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Mons. Viganò: Bergoglio «antipapa», dimissioni di Benedetto XVI «invalide», segreto di Fatima «manipolato»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha rilasciato una densa intervista allo YouTuber statunitense dr. Taylor Marshall, in cui ha fatto precisazioni – e rivelazioni – di rilievo.

 

Il primo degli argomenti toccati è il Terzo Segreto di Fatima, con il Marshall che chiede a monsignore se pensa il segreto pubblicato nel 2000 sia quello vero.

 

«Il testo della terza parte del Segreto di Fatima fu consegnato da Suor Lucia al Vescovo di Leiria nel 1944: esso si riferisce alla visione che i tre pastorelli ebbero nel 1917 e che per volontà della Vergine Maria doveva essere rivelato nel 1960. Venne consegnato al Sant’Uffizio nel 1957, regnante Pio XII» risponde monsignor Viganò. Giovanni XXIII lo lesse nel 1959 e dispose di non renderlo pubblico. Altrettanto fece nel 1967 Paolo VI. Giovanni Paolo II lo lesse nel 1978 o forse nel 1981».

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«Nel 2000 in occasione del Giubileo, ne dispose la pubblicazione lasciando credere che fosse il testo integrale, attribuendo a sé la visione del papa colpito, e più precisamente all’attentato che egli subì in Piazza San Pietro il 13 Maggio 1981. Il sospetto che il testo del Segreto sia stato manipolato è più che fondato» continua l’arcivescovo.

 

«Aldilà delle anomalie e delle incongruenze tecniche – come ad esempio il formato del supporto cartaceo usato da Suor Lucia – mi pare evidente che il contenuto “rivelato” sia stato censurato, in modo da non confermare ciò che è sotto gli occhi di tutti: la demolizione della Chiesa Cattolica dal suo interno e l’apostasia della fede mediante un “cattivo Concilio” e una “cattiva Messa”».

 

«La decisione di non pregiudicare l’esito rivoluzionario del Vaticano II portò Roncalli a non rivelare il Terzo Segreto; allo stesso modo agì Montini, anche perché la rivoluzione del Concilio si era nel frattempo estesa alla riforma liturgica» puntualizza monsignore. «D’altra parte, non stupisce che una Gerarchia che adultera la Sacra Scrittura e il Magistero possa arrivare anche a censurare le parole della Vergine Santissima nell’ambito di apparizioni riconosciute dalla Chiesa». 

 

A Viganò viene quindi domandato riguardo la scomunica latæ sententiæ per il reato di scisma inflittagli dal cardinale Fernandez.

 

«L’11 Giugno sono stato informato con una semplice mail (senza mai ricevere nessuna notifica ufficiale) di un processo a mio carico, per il quale mi sarei dovuto presentare a Roma il 20 successivo per ritirare le accuse nei miei confronti, così da preparare la mia difesa entro il 28, vigilia dei Santi Pietro e Paolo. Non credo che si dia una settimana di tempo nemmeno a chi ha ricevuto una multa per aver parcheggiato in divieto di sosta». 

 

«Le accuse che mi sono mosse sono del tutto inconsistenti: scisma per aver messo in dubbio la legittimità di Bergoglio e aver rifiutato il Vaticano II. Ma il diritto riconosce la non applicabilità della volontà di scisma nel caso in cui l’imputato sia persuaso che colui che siede sul Soglio di Pietro non sia papa e, laddove sia dimostrata l’infondatezza dei suoi sospetti, sia disponibile a sottomettersi alla sua autorità» risponde il prelato lombardo.

 

A questo punto monsignor Viganò definisce la sua visione dell’argentino.

 

«Io considero Jorge Mario Bergoglio un anti-papa o meglio: un contro-papa, un usurpatore, un emissario della lobby anticattolica che da decenni ha infiltrato la Chiesa. L’evidenza della sua alienità al Papato, le sue molteplici eresie e la coerenza della sua azione di governo e di “magistero” in chiave eversiva sono elementi gravissimi che non possono essere liquidati sbrigativamente come delitto di lesa maestà.» 

 

«Aldilà del metodo e del merito della causa penale extragiudiziale, la vacanza della Sede Apostolica e l’usurpazione del Soglio di Pietro da parte di un falso papa rendono tutti gli atti dei Dicasteri romani del tutto privi di validità e di efficacia, per cui anche la scomunica nei miei confronti è nulla» specifica l’arcivescovo. 

 

«Ci troviamo davanti ad un cortocircuito canonico: colui che ricopre la suprema autorità terrena nella Chiesa, nel momento in cui è denunciato per eresia risponde accusando di scisma colui che lo denuncia e lo scomunica. Questo uso strumentale della giustizia – tipico delle dittature – contraddice la mens del Legislatore e giustamente ricade sotto quanto previsto dalla Bolla di Paolo IV: è l’adesione stessa all’eresia ad estromettere l’eretico dalla Chiesa e rendere la sua autorità illegittima, invalida e nulla».

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All’intervistatore che chiede come dovrebbero comportarsi i Cattolici in caso di proibizione della Messa antica, Viganò risponde che «la Messa tridentina è un tesoro inestimabile per la Santa Chiesa. Essa è “canonizzata” dal Suo uso plurisecolare in cui vediamo espressa la voce della Sacra Tradizione. Se la Gerarchia, abusando del proprio potere contro il fine che il Signore le ha dato, impedisce la celebrazione della Messa antica, compie un abuso e questa proibizione è nulla». 

