Pensiero
Mons. Viganò: il vaccino, il Grande Reset, Satana
Renovatio 21 pubblica questa intervista a Monsignor Carlo Maria Viganò apparsa nella rivista trimestrale francese Civitas. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
In che modo il Great Reset è un’espressione dello spirito del male?
Il Grande Reset è lo strumento tramite il quale l’élite globalista intende modificare sostanzialmente le dinamiche economiche, lavorative, sociali e religiose degli Stati.
Esso costituisce un atto di interferenza invasiva di potentati finanziari facenti capo ad un ristretto gruppo di famiglie – Rothschild, Rockefeller, ecc. – nella vita dei cittadini del pianeta, e per il modo con cui questo progetto è perseguito rappresenta un vero e proprio attacco eversivo.
Il Grande Reset è lo strumento tramite il quale l’élite globalista intende modificare sostanzialmente le dinamiche economiche, lavorative, sociali e religiose degli Stati
Scopo di questo Grande Reset, per stessa ammissione dei suoi artefici, è la trasformazione della società globale in una massa di persone alle quali vengono negati o razionati col ricatto i diritti naturali, civili e religiosi, per costringerle ad accettare ciò che normalmente non approverebbero mai: il controllo totale sulle loro azioni tramite app di tracciamento, l’obbligo della moneta elettronica e del voto elettronico; la drastica riduzione del costo del lavoro tramite la cancellazione della piccola e media impresa e l’impoverimento delle classi più deboli; l’imposizione di un’economia pretestuosamente basata sul green, che si traduce in un ricorso forzato alle auto elettriche, all’uso di risorse energetiche alternative a fronte dell’aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio; la privatizzazione della sanità pubblica, ottenuta tramite la patologizzazione della popolazione e la conseguente insostenibilità della spesa pubblica, l’assenza di investimenti nel settore a causa dei tagli imposti dall’Unione Europea e l’imposizione dell’inoculazione del siero genico; infine, la Quarta Rivoluzione Industriale attuata dal Grande Reset ha come scopo la diminuzione della popolazione mondiale, ottenuta con politiche di controllo delle nascite, incentivazione dell’aborto, dell’eutanasia e del cambio di sesso, omosessualizzazione dei giovani e sterminio programmato tramite l’uso di farmaci e di alimenti dannosi per la salute.
A tutto questo si aggiungono i finanziamenti stanziati agli Stati dall’Unione Europea, tutti ideologicamente orientati (per la parità di genere l’Europa stanzia più che per la Sanità) e che vincolano gli Stati sotto la minaccia dell’intervento della Commissione Europea e della BCE.
Questo progetto si avvale della collaborazione delle istituzioni pubbliche nazionali e sovranazionali: l’ONU e le sue agenzie, parlamenti, governi, funzionari pubblici, forze dell’ordine, magistrati, docenti, medici. Al loro fianco, la campagna martellante dei media lancia l’allarme pandemico, l’emergenza climatica, la minaccia terroristica o di un’invasione aliena (non sto scherzando), il rischio di un collasso della rete internet, con lo scopo di forzare le masse ad accettare come ineluttabili dei provvedimenti che rappresentano una forzatura finalizzata al profitto di un numero ridottissimo di miliardari ai danni della maggioranza della popolazione.
Il Grande Reset è espressione del male perché è essenzialmente satanica la matrice ideologica su cui esso si basa.
Non possiamo fingere di non sapere che tutti i protagonisti di questo piano globale sono accomunati dall’appartenenza alla Massoneria, alla Commissione Trilaterale, al Gruppo Bilderberg: questi gruppi di potere hanno in odio il Cristianesimo e Cristo stesso, e non fanno mistero di adorare Lucifero
Non possiamo fingere di non sapere che tutti i protagonisti di questo piano globale sono accomunati dall’appartenenza alla Massoneria, alla Commissione Trilaterale, al Gruppo Bilderberg: questi gruppi di potere hanno in odio il Cristianesimo e Cristo stesso, e non fanno mistero di adorare Lucifero.
D’altra parte, anche senza indagare sulle radici esoteriche di costoro, è sufficiente vedere cosa fanno: la loro è una cultura di morte, di paura, di menzogna, di spietato calcolo economico. Sono il male, i servi del demonio, gli operatori di iniquità che preparano l’avvento dell’Anticristo.
Qual è il legame tra l’epidemia di COVID-19 e il Great Reset?
Il legame tra pandemia e Grande Reset è strumentale: come hanno affermato personaggi quali Jacques Attali o Klaus Schwab, la pandemia offre un’opportunità unica per la realizzazione del Grande Reset, dal momento che consente di presentare come giustificate dall’emergenza sanitaria le compressioni dei diritti dei cittadini, facendo leva sulla paura, creando nemici – come i cosiddetti no-vax – sui quali sfogare la tensione delle masse, prospettando come un vantaggio la didattica a distanza e lo smart working, e infine facendo credere che i morti e i malati cronici provocati da un piano criminale di depopolamento siano causati da un virus «mortale» (tasso di mortalità 0,07%), mentre sappiamo benissimo che il COVID-19 è una forma influenzale che può essere curata, ma per il quale sono state proibite le terapie e imposti protocolli assurdi che hanno portato a un numero di decessi altrimenti evitabili.
Anche il cosiddetto «vaccino» sperimentale, dalla cui somministrazione le case farmaceutiche traggono enormi profitti riconducibili a ben precisi gruppi finanziari – ad iniziare da Black Rock – sta causando un numero esorbitante di decessi e di lesioni gravi, a fronte delle quali BigPharma si appresta ad aumentare i propri guadagni assicurandosi le cure per i prossimi decenni.
La pandemia offre un’opportunità unica per la realizzazione del Grande Reset, dal momento che consente di presentare come giustificate dall’emergenza sanitaria le compressioni dei diritti dei cittadini, facendo leva sulla paura, creando nemici – come i cosiddetti no-vax
Che in quel siero vi sia poi il grafene e che possa essere usato anche per altri scopi, è una questione che andrà affrontata dagli esperti e dai magistrati, se ancora ne rimane qualcuno non asservito al regime.
Di sicuro sarà necessario pensare ad una nuova Norimberga, per giudicare e punire i responsabili di questo crimine contro l’umanità.
Non stiamo forse assistendo all’istituzione di una nuova religione?
Il culto di Satana in tutte le epoche storiche e in tutte le civiltà è stato una dolorosa costante del mistero di iniquità che accompagna l’umanità sin dalla cacciata dei nostri progenitori dal Paradiso terrestre.
L’ecologismo malthusiano, il culto della Madre Terra, le pseudofilosofie orientali di matrice panteistica e non ultimo il «Cristo cosmico» vagheggiato dal gesuita eretico Theilard de Chardin sono solo declinazioni di una medesima deviazione teologica.
