Spazio
Oggetto misterioso trovato su una spiaggia australiana identificato come detrito spaziale di un razzo indiano

Un misterioso oggetto cilindrico che si è arenato a metà luglio su una spiaggia lungo lo stato dell’Australia occidentale è stato identificato lunedì come un detrito di un razzo indiano. I detriti spaziali sono stati descritti come delle dimensioni di una piccola automobile dopo essere stati portati a riva su una spiaggia australiana a metà luglio.
La provenienza del misterioso oggetto è stata confermata dall’agenzia spaziale australiana che ha affermato sui social media che dopo che un’indagine ufficiale «ha concluso che l’oggetto situato su una spiaggia vicino a Jurien Bay nell’Australia occidentale è molto probabilmente detriti di un terzo stadio esaurito di un veicolo di lancio satellitare Polar».
I detriti sono collegati a un lanciatore di proprietà e gestito dall’Indian Space Research Organization (ISRO), ha spiegato l’agenzia degli antipodi.
We have concluded the object located on a beach near Jurien Bay in Western Australia is most likely debris from an expended third-stage of a Polar Satellite Launch Vehicle (PSLV).
The PSLV is a medium-lift launch vehicle operated by @isro.
[More in comments] pic.twitter.com/ivF9Je1Qqy
— Australian Space Agency (@AusSpaceAgency) July 31, 2023
L’oggetto è ora in deposito, ha detto l’agenzia, aggiungendo che stanno lavorando con l’ISRO per capire il da farsi. I funzionari spaziali australiani hanno aggiunto che prenderanno in considerazione l’accordo delle Nazioni Unite del 1968 che richiede che i detriti spaziali vengano restituiti al paese di origine.
I detriti misteriosi erano stati inizialmente trovati vicino a Green Head, una città costiera che si trova a circa (250 chilometri a nord di Perth. È stato detto che il grande pezzo di astronave, visibilmente incrostato di cirripedi, abbia all’incirca le dimensioni di una piccola auto, 2 metri di altezza con cavi attaccati alla parte superiore.
Non molto tempo dopo che l’oggetto ha attirato l’attenzione di dozzine di residenti della zona, alcuni dei quali hanno persino scattato foto del ritrovamento misterioso, la polizia locale è scesa sul posto e ha isolato l’area.
L’oggetto ha attirato molta attenzione online, con alcuni cittadini che in precedenza avevano ipotizzato se i detriti fossero collegati alla scomparsa del volo MH370 della Malaysian Airline, che si è perso sopra l’Oceano Indiano nel 2014. Altri hanno persino ipotizzato che si trattasse di un UFO.
Lo scorso agosto, un incidente simile si è verificato quando un allevatore di pecore nel Nuovo Galles del Suds, in Australia, ha trovato un pezzo carbonizzato di detriti spaziali appartenente a una delle missioni SpaceX di Elon Musk in una delle sue stalle.
Come riportato da Renovatio 21, questo mese l’India ha lanciato la sua prima missione verso la Luna, chiamata Chandrayaan-3. In sanscrito, l’antica lingua dei testi indù, chandra significa «luna» e yaan significa «viaggio».
Negli scorsi mesi l’India ha di fatto liberalizzato le attività spaziali – un tempo dominio esclusivo dell’ISRO – aprendo anche ai privati, un segno che è stato letto da certuni come la volontà precisa del gigante asiatico di accelerare nella nuova corsa allo spazio in corso, alla quale partecipa con molta sostanza il suo vicino e rivale principale, la Repubblica Popolare Cinese, che già ha iniziato l’esplorazione della Luna e dei suoi minerali.
Come riportato da Renovatio 21, anche l’India sta premendo per lo sviluppo di armi spaziali – argomento del quale lo stesso maresciallo capo dell’aeronautica Vivek Ram Chaudhari parla apertis verbis.
Il problema dei detriti spaziali in realtà più che la Terra minaccia lo spazio, e l’intera capacità degli esseri umani di accedervi: in quella che è nota come «sindrome di Kessler», detriti orbitanti creano altri detriti scontrandosi, danneggiando così satelliti e creando ancora più detriti. Lo scenario prevede quindi l’impossibilità di missioni di esplorazione spaziale, blindando l’umanità nell’atmosfera del pianeta.
Un esempio pessimista della sindrome di Kessler è alla base del film con Sandra Bullock e George Clooney Gravity (2013).
