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Spirito

Nell’antica capitale del regno d’Armenia i resti di una delle chiese più antiche al mondo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il luogo di culto, del IV secolo, rinvenuto ad Artaxata. Una scoperta frutto del lavoro congiunto di archeologi dell’università di Münster e dell’Accademia nazionale delle scienze dell’Armenia. Per gli esperti è un evento «significativo» anche perché il regno è stato il primo nella storia «ad adottare il cristianesimo come religione ufficiale».

 

Nei giorni in cui papa Francesco nomina nuovo membro del dicastero per le Chiese orientali il patriarca di Cilicia degli Armeni Raphaël Bedros XXI Minassian, un gruppo di studiosi annuncia la scoperta dei resti di una chiesa del quarto secolo ad Artaxata, l’antica capitale del regno d’Armenia. Per gli esperti l’edificio rappresenta uno dei più antichi luoghi di culto rinvenuti al mondo e la più antica dell’area in cui sorgeva il regno che è anche il primo nella storia ad aver abbracciato il cristianesimo come religione ufficiale.

 

I resti della chiesa, dalla forma ottagonale, sono stati riportati alla luce ad Artaxata, l’antica capitale del regno di Armenia, da una squadra congiunta di archeologi dell’università di Münster e dell’Accademia nazionale delle scienze dell’Armenia, che hanno lavorato sul sito da settembre. La scoperta «consiste in una struttura con estensioni cruciformi» che «corrisponde a edifici commemorativi paleocristiani» come spiega l’ateneo tedesco in una nota. La costruzione era caratterizzata da “un diametro di circa 30 metri” e aveva “un semplice pavimento in malta e piastrelle di terracotta».

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I ricercatori hanno anche trovato frammenti di marmo che indicano quanto fosse «riccamente decorata» con materiali di pregio da importazione. «Nelle estensioni a forma di croce, i ricercatori hanno scoperto i resti di piattaforme di legno che sono state datate al radiocarbonio» e risalirebbero «alla metà del IV secolo d.C.»  prosegue la dichiarazione.

 

Questa datazione ha permesso ai ricercatori di stabilire che la struttura «è la più antica chiesa archeologicamente documentata del Paese e una prova sensazionale del primo cristianesimo in Armenia» come evidenzia Achim Lichtenberger, docente dell’università di Münster.

 

La città di Artaxata, ora in rovina, situata su una collina nel sud del Paese lungo il confine con la Turchia, è stata fondata nel 176 a.C. e si è sviluppata nel tempo sino a diventare «una importante metropoli», in particolare durante il periodo ellenistico.

 

Una crescita consistente, spiegano i ricercatori, tanto da farla diventare la «capitale del regno d’Armenia per quasi sei secoli». La stessa collina, che vanta una vista spettacolare sul monte Ararat, appena al di là del confine turco, ospita Khor Virap, un antico monastero ancora attivo che è anche un luogo di pellegrinaggio.

 

Interpellata dal Times of Israel l’archeologa classica, biblista e storica delle religioni Jodi Magness, docente all’università di Chapel Hill nella Carolina del Nord (Stati Uniti), parla anche lei di «scoperta significativa».

 

«La scoperta di questa chiesa – aggiunge – ha senso dal momento che il regno armeno è stato il primo Stato ad adottare il cristianesimo come religione ufficiale all’inizio del IV secolo». E nello stesso periodo, conclude, gli armeni hanno stabilito «una presenza a Gerusalemme, che hanno mantenuto attuale sino ad oggi».

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Il regno, all’epoca uno Stato-satellite legato all’impero romano, diventa formalmente cristiano nel 301, quando, «secondo la leggenda, san Gregorio Illuminatore converte al cristianesimo il re armeno Tiridate III ad Artaxata».

 

Eventi che occorrono ben prima del Concilio di Nicea del 325, che codifica e razionalizza i diversi dogmi del cristianesimo ma, soprattutto, prima dell’Editto di Milano del 313 col quale l’imperatore romano Costantino mette al bando la persecuzione dei cristiani e ne autorizza il culto. Per questo motivo l’Armenia è considerata il primo regno cristiano e la Chiesa ortodossa armena è una delle più antiche confessioni cristiane, oltre alla presenza di un numero significativo di armeni cattolici, che hanno tradizioni distinte sono fedeli al papa e alla Chiesa di Roma.