Dietro la Pachamama, c’è sempre Satana, la sua invidia per il destino soprannaturale che il Dio Redentore ha riservato all’uomo, il suo odio per la vita e per la bellezza in quanto espressioni dell’onnipotenza del Dio Creatore, la sua avversione a tutto ciò che richiama la presenza di Gesù Cristo nella Storia
In definitiva, dietro la Pachamama, c’è sempre Satana, la sua invidia per il destino soprannaturale che il Dio Redentore ha riservato all’uomo, il suo odio per la vita e per la bellezza in quanto espressioni dell’onnipotenza del Dio Creatore, la sua avversione a tutto ciò che richiama la presenza di Gesù Cristo nella Storia, segno di un amore infinito dal quale il demonio è eternamente proscritto.
Aldilà di queste considerazioni, tuttavia, non va sottovalutato il ruolo della componente rituale nelle dinamiche del Grande Reset e in particolare della cosiddetta emergenza pandemica. Vi sono a mio parere due aspetti: uno relativo al nuovo credo della Chiesa Cattolica, e uno relativo alla nuova religione globalista. Il primo costituisce un’adulterazione del Magistero immutabile, il secondo la cultualizzazione dell’ideologia globalista.
I vertici della Chiesa hanno fatto proprie le istanze dell’ideologia ecologista, ecumenista e immigrazionista che costituiscono la versione essoterica del pensiero massonico, ossia la traduzione per le masse dell’esoterismo luciferino. Questa condivisione di un pensiero estraneo e opposto alla Fede Cattolica è stata preparato da decenni, se non da secoli: il Modernismo prima e l’eresia conciliare poi hanno preparato il corpo ecclesiale a considerare accettabili dottrine eterodosse, che i Romani Pontefici fino a Pio XII avevano condannato sul nascere.
Il cosiddetto «rinnovamento» del Vaticano II doveva costituire la premessa dottrinale e morale – espressa allora solo in nuce – alla mentalità odierna: l’ecumenismo di Dignitatis humanae apre le porte all’intercomunione con gli eretici e addirittura con i pagani; la collegialità di Lumen gentium è alla base del percorso sinodale bergogliano; l’aver enfatizzato la dimensione comunitaria della Messa era un primo passo verso la collettivizzazione oggi imposta dallo Stato ai cittadini, secondo l’idea comunista che la collettività prevalga sul singolo.
La laicità dello Stato teorizzata dal Concilio e perseguita dal Card. Casaroli sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II con la revisione dei Concordati, ha tolto alla Chiesa – su sua iniziativa – qualsiasi influenza morale sui governi, oggi liberi di imporre la teoria gender e l’ideologia LGBTQ fin dalle scuole primarie, di legalizzare l’eutanasia e l’aborto postnatale, di obbligare i cittadini ad inocularsi un siero prodotto con linee cellulari abortive, senza alcuna obiezione della Santa Sede.
La Santa Sede sotto Bergoglio ha fatto proprio il credo ecologista ed ecumenista che prelude alla Religione Universale auspicata dalla Massoneria, tradendo la propria missione e causando la perdita di tante anime
L’abdicazione dell’Autorità ecclesiastica al proprio ruolo si è recentemente «evoluta» – com’era inevitabile – in una vera e propria adesione alle istanze del globalismo: la Santa Sede sotto Bergoglio ha fatto proprio il credo ecologista ed ecumenista che prelude alla Religione Universale auspicata dalla Massoneria, tradendo la propria missione e causando la perdita di tante anime, che proprio dai pulpiti sentono difesi quegli errori, che fino a Pio XII erano condannati senza appello.
Parallelamente, il globalismo prepara la propria religione mondiale, nella quale intende far confluire le correnti progressiste della Chiesa Cattolica, delle varie sette acattoliche e delle altre religioni. Il ruolo di apripista spetta ovviamente alla chiesa bergogliana, il cui capo crede di poter ritagliare per sé o per uno dei suoi pupilli il ruolo di leader della Religione Universale, quasi l’essere controfigura della Chiesa di Cristo costituisse un diritto di precedenza. Ma come la Storia insegna, i collaborazionisti della prima ora finiscono invariabilmente per essere poi travolti da coloro che hanno servito, non appena la loro cooperazione non sia più richiesta. E Bergoglio dovrebbe saperlo bene, dal momento che è lui stesso per primo a comportarsi così con i Prelati di cui si circonda a Santa Marta, si veda il recente caso del Card. Becciu.
Va detto che il dissenso della parte conservatrice del Cattolicesimo a proposito dell’emergenza COVID-19 è significativamente indebolito dalla presenza di quinte colonne impegnate nel sostenere la narrazione pandemica assieme all’efficacia e alla liceità morale del siero genico mRNA, prodotto con linee cellulari abortive. È a dir poco incomprensibile un tale appiattimento di alcuni intellettuali cattolici su questi temi: a mio parere anche questo dimostra che il «conservatorismo», e perfino un certo «tradizionalismo», sono solo una declinazione moderata della mentalità conciliare, con funzione di gatekeeping analoga a quella che svolgono alcuni partiti in ambito civile.
Non è possibile che COVID-19 e il Great Reset siano forieri dell’Anticristo?
L’ho detto poc’anzi e lo ribadisco: il Nuovo Ordine Mondiale, che il Grande Reset deve rendere possibile e instaurare, ha avuto – e sta tuttora avendo – dalla farsa pandemica un indispensabile pretesto per tenere insieme la colossale menzogna ai danni dell’umanità.
Il «conservatorismo», e perfino un certo «tradizionalismo», sono solo una declinazione moderata della mentalità conciliare, con funzione di gatekeeping analoga a quella che svolgono alcuni partiti in ambito civile
Senza il COVID-19 si sarebbero certamente inventati altro – ci avevano già provato nel 2009 con la febbre suina – ma la pandemia ha permesso di imporre anche la somministrazione del siero genico e l’istituzione del passaporto sanitario, che prepara un sistema capillare di controllo dei cittadini in vista dell’attivazione del credito sociale già sperimentato nella Cina comunista dal 2014 al 2020 e pochi giorni orsono testato anche in Australia.
Questo passaporto e altri sistemi per mutare le persone in periferiche connesse alla rete globale evoca il marchio della bestia di cui parla l’Apocalisse: sarebbe sciocco pensare che questi eventi, così precisamente descritti da San Giovanni Apostolo, non possano aver nulla a che fare con questi inquietanti metodi di coercizione delle masse.
In Italia, unico Paese al mondo, è stato reso obbligatorio il green pass per tutti i lavoratori delle aziende pubbliche e private, costringendo milioni di persone o a vaccinarsi o ad acquistare a proprie spese costosi tamponi che certifichino la negatività al virus.
Chi non ha il green pass, insomma, non potrà lavorare, gli verrà sospeso lo stipendio e non potrà quindi comprare né vendere senza avere il marchio – il QR-code – come prova della propria sottomissione alla dittatura sanitaria.
Questo passaporto e altri sistemi per mutare le persone in periferiche connesse alla rete globale evoca il marchio della bestia di cui parla l’Apocalisse: sarebbe sciocco pensare che questi eventi, così precisamente descritti da San Giovanni Apostolo, non possano aver nulla a che fare con questi inquietanti metodi di coercizione delle masse
«Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome» (Ap 13, 16-17).