Spazio
Secondo gli scienziati l’oggetto misterioso che viene verso il sistema stellare è antichissimo

Secondo gli scienziati, il visitatore interstellare che si sta dirigendo verso il centro del nostro sistema stellare è incredibilmente antico. Gli astronomi hanno recentemente confermato che un oggetto misterioso, denominato 3I/ATLAS, proveniente dallo spazio interstellare, sta attraversando il sistema solare a forte velocità. Lo riporta il sito Futurism.
È solo il terzo oggetto interstellare confermato ad aver raggiunto il nostro sistema stellare, dopo Oumuamua, individuato nel 2018, e la cometa denominata 2I/Borisov, identificata nel 2019.
Gli scienziati stanno cercando di comprendere meglio 3I/ATLAS e di capire se può far luce sulla natura di oggetti interstellari simili.
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In un editoriale per Space.com, l’astrofisica dell’Università del Michigan, Aster Taylor, e il professore di fisica e astronomia della Michigan State University, Darryl Seligman, sostengono che 3I/Atlas sembra essere una cometa, molto simile a 3I/Borisov, suggerendo che «gli oggetti interstellari simili a comete sono molto più comuni di quelli esotici come Oumuamua».
Grazie alla sua incredibile velocità di circa 215.000 km/h rispetto al Sole, i due ricercatori affermano che «ATLAS è molto più vecchio sia di Oumuamua che di Borisov: ha circa 3-11 miliardi di anni». Questo perché «l’influenza della galassia tende ad accelerare gli oggetti nel tempo».
In altre parole, 3I/ATLAS potrebbe indicare che la Via Lattea ha prodotto oggetti interstellari fin da quando è nata, circa 13 miliardi di anni fa e di fatto potrebbe essere più vecchia del Sole, che ha circa 4,6 miliardi di anni. «Possiamo persino iniziare a determinare la distribuzione di questi oggetti e dedurre la popolazione dei pianeti ancora invisibili che devono averli espulsi nello spazio interstellare», si legge nell’editoriale.
Gli scienziati hanno ricostruito la sua traiettoria fino al centro della Via Lattea. Ma come sia arrivata fin qui rimane un mistero. Gli esperti hanno ipotizzato che potrebbe essersi formata come una cometa attorno a una stella, oppure che sia stata espulsa da una stella di passaggio dal suo sistema solare.
Non si ha contezza nemmeno di quanto sia grande. Secondo alcune stime, la coda della cometa 2I/Borisov misurava quasi 160.000 chilometri, mentre la stessa Oumuamua era lunga meno di un chilometro.
A differenza di Oumuamua, 3I/ATLAS ha ancora molta strada da fare mentre attraversa a gran velocità il nostro sistema solare.
Grazie ai telescopi spaziali James Webb e Hubble della NASA, presto potremmo osservarlo molto più da vicino, rivelando potenzialmente per la prima volta «le sue dimensioni, la sua composizione, la sua rotazione e il modo in cui reagisce al calore», hanno scritto Taylor e Seligman.
Anche l’Osservatorio Vera C. Rubin, le cui prime immagini luminose sono state pubblicate solo poche settimane fa, potrebbe essere utilizzato per studiare il curioso visitatore. L’osservatorio ha già catalogato più di 2.000 asteroidi precedentemente sconosciuti. «In 3I/ATLAS, vediamo sia la promessa dell’astronomia sia l’importanza di continuare a finanziarlo», hanno concluso gli scienziati.
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Come riportato da Renovatio 21, Oumuamua (in hawaiano «messaggero che arriva per primo da lontano» o «messaggero da un lontano passato») fu ritenuto dall’l’astronomo di Harvard Avi Loeb come una potenziale prova di una civiltà aliena che ci avrebbe inviato un pezzo della sua tecnologia con intenti di visita galattica.
Il Loeb, di fatto un «cacciatore di alieni» con cattedra ad Harvard e quindi bollino accademico di alto prestigio, ha inoltre dichiarato che ci potrebbero essere fino a 4 quintilioni di astronavi aliene nel sistema solare.
Per quanto riguarda i suoi detrattori, l’astronomo di Harvard ha detto a Fox che soffrono solo di «gelosia accademica». Che non si curi molto di quel che dicono di lui lo si capisce anche da altre dichiarazioni degli ultimi mesi, come quella per cui potrebbe essere possibile che ci siano quattro quintilioni di astronavi aliene in agguato nel nostro sistema solare.
