse dissacrate
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Persecuzioni
Nigeria, quasi 56.000 morti in quattro anni
Un rapporto pubblicato il 29 agosto 2024 dall’Osservatorio sulla libertà religiosa in Africa (ORFA), intitolato «Contrastare il mito dell’indifferenza religiosa nel terrore nigeriano – (10/2019-9/2023)», traccia un quadro tragico e sanguinoso della violenza etnica e religiosa in Nigeria nell’arco di quattro anni.
Il documento pubblicato da ORFA riporta oltre 11.000 episodi di violenza estrema tra ottobre 2019 e settembre 2023. Il bilancio di questi abusi ammonta a 55.910 morti registrate durante 9.970 attacchi mortali, oltre a 21.621 persone rapite durante 2.705 attacchi. Il rapporto somma le morti di civili, membri di gruppi terroristici e forze armate nigeriane.
Del totale, 30.880 erano civili e tra loro sono stati uccisi almeno 16.769 cristiani, a cui vanno aggiunti 6.235 musulmani e 154 seguaci di religioni tradizionali africane. La religione di 7.722 vittime è sconosciuta. Tuttavia, in proporzione, le morti di cristiani sono molto più alte negli stati in cui sono avvenuti gli attacchi.
Confrontando il numero di morti con la popolazione degli stati, il rapporto mostra che i cristiani avevano 6,5 volte più probabilità di essere uccisi in atti di violenza. Allo stesso modo, i cristiani hanno 5,1 volte più probabilità di essere vittime di rapimenti. «Milioni di persone sono lasciate indifese», ha affermato Frans Vierhout, analista senior presso ORFA.
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Il profilo degli aggressori
Secondo il rapporto, l’81% dei civili è morto negli attacchi. Circa il 42% di queste uccisioni è stato compiuto dai Fulani che hanno invaso piccole comunità agricole cristiane per uccidere, stuprare, rapire e bruciare le case. I Fulani, pastori sunniti musulmani Fulani, hanno ucciso almeno 9.153 cristiani e almeno 1.473 musulmani. La religione di 1.267 delle loro vittime è sconosciuta.
Circa il 41% degli attacchi è stato condotto da vari gruppi, che il rapporto classifica come «altri gruppi terroristici». Tuttavia, il rapporto nota che la categoria «altro» probabilmente «consiste in vari gruppi di ‘banditi Fulani’ che fanno parte delle milizie etniche Fulani… come i pastori Fulani armati», nota ACI Africa.
Gli «altri» gruppi terroristici sono stati responsabili di 10.274 omicidi, tra cui almeno 3.804 cristiani e 2.919 musulmani. La religione di circa 3.503 vittime è sconosciuta. Almeno 78 persone uccise in attacchi da pastori Fulani e “altri gruppi terroristici” appartenevano a religioni tradizionali africane.
«Le milizie etniche Fulani stanno prendendo di mira le popolazioni cristiane, mentre anche i musulmani stanno soffrendo molto per le loro azioni», ha affermato un altro analista dell’ORFA in una dichiarazione citata da ACI Africa. «I rapitori stanno perseguendo obiettivi islamici», ha aggiunto. Stanno rapendo giovani donne, le stuprano e spengono la speranza delle famiglie, ha detto.
Nina Shea, direttrice del Centro per la libertà religiosa dell’Hudson Institute, ha detto alla CNA che «il numero di persone uccise e rapite è sconcertante e la documentazione è ormai inconfutabile». Ha aggiunto che «i militanti Fulani stanno conducendo una guerra religiosa, una jihad, contro le comunità agricole cristiane indifese in vaste aree della Nigeria».
Ed «è ugualmente innegabile e scioccante che il governo nigeriano abbia osservato e tollerato questi attacchi implacabili per molti anni. L’obiettivo dei militanti di sradicare la presenza cristiana attraverso l’omicidio, la conversione forzata all’Islam e l’espulsione dalla loro patria sembra essere condiviso dal governo di Abuja, altrimenti prenderebbe provvedimenti».
La signora Shea ha infine criticato il Dipartimento di Stato americano (DoS) per il suo ripetuto rifiuto di designare la Nigeria come «Paese di particolare preoccupazione» e di inserirlo nella lista di controllo dei paesi responsabili di gravi violazioni della libertà religiosa.
ACI Africa ricorda che la Nigeria è stata inclusa per la prima volta in questa lista nel 2020, l’ultimo anno dell’amministrazione Trump. Tuttavia, è stata rimossa nel 2021, il primo anno dell’amministrazione del presidente Joe Biden. L’attuale rapporto attribuisce la violenza nigeriana a «scontri intercomunitari» e «competizione per le risorse».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia.
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