Il tutto nel silenzio complice ed omertoso dei magistrati, delle forze armate, della sedicente opposizione, della Gerarchia ecclesiastica.
Come spiegare allora la complicità delle massime autorità della Chiesa che, lungi dal denunciare il pericolo, invitano i cattolici a seguire ciecamente le direttive delle autorità civili?
Mi pare evidente che non vi sia alcuna contraddizione nel comportamento dei vertici della Gerarchia cattolica, dal momento che essa è parte integrante di questo piano.
La grande apostasia consiste proprio in questo: nell’aver sovrapposto, per così dire, una chiesa eretica ultraprogressista alla vera Chiesa di Cristo; una chiesa la cui gerarchia coincide formalmente con la Gerarchia cattolica, e che grazie a questo riesce ad imporre con la propria autorità quelle deviazioni e quegli errori che dovrebbe invece combattere ed estirpare.
Alla base di questo tradimento del Sinedrio romano vi è anzitutto la perdita della dimensione soprannaturale e del ruolo salvifico della Chiesa. Nel momento in cui la Fede viene considerata come un prodotto da vendere alla clientela, è ovvio che per aumentare le vendite si punti ad adattare il prodotto per renderlo più commerciabile. Ma questo è un approccio aziendale, che vede i Pastori non come annunciatori del Vangelo in un mondo da convertire a Cristo, ma come dirigenti di una società interessati al profitto o funzionari di partito attenti ai sondaggi.
Senza l’appoggio massiccio e martellante di Bergoglio e del suo cerchio magico, la narrazione pandemica sarebbe naufragata miseramente, trovando una ferma opposizione da parte del Vaticano e dell’Episcopato mondiale
A questo si deve aggiungere l’autoritarismo e il clima di caccia alle streghe instaurati dal «pontificato» di Bergoglio, la ricattabilità di moltissimi Prelati promossi a ruoli strategici proprio perché manovrabili, la corruzione morale di una vasta parte del Clero e un frainteso concetto dell’obbedienza da parte dei fedeli.
D’altra parte, cosa ci si può aspettare da personaggi che tradiscono il proprio Ministero adulterando la Fede, corrompendo la Morale, demolendo la Liturgia, abusando della propria autorità per dannare le anime loro affidate?
Certo è che, senza l’appoggio massiccio e martellante di Bergoglio e del suo cerchio magico, la narrazione pandemica sarebbe naufragata miseramente, trovando una ferma opposizione da parte del Vaticano e dell’Episcopato mondiale.
Se questo non è accaduto, è perché i vertici della Chiesa, già essi stessi corrotti, hanno deciso consapevolmente di rendersi complici del Grande Reset, e non per un errore di valutazione o una eccessiva fiducia nella «scienza»; la loro disobbedienza agli ordini dell’élite avrebbe portato alla luce nuovi e gravissimi scandali sessuali e finanziari di cui si sono macchiati Prelati assurti ai vertici della Gerarchia.
Lo scorso 17 Settembre Jorge Mario Bergoglio ha ricevuto in Vaticano il Presidente irlandese Michael D Higgins elogiandolo con queste parole: «Aujourd’hui je n’ai pas rencontré seulement un homme, un président, j’ai rencontré un sage d’aujourd’hui. Je rends grâce à Dieu que l’Irlande ait un homme aussi sage à sa tête» (qui). [«oggi non ho incontrato solamente un uomo, un presidente, ho incontrato un saggio odierno. Rendo grazie a Dio per il fatto che l’Irlanda abbia al suo vertice un uomo così saggio», ndr]
Un commentatore ricorda che Higgins è colui «qui en 2013 a signé la première loi sur l’avortement, qui dépénalisait le meurtre de l’enfant à naître si la mère menaçait de se suicider ou la grossesse mettait sa vie en danger, c’est lui qui a signé la loi de 2018 qui a rendu légal l’avortement jusqu’à 12 semaines et jusqu’à la naissance en cas de malformation du fœtus ; c’est lui aussi qui a signé en 2015 la loi sur le soi-disant mariage entre personnes de même sexe. Et c’est lui encore qui a signé en 2019 une loi qui accélère le divorce» (ibid.). [«colui che ha firmato la prima legge sull’aborto che depenalizzava l’omicidio dal bambino che nasce se la madre minacciava di suicidarsi o se le dimensioni mettevano la sua vita in pericolo, è lui che ha firmato la legge del 2018 che ha reso legale l’aborto fino 12 settimane e fino alla nascita in caso di malformazione del feto; è sempre lui che ha firmato nel 2015 la legge sul sedicente matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ed è ancora lui che nel 2019 ha firmato una legge che accelera il divorzio», ndr]
Ed è stato proprio Higgins a proibire la celebrazione delle Messe durante la pandemia come ai tempi di Oliver Cromwell. Ovviamente non una parola sull’uccisione degli innocenti o sullo stato morale degli Irlandesi; in compenso, grandi discorsi sui migranti, sulla protezione dell’ambiente, sul cambiamento climatico, la biodiversità, la campagna di vaccinazione, l’avvenire dell’Europa.
Quale responsabilità pesi sulle coscienze di questi apostati, ad iniziare dal principale testimonial dei vaccini che oggi occupa il Soglio di Pietro, lo possiamo solo immaginare, pregando il Signore che abbrevi i tempi della grande persecuzione
Quale responsabilità pesi sulle coscienze di questi apostati, ad iniziare dal principale testimonial dei vaccini che oggi occupa il Soglio di Pietro, lo possiamo solo immaginare, pregando il Signore che abbrevi i tempi della grande persecuzione.
E per farlo con la speranza di veder trionfare finalmente il Cuore Immacolato di Maria Santissima, dobbiamo renderci degni della Grazia di Dio con la preghiera, la frequenza dei Sacramenti, la penitenza e il digiuno.
Dinanzi all’orazione umile e confidente, il Signore si lascia muovere a misericordia: «Sacrificum Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies» (Ps 50, 19).
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
Renovatio 21 ripubblica questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Immagine di Maxwell Hamilton via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Pensiero
Di tabarri e boomerri. Pochissimi i tabarri
Abbiamo lanciato su queste colonne un mese fa una dura condanna dei cosiddetti Baby Boomer, cioè i nati dal 1946 al 1964, definendoli come «generazione perduta nel suo egoismo». In altri articoli, come quello sulle gemelle suicide Kessler, abbiamo definito sempre più il tiro riguardo la cifra utilitaristico-mortifera di questa fetta della popolazione.
Molti dei problemi che stiamo vivendo, crediamo, derivano da questo gruppo generazionale, cui tutto è stato concesso senza che nulla fosse dato in cambio. I boomer con il loro narcisismo tossico, la loro avarizia, il loro edonismo autistico hanno mandato alla malora il mondo, portandolo sull’orlo del collasso. I boomer come volenterosi carnefici della Necrocultura, come agenti di decadenza, come soldati della fine della Civiltà. Questa è un’analisi che non ci togliamo dalla testa.
