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Spirito

Nigeria, la Chiesa protesta contro la chiusura delle scuole durante il Ramadan

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Dopo la chiusura di tutte le scuole per la durata del Ramadan in quattro stati della Nigeria settentrionale, una regione a maggioranza musulmana, i vescovi del Paese mettono in guardia l’opinione pubblica dalla crescente islamizzazione della società, che in ultima analisi rappresenta una minaccia per i cristiani.

 

Quest’anno l’inizio della Quaresima coincide con l’inizio del Ramadan, uno scontro che – lontano dai miraggi del dialogo interreligioso e dalla Dichiarazione di Abu Dhabi sulla Fratellanza Universale firmata dal Sommo Pontefice e dall’imam di al-Azhar – ricorda a tutti la dura realtà della sopravvivenza dei cristiani in una società islamizzata.

 

Dal 28 febbraio 2025, quattro Stati nel Nord del Paese – Kano, Katsina, Bauchi e Kebbi – hanno ordinato la chiusura di tutte le scuole, comprese quelle cattoliche, durante il mese del Ramadan. Questa misura, che secondo le direttive ufficiali si estende fino al 30 marzo, ha scatenato un’ondata di indignazione tra i cristiani:

 

«Come Conferenza episcopale cattolica della Nigeria (CBCN), esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per il recente annuncio di alcuni governatori della Nigeria settentrionale di chiudere le scuole per cinque settimane», lamenta la Conferenza episcopale cattolica della Nigeria (CBCN) in una dichiarazione pubblicata il 3 marzo 2025 e ripresa da Fides.

 

In questi stati del nord, dove la legge della Sharia è in vigore dal 1999, la chiusura delle scuole durante il Ramadan segna una svolta. Di solito le scuole adattavano dei propri orari per consentire agli studenti musulmani di osservare il digiuno senza interrompere le lezioni. Ma quest’anno i governatori hanno giustificato la loro decisione con la necessità di consentire alle famiglie di dedicarsi pienamente alle pratiche religiose, una spiegazione che non ha convinto né i cristiani né i sindacati degli insegnanti.

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I vescovi sottolineano la loro perplessità poiché paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, dove il Ramadan è fondamentale, mantengono le scuole aperte, con qualche modifica. Inoltre, secondo la CBCN, la chiusura delle scuole per cinque settimane nel nord del Paese potrebbe favorire l’abbandono scolastico, in regioni in cui percentuali molto elevate di giovani abbandonano la scuola o non la frequentano affatto.

 

Questa decisione è tanto più incomprensibile perché equivale tirarsi la zappa sui piedi per gli Stati del Nord: le scuole cattoliche, che accolgono studenti di tutte le fedi, svolgono un ruolo fondamentale nell’istruzione in Nigeria: diverse decine di migliaia di studenti di queste scuole si ritrovano privati ​​delle lezioni per cinque settimane. Una misura che compromette gli sforzi per ridurre l’allarmante tasso di bambini che non vanno a scuola, stimato dall’UNESCO in 10 milioni, soprattutto nel nord del Paese.

 

Ma l’Islam ha le sue ragioni che la ragione stessa non conosce… Perché la Nigeria, la principale potenza economica dell’Africa e il paese più popoloso del continente, è diventata anche uno dei posti più pericolosi al mondo in cui essere cristiani. Per decenni, le comunità cristiane, che rappresentano circa la metà dei 220 milioni di abitanti, hanno subito crescenti persecuzioni, alimentate da gruppi estremisti islamici e tensioni etniche.

 

Nel 2025 questa crisi raggiungerà un nuovo livello di gravità, caratterizzato da violenza brutale, sfollamenti di massa e impunità persistente, come evidenziato dagli ultimi rapporti e testimonianze. Secondo la World Watch List 2025 di Open Doors, pubblicata a gennaio, la Nigeria rimane tra i Paesi con la persecuzione più estrema dei cristiani, occupando il 7° posto nel mondo.