 

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Vescovo tedesco afferma che «non dobbiamo evangelizzare» il mondo poiché si può essere «felici» senza Dio

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Il vescovo tedesco Franz-Josef Overbeck ha affermato che «non dobbiamo evangelizzare il mondo intero» e che le persone sono «felici e contente» senza Dio. Lo riporta LifeSiteNews.   In un sermone nella solennità di Maria, Madre di Dio, nella cattedrale di Essen, Overbeck ha detto che «non dobbiamo evangelizzare il mondo intero e conquistarlo a una certa forma di vita ecclesiale».   «Dio troverà il modo di condurre sulla buona strada coloro che non possono o non vogliono credere in Lui», ha affermato il vescovo. «Comprendere e vivere la nostra comune vita cristiana ed ecclesiale in modo tale che il Vangelo sia un invito per le persone, ma non una costrizione o una pressione, è ciò che possiamo fare per garantire che in futuro continueranno ad esserci luoghi del cristianesimo accessibili a tutti».   Overbeck ha citato studi che pretendono di dimostrare che molte persone affermano di non aver bisogno di Dio o della religione e nonostante ciò «sono felici e contente e spesso conducono una vita appagante e non sono affatto persone egoiste».

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Il filosofo cattolico Sebastian Ostritsch ha commentato in un articolo per il giornale tedesco Die Tagespost che, anche se fosse vero che le persone sono felici e contente senza Dio, i cristiani dovrebbero preoccuparsi principalmente della salvezza eterna del prossimo e non di una contentezza superficiale.   «Tutto il resto sarebbe egoistico, persino privo di amore, perché vedrebbe nell’altro solo un essere ordinario limitato a questo mondo», ha scritto l’Ostritsch.   Come noto, monsignor Overbeck è uno dei paladini del cosiddetto Cammino sinodale tedesco. Cappellano militare della Bundeswher, l’esercito germanico, il vescovo aveva domandato due anni fa una «strategia di uscita» dall’Ucraina.   Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa il vescovo aveva affermato che le donne «predicano» nella sua diocesi nonostante il freno vaticano alle «diaconesse».

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Immagine di ACBahn via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine tagliata  
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Il Vaticano affronta la strategia dell’ambiguità

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L’anno 2024 ha messo in luce una delle caratteristiche del governo dell’attuale pontificato: la strategia dell’ambiguità. È quanto emerge dai diversi atti pontifici che hanno scandito un anno segnato da un viaggio senza precedenti in Asia e Oceania, dalla chiusura del sinodo sulla sinodalità e dalla creazione di ventuno nuovi cardinali.

 

Capodanno spesso fa rima con valutazione. Oltretevere, lo scorso anno avrà confermato le grandi tendenze dell’attuale pontificato: preferenza per i viaggi alle periferie della Chiesa universale, enfasi posta su una più ampia consultazione dei laici, tendenza a scegliere i membri del Sacro Collegio in regioni «insolite» per non dire altro.

 

Ma nel corso di quest’anno si è manifestato un altro aspetto, che ha influito sul governo del pontificato, e che potrebbe essere designato con l’espressione «strategia dell’ambiguità», per usare le parole del saggista Francesco X. Rocca. Questo vaticanista, che è stato editorialista religioso del Wall Street Journal, vede questa strategia all’opera nella maggior parte delle azioni del pontefice argentino, come spiega sulle colonne del Catholic Register.

 

Innanzitutto con la promulgazione della Fiducia supplicans (FS), un documento controverso che permetteva la benedizione delle coppie irregolari: una dichiarazione che si credeva indirizzata alla Chiesa universale finché l’oste di Santa Marta non ne limitò particolarmente la portata. «Gli africani sono un caso particolare: per loro l’omosessualità è qualcosa di “brutto” dal punto di vista culturale; non la tollerano», ha dichiarato Papa Francesco su La Stampa del 29 gennaio 2024.

 

Tre mesi dopo, in un’intervista alla CBS, il successore di Pietro ha ulteriormente minimizzato la portata del FS, suggerendo che il bersaglio del documento fossero «individui» e non coppie formalmente irregolari. E un mese dopo, papa Francesco, in un incontro a porte chiuse con i vescovi italiani che avevano «fatto trapelare», ha ribadito la disciplina della Chiesa volta a escludere dal sacerdozio i candidati con tendenze omosessuali, pur negando qualsiasi «omofobia» delle sue foglie.

