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Municipio olandese butta via un’opera di Andy Warhol: l’equazione “arte contemporanea = spazzatura” è realtà

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Un municipio olandese ha dichiarato che è possibile abbia accidentalmente smaltito diecine di opere d’arte, tra cui un’opera del famoso artista Andy Warhol, durante i recenti lavori di ristrutturazione. Lo riporta l’emittente radiotelevisiva locale Omroep Brabant.

 

Il comune di Maashorst ha dichiarato giovedì che le opere d’arte erano state conservate in un seminterrato durante i vasti lavori di ristrutturazione del municipio effettuati l’anno scorso.

 

Un’indagine commissionata dal comune ha scoperto che 46 opere, tra cui una rara serigrafia degli anni Ottanta raffigurante l’ex regina olandese Beatrice, realizzata da Warhol, erano scomparse, finendo «molto probabilmente» tra i rifiuti ingombranti e difficilmente recuperabili.

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Secondo l’indagine, non erano in vigore politiche o procedure per la gestione delle opere durante i lavori di ristrutturazione. Alcune opere sono state prestate a un museo locale, altre sono state restituite agli artisti, mentre quelle collocate nel seminterrato del municipio sono state danneggiate.

 

Anche la risposta sarebbe stata lenta una volta che si è scoperto che le opere erano scomparse. L’opera di Warhol, stimata intorno ai 22.000 euro, è stata avvistata l’ultima volta nel settembre 2023, secondo il rapporto.

 

Il sindaco di Maashorst, Hans van der Pas, ha dichiarato a Omroep Brabant che l’opera d’arte deve essere finita tra i rifiuti ingombranti durante quel periodo. «Non è questo il modo di trattare oggetti di valore», ha affermato. «Ma è successo. Ce ne pentiamo».

 

Warhol, ampiamente considerato uno degli artisti più importanti del XX secolo, creò la stampa come parte della sua serie Reigning Queens («regine regnanti») del 1985, due anni prima della sua morte. La serie comprende 16 serigrafie colorate che ritraggono quattro monarchi: Elisabetta II del Regno Unito, Beatrice dei Paesi Bassi, Margherita II di Danimarca e Ntombi Twala di Eswatini (ex Swaziland). Basò ​​le opere su ritratti ufficiali di stato scelti per la loro grande diffusione su francobolli, monete e altri mezzi di comunicazione pubblici.

 

 

In un altro incidente avvenuto lo scorso novembre, diverse serigrafie Reigning Queens di Warhol furono rubate durante un’irruzione notturna nella Galleria MPV nella provincia olandese del Brabante Settentrionale.

 

Inizialmente, i ladri hanno rubato quattro stampe della serie, ma ne hanno abbandonate due nelle vicinanze. Le opere rubate raffiguravano la regina Elisabetta II e Margherita II di Danimarca, mentre le stampe della regina Beatrice dei Paesi Bassi e della regina Ntombi Twala di Eswatini sono state lasciate sul posto perché, a quanto pare, non entravano nell’auto della fuga.

 

Si narra che Donald Trump avesse rifiutato lavori di Warhol che voleva serigrafare i suoi palazzi, perché considerava il prezzo dell’artista troppo esoso. I due si conoscevano perché appartenevano alla scena neoeboracena degli anni Settanta e Ottanta, e condividevano il medesimo avvocato, il controverso Roy Cohn. In un recente film sul rapporto tra Cohn e Trump, The Apprentice, lanciato lo scorso anno per infangare il candidato repubblicano nei giorni del voto presidenziale, è possibile vedere i due incontrarsi ad una festa domestica di Cohn, da cui il giovane Donald fugge dopo aver veduto segni di perversione e degenerazione tipici di certi circoletti gay.

 

Non è la prima volta che l’Olanda si trova dinanzi a questioni di arte contemporanea e spazzatura, e la veritiera equazione che le unisce.

 

Nel suo fondamentale libro sul politicamente corretto La cultura del piagnisteo (1994), il critico d’arte australiano Robert Hughes scriveva proprio di progetti per l’arte del popolo nei Paesi Bassi.

