Geopolitica
Mosca all’ONU accusa l’Occidente di essere complice della strage di Belgorod. Dito puntato verso Praga che ha fornito le armi
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno aiutato l’Ucraina a effettuare attacchi mortali sulla città di confine russa di Belgorod, ha detto sabato al Consiglio di Sicurezza l’inviato di Mosca all’ONU, Vassilij Nebenzia.
La Russia ha richiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dopo che le forze ucraine avevano bombardato Belgorod quel giorno, uccidendo almeno 22 persone e ferendone più di 100.
Nel suo discorso, Nebenzia ha descritto il bombardamento come «un atto premeditato di terrorismo contro i civili», sostenendo che i sostenitori occidentali di Kiev condividono la responsabilità delle morti.
«L’Occidente è complice dei crimini commessi dalla banda di Kiev», ha detto il diplomatico. «Sappiamo che consulenti britannici e americani furono direttamente coinvolti nell’organizzazione di questo atto terroristico».
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Il diplomatico ha avvertito che «gli organizzatori e gli autori» degli attacchi «saranno puniti».
L’ONU ha condannato l’uccisione di civili sia in Russia che in Ucraina. Nebenzia, tuttavia, ha sostenuto venerdì durante la riunione del Consiglio di Sicurezza che le persone a Kiev e in altre città ucraine sono state uccise dal lavoro difettoso delle difese aeree ucraine. Ha anche accusato l’Ucraina di posizionare missili antiaerei nelle aree residenziali.
All’ONU la delegazione russa ha quindi puntato il dito contro uno Stato NATO nello specifico, la Repubblica Ceca.
Il vice inviato russo all’ONU Dmitrij Polyansky ha dichiarato che Praga non ha il coraggio di rispondere pubblicamente all’affermazione di Mosca secondo cui i missili di fabbricazione ceca sarebbero stati usati dall’Ucraina per uccidere civili.
Sabato la Russia ha convocato un incontro urgente presso la sede delle Nazioni Unite a Nuova York, chiedendo che la delegazione ceca partecipi e «spieghi perché le munizioni di questo Paese vengono utilizzate per uccidere civili a Belgorod», ha detto Polyansky.
Secondo il ministero della Difesa russo, le truppe ucraine hanno utilizzato lanciarazzi multipli cechi RM-70 Vampire per sparare contro la città di confine di Belgorod quel giorno, uccidendo almeno 22 persone e ferendone più di 100.
Praga ha rifiutato di partecipare alla riunione delle Nazioni Unite. «Ci rifiutiamo di essere convocati ovunque dalla Russia», ha scritto il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavsky suTwitter, accusando i russi di «propaganda».
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«Quando la Russia vorrà discutere del ritiro delle sue truppe di occupazione al Consiglio di Sicurezza, saremo felici di venire», ha scritto Lipavsky.
Polyansky ha risposto sempre su Twitter dicendo «La vostra codardia e la vostra ingenuità sono state notate», ha scritto il diplomatico russo. «Partiamo dal presupposto che la Repubblica Ceca non parteciperà più alle riunioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione dell’Ucraina».
Anche la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha criticato l’operato di Praga. «Non pensavo che il Ministero degli Esteri ceco sarebbe stato così ignorante da non sapere come funziona il Consiglio di sicurezza dell’ONU», ha scritto su Telegram.
Intervenendo al Consiglio di Sicurezza, l’inviato russo Vassilij Nebenzia aveva affermato che i «consulenti» statunitensi e britannici hanno aiutato Kiev a pianificare l’«atto di terrore premeditato» contro i civili a Belgorod, ricordando che i responsabili sarebbero stati «puniti».
L’Ucraina ha negato le accuse e ha accusato Mosca di «terrorismo» dopo che l’aeronautica russa ha effettuato attacchi su larga scala nel paese vicino. Secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, durante i bombardamenti di venerdì sono morte 39 persone e quasi 160 sono rimaste ferite.
Il ministero della Difesa russo ha dichiarato che si trattava solo di colpire depositi di munizioni e altri obiettivi militari. Funzionari russi hanno inoltre affermato che le morti civili sono state causate dal funzionamento difettoso dei sistemi di difesa aerea ucraini dispiegati nelle aree residenziali.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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