Tuttavia, il lettore deve sapere come il direttore di Renovatio 21 abbia visto rimbalzare il concetto del male boomerro ad un evento, forse più prosaico di questi pensieri, cui ha partecipato di recente.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Il vostro affezionatissimo un paio di mesi fa è andato a dare una mano a degli amici che producono tabarri durante una piccola fiera che si tiene in un castello medievale sperduto nel deserto padano piacentino. Nella piattezza della campagna emiliana (o… lombarda?) si tiene questa rassegna che dovrebbe essere incentrata sulla frutta antica, ma a cui partecipano vari artigiani.
Gli amici facitori di tabarri vi avevano allestito, con sforzo non indifferente, un piccolo banchetto ricchissimo: diecine di capi, il banchetto, lo specchio, il mobile per i cappellacci, manichini, locandine, foto, registratore di cassa e bancomatto. Lo scrivente era lì per aiutare: come presidente della Civiltà del Tabarro mica posso esimermi dall’opera di evangelizzazione, cioè di tabarrizzazione del mondo: convertire le moltitudini del paganesimo giubbotto per portarle verso la luce della verità vestimentaria, del gusto immortale, della storia umana, della Civiltà, del Tabarro.
Sono stati due giorni di fatica impressionante. In piedi per una diecina e più di ore, interazioni con centinaia di persone (non sempre piacevoli: ci arriveremo), una caviglia dolente perché rottasi cadendo a settembre per le scale dell’Università di Scampia (un’altra storia, un’altra volta).
Già dopo qualche ora abbiamo cominciato a percepire che forse gli avventori della fiera non rappresentavano esattamente il nostro target, ma in fondo non era vero – c’era qualcosa di diverso, di più sottile, che ci turbava.
Accanto a noi, c’era, appena separato da una colonna e dai nostri appendi-abiti, il banchetto di un ragazzotto oltre i cinquanta, simpatico e gentile, che vendeva un unico prodotto specifico: copertine di lana. Tali copertine non incontravano, diciamo, il gusto nostro e dei nostri amici: fatte di lana grezza, con fiorelloni e altri motivi non irresistibili…. e poi, l’idea che quelle sembravano coperte, più che da letto, da ginocchia, da divano, cioè da televisione.
Non riuscivo ad immaginarne altro uso: uno che guarda la TV (immagine che dentro di me è quasi divenuta antica, come un bisnonno che si scalda un pentolone d’acqua per lavarsi) e che, nel culmine della narcosi catodica, vuole riscaldarsi le gambe, divenute inutili, proprio come accade agli astronauti in assenza di gravità: la televisione non prevede l’uso degli arti, trasforma i suoi utenti in tronchetti mutilati, quindi è normale che si senta la necessità di riscaldarsi davanti al fuoco freddo del palinsesto televisivo.
Eppure, il ragazzotto aveva lo stand pieno, strapieno. Sempre. Noi no. E quelle copertine, mica le vendeva a poco. La ressa attorno al suo banchetto era totale, continua. «Pare che venda gelati» dice il mio amico, che ha fatto il commerciante dagli anni Sessanta, e usa questa espressione spesso per dire che un negozio è pieno di clienti.
Il lettore avrà capito chi fossero gli infiniti clienti della copertineria. Erano, senza eccezione, tutti boomer. Un’esercito, un’armata, che sgomitava assiepata per comprarsi la calda copertina di lana. «Quanto costa questa»…? Altre domande non mi è parso di sentirne, anche perché probabilmente non era possibile farle. Il boomerro compra un prodotto monodimensionale, e l’unico dato con cui si misura davvero è il prezzo.
Da noi, tra i tabarri più belli del mondo, invece, poche persone. Sicuramente molte, molte meno del nostro vicino copertinista. Tuttavia, nelle interazioni che abbiamo avuto, ha cominciato a svilupparsi un pattern.
Entrava spesso qualche boomer, giubbottino di ordinanza, che in realtà era diretto poco più in là. Se avvicinava al punto al bancone che non era possibile registrarlo come semplice curioso: ti tocca, a quel punto alzarti (se sei riuscito a sederti un minuto), avvicinarti, salutare, ricevere, e fargli la domanda più cordiale che si possa fare: «vuole provare un tabarro?»
Risposta: «assolutamente no. Volevo solo dire che ce lo aveva mio padre». Tale replica è stata ottenuta praticamente identica in forse una dozzina di diversi occasioni – ripetiamo: è un pattern riconoscibile. Dicevano proprio: «assolutamente no». Assolutamente. Detto dalla generazione che l’assoluto lo ha perso per strada, è un bel segno di rifiuto, probabilmente non solo del tabarro.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Subito dopo averci edotto del tabarro paterno, e averci fatto capire quando si sente diverso dal genitore, il boomer medio, rifiutato di provare il capo (nemmeno per fare qualcosa di particolare, ad una fiera), si dirige – indovinate, indovinate – a comprarsi la copertina lì a fianco. Lì spende, tocca, prova, è il suo prodotto. Con evidenza, ne vede l’utilità esistenziale: si immagina subito con il telo lanoso di fiorelloni variopinti steso sopra le gambette mentre guarda Rete 4.
Vi è tuttavia un ulteriore pattern che dà speranza, e completa l’analisi. L’avventore volontario, entusiasta, che chiede del tabarro, lo tocca, lo prova, si guarda e riguarda allo specchio mentre lo indossa in tutte le sue varianti (aperto, chiuso, intabarrato a destra, intabarrato a sinistra, colletto su, colletto giù), gli vedi che in testa gli macina l’immaginazione: come sarebbe uscire con gli amici con il tabarro? Senti, talvolta, delle domande sussurrate: «ma quanto figo sono, così?».
Il giovane aspirante tabarrista ascolta ammirato il suono dell’intabarrata, l’atto di coprirsi con il tabarro – unico indumento che ha un suo effetto sonoro, romantico e notturno come nient’altro. Il ragazzo, la ragazza rimirano ammirati e riproducono estasiati la sequenza di gesti classici per la vestizione: tabarro preso a rovescio dinanzi a sé, colpo d’anca, il manto che gira dietro le spalle… più fluido e raffinato di un kata di un’arte marziale giapponese.
E quando gli dici che il tabarro è per sempre, perché non solo non passerà di moda, ma potrà essere trasmesso ai propri figli, nipoti, pronipoti – ad una conferenza di Renovatio 21 a Modena sei anni fa uno mi si presentò con un tabarro la cui etichetta diceva 1907! – ai giovani brillano gli occhi, sia che la prole la abbiano o sia che non la abbiano ancora. Quei pochi che ne hanno memoria famigliare – del nonno, bisnonno, o persino più indietro – non ne parlano come un ricordo da cui separarsi: il nonno, il bisnonno, il trisavolo, riconoscono i giovani, avevano una dignità superiore alla nostra, una dimensione esistenziale fatta di sacrificio e semplicità, di compostezza e determinazione cui non è possibile non anelare.
Quando ai ragazzi dici il prezzo – certamente più di un giubbino di Decathlon, epperò assai meno di un giubbotto parafirmato, di un Moncler, di qualsiasi brand tiri per qualche ragione quest’anno – non si scompongono. Li vedi calcolare a mente come fare per permetterselo: aspettare il prossimo stipendio, sfruttare il Natale o il compleanno, rompere il porcellino che da qualche in parte è in casa.