 

Mentre prosegue il Ramadan 2025, la situazione resta tesa. I vescovi cattolici hanno esortato il governo federale a intervenire per garantire la laicità e il diritto all’istruzione per tutti i nigeriani, ma finora si è registrata indifferenza e il malcontento tra la minoranza cattolica sta crescendo.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di The Commonwealth via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
 

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Spirito

Papa Leone XIV pronto a concedere ampie deroghe a Traditionis Custodes

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La notizia è stata riportata dal quotidiano The Pillar, che l’ha ottenuta da fonti vicine alla Conferenza Episcopale Cattolica di Inghilterra e Galles (CBCEW). Il Nunzio Apostolico, Arcivescovo Miguel Maury Buendia, ne ha parlato di recente in un discorso ai vescovi britannici.   Fonti vicine alla Conferenza Episcopale Cattolica di Inghilterra e Galles hanno riferito a The Pillar che Papa Leone XIV sembrava pronto a concedere ampie esenzioni a Traditionis Custodes, senza revocare il motu proprio stesso.   Il prelato spagnolo, mons. Miguel Buendía, Nunzio Apostolico in Gran Bretagna, si è recentemente rivolto all’assemblea plenaria della CBCEW. Tra gli altri argomenti, ha informato i vescovi che il Vaticano sarebbe stato «generoso» in caso di richiesta di dispensa dalle restrizioni alla liturgia tradizionale, secondo l’alto funzionario ecclesiastico che ha riferito la notizia a The Pillar.

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La fonte, presente durante il discorso, ha sentito il nunzio spiegare che Leone XIV «non è disposto a modificare [Traditionis Custodes], ma poiché ci sono molti riti diversi nella Chiesa, non c’è motivo di escludere la Messa latina tradizionale».   «I dettagli erano un po’ vaghi», ha aggiunto la fonte. Il nunzio ha spiegato che, sebbene i parroci avranno ancora bisogno dell’approvazione del vescovo per celebrare la forma straordinaria della Messa nelle chiese parrocchiali, e i vescovi diocesani dovranno comunque richiedere l’autorizzazione al Dicastero per il Culto Divino, «Leone XIV chiederà al cardinale Arthur [Roche, prefetto del dicastero] di essere generoso».   Secondo un ecclesiastico presente, sebbene il Papa non sia propenso ad abrogare il motu proprio dell’era di Francesco, «l’impressione [data dal nunzio] è stata che il Papa volesse che la porta rimanesse aperta e non fosse ristretta o chiusa. Questo era solo un punto tra i tanti» sollevati dal nunzio, ha chiarito The Pillar, e non il tema centrale del discorso.

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Una prima (apparentemente) solida informazione sul futuro di Traditionis Custodes

Le numerose speculazioni suscitate dall’elezione di Papa Leone XIV riguardo al motu proprio di Francesco – che ha drasticamente limitato le concessioni fatte da Benedetto XVI riguardo alla celebrazione della Messa tradizionale – sembrano consolidarsi.   Va notato che queste speculazioni avevano un certo fondamento. Dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes e l’interpretazione supplementare ancora più restrittiva fornita dal cardinale Arthur Roche, alcuni vescovi hanno continuato a concedere permessi come prima della pubblicazione del motu proprio, mentre altri li hanno praticamente proibiti.   Inoltre, alcune diocesi hanno ottenuto dispense iniziali dalle norme di Traditionis Custodes per un periodo di transizione di due anni, ma sotto Papa Francesco era ampiamente accettato che non sarebbero state concesse ulteriori proroghe.   Tuttavia, dall’elezione di Leone XIV, il Dicastero per il Culto Divino ha iniziato a prorogare queste dispense e a concederne di nuove, il che ha fatto ipotizzare che il nuovo Papa potrebbe essere disposto ad allentare o addirittura ad annullare i requisiti stabiliti dal suo predecessore.   Una fonte vicina alla CBCEW ha affermato che dai commenti del nunzio è emerso che il papa desiderava lasciare la porta aperta alla celebrazione della vecchia liturgia. L’approccio generale del Papa sembra essere «Todos, todos, todos – compresi coloro che aderiscono alla Messa tradizionale», ha affermato la fonte.   Questa sarebbe una buona notizia se confermata. Ma i fondamenti invocati – pluralismo liturgico o inclusività – rimangono piuttosto limitati e non preannunciano un rinnovamento liturgico attraverso il ritorno della tradizione liturgica a Roma, privata del suo tesoro più prezioso. E se la notizia è accurata, si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’approccio «allo stesso tempo» che il Papa sembra prediligere.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
   
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Ambiente

Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato al social X una riflessione su Chiesa e cambiamento climatico.

 

«Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli della Santa Sede vi sia una qualche buona intenzione.

 

«Ma non vi è alcuna emergenza climatica: gli allarmi dei globalisti sono pretestuosi – come sappiamo dalle ammissioni degli stessi fautori di questa frode – e servono a creare un pretesto per legittimare politiche di dissoluzione del tessuto sociale e di distruzione dell’economia delle Nazioni, volte a consentire il controllo della popolazione mondiale» dichiara Sua Eccellenza.

 

«Per questo motivo gli appelli di Prevost costituiscono una forma di scandalosa complicità con gli artefici del golpe globalista, perché ratificano una menzogna colossale, invece di denunciare il loro crimine contro Dio e contro l’umanità».