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«In Olanda sperimentano da vent’anni la manna populista per tutti. Il governo ha istituito un fondo per l’acquisto di opere d’arte indipendentemente o quasi da ogni criterio di qualità. Conta solo che l’artista sia olandese e vivente. Nella raccolta così messa insieme sono rappresentati circa ottomila artisti olandesi. Nessuno li espone, e, come in Olanda ammettono ormai tutti tranne gli artisti interessati, il 98% delle opere sono porcherie. Ciascuno degli artisti pensa che sia tutto ciarpame, tranne la sua propria opera» raccontava lo Hughes.

 

Il risultato, continua il saggista, è del progetto per l’arte del popolo si è trasformato in un vero problema ecologico.

 

«Le spese di magazzinaggio, climatizzazione e manutenzione sono diventate tali che bisognerebbe sbarazzarsi di tutto, ma non si può: nessuno vuole quella roba. Non si riesce nemmeno a regalarla. Hanno provato a darla a istituti pubblici, tipo ospedali e manicomi; ma anche i manicomi esigono un minimo di qualità, vogliono scegliere. Sicché la raccolta sta tutta lì, democratica, non gerarchica, non elitaria, non sessista, invendibile e, con grave rammarico del governo olandese, solo parzialmente biodegradabile».

 

Ora con la riduzione a rumenta anche dei ritratti serigrafici della regina del «maestro» della Pop Art Warhol, vediamo con gratitudine come il Regno d’Olanda abbia materialmente portato a termine l’equazione arte contemporanea uguale spazzatura. Non solo la produzione artistica del comune cittadino finisce alla discarica, ma anche quella degli «artisti» contemporanei e dei loro fiancheggiatori (critici, galleristi, collezionisti) che speculano danaro e carriere sul niente che essa offre alla società.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine tagliata

 

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Vaticano, una nuova nomina controversa

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Sabato 6 settembre 2025, papa Leone XIV ha nominato la direttrice del Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) Cristiana Perrella Presidente della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Succede all’architetto Pio Baldi. Questa nomina, annunciata nel bollettino ufficiale della Santa Sede, ha sorpreso e turbato gli ambienti informati.  

Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon

L’Accademia, fondata nel XVI secolo, si propone, secondo i suoi statuti approvati nel 1995, di «promuovere lo studio, la pratica e lo sviluppo delle lettere e delle belle arti, con particolare riguardo alla letteratura di ispirazione cristiana e all’arte sacra in tutte le sue espressioni, e di promuovere l’elevazione spirituale degli artisti, in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura».   Riconosciuta da Papa Paolo III il 5 ottobre 1543, è la più antica associazione artistica nazionale italiana ancora esistente. È composta da circa cinquanta accademici ordinari nominati dal Papa (i «virtuosi»), suddivisi in cinque categorie: architetti, pittori e cineasti, scultori, musicisti e amanti dell’arte, scrittori e poeti, oltre a 49 accademici onorari.  

Il nuovo presidente

Nata a Roma nel 1965, Cristiana Perrella è curatrice di mostre, critica d’arte e docente di management ed economia dell’arte presso l’Università San Raffaele di Milano. Ha diretto il Centro Pecci di Prato fino al 2021, ha organizzato la mostra Panorama a L’Aquila nel 2023 e ha collaborato con il MAXXI, la Biennale di Valencia, l’IKSV di Istanbul e la Fondazione Prada.   Dal 2025 dirige il MACRO, dove programma stagioni artistiche che integrano arti visive, musica e progetti comunitari, evidenziando il ruolo sociale dell’arte. Tra i suoi progetti più importanti come curatrice c’è la mostra con l’artista Yan Pei-Ming per il Giubileo del 2025, incentrata sui temi dell’emarginazione e dell’inclusione sociale.   Perrella è membro della Pontificia Accademia dal 2022, nominata da papa Francesco, e nel 2024 è stata nominata curatrice delle mostre d’arte contemporanea per lo spazio Conciliazione 5 dal Dicastero per la Cultura e l’Istruzione del Vaticano.