Il ragazzo veniva, provava, e si lanciava con il pensiero: questa cosa se la metteva addosso per uscire, non per chiudersi in casa. Per portare fuori la morosa, per trovarsi con le amiche o per (caso di una serie di signorine che, senza che si conoscessero, sono capitate tutte da noi) per andare a cavallo. Il tabarro come catapulta dell’essere, veicolo per incontrare, nella materia, le persone, il mondo.
Capite da voi cosa invece rappresentino le copertine boomer: la contrazione nel non-essere del tinello televisivo, la chiusura verso la realtà della gente, del consorzio umano, del proprio corpo. La copertina è l’addobbo per l’essere umano che ha abdicato alla sua dignità di creatura vivente e creatrice, che ha appaltato la gestione del cervello a qualcun altro, che ha accettato per decadi la propria mummificazione catodica.
È, in tutta chiarezza, uno scontro metafisico, ontologico, apocalittico: l’espansione contro la contrazione, l’essere contro il non-essere… la vita contro la morte.
Una volta realizzato questo, bisogna andare avanti con la disamina, e considerare i concreti effetti sociopolitici di quanto stiamo notando.
Nonostante il loro lavoro, non tutti i giovani che volevano acquistare un tabarro avevano i danari per farlo. Al contrario, tutti i boomer che sono entrati per rifiutarsi di indossare il tabarro i soldi per il tabarro li avevano, accumulati nell’età dell’oro dell’economia mondiale, quando era possibile, senza essere imprenditori d’alto bordo, farsi una casa, una seconda casa, la macchina e pure mettere via qualche soldo in banca.
Aiuta Renovatio 21
Tutti i boomer che finiscono ricoperti a guardare Barbara D’Urso e Mentana hanno conti in banca che permettono loro di vivere benissimo, e pensioni che moltiplicano tale benessere. Ecco quindi la settimana in crociera, il weekend alle terme, il sole a Sharm el-Sheik, il giretto in Nepal, la vacanzetta all’isola d’Elba, etc. Tutti questi non hanno avuto problemi a cambiare l’auto – di più, non hanno avuto necessità di farlo, ma senza problemi si sono presi l’ultima Toyota, Audi, Hyundai, FIAT, etc.
Il giovane, al contrario, non ha i soldi per niente di tutto questo, e l’auto, o la vacanza, o il tabarro, devono essere calcolati a dovere in un paradigma che è l’opposto di quello della generazione precedente: non più abbondanza, ma carenza, scarsità anche negli ambiti più basilari. Quanti, della generazione dei boomer, hanno avuto problemi a riscaldare la propria casa? Per quanti il costo del gas o della benzina sono stati un problema tale da indurre rinunzie drastiche, come quella di lasciare mezza casa, o una casa intera, al freddo?
È chiaro, quindi, il blocco storico del presente: tutte le risorse sono in mano ad una generazione vecchia, sterile, priva di valori che non siano di consumo continuo e distruttivo. Le generazioni successive, che pure hanno dalla loro la spinta della vita che non ancora sono riusciti a spegnere, hanno niente o poco più – e di fatto pagano per le gozzoviglie degli anziani parassiti. I mezzi economici sono concentrati su una fetta della popolazione votata allo spreco e – in ultima analisi – alla morte e alla sua cultura. A chi manda avanti la società, a chi continua la vita, invece non è lasciato nulla. Non ci è chiaro quanto questa situazione sarà considerata tollerabile, di certo i suoi effetti sono già visibili e devastanti.
Secondariamente, c’è il rilievo psico-sociale: se compri una coperta per il divano e non un mantello per uscire e vivere stai di fatto amalgamando il tuo essere al programma del potere costituito che è, lo abbiamo visto con i nostri occhi col lockdown, chiuderti in casa. In casa sei controllabile in ogni modo possibile, in casa non creerai mai alcun problema, in casa ti puoi spegnere senza sporcare, levarti di torno senza che nemmeno si oda il tuo lamento – il vertice della piramide vede il tuo appartamento come luogo di esistenza pre-tombale a bassa intensità.
Qui, nel loculo domestico, non puoi far altro che ricevere gli ordini che ti arrivano dalla TV (o dai grandi canali internet, che abbiamo visto essere manipolati dagli stessi poteri che producevano la psicopolizia dei palinsesti televisivi). Chi si mette al calduccio per guardare il televisore accetta di farsi lavare il cervello, e quindi divenire servitore dell’agenda mondialista.
Sì, l’esistenza stessa di un fenomeno come quello della pandemia COVID parte proprio dai divani di una generazione stravaccata e satolla che si è fatta indottrinare nel modo più rivoltante, accettando la clausura, la siringa genica obbligatoria, le ore quotidiane di odio verso i no-vax… Di lì avanti, ancora, la stessa gente ha accettato di pagare bollette folli e rischiare una guerra termonucleare globale perché la TV gli ha detto è ripetuto che Putin è cattivo.
La società, la geopolitica mondiale, la storia presente sono impattate da questo blocco umano immenso, e in maniera presente.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
È stata consentita qualsiasi cosa, ai boomer, perfino l’essere gustibus soluti: il loro schifo non è solo metafisico e morale, è pure estetico. Il giubbino in piuma d’oca, il cappottino peloso, sono lì a testimoniarcelo con più forze del nano da giardino.
La rivolta contro il boomer moderno passa, quindi, da dimensioni come quella del tabarro, che ti avvolge spingendo in faccia agli aridi e narcisi il loro essere senza bellezza e senza radice.
Renovatio 21 si offre di dare una mano a coloro che vorranno partecipare a questa riscossa cosmica. Se volete un tabarro, non avete che da comunicarcelo.
Non siete soli. Il network della resistenza è più grande di quello che potete pensare. E contiene, ovvio, pure vari boomer anagrafici non piegati ai diktat entropici del sistema.
Un tabarro alla volta, rovesceremo l’impero delle copertine di lana. Chi scrive già da anni opera in questo senso.
Riscriveremo l’etica del secolo passando per l’estetica, e non poteva che essere così. Dimenticandoci una volta per tutti di quelli che hanno vissuto con indolenza distruttiva, offendendo la meraviglia della Vita e della Civiltà.
Roberto Dal Bosco
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Foto di Silvano Pupella; modificata
Pensiero
Trump e la potenza del tacchino espiatorio
🦃 America’s annual tradition of the Presidential Turkey Pardon is ALMOST HERE!
THROWBACK to some of the most legendary presidential turkeys in POTUS & @FLOTUS history before the big moment this year. 🎬🔥 pic.twitter.com/QT2Oal12ax — The White House (@WhiteHouse) November 24, 2025
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Civiltà
Da Pico all’Intelligenza Artificiale. Noi modernissimi e la nostra «potenza» tecnica
Se Pico della Mirandola fosse vissuto nel nostro secolo felice, non avrebbe avuto di certo le grane che gli procurò la Chiesa del suo tempo.
