Storia
Netanyahu conferma – ancora una volta – che Israele non ha ucciso Charlie Kirk. E neanche San Simonino
Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu è nuovamente intervenuto pubblicamente in video per sfatare la teoria del complotto, molto diffusa sui social in queste ore, secondo cui Israele avrebbe assassinato Charlie Kirk.
Mercoledì sera Netanyahu ha iniziato la sua proclamazione di innocenza invocando i nazisti. In seguito, il premier israeliano ha confermato che lo Stato ebraico non è colpevole dell’assassinio del 10 settembre.
«Il ministro della propaganda nazista ha detto che ‘più grande è la bugia, più velocemente si diffonderà», ha detto Netanyahu. «Beh, qualcuno ha inventato una mostruosa bugia: che Israele abbia qualcosa a che fare con l’orribile omicidio di Charlie Kirk».
La comunicazione videomatica è postata direttamente sul canale X del primo ministro dello Stato Giudaico. Essa inanella una quantità di questioni politiche e storiche piuttosto cospicua.
Charlie Kirk was a great man. He deserves honor – not lies. pic.twitter.com/NwEN4B2q7w
— Prime Minister of Israel (@IsraeliPM) September 18, 2025
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«È folle. È falso. È scandaloso», ha detto a proposito della teoria del complotto israeliano.
Il primo ministro ha affermato che, nonostante lui e Kirk avessero divergenze su alcune politiche, accoglieva con favore tale disaccordo. Netanyahu ha affermato che Kirk era turbato dal fatto che il sostegno degli Stati Uniti a Israele stesse diminuendo.
«Lui», cioè Charlie Kirk, «mi ha incoraggiato a spiegare direttamente al popolo americano quanto Israele sia vitale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti», ha affermato Netanyahu. «Lui mi ha detto “la Terra Santa è così importante per la mia vita, mi addolora vedere svanire il sostegno a Israele”». Quindi Netanyahu ha ripetuto, per l’ennesima volta in questi giorni, la questione dei fantomatici valori «giudeo-cristiani», termine inventato nel dopoguerra per indicare improbabili radici comuni tra le due tradizioni religiose e promuovere un dialogo interreligioso, concreato poi con il documento del Concilio Vaticano II Lumen Gentium.
Di fatto, il «giudeo-cristianismo», nominato persino da alcuni, come il vescovo Vicenzo Paglia, come «radice» dell’Europa, è uno strumento con il quale Israele tiene incollato a sé l’Occidente separandolo dall’Islam, e quindi giustificando le azioni di Israele contro i palestinesi e pure, quasi un quarto di secolo fa, le guerre americane (e italiane…) in Iraq e in Afghanistan…
«Ora c’è chi diffonde queste voci disgustose. Forse per ossessione, forse per i finanziamenti del Qatar», ha continuato il Netanyahu. I finanziamenti del Qatar, recentemente bombardato da Israele nel tentativo di uccidere i negoziatori di Hamas (e dunque, impedire ora un accordo di pace) sono oramai un’accusa ricorrente nel circo mediatico americano, un’infamia lanciata contro quei commentatori e giornalisti disallineati con la politica dello Stato Ebraico.
Netanyahu, accusato di crimini contro l’umanità, era intervenuto anche sul canale ultra-trumpiano NewsMax il giorno dopo il brutale assassinio e ha confermato che la teoria del complotto secondo cui Israele sarebbe stato coinvolto nell’assassinio è falsa.
🚨🇮🇱🇺🇸 BREAKING: NETANYAHU claims “ISRAEL did NOT ASSASSINATE Charlie Kirk”
What an odd thing for a world leader who is busy bombing 7 countries to say… pic.twitter.com/Nc6WMWENif
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 12, 2025
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Durante la sua prima conferma di innocenza, Netanyahu aveva spiegato che nel terribile Medioevo gli ebrei venivano accusati di avvelenare i pozzi e di bere il sangue dei bambini cristiani. Tuttavia, la questione dell’avvelenamento dei pozzi ha un precedente storico non medievale, ma molto recente: il piano Nakam. Nel 1945, circa cinquanta superstiti dell’Olocausto cercarono di assassinare civili tedeschi come atto di rivalsa per lo sterminio di sei milioni di ebrei durante l’Olocausto tramite l’avvelenamento del sistema idrico.