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Cristiana Perrella è diventata particolarmente nota per aver organizzato «Nudes», una mostra di opere di una fotografa cinese. Sotto le spoglie dell’arte, la galleria ha esposto 90 fotografie la cui crudezza esplicita e provocatoria ha suscitato forti critiche.   Ha creato anche altre mostre di natura simile, sia esplorando la cultura dei nightclub come spazi di liberazione morale ed espressione personale all’interno della comunità LGBT+, sia elogiando questa stessa liberazione attraverso poster di film pornografici, promuovendo chiaramente valori contrari alla morale cattolica.   In un’intervista su Medium, spiega: «dovremmo riprendere il concetto di Rosi Braidotti e parlare del soggetto nomade. … In realtà sono interessata a temi legati alla femminilità e al femminismo, ma anche alla cultura queer e, in generale, a tutto ciò che sfugge alla semplificazione e allo schematismo. … Sono anche molto interessata al momento in cui il discorso postcoloniale si intreccia con quello di genere».   Tribune chrétienne, che ha riportato alla luce questa citazione, commenta: «invocando la filosofa postmoderna Rosi Braidotti, figura del femminismo radicale e del postumanesimo, la signora Perrella aderisce a una visione del mondo in cui l’uomo cessa di essere una persona creata a immagine di Dio e diventa un “soggetto nomade”, instabile, multiplo, dedito all’esplorazione della propria sessualità senza scopo né direzione».   «È un’antropologia che si oppone direttamente alla concezione cristiana della persona umana, una e indivisibile, chiamata alla santità e all’unità interiore. Il suo elogio del femminismo militante, della cultura queer e del postcolonialismo rivela un’agenda ideologica molto più che artistica. Tutto in essa traspira decostruzione: decostruzione del corpo, dell’identità, della tradizione».   «La Chiesa non può confondere l’arte autentica, che è ricerca della verità e della bellezza, con un attivismo che offusca deliberatamente i punti di riferimento fondamentali dell’antropologia cristiana. La nomina di una figura che sostiene la messa in discussione dei quadri morali e la dissoluzione dei punti di riferimento antropologici appare una rottura brutale con lo spirito di questa venerabile istituzione».   E il fatto che una tale nomina provenga dallo stesso Papa, allo scopo di ricoprire la presidenza di un’accademia pontificia, rende la decisione ancora più inspiegabile.   Nel caso in cui, nonostante l’operato dei segretari vaticani, Papa Leone XIV non fosse pienamente informato delle posizioni pubbliche della signora Perrella, così manifestamente contrarie al Vangelo e allo spirito cristiano, possiamo comprendere la confusione che questa decisione provoca e sperare che l’attuale Papa ponga saggiamente rimedio a tale confusione.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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L’Ungheria celebra un millennio di cristianesimo con una croce gigante fatta di droni nel cielo

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L’Ungheria ha celebrato la sua eredità cristiana nel giorno di Santo Stefano con fuochi d’artificio e una croce gigante formata nel cielo dai droni. Lo riporta LifeSite.

 

Il 20 agosto, l’Ungheria ha celebrato la sua festa nazionale, la festa di Santo Stefano I, il primo re d’Ungheria. Durante i festeggiamenti, droni luminosi hanno formato una croce gigante sopra il Danubio, vicino al palazzo del Parlamento.

 

Il ministro degli Affari Esteri e del Commercio Peter Szijjarto ha condiviso un’immagine della croce galleggiante con la didascalia «Altri mille anni», in riferimento al fatto che l’Ungheria è una nazione cristiana da un millennio.

 

Lo spettacolo prevedeva anche fuochi d’artificio, una banda musicale e una processione con le reliquie di Santo Stefano.

 

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«Nel giorno di Santo Stefano celebriamo il nostro millenario Stato cristiano ungherese, fondamento della nostra nazione, pilastro dell’Europa cristiana», ha scritto il premier Vittorio Orban su X. «Orgogliosi di portare avanti questa eredità di fede, forza e indipendenza».

 


Durante il suo primo mandato da primo ministro (1998-2002), l’Orban ha avuto un ruolo chiave nello spostamento della corona di Santo Stefano da un museo al centro del palazzo del Parlamento, un atto simbolico che ha sottolineato l’importanza del patrimonio cristiano dell’Ungheria.

