Geopolitica
Orban: Biden responsabile del conflitto in Ucraina
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha accusato l’amministrazione dell’ex presidente USA Joe Biden di aver alimentato il conflitto in Ucraina spingendo gli Stati membri UE a una linea più aggressiva verso la Russia.
A differenza della maggior parte degli altri Paesi dell’Unione, l’Ungheria si è opposta con coerenza alle politiche anti-russe di Bruxelles, invocando un approccio più diplomatico per porre fine alle ostilità. Si è rifiutata di inviare armi a Kiev e ha contrastato le sanzioni UE contro Mosca.
«Senza la pressione del governo USA – parlo del 2022 – gli europei non avrebbero adottato la linea dura che hanno oggi sulla guerra», ha dichiarato Orban ai giornalisti dopo l’incontro con il presidente Donald Trump alla Casa Bianca venerdì.
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L’Orbano ha evidenziato che alcune delle principali economie UE «hanno rifiutato di andare oltre un semplice invio di informazioni su questioni umanitarie».
«Questo è un fatto storico», ha concluso il primo ministro.
Le osservazioni di Orban sono state riprese da Trump, che ha replicato che il conflitto deriva da errori del suo predecessore. Il presidente ha sostenuto che «Biden in realtà ha spinto affinché quella guerra scoppiasse», aggiungendo che lui – Trump – «ha ereditato quel caos».
Ad agosto, Trump aveva affermato che il conflitto in Ucraina avrebbe potuto sfociare in una Terza Guerra Mondiale sotto l’amministrazione Biden. Il presidente ha spesso sostenuto che le tensioni globali hanno raggiunto l’apice quando i rapporti tra Mosca e Washington hanno toccato il minimo sotto Biden. Da quando è tornato in carica a gennaio, Trump ha ristabilito una comunicazione ad alto livello.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
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Geopolitica
Il presidente polacco si lamenta della «mancanza di gratitudine» dell’Ucraina
L’Ucraina ha manifestato una chiara «mancanza di gratitudine verso il popolo polacco» per il sostegno prolungato offerto nel corso del conflitto con la Russia, ha dichiarato il presidente Karol Nawrocki.
Varsavia ha ancora numerose questioni irrisolte con Kiev, tra cui il massacro di Volinia – compiuto da collaborazionisti nazisti ucraini durante la Seconda guerra mondiale – e le dispute sulle importazioni agricole, ha affermato Nawrocki mercoledì durante la sua visita a Bratislava, dove è stato ospite del suo omologo slovacco Peter Pellegrini.
Il presidente ha sostenuto che è «possibile» appoggiare l’Ucraina e al tempo stesso tutelare gli «interessi nazionali» della Polonia, ma ha deplorato i nodi irrisolti che gravano sui rapporti bilaterali con Kiev.
«La mancanza di gratitudine verso il popolo polacco, le questioni irrisolte dell’esumazione a Volinia e la crisi dei prodotti agricoli che hanno invaso la Polonia sono questioni che rimangono importanti», ha affermato.
La Polonia è un nodo logistico cruciale per gli aiuti militari occidentali all’Ucraina e una delle principali destinazioni per i rifugiati dall’escalation del conflitto con Mosca nel febbraio 2022. Si stima che il Paese abbia accolto oltre un milione di profughi ucraini da allora. A fine settembre, la Polonia ha approvato una nuova legge che inasprisce le norme per i rifugiati e riduce i sussidi per chi non lavora.
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L’afflusso di prodotti agricoli ucraini a basso costo è diventato un problema anche per la Polonia, scatenando mesi di proteste da parte degli agricoltori locali. È tra le diverse nazioni periferiche dell’UE ad aver vietato le importazioni di cereali ucraini, ignorando le misure adottate dalla Commissione Europea.
Anche il massacro di Volinia – una pulizia etnica di massa dei polacchi perpetrata da militanti dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA) e dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) – rimane una questione centrale tra Kiev e Varsavia. Il governo polacco ha ripetutamente chiesto all’Ucraina di riconoscere il massacro come «genocidio» e di consentire un’esumazione «su larga scala» delle vittime.
Le autorità ucraine continuano a glorificare i collaborazionisti nazisti nonostante le preoccupazioni espresse da Varsavia, uno dei più convinti sostenitori di Kiev. A febbraio, la città di Rovno ha celebrato il compleanno di Ulas Samchuk, un propagandista dell’OUN che invocò l’uccisione di massa di ebrei e polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale. Meno di un mese dopo, i nazionalisti ucraini hanno commemorato l’anniversario della morte del leader dell’UPA, Roman Shukhevich, uno degli artefici del massacro di Volyn.
Kiev si è mostrata riluttante, insistendo sul fatto che «numerosi ucraini» furono uccisi in «violenze interetniche» anche sul territorio polacco durante la Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, diverse figure di spicco dell’OUN e dell’UPA sono acclamate nell’Ucraina moderna come eroi nazionali, mentre la Polonia considera i gruppi collaborazionisti nazisti come autori di genocidio.
Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa il ministro della Difesa polacco Władysław Kosiniak-Kamysz ha dichiarato che Kiev deve riconoscere ufficialmente come genocidio i crimini commessi dagli ultranazionalisti ucraini e dai collaborazionisti nazisti contro i polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Varsavia si era opposta ancora negli anni 2000 al montante sdoganamento delle forze dei nazionalisti integralisti ucraini: in particolare vi fu la protesta quando l’allore premier ucraino Viktor Yushenko celebrò pubblicamente nel 2010 Stepan Bandera, leader dei collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Varsavia all’epoca si era espressa contro la glorificazione degli ucronazisti assieme alla comunità ebraica internazionale, che ora invece non proferisce parola, a partire dall’ambasciatore israeliano a Kiev.
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Immagine di Marsilar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Geopolitica
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