Sul folle progetto di genocidio dei tedeschi per avvelenamento è stato fatto negli anni scorsi un film, Plan A (2021), realizzato da cineasti israeliani e basato sul libro della studiosa argentina-israeliana Dina Porat, capo-storica dello Yad Vashem e autrice di studi sul papa del Concilio Angelo Roncalli e gli ebrei, Vengeance and Retribution Are Mine (2019).
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Il piano Nakam, sotto la guida di Abba Kovner, puntava a eliminare indiscriminatamente per vendetta vera sei milioni di tedeschi, adottando lo slogan «una nazione per una nazione» – o meglio, pensiamo noi, un genocidio per un genocidio. Il Kovner si recò di persona nella Palestina sotto mandato britannico per procurarsi grandi quantità di veleno, con l’intento di contaminare le condutture idriche e causare la morte di numerosi tedeschi; il piano prevedeva poi di introdurre il veleno nel sistema idrico di Norimberga. Tuttavia, al suo ritorno in Europa, Kovner fu arrestato dai britannici e costretto a disfarsi del veleno.
Riguardo al sangue dei bambini cristiani, Renovatio 21 ricorda il caso del professore di storia israeliano Ariel Toaff, figlio del rabbino capo di Roma Elio Toaff, che aveva indagato le basi storiche dell’assassinio di San Simonino da Trento nel libro Pasque di sangue (2007), uscito nei negozi ma subito dopo ritirato. L’analisi storica, pubblicata dalla rinomata casa editrice Il Mulino (nota per una certa inclinazione prodiana), esplora il contesto storico e culturale dell’ebraismo ashkenazita medievale in diaspora, dove emerse l’accusa contro gli ebrei di compiere omicidi rituali di bambini cristiani durante la Pasqua, impiegando il loro sangue per presunti rituali anticristiani.
Il caso è quello di San Simonino (1472-1475), bambino di due anni e mezzo trovato morto durante la Pasqua del 1475, venerato come beato dalla Chiesa cattolica sino al Concilio Vaticano II. A seguito del ritrovamento in una roggia del corpo, quindici giudei di Trento furono interrogati con la tortura, e confessarono. Furono messi a morte. Il culto di Simonino divenne nei secoli, e non solo per il mondo cattolico, la prova dell’esistenza dell’omicidio rituale ebraico, la cosiddetta «Accusa del sangue»: l’idea, diffusa dall’Inghilterra Medievale all’Europa rinascimentale alla Germania nazista al mondo arabo odierno, secondo cui gli ebrei consumano sangue umano, specialmente di bambini, durante la Pasqua ebraica (Pesach) per scopi magici o rituali.
Toaff, nella prima ora introvabile edizione del libro, scriveva non si può escludere che singoli individui, forse legati a gruppi estremisti ashkenaziti, possano aver compiuto pratiche magiche legate al sangue, come possono suggerire alcuni collegamenti con culti cabalistici presenti al tempo nell’Est-Europa.
In pratica, Toaff, a differeva di Netanyahu, sembrava ammettere la possibilità che l’omicidio rituale ebraico possa essere realtà.
Ma torniamo al presente e alle dichiarazioni del premier dello Stato Giudaico. Nello spezzone, il Netanyahu continuava invocando i nazisti, forse per effetto di quella che un antico adagio di internet definisce come legge di Godwin («a mano a mano che una discussione online si allunga, la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler tende ad 1», una legge discorsiva valida in ispecie per i giudei), affermando che le false affermazioni secondo cui gli ebrei erano «portatori di parassiti» e «diffondevano malattie» sarebbero continuate fino all’Olocausto – dopo il quale, in effetti, non possiamo dire che gli ebrei non abbiamo assunto un certo comando del discorso culturale…
La realtà è che quella del Netanyahu suona come una grande excusatio non petita, che arriva proprio mentre i maggiorni commentatori critici di Israele stanno dicendo che al momento non vi è alcuna prova che Israele sia coinvolta nell’assassinio Kirk.