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Nell’aprile 2024, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato Dignitas inifinita, condannando la maternità surrogata e l’ideologia di genere. Un’affermazione ridimensionata nell’intervista già citata: «Esiste una regola generale in questo tipo di casi, ma bisogna considerare ogni caso in particolare per valutare la situazione, purché non venga aggirato il principio morale», stima poi Francesco.

 

L’accesso delle donne agli ordini maggiori soffre della stessa ambiguità: Francesco assicurava all’inizio del 2024 di «non prendere in considerazione» l’ordinazione di diaconesse, ma nell’ottobre successivo il papa ha ratificato il documento finale del sinodo sulla sinodalità in cui si afferma che «resta aperta la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale» e che «il discernimento deve continuare».

 

Lo stesso in materia di politica interna: in una conferenza stampa lo scorso settembre, il Papa ha affrontato la questione delle elezioni americane, affermando che i cattolici devono scegliere il candidato «meno cattivo» e aggiungendo che «ciascuno deve agire secondo la propria consapevolezza».

 

Nel contesto del conflitto in Medio Oriente – come in Ucraina – Francesco ha cercato di mantenere una certa neutralità, pur lasciandosi fotografare prima di Natale in preghiera davanti a un presepe in cui Gesù Bambino era avvolto nella kefiah, emblema della causa palestinese.

 

La Santa Sede ha poi pubblicato una foto del papa mentre contempla quello che definisce uno dei suoi dipinti preferiti: La Crocifissione bianca di Marc Chagall, opera in cui il pittore francese di origine russa denuncia i pogrom commessi in Russia dagli occupanti nazisti. Abbastanza da far rabbrividire sia Gerusalemme che Kiev…

 

Una delle chiavi di questa strategia dell’ambiguità si trova forse nella Lettera del Papa del 7 luglio 2024 Sul ruolo della letteratura nella formazione: «Riconoscendo l’inutilità e forse anche l’ impossibilità di ridurre il mistero del mondo e dell’essere umano ad una polarità antinomica vero/falso, oppure giusto/ingiusto, il lettore accetta il dovere di giudicare non come strumento di dominio ma come impulso all’ascolto incessante e come disponibilità a lasciarsi coinvolgere in questa straordinaria ricchezza della storia grazie alla presenza dello Spirito Santo» (n. 40).

 

Nel 2025 sarà prevista a Roma la celebrazione ufficiale del 1700° anniversario del Concilio di Nicea che, condannando Ario, stabilì definitivamente l’insegnamento della Chiesa sulla Trinità. L’opportunità di vedere se l’ambiguità lascerà il posto alla chiarezza…

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 

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Occulto

Gli esorcisti lanciano l’allarme

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L’Associazione Internazionale Esorcisti, associazione fondata nel 1994 e riconosciuta nel 2014 come associazione privata di fedeli di diritto pontificio, ha come scopo principale il servizio ai sacerdoti che esercitano il ministero di esorcisti nella Chiesa cattolica. Riunisce più di 900 esorcisti e 130 ausiliari.   Il 6 gennaio 2025, l’Associazione ha pubblicato un documento per offrire «alcune osservazioni su alcune pratiche pastorali errate» che distorcono o ignorano le istruzioni della Chiesa e gli elementi di prudenza che devono circondare l’esercizio del delicato ministero di esorcista.  

L’aumento della domanda

Nel testo si nota l’aumento delle richieste da parte di persone «convinte di essere vittime di un’azione straordinaria del demonio, in una delle sue varie forme». Ma talvolta l’intervento di terzi incompetenti e privi di discernimento interrompe il regolare esame del caso. Ecco perché gli esorcisti forniscono dieci chiarimenti «per far luce su alcune situazioni riprovevoli».

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1. Attenzione all’improvvisazione e al sensazionalismo

Alcuni sacerdoti, consacrati e laici, mettono in atto mezzi arbitrari, non autorizzati dalla competente autorità ecclesiastica. Ancora più gravemente, dissuadono i fedeli dal rivolgersi all’esorcista ufficiale della loro diocesi, suggerendo loro di rivolgersi ad altri esorcisti «più potenti» o sostenendo l’idea di una presenza demoniaca che loro identificano erroneamente.  

2. Ossessione per la presenza del demone

Alcuni «focalizzano la loro attenzione esclusivamente sulla presenza e l’azione del demone». Trascurano la fede, la preghiera, la vita sacramentale e la pratica della carità, che sono sempre state presentate come le armi migliori contro il diavolo. Pensano che la liberazione dipenda solo dalla ripetizione compulsiva di preghiere e benedizioni.  