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L’amministrazione Trump accelera la costruzione del reattore nucleare lunare

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Spazio
Le agenzie spaziali russa e statunitense concordano di estendere la cooperazione

La Russia e gli Stati Uniti hanno concordato di proseguire la cooperazione spaziale, estendendo le operazioni congiunte a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Lo dichiara l’agenzia spaziale russa Roscosmos.
Giovedì, il direttore generale di Roscosmos, Dmitry Bakanov, ha incontrato l’amministratore delegato facente funzioni della NASA, Sean Duffy, a Houston, in Texas. L’incontro ha segnato il primo colloquio di persona tra i vertici delle due agenzie spaziali in otto anni.
I due hanno parlato delle operazioni in corso sulla ISS, delle future missioni lunari e dei progetti congiunti di esplorazione dello spazio profondo.
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«Il dialogo è andato bene», ha detto Bakanov ai giornalisti dopo l’incontro. «Abbiamo concordato di continuare a gestire la ISS fino al 2028», ha detto, aggiungendo che le discussioni hanno riguardato anche la deorbitazione della stazione entro il 2030.
La ISS, la più grande stazione spaziale mai costruita, orbita attorno alla Terra dal 1998, fungendo da piattaforma unica per la ricerca scientifica internazionale. Nonostante le tensioni politiche legate al conflitto in Ucraina, la ISS rimane uno dei pochi ambiti di cooperazione continua tra Mosca e Washington.
L’ex amministratore NASA Charles Bolden ha recentemente dichiarato che il futuro dell’esplorazione spaziale richiede una triplice collaborazione Russia-Cina-Stati Uniti.
Bakanov ha dichiarato di aver invitato Duffy a partecipare a un lancio di novembre dal cosmodromo di Baikonur, che trasporterà un astronauta americano. Il direttore della NASA ha accettato di partecipare.
Il giorno prima, il capo di Roscosmos aveva incontrato i membri del team Crew-11 della NASA, che si prepara a volare verso la ISS. L’equipaggio comprende il cosmonauta russo Oleg Platonov, gli astronauti statunitensi Zena Cardman e Michael Fincke e la giapponese Kimiya Yui. Il loro lancio a bordo della navicella spaziale Dragon di SpaceX dal Kennedy Space Center era previsto per giovedì, ma è stato posticipato a venerdì poco più di un minuto prima del decollo a causa delle condizioni meteorologiche.
In precedenza la Russia aveva indicato che avrebbe potuto ritirarsi dal programma dopo il 2024, ma in seguito ha manifestato la volontà di continuare.
Durante l’amministrazione Biden la situazione si era fatta tesa, con il Pentagono ad accusare Mosca di aver lanciato in orbita un’arma per la guerra spaziale.
Come riportato da Renovatio 21, in passato il generale B. Chance Saltzman, capo delle operazioni spaziali per la US Space Force ha dichiarato che la Russia starebbe usando armi spaziali nel conflitto in Ucraina.
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A inizio 2022, a poche settimane dallo scoppio della guerra ucraina, la NATO aveva pubblicato un documento ufficiale – NATO’s overarching Space Policy («Politica spaziale globale NATO») che introduce la dottrina spaziale del Patto Atlantico: le minacce spaziali devono essere incluse nell’articolo 5, la celeberrima clausola di mutua difesa della NATO che impegna a dare una risposta collettiva nel caso un singolo Paese venga attaccato. In precedenza, la NATO aveva già avviato un centro spaziale, parte del comando aereo di Ramstein, in Germania.
La Russia aveva risposto duramente definendo il documento «unilaterale ed incendiario». «Possiamo vedere dove si sta effettivamente dirigendo il mondo spaziale occidentale. Si sta dirigendo verso la guerra», aveva detto al canale televisivo Rossiya 24 in un’intervista l’allora direttore dell’agenzia russa spaziale Roskosmos Dmitrij Rogozin la scorsa estate.
Una guerra spaziale, va ricordato, potrebbe impedire all’umanità l’accesso allo spazio per secoli o millenni, a causa dei detriti e della conseguente sindrome di Kessler. Tuttavia, pare che gli eserciti si stiano davvero preparando alla guerra orbitale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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