Avrebbe potuto discutere tranquillamente le sue 900 tesi, tutte più o meno volte a dimostrare la grandezza dello spirito e dell’ingegno umano. Soprattutto avrebbe venduto in ogni filiale Mondadori milioni di copie del proprio best seller sulla superiorità dell’uomo e della sua creatività benefica, ben rappresentata in Sistina dall’ eloquente immagine delle mani di un possente Adamo e del suo creatore, che si sfiorano e dove, in effetti, non si sa bene quale sia quella dell’ essere più potente.
Insomma Pico non avrebbe dovuto darsela a gambe nottetempo da Roma per finire prematuramente i propri giorni nelle terre avite, raggiunto da una febbre malsana di origine sconosciuta, manco gli fosse stato iniettato a tradimento un vaccino anti-COVID. Eppure era stato frainteso, o a Roma si era temuto che potesse essere frainteso dai suoi contemporanei e dai posteri. Che avrebbero potuto interpretare quella sbandierata superiorità dell’uomo come una divinizzazione capace di escludere la sua condizione di creatura.
Sostieni Renovatio 21
Ma oggi proprio così fraintesa, quella affermata superiorità dell’uomo faber serve ad alimentare la accettazione compiaciuta di qualunque gabbia tecnologica in cui ci si consegna per essere tenuti volontariamente in ostaggio. Sullo sfondo, l’ambizione tutta moderna ad essere liberati dalla condizione involontaria di creature, e dall’inconveniente di una fatale finitezza. Non per nulla la prima cosa di cui si incarica la scuola è quella di rassicurare i bambini circa la loro consolante discendenza dalle scimmie.
Ed è con questa superiorità che hanno a che fare le meraviglie abbaglianti della tecnica.
Dopo la navigazione di bolina e la scoperta dell’America, dopo il telaio meccanico e la ghigliottina, l’idea della onnipotenza umana ha trovato conferma definitiva in quella che a suo tempo è apparsa la conquista più ingegnosa della tecnica moderna: la capacità di uccidere il maggior numero di individui nel minor tempo possibile. Gaetano Filangeri annotava infatti già alla fine del Settecento come fosse proprio questo il massimo motivo di compiacimento che emergeva dai discorsi di tutti i politici incontrati in Europa.
Di qui, di meraviglia in meraviglia, si è capito che non solo si possono fare miracoli, prescindendo dalla natura, ma che è possibile un’altra natura, prodotta dall’uomo creatore. E se Dio il settimo giorno riconobbe che quanto aveva creato era anche buono, non si vede perché non lo debba pensare anche l’evoluto tecnico, o il legislatore o il giudice che si scopra signore della vita e della morte.
Sia che crei la pecora Dolly, o inventi il figlio della «madre intenzionale», o renda una coppia di maschi miracolosamente fertile, oppure stabilisca chi e come debba essere soppresso perché inutile o semplicemente desideroso di morire per mano altrui.
O, ancora, applichi a scatola chiusa quel criterio della morte cerebrale che serve a dare qualcuno per morto anche se è vivo. Una trovata perfetta capace di salvare capra e cavoli: perché mentre soddisfa la sacrosanta aspirazione del cliente ad ottenere un pezzo di ricambio per il proprio organo in disuso, appone sull’operazione il sigillo altrettanto sacrosanto della scientificità, che tranquillizza tutti e preserva dalle patrie galere.
Con la tecnica si manipolano le cose ma anche i linguaggi e quindi le coscienze. Si può mettere pubblicamente a tema se sterminare una popolazione inerme etnicamente individuata seppellendola sotto le sue case, costituisca o meno genocidio. Con la logica conseguenza che, se la risposta fosse negativa, la cosa dovrebbe essere considerata politicamente corretta mentre l’eventuale giudizio morale può essere lasciato tranquillamente sui gusti personali.
Tuttavia senza l’approdo ultimo alla cosiddetta «Intelligenza Artificiale», tutte le meraviglie del nostro tempo non avrebbero potuto elevare il moderno creatore tecnologico alla odierna apoteosi, molto vicina a quella con cui i romani presero a divinizzare i loro imperatori, senza andare troppo per il sottile.
Anzi, dopo più di un secolo di riflessione filosofica, di scrupoli, timori, ansie e visioni apocalittiche, di pessimismo sistematico e speranze di redenzione, di fughe in avanti e pentimenti inconsolabili come quello di chi dopo avere donato al mondo la bomba atomica ne aveva verificato meravigliato gli effetti, dopo tanta fatica di pensiero, le acque sembrano tornate improvvisamente tranquille proprio attorno all’oasi felice della cosiddetta «Intelligenza Artificiale».
Ogni dubbio antico e nuovo su dominio della tecnica ed emancipazione umana potere e libertà, civiltà e barbarie, sembra essersi dissolto in un compiacimento che non risparmia pensatori pubblici e privati, di qualunque fascia accademica, e di qualunque canale televisivo. Anche l’antico monito di Prometeo che diceva di avere dato agli uomini «le false speranze» ha perso di significato, di fronte a questo nuovissimo miracolo che entusiasma quanti, quasi inebriati, toccano con mano i vantaggi di questa nuova manna. Mentre le più ovvie distinzioni da fare e la riflessione doverosa sui problemi capitali di fondo che il fenomeno pone, sembrano sparire da ogni orizzonte speculativo.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Dunque si può tornare a dire «In principio fu la meraviglia» ovvero lo stupore e il timore reverenziale di fronte alla potenze soverchianti della natura che portarono il primo uomo a venerare il sole e la madre terra e a riconoscere una volontà superiore davanti alla quale occorreva prostrasi. Eppure allora iniziò anche qualche non insignificante riflessione sull’essere umano e sul suo destino.
Oggi lo stupore induce al riconoscimento ottimistico di una nuova forza creatrice tutta umana e quindi controllabile e allo affidamento alle sorti progressive che comunque si ritengono assicurate.
Incanta il miracolo nuovo che eliminando la fatica di fare e pensare induce compiacimento e fiducia. Il discorso attorno a questo miracolo non ha alcuna pretesa filosofica perché assorbito dalla meraviglia si blocca sulla categoria dell’utile. La prepotenza della funzione utilitaristica assorbe la riflessione critica. Non ci si preoccupa perché la tecnica «non pensa» come vedeva Heidegger alludendo alla indifferenza dei suoi creatori circa la qualità delle conseguenze. La constatazione trionfalistica dell’utile fornito in sovrabbondanza dalla tecnica basta a fugare ogni scrupolo, ogni dubbio, ogni timore, ogni preoccupazione sui risvolti esistenziali non più e non solo derivanti dalla volontà di dominio delle centrali di potere che la governano.
Viene eluso in modo sorprendente il nodo centrale del fatale immiserimento delle capacità critiche logiche e speculative, in particolare di quelle del tutto indifese, perché non ancora formate, dei più giovani, esposti ad un progressivo e forse irrecuperabile deterioramento intellettuale. Eppure questa avrebbe dovuto essere la preoccupazione principale sentita da una civiltà evoluta.