3. Negligenza nel discernimento

Alcuni sacerdoti, «talvolta purtroppo anche alcuni esorcisti, trascurando il serio e rigoroso discernimento prescritto dai Praenotanda del Rito degli esorcismi, utilizzano criteri estranei alla fede cattolica, facendo proprie concezioni di origine esoterica o new age. Questo approccio è inaccettabile e contrario alla fede e alla dottrina della Chiesa», nota il documento.  

4. Pratiche superstiziose e uso improprio delle cose sacre

Il documento attacca chi usa «metodi superstiziosi», chiedendo foto o vestiti per riconoscere possibili malefici, toccando i fedeli per «diagnosticare la presenza di entità maligne», o suggerendo un uso improprio delle res sacrae (acqua, sale, olio santo, ecc.). Ciò mantiene «mentalità e pratiche superstiziose».  

5. Coinvolgimento di persone inappropriate

Alcuni sacerdoti collaborano con persone considerate «sensibili», indirizzando a loro i fedeli sofferenti, invece di indirizzarli all’esorcista ufficiale. Talvolta è l’esorcista diocesano a delegare a questi personaggi il compito di discernere una reale azione demoniaca, e addirittura a lasciarsi guidare da loro per «liberare» le persone sofferenti dal maligno.   Un simile comportamento è evidentemente contrario alla missione dell’esorcista, il cui compito è quello di operare il discernimento e di utilizzare i mezzi forniti dalla Chiesa per combattere il demonio.  

6. Disprezzo per le scienze mediche e psicologiche

Nel discernimento, l’esorcista, oltre ai criteri tradizionali utilizzati per identificare i casi di azione demoniaca straordinaria, può ricorrere al consiglio di esorcisti esperti e, in certi casi, alla consulenza di esperti in campo medico e psichiatrico. Possono aiutare a comprendere l’origine di disturbi che non sono necessariamente di origine preternaturale. Rifiutarsi di farlo espone i fedeli a rischi inutili, perfino a pericoli gravi.  

7. Dichiarazioni dannose

Il testo rileva inoltre che «voler ad ogni costo identificare un’azione demoniaca straordinaria come causa scatenante di una situazione di sofferenza di cui si ignora l’origine, senza un serio discernimento, non solo è vano, ma può anche condurre a un danno». Soprattutto se si tratta effettivamente di malattie che non verranno curate.

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8. La questione delle maledizioni

Le maledizioni, «purtroppo più diffuse nella società odierna di quanto pensiamo», non sono la causa di tutti i mali e le disgrazie che possono verificarsi nella vita di una persona. Questo comportamento non solo rischia di innescare la ricerca dei presunti coinvolti, ma genera anche sospetto, perfino odio, spesso in modo gratuito.   Bisogna piuttosto offrire l’aiuto della preghiera e ricordare il potere della grazia divina in tutte le prove, e il fatto che Dio è il padrone di tutto ciò che accade, che lo abbia voluto o permesso. Infine, bisogna far proprie queste prove per configurarsi al Cristo sofferente.  

9. Guarire l’albero genealogico

Alcuni sacerdoti e perfino alcuni esorcisti «praticano la guarigione intergenerazionale come una condizione sine qua non, senza la quale non è possibile ottenere alcuna guarigione o liberazione» senza rendersi conto del danno che ciò arreca alla fede e delle conseguenze per le persone. Queste pratiche non hanno alcun fondamento. Si tratta di una brutta copia di ciò che fanno i mormoni.  

10. Estirpare la paura

L’esorcista deve essere un agente di pace che viene da Cristo. Bisogna lottare contro la paura che il diavolo usa per ridurre l’uomo alla sua mercé. Un sacerdote che ha paura del diavolo non potrà esercitare il ministero dell’esorcismo senza esporsi a gravi pericoli, soprattutto se combatte questa paura con pratiche più o meno superstiziose.   Il documento si conclude con considerazioni generali sulla società e sul modo in cui percepisce oggi la funzione dell’esorcista, soprattutto attraverso i film, e sulla necessità di una vita cristiana solida, migliore fondamento per tenere lontano il diavolo da sé.   Queste osservazioni sono interessanti e mostrano come oggi il ministero dell’esorcismo possa essere deviato o pervertito.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di Francisco Goya (1746-1828), San Francesco Borgia aiuta un impenitente morente (1788), Cattedrale di Valenzia. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia    
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