Tuttavia diverse rivelazioni fatte da giornalisti indipendenti hanno indicato il retroscena per cui Charlie Kirk sarebbe stato in procinto di divorziare ufficialmente dal filosionismo, nonostante la pressione dei suoi donatori, che contribuivano ad un bilancio annuo del suo movimento Turning Point USA di 80 milioni di euro l’anno.
Come riportato da Renovatio 21, secondo uno scoop del giornalista del sito di inchista The Grayzone Max Bluementhal, vi sarebbero state pressioni fortissime su Kirk dopo che ad un evento di TP USA in Florida aveva fatto parlare Tucker Carlson e il comico ebreo Dave Smith, entrambi forti critici del governo Netanyahu e del massacro di Gaza. Tucker ha raccontato che si era offerto di non salire sul palco di Kirk per non creargli problemi con i donatori sionisti, ma Charlie, che a quanto pare era un vero alfiere della libertà di parola, avrebbe rifiutato dicendo che invece doveva farlo.
La podcasterra Candace Owens, che era stata amica e collaboratrice di Kirk, ha rincarato la dose, confermando di avere le testimonianze di una riunione in una prestigiosa magione degli Hamptons (il luogo al mare dei newyorkesi, probabilmente la località turistica più cara della Terra) convocata dal miliardario degli Hedge Fund Bill Ackman, noto per essere divenuto fiamcheggiatore MAGA nel 2024, un uomo che molti accusano essere in diretto contatto con Bibi Netanyahu.
Durante la riunione è stato detto chiaramente a Charlie che non poteva avere quei tipi di ospiti, con una lobbyista israelo-britannica che gli avrebbe pure urlato. Secondo quanto è dato di capire, è durante l’episodio degli Hamptons che gli ospiti avrebbero chiamato Netanyahu in persona.
Secondo quanto detto in rete da attivisti come Nick Fuentes, un tempo acerrimo rivale di Kirk e ora forse autore del più bel necrologio assieme a quello di Candace, Netanyahu avrebbe offerto a Kirk un’infusione di capitali per TP USA di 150 milioni di dollari, in pratica il doppio dell’attuale bilancio. Charlie avrebbe rifiutato. A quel punto, il premier israeliano avrebbe offerto un tour in Israele – in pratica, una sessuone in situ di rieducazione – ma Kirk avrebbe rifiutato pure quella.
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Fuentes sostiene, come moltissimi altri personaggi della rete americana non allineata a Tel Aviv (Alex Jones, Tucker Carlson, Dave Smith), che non vi siano prove di coinvolgimento israeliano. Tuttavia egli nota la coincidenza per cui la taglia da un milione di dollari piazzata dallo stesso miliardario sionista Ackman su chi avesse dato informazioni utili per prendere l’assassino di Kirk potrebbe essere riscossa dallo stesso padre del sospettato Tyler Robinson.
Sul quale stanno uscendo ogni sorta di indiscrezioni: omosessuale, o forse solo amante di un ragazzino transessuale, con interessi nel «furry», la perversione di coloro che si travestono da pelouche giganti.
L’FBI ha dichiarato di star indagando su almeno altre 20 persone che potevano aver contezza del progetto di morte. Per alcuni, si tratterebbe di un atto terroristico compiuto dal milieu detto trantifa, cioè di antifa transessuali, che hanno un’ideologia aggressiva e già alle spalle, pur nella sciatteria di come conducono i loro crimini, una scia di morti.
L’idea che le motivazioni dell’attentatore vadano trovati nella cultura trantifa non è ancora apparsa pienamente nei media dell’establishment USA, che da giorni ripetono che non c’è idea di quale possa essere il movente.
L’amministrazione Trump, nel frattempo, si sta muovendo per dichiarare gli antifa come una organizzazione terrorista.
Anche se saltassero fuori ulteriori elementi su trans e goscisti dietro all’omicidio, non siamo certi, tuttavia, che Netanyahu non rivendicherà l’innocenza di Israele ancora una volta.
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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Intelligence
Harvey contro Philby, storie di spie e lotte intestine agli albori della CIA
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Intelligence
Conflitti nell’Intelligence americana: la storia dell’OSS contro l’FBI e la creazione della CIA
Con la fine della guerra e il profilarsi della futura suddivisione del pianeta in due mondi, la questione di chi avrebbe dovuto prendersi in carico la gestione dell’Intelligence nel dopoguerra prese il sopravvento negli alti piani dirigenziali americani. Nell’estate del 1947 la cosiddetta Red Scare, paura dei rossi comunisti, aveva preso piede negli States.