Come accadde in tempi lontanissimi all’avvento della scrittura, quando ci si chiese se essa avrebbe mortificato le capacità mnemoniche di popolazioni che avevano fondato la propria cultura sulla tradizione orale.
Noi ci compiaciamo dell’avvento della scrittura, che ci ha permesso di tesaurizzare quanto del pensiero umano altrimenti sarebbe andato perduto. Ma ciò non toglie che quella coscienza arcaica avesse chiaro il senso dei propri talenti e avesse la preoccupazione della possibile perdita di una capacità straordinaria acquisita nel tempo, dello straordinario patrimonio accumulato grazie ad essa e in virtù della quale quel patrimonio avrebbe potuto essere trasmesso, pur con altri mezzi.
la mancanza di questa preoccupazione prova una inconsapevoleza e un arretramento culturale senza precedenti, ed è lecito chiedersi se tutto questo non sia già il frutto avvelenato proprio delle acquisizioni tecnologiche già incorporate nel recente passato.
La riflessione dell’uomo sulle proprie possibilità ha accompagnato la «consapevolezza della propria ignoranza e le domande fondamentali sull’origine dell’universo e sul significato dell’essere». Ma presto, il pensiero greco aveva messo in guardia l’homo faber dalla tracotante volontà di potenza di fronte alla natura e alle sue leggi, e aveva eletto a somma virtù la misura. Esortava a quella conoscenza del limite oltre il quale c’è l’ignoto. Hic sunt leones! Come avrebbero scritto gli antichi cartografi.
Del resto la saggezza antica suggeriva anche di tenere ben distinto il mondo dei mortali da quello incorruttibile degli dei che ai primi rimaneva precluso. La stessa divinizzazione degli imperatori romani era una messinscena politico demagogica sulla quale si poteva anche imbastire una satira feroce.
Il valore dell’uomo si misurava sulle imprese di quelli che erano capaci di lasciare il segno in una storia che inghiottiva tutti gli altri, senza residui.
Poi per gli umanisti in generale, a destare meraviglia fu l’uomo in se’, ovvero l’essere superiore capace di dotarsi di pensiero filosofico e speculativo, e di un bagaglio culturale elevato, in cui vedere riflessa la propria superiorità. Pico scrive il manifesto di questo riconoscimento intitolandolo Oratio Hominis dignitate. La grandezza dell’uomo non si esprime in opere dell’ingegno ma nella capacità di rigenerarsi come essere superiore. Attraverso la ragione può diventare animale celeste, grazie all’intelletto, angelo e figlio di Dio. È la potenza del pensiero a farne il signore dell’universo accanto all’Altissimo. Del quale però rimane creatura. Precisazione indispensabile per Pico, che doveva salvarsi l’anima, se non la vita. Gli artisti cominciavano a firmare le proprie opere ma l’arte era ancora la scintilla divina che essi riconoscevano nel proprio creare.
Col tempo, la vertiginosa progressione tecnica fino alla impennata tecnologica contemporanea ha invece condotto l’uomo contemporaneo, ad un senso di sé che si declina come volontà di potenza espressa nelle opere dell’ingegno di cui egli è creatore e fruitore.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Tuttavia, se la tecnica serve per uccidere il maggior numero di uomini nel minor tempo possibile, si capisce come da nuova meraviglia e nuova natura, possa farsi problema. Si è presa coscienza vera delle sue applicazioni e implicazioni economiche, politiche, e antropologiche in senso ampio, della mercificazione umana di cui diventa portatrice. Ma anche della necessità di risalire alla matrice prima di questo processo, ovvero alla ragione, la dote distintiva dell’uomo che da guida luminosa può degenerare in mezzo di autodistruzione.
Giovanbattista Vico aveva visto nelle sue degenerazioni il germe di una seconda barbarie. Quella stessa ragione che ha scoperto i mezzi per vincere l’ostilità della natura, procurare condizioni più favorevoli di vita, e controllare la paura dell’ignoto, ha sviluppato la tecnica, soprattutto nella modernità occidentale, secondo una progressione geometrica. Ma questa stessa ragione umana da fattore di liberazione si rovescia in strumento di dominio, proprio attraverso la tecnica.
Tale rovesciamento, come è noto, è stato al centro della Dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno che lo hanno fissato genialmente nell’incipit memorabile: «L’illuminismo ha sempre perseguito il fine di togliere all’uomo la paura dell’ignoto, ma la terra interamente illuminata, splende all’insegna di trionfale sventura». Dove per illuminismo si allude appunto all’impiego della ragione calcolante, e al suo sforzo primigenio per vincere lo smarrimento e la sottomissione indotte dalle forze della natura. Ma il mondo creato attraverso il processo di razionalizzazione diventa a sua volta naturale e quindi domina i rapporti umani, ne produce la reificazione, e a sua volta risulta ingovernabile. Dunque la ragione è creatrice degli strumenti di dominio sotto la maschera della liberazione.
Questi autori hanno visto da vicino, anche per esperienza personale, come l’avanzata incessante del progresso tecnico possa diventare incessante regressione verso quella seconda barbarie preconizzata da Vico tre secoli prima. Hanno visto la barbarie ideologica e pratica prodotta dai sistemi totalitari. E poi, una volta emigrati negli Stati Uniti, lo imbarbarimento di una società che dal di fuori era ritenuta politicamente più evoluta. Avevano constatato come l’umanità del XX secolo avesse potuto regredire a «livelli antropologici primitivi che convivevano con stadi più evoluti del progresso».
E infine, come in questo orizzonte regressivo i capi avessero «l’aspetto di parrucchieri, attori di provincia, giornalisti da strapazzo», «al vuoto di un capo, corrispondesse una massa vuota, e alla coercizione quella adesione generalizzata che rende la prima quasi irreversibile». Inutile dire che di questi fenomeni abbiamo ora sotto gli occhi la forma più compiuta.
Con la modernità la ragione che per Pico avvicinava l’uomo a Dio, è diventata irrimediabilmente strumentale e soggettiva. Non si mette in discussione la qualità dei fini ma si adotta in ogni campo e senza riserve, fraintendendone il senso, la lezione di Machiavelli. Non per nulla, nella versione Reader’s Digest, questo rimane l’autore di riferimento, dei teorici dell’espansionismo imperiale e americano fino ai giorni nostri.
Ma se con la ragione strumentale si impone la logica dei rapporti di forza, questa, portata alle estreme conseguenze,, fa cadere anche il limite e il discrimine tra bene e male, secondo la filosofia di De Sade, che sembra farsi largo in una società ormai nichilista. Così negli ospedali londinesi si possono sopprimere impunemente i neonati troppo costosi per il sistema sanitario, a dispetto dei genitori. Si possono destabilizzare i governi a dispetto dei popoli, si possono roversciare i canoni etici, estetici, religiosi e logico razionali.