 

«Oggi, 20 agosto, festa di Santo Stefano: celebrazioni in tutto il mondo, ovunque si trovino gli ungheresi», ha affermato l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, Sua Altezza Imperiale arciduca Edoardo d’Asburgo-Lorena.

 


«Celebriamo oltre 1.000 anni di nazione cristiana» ha scritto SAR.

 

Le immagini dello spettacolo a Budapest sono impressionanti, monumentali in un senso epico e moderno al contempo.

 

 

 

 

 

L’Ungheria ha organizzato uno spettacolo di luci simile il giorno di Santo Stefano degli anni passati, quando i droni hanno pure formato una gigantesca croce fluttuante e una gigantesca corona.

 

 

 

Durante il regime sovietico, la festa di Santo Stefano fu soppressa. Il regime comunista scelse deliberatamente il 20 agosto 1949 come giorno per ratificare la nuova costituzione stalinista, in un apparente tentativo di sostituire la festa e promuovere il comunismo ateo. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989, i 40 anni di occupazione comunista dell’Ungheria terminarono e la festa di Santo Stefano divenne la nuova festa nazionale ungherese.

 

Re Santo Stefano I fu un fervente cattolico e il primo re cristiano d’Ungheria. Papa Silvestro II lo incoronò nell’anno 1000. Morì il giorno dell’Assunzione del 1038 e, sul letto di morte, dedicò il paese a Maria. Lui e suo figlio Emerico furono canonizzati da Papa San Gregorio VII nel 1083.

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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica»

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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica» è quanto scrive Pierluigi Panza su Il Fatto d’arte in un articolo che parla della tendenza in auge nei teatri e nei festival musicali, anche prestigiosi. «Del resto, l’opera è un suo territorio naturale poiché da sempre popolato di castrati, ruoli en-travesti, donne travestite da uomini e viceversa».   Nel Novecento, per convenzione, i ruoli originariamente destinati ai castrati sono stati interpretati da donne con voci da mezzosoprano o contralto en-travesti, spiega il critico. Di conseguenza, le voci tradizionalmente presenti sui palcoscenici mondiali sono state quelle di soprano, mezzosoprano e contralto per le donne, e di basso, baritono e tenore per gli uomini.   Negli ultimi anni, però, si è affermata la voce del controtenore tra gli uomini, inizialmente utilizzata principalmente per ricoprire i ruoli scritti per i castrati. Quello che sembrava un capriccio più che una necessità si è rapidamente trasformato in una tendenza diffusa, con un impatto sorprendente e inaspettato.   «Lo vediamo attualmente nel Festival di Salisburgo, dove in giorni successivi sono state messe in scena Drei Schwestern (le Tre sorelle da Anton Cehov) di Eötvös, Giulio Cesare in Egitto di Haendel e Hotel Metamorphosis, un pastiche su musiche di Vivaldi» racconta il Panza. Nella riformulazione di Tre sorelle, il compositore ha fatto la scelta di affidare tutte le parti femminili a «voci maschili, scelta legata al teatro kabuki che è privo di connotazioni maschili o femminili».

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«Una proposta del genere non può che piacere negli odierni tempi fluidi; così le tre sorelle sono state messe in scena con tre bei marcantoni» scrive il critico che avverte che anche il ruolo del soprano è ora insidiato dal genderimo: «la rivoluzione gender non si è fermata al trionfo diffusionale dei controtenori – quasi ricercate star come lo furono i castrati –, ma ha esteso ai maschi la voce da soprano».   «Così avviene nel Giulio Cesare in Egitto sempre in scena al Festival di Salisburgo. Qui il ruolo del romano Sesto è scritto da Haendel per un soprano o per un contralto castrato, cioè per una donna o per un castrato. A interpretarlo a Salisburgo è Federico Fiorio, un soprano veronese. E via con il resto dei ruoli: Giulio Cesare, Christophe Dumax, è un controtenore; Tolomeo, Yuriy Mynenko, un controtenore e Nireno, Jake Ingbar, pure lui un controtenore».   «È la moda del gender, bellezza!» conclude il critico d’arte.   Eravamo rimasti all’idea, diffusa dai giornali e dalle psicologhe invitate nelle scuole elementari cattoliche, che la teoria del gender non esiste. E invece, il gender è all’opera.

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