Secondo Joseph J. Trento nel suo The Secret History of the CIA l’America si stava chiedendo quale fosse la direzione intrapresa dal governo a stelle e strisce. In Cina i Nazionalisti di Chiang Kai-shek, sostenuti dall’intelligence americana, stavano perdendo terreno a favore dei comunisti di Mao, i sovietici non dimostravano nessuna intenzione a lasciare la Germania ed era di pubblico dominio come Mosca fosse riuscita a sottrarre documenti segreti del Progetto Manhattan. Voci di corridoio dicevano che Hoover, direttore dell’FBI, non fosse contento.
J. Edgar Hoover fu uno degli uomini più potenti d’America per un lungo periodo di tempo. A ventiquattro anni nel 1919 gli venne assegnata la carica di capo della nuova General Intelligence Division del BOI (Bureau of Investigation), la cosiddetta Radical Division perché aveva come obiettivo principale quello di ricercare e distruggere le cellule di radicali presenti nell’intera repubblica federale nord-americana. Era entrato a far parte del BOI già nel 1921, nel 1924 ne era diventato il direttore.
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Nel 1935 il BOI divenne FBI e fino all’inizio della guerra rappresentò il più importante servizio di intelligence nel suolo americano. Famoso il suo lavoro sulla banca dati di impronte digitali e l’implementazione di laboratori per studiare le prove dei diversi casi. Notissimi anche i suoi rapporti con la malavita americana e i metodi affini alle sue frequentazioni sotterranee.
Con l’inizio della guerra, il capo della sezione dei servizi inglesi negli Stati Uniti, BSC (British Security Coordination), William Stephenson, aveva ricevuto l’ordine da Stewart Menzies, direttore del MI6, di connettersi al più alto livello possibile dei servizi americani, in quel momento rappresentati dall’FBI di Hoover.
La ricercatrice Whitney Webb raconta nel suo One Nation Under Blackmail come la BSC avesse consegnato a Hoover oltre centomila rapporti confidenziali in cambio di resoconti sui movimenti marittimi tedeschi. I rapporti tra i due però si ruppero definitivamente nel 1941 all’alba dell’entrata in guerra, da quel momento in avanti Stephenson cominciò a coltivare William «Wild Bill» Donovan.
Donovan era un famoso avvocato della grande mela, veterano della Grande guerra, il classico e consumato membro della «Eastern Establishment», la classe dirigenziale della costa levantina americana che comprendeva soggetti come Thomas E. Dewey o i fratelli Allen e John Foster Dulles. Venne nominato da Roosevelt a capo della COI (Office of the Coordinator of the Information) l’embrione da cui scaturì in seguito l’OSS, Office of Strategic Service, che Donovan diresse fino alla fine del conflitto.
Sempre secondo varie fonti citate nel testo della Webb, quando «Wild Bill» venne nominato a capo della COI, nacque una forte tensione con l’altra faccia della medaglia del controllo americano, Hoover e i suoi alleati. Questa lotta intestina portò Donovan a utilizzare i suoi contatti con la malavita, come Meyer Lansky, per colpire Hoover. Donovan lo ricattò grazie a delle foto recuperate da Lansky mentre si trovava in atteggiamenti intimi con l’FBI deputy director Clyde Tolson.
La Webb descrive l’OSS come un associazione vista spesso e volentieri come un club. Nonostante nelle sue fila operassero un elevato numero di ufficiali militari provenienti da varie agenzie governative, il comando era saldamente in mano ai figli delle più facoltose famiglie americane. I migliori ruoli degli uffici di Londra, Madrid, Parigi o Ginevra erano tenuti dai rampolli dei Mellon, dei Morgan, dei Du Pont o dei Vanderbilt.