 

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«E nel frattempo migliaia di piccole imprese e milioni di famiglie si trovano condotte al fallimento o distrutte, a tutto vantaggio delle multinazionali facenti capo a BlackRock, Vanguard, StateStreet… La menzogna è il marchio distintivo di tutto ciò che fa e dice l’élite globalista».

 

«Prevost si pone come profeta del globalismo massonico e prosegue la linea di totale asservimento tracciata dal predecessore Bergoglio. La Chiesa di Roma è divenuta ostaggio dei suoi nemici e le viene lasciata libertà solo nella misura in cui essa ratifica i crimini e le menzogne del globalismo: transizione green, sostituzione etnica, politiche vaccinali, parità di genere, agenda LGBTQ+».

 

Negli scorsi anni monsignor Viganò ha attaccato con veemenza la «frode climatica, religiosa, pastorale» di Bergoglio, accusando l’«ideologia ambientalista e neomalthusiano del Vaticano», scagliandosi contro il green deal il cui programma è «decimare la popolazione, rendere schiavi i superstiti».

 

Nelle scorse settimane il prelato lombardo aveva dichiarato che «Leone ambisce al ruolo di presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Glonale di matrice massonica».

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Spirito

Langone e le ceneri delle gemelle suicide Kessler «brave post-cristiane»

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Lo scrittore Camillo Langone ha trattato il tema del suicidio delle gemelle Kessler nella Preghiera, suo corsivo giornaliero su Il Foglio, di oggi.   Dopo aver lamentato «il silenzio della Chiesa gerarchica sulla tetra vicenda», Langone sottolinea il fatto che «le famose gemelle da brave post-cristiane hanno scelto di farsi cremare e, disposizione ulteriore, di mescoli le proprie ceneri con quelle della madre. Non solo per una sorta di terribile fusione romantica, ma perché “l’urna comune fa risparmiare spazio. Al giorno d’oggi si dovrebbe risparmiare spazio ovunque, anche al cimitero”».   «Ciò significa che la propaganda antiumana ha funzionato davvero bene. Gli europei si stanno estinguendo, la civiltà sta arretrando, le foreste stanno avanzando, e la gente pensa che siamo troppi» continua lo scrittore parmigiano.   «La cremazione sta dilagando e, è già largamente maggioritaria in Germania e nelle regioni italiane più disperate (più disperate riguardo la resurrezione dei corpi) come l’Emilia, e le vecchie signore temono che non ci sia posto per loro al cimitero. Invece è il contrario, nei cimiteri fra poco di posto ce ne sarà tantissimo, basta frequentarli per capire che il culto dei morti sta agonizzando. Mentre divampa il culto del vuoto e dell’oblio. Civiltà bruciata».

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Come scritto su Renovatio 21, il suicidio delle gemelle Kessler rappresenta una pagina intensa della storia della Necrocultura pubblica.   Riguardo la cremazionismo Langone negli anni ha scritto diverse volte. «La cremazione è appunto una “rivolta anticristiana” (Robert Redeker), siccome “non si crede più alla resurrezione del corpo” (Jean Clair). La cremazione è ormai la norma» ha scritto l’autore del Manifesto per la destra divina.   «I panteisti, in Italia ormai maggioranza come prova il boom della cremazione, disertano le lezioni della morte e un popolo senza novembre, un popolo che non prende sul serio la morte, è un volgo fatuo destinato a essere disperso così come disperde i resti dei suoi defunti. La morte è una scuola di serietà: sia obbligatoria la frequenza».   Particolarmente struggente il testo nel quale Langone, anni fa, rifletteva sulla decisione della madre.   «Sospettavo che ci fosse della retorica nella cremazione come apoteosi della leggerezza e dell’impatto zero. Ma non ero sicuro che fosse, come invece è, solo retorica, nient’altro che retorica. Scopro che le ceneri non sono il prodotto del fuoco: le fiamme non inceneriscono il cadavere limitandosi a bruciare la carne, ciò che rimane deve essere lavorato ulteriormente, sminuzzato da una speciale, energivora macchina tritaossa (dettaglio che non viene molto pubblicizzato, chissà come mai)».   «Scopro che sono oltre due chili di materiale. Le ceneri non sono cipria, non sono polline, non sono pensieri che volano nel vento. Sono un sacco di cemento che cade in acqua con un tonfo. Nel pomeriggio un’amica di mia madre, ancora ignara dell’accaduto, al termine di una telefonata penosa chiede dove può andare a pregare per lei. Da nessuna parte, signora».  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata
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