Dunque, quella diagnosi pessimistica, dovrebbe tornare quanto mai attuale oggi che l’approdo alla cosiddetta intelligenza artificiale si è compiuto, ed essa è già diabolicamnete applicata all’insaputa delle vittime, o trionfalmente accolta dai suoi ammirati fruitori. Torna attuale per avere messo a tema la torsione della ragione liberatrice in strumento di dominio anche se non era ancora possibile intravedere il rovesciamento ulteriore, l’Ultima Thule della autoschiavizzazione che avviene con la sottomissione spontanea e felice alla sovraestensione tecnologica.
Aiuta Renovatio 21
Invece sembra che si sia dimenticata, per incanto, tutta la riflessione intorno alla tecnica , che ha affaticato il pensiero di un intero secolo. Ora che le metamorfosi di una intera Civiltà, diventate presto di dimensioni planetarie, mostrano più che mai la necessità di riprendere il tema filosofico per eccellenza, sulla essenza e sul destino dell’uomo.
Ed è con questo tema che noi abbiamo a che fare più che mai. Infatti non si tratta più o non solo di prendere coscienza della esistenza di centri di potere che hanno in mano le redini degli strumenti con cui siamo dominati. Perché questa, bene o male, è diventata coscienza abbastanza diffusa almeno in quella parte di dominati che hanno la capacità di riflettere sulla propria condizione di sudditanza.
Tutti più o meno si sono accorti della manipolazione del consenso e della potenza della pubblicità e della forza della propaganda. Nonché della dipendenza dalla tecnologia e delle sue controindicazioni. Anche se ogni diffidenza e ogni riconoscimento di dipendenza viene poi spesso temperato dalla convinzione che si possa comunque controllare lo strumento.
Il salto di qualità l’ha prodotto la meraviglia. Questa volta non turbata dal timore della propria impotenza. L’utile immediato è metafisico, e il miracolo salvifico non megtte in discussione la bontà della volontà che lo genera. Il miracolo crea fedeli e discepoli confortati. Gli agnostici tutt’al più vogliono toccare con mano, anche Tommaso diventa il più convinto dei credenti di fronte alla evidenza dei risultati. Ogni aspetto problematico della faccenda viene messo da parte perché è comunque meglio una gallina oggi che un uovo domani.
Sotto a tanta meravigliosa e meravigliata fiducia c’è la rinnovata fede nella divinità del genio umano che comunque appare lavorare per il bene dei mortali. Un bene tangibile, pronto e tutto svelato, nonché senz’altro proficuo per le nuove generazioni sollevate dalla fatica inutile di imparare a leggere, scrivere e fare di conto, e soprattutto da quella pericolosa attitudine a pensare, ricordare, esplorare e guardare al di là del proprio particulare.
Ancora una volta è dunque la ragione calcolante che dopo avere rinchiuso gli uomini nella gabbia dell’utile materialmente ponderabile tenuta dal potere, fa sì che essi vi si rinchiudano con rinnovato entusiaimo e di propria iniziativa. Insomma non si tratta più di un ingranaggio di dominio e manipolazione subito e del quale non tutti e non sempre hanno acquistato chiara consapevolezza. Si tratta della rinuncia volontaria alla propria capacità di autonomia e di sviluppo delle facoltà speculative destinate ad immiserirsi e isterilirsi per abbandono progressivo, e infine per non uso.
Di certo la difficoltà di uscire dall’ingranaggio, di fronte alla prepotenza dell’ordigno e alla accondiscendenza crescente degli stessi entusiasti utilizzatori diventa oggi drammatica quanto sottovalutata. Gli stessi Horkheimer e Adorno avevano esitato a proporre una soluzione per il problema, più oggettivamnete contenuto, che avevano affrontato allora con tanta acribia. Non bisogna però sottovalutare il suggerimento che essi formularono alla fine, ipotizzando la possibilità di riportare proprio la ragione calcolante alla autoriflessione sul proprio invasivo precipitato tecnologico.
Una soluzione utopica , si è detto, perché la ragione rinnegando se stessa dovrebbe paradossalmente rinunciare a tutto quello che ha anche fornito all’uomo come mezzi di sopravvivenza e di emancipazione dai condizionamenti della natura. Tuttavia non è insensato pensare che la autoriflessione possa condurre a stabilire il confine invalicabile oltre il quale il costo umano capovolge il senso stesso del calcolo razionale togliendo ad esso ogni giustificazione logica. Si tratta di vedere con disincanto tutta la realtà dei nuovi giocattoli antropofagi. Perché di questo si tratta: quella innescata dalle nuove frontiere della tecnica altro non è che autodistruzione morale e materiale, consegna senza scampo all’arbitrio incontrollabile di una potenza che fugge anche al controllo di chi la mette in moto.
Se «dialettica dell’illuminismo» significava nella riflessione dei suoi autori, rovesciamento della promessa di emancipazione della ragione in dominio e schiavizzazione sotto mentite spoglie, di questo rovesciamento la cosiddetta Intelligenza Artificiale è il compimento funesto e pericolosissimo perché capace non soltanto di neutralizzare attualmente ogni difesa, ma anche di isterilire nel tempo ogni potenzialità critica e speculativa. E appare del tutto irrisorio obiettare che è possibile controllare il processo perchè si è consapevoli che in ogni caso il meccanismo è un prodotto umano. Come se la valanga provocata dalla dinamite fosse per ciò stesso anche arrestabile.
Converrebbe piuttosto ricordare il monito di Benedetto XVI sulla necessità di allargare un concetto di ragione oramai ridotta a ragione calcolante per riconoscere di nuovo ad essa la funzione di guidare gli uomini verso l’ orizzonte spiritualmente ed eticamente più ampio ed elevato della cura e della vita buona, della consapevolezza e della corrispondenza tra il pensiero e il bene che va oltre l’immediatamente utile.
Per questo forse non basta lo sforzo di autoriflessione suggerito nella Dialettica dell’illuminismo, occorre ritrovare quel senso della trascendenza che allarga la mente oltre il vicolo cieco e le secche di un pensiero senza la luce di fini più grandi dell’utile contabile ed immediato.
Quell’uomo non a caso tanto presto dimenticato, perchè incompatibile con la miseria dei tempi, aveva compreso perfettamente, dall’alto di una grande intelligenza e di una solida fede, che sul ciglio del baratro occorre tornare indietro e buttare al macero «le false speranze».
Patrizia Fermani
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
-



Salute2 settimane faI malori della 48ª settimana 2025
-



Politica1 settimana faIl «Nuovo Movimento Repubblicano» minaccia i politici irlandesi per l’immigrazione e la sessualizzazione dei bambini
-



Spirito1 settimana fa«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
-



Persecuzioni1 settimana faFamosa suora croata accoltellata: possibile attacco a sfondo religioso
-



Pensiero2 settimane faTrump e la potenza del tacchino espiatorio
-



Fertilità2 settimane faUn nuovo studio collega il vaccino contro il COVID al forte calo delle nascite
-



Immigrazione2 settimane faLa realtà dietro all’ultimo omicidio di Perugia
-



Vaccini1 settimana faIl vaccino antinfluenzale a mRNA di Pfizer associato a gravi effetti collaterali, soprattutto negli anziani