Una volta terminata la guerra, negli Stati Uniti, una rete di spie comuniste sembrava operare indisturbata. Hoover, nel pieno di questa fobia rossa, cercava un colpo sensazionale per guadagnarsi il merito nei confronti del presidente Truman e depennare l’OSS dalla lista dei suoi nemici. L’agente William King Harvey, considerato il migliore da Hoover, aveva raccolto ventisette nomi dalle interrogazioni con Elizabeth Bentley, che aveva confessato di essere un corriere sovietico. Secondo la Bentley, tutti loro lavoravano per il governo e ben 5 facevano parte dell’OSS.
Hoover, intravedendo il colpo gobbo contro Dulles e Donovan inviò un messaggio segreto e personale al presidente Truman. Nonostante appena un anno prima avesse assolutamente negato ogni possibilità che vi potesse essere una rete comunista nel suolo americano, non resistette e si giocò tutto sulla questione dei rossi.
Harvey lavorò incessantemente sul caso per i successivi due anni senza riuscire a cavarne fuori una singola prova che potesse convincere un giudice a formulare un arresto.
La fiducia di Truman versò Hoover terminò in quel momento assieme a qualsiasi possibilità di diventare il nuovo gestore dei futuri servizi segreti americani. A quel punto Truman prese tempo e decise di lasciare la futura nascita dell’apparato nelle mani del dipartimento di stato e dei militari. Fu in questo momento che la figura di Allen Dulles fece capolino nella storia.
Come racconta Douglas Waller in Disciples, Allen Dulles coltivava il sogno di diventare segretario di Stato proprio come suo nonno e suo zio. Entrò a far parte del Council on Foreign Relations (CFR), scrivendo pezzi per il suo giornale Foreign Affairs. Frequentava il circolo chiamato amichevolmente dai suoi habitué «The Room», un appartamento dove si incontravano per una chiacchiera informale i finanzieri di New York di ritorno dai loro viaggi in giro per il mondo. Venne assunto dal Dipartimento di Stato nel 1927 come consulente legale, situazione che sarebbe impossibile oggi per via del palese conflitto di interessi con il suo lavoro.
Dulles non voleva lasciare il futuro dei servizi in mano al Congresso o al presidente e decise di crearne uno privato. Voleva creare la struttura e al momento opportuno presentarla al presidente che a quel punto l’avrebbe riconosciuta come fatto compiuto e assorbita all’interno degli apparati statali. Utilizzando il CFR come sua base aveva organizzato un strategia in tre parti, formare un agenzia privata e nascosta, piazzare nel governo suoi uomini fedeli alla causa, plasmare l’opinione pubblica attraverso il potere che esercitava sui media. Non soddisfatto concorse a esasperare il terrore dell’avanzamento dei sovietici in Europa e in Cina.
Truman soverchiato dalla situazione non vide altra soluzione che agire in fretta e furia e si adagiò comodamente nel solco creato da Dulles. Secondo Trento nel suo The Secret History of the CIA, la combinazione tra la spinta della propaganda organizzata da Dulles e la reale situazione mondiale accelerò l’approvazione della struttura da parte del presidente.
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Nel gennaio 1946 Truman creò temporaneamente la CIG Central Intelligence Group, che non avendo il permesso di portare avanti operazioni coperte però non aveva ancora ereditato il grosso dell’OSS. Fu Dulles che con la sua organizzazione ereditò il controllo del segmento nascosto.
Nel 1947 Truman con il National Security Act diede vita alla CIA (Central Intelligence Agency) e al NSC (National Security Council). Micheal H. Hunt nella sua opera The American Ascendancy descrive l’obiettivo della nascita del NSC come corpo centrale di coordinamento sotto il controllo del presidente dedito alla formulazione della politica nazionale e al supporto delle decisioni presidenziali.
Il presidente non volendo partecipare pubblicamente alle operazioni clandestine, adottò in toto lo schema proposto da Dulles, dando la possibilità di operare con istituzioni private di carità e fondazioni. Dulles divenne inizialmente l’uomo ombra dei servizi americani per poi assurgere a direttore della CIA nel 1953 sotto Eisenhower.
Di fatto fu l’uomo che gestì i servizi segreti americani dal dopoguerra in avanti fino all’arrivo di JFK e del disastro della Baia dei Porci nel 1961 dove venne costretto a rassegnare le dimissioni.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine: Il capo dell’FBI Edgar J. Hoover consegna i diplomi ai diplomati della National Police Academy. Washington, 2 aprile 1938.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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