 

«Sacerdoti e vescovi dovrebbero mostrare più coraggio, continuando a celebrare il rito antico e rifiutandosi di celebrare il Novus Ordo. Andrebbero probabilmente incontro a sanzioni da parte del Vaticano, ma dovrebbero chiedersi quali sanzioni li aspettino quando dovranno rispondere al tribunale del Signore per non aver compiuto il proprio dovere, preferendo l’obbedienza servile al potente anziché l’obbedienza a Dio». 

 

Quindi un consiglio diretto ai laici, che «dovrebbero organizzarsi in piccole comunità acquistando le chiese oggi messe in vendita o allestendo cappelle domestiche, e cercando sacerdoti disposti a celebrare per loro la Messa e i Sacramenti secondo il Rito Apostolico e aiutandoli materialmente a svolgere il loro Ministero». 

 

Marshall domanda cosa monsignor Viganò pensi della Fraternità Sacerdotale San Pietro (FSSP), dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote (ICRSS), nonché della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX).

 

«Gli istituti ex Ecclesia Dei nascono dalla volontà del Vaticano di indebolire la Fraternità San Pio X dopo le Consacrazioni Episcopali del 1988, che essendosi data una successione apostolica poteva continuare il proprio apostolato anche dopo la morte di Mons. Marcel Lefebvre» risponde il monsignore. «La “concessione” di celebrare la Liturgia tridentina – fino ad allora del tutto esclusa – aveva e ha come condizione l’accettazione del “magistero postconciliare” e della liceità del Novus Ordo».

 

«Tale premessa è del tutto inaccettabile, perché riduce la celebrazione della Messa antica ad una questione cerimoniale, mentre è evidente che il rito tridentino riassume in sé tutta la dottrina e la spiritualità della Fede Cattolica, in antitesi al rito protestantizzato di Paolo VI che quella Fede ecumenicamente tace. Chi celebra la Messa di San Pio V non può accettare il Vaticano II».

 

«Infatti, sin dall’inizio, molti sacerdoti che avevano lasciato la Fraternità di Mons. Lefebvre ed erano confluiti negli istituti Ecclesia Dei continuarono ad avere forti riserve e, per così dire, giocarono sull’equivoco di una tacita accettazione che lo stesso Vaticano non chiedeva di esplicitare», racconta Viganò.

 

«Nel 2007 Benedetto XVI ha riconosciuto legittimità alla Liturgia tradizionale, dichiarando la Messa antica “forma straordinaria” del Rito Romano, a fianco alla “forma ordinaria” del Novus Ordo. Il Motu Proprio Summorum Pontificum rivela l’impostazione hegeliana di Ratzinger, che nella compresenza di due forme del medesimo rito ha cercato di comporre la sintesi tra la tesi della Messa tradizionale e l’antitesi del rito montiniano. Ma anche in quel caso, la base ideologica del Motu Proprio era di fatto moderata dalla pratica, per cui il risultato finale di Summorum Pontificum è stato relativamente positivo, quantomeno nella diffusione della celebrazione della Messa antica che le nuove generazioni non avevano mai conosciuto. Giovani sacerdoti e tanti fedeli si sono avvicinati al Rito Apostolico, scoprendone la bellezza e la coerenza intrinseca con la Fede cattolica».

 

«Dinanzi al successo della Messa di Sempre, il Motu Proprio Traditionis Custodes ha drasticamente limitato la liberalizzazione di Summorum Pontificum, dichiarando abolito il diritto di ogni sacerdote alla celebrazione della Messa tradizionale e riservandolo ai soli istituti ex-Ecclesia Dei. Ecco così creata una “riserva indiana” di chierici più o meno conservatori che dipendono da Bergoglio, ai quali è richiesta la professione di fede conciliare mediante la concelebrazione del nuovo rito almeno una volta l’anno: cosa che praticamente tutti i sacerdoti di questi istituti sono costretti a fare, volenti o nolenti. D’altra parte, non mi pare che i vescovi o cardinali che li sostengono abbiano espresso riserve sul Concilio o sulle deviazioni dottrinali, morali e liturgiche del postconcilio e dello stesso Bergoglio. Difficile aspettarsi dai subalterni una combattività che eminenti Prelati non hanno mai dimostrato».

 

«Questi istituti sono dunque sotto ricatto» dice Viganò. «Se con Summorum Pontificum era plausibile pensare ad un tentativo di pax liturgica che lasciasse i conservatori liberi di scegliersi il rito che preferiscono (in una visione, per così dire, liberale), con Traditionis Custodes sui chierici che celebrano e sui fedeli che assistono alla Messa antica grava lo stigma ecclesiale dell’indietrismo, del rifiuto del Vaticano II, del rigidismo preconciliare. In questo caso la sinodalità e la parresia cedono all’autoritarismo di Bergoglio, che però dice una scomoda verità: quel rito mette in discussione l’ecclesiologia e la teologia del Vaticano II e come tale non rappresenta la chiesa conciliare. L’illusione della pax liturgica si è quindi infranta miseramente dinanzi all’evidenza dell’inconciliabilità di due riti che si “scomunicano” reciprocamente, così come le due chiese – quella Cattolica e quella sinodale – di cui sono espressione cultuale» 

 

«Per quanto riguarda i fedeli, credo sia necessario comprendere la situazione di grande disorientamento e di anarchia presente nella Chiesa» dichiara il prelato. «Molti Cattolici che hanno scoperto la Messa antica non riescono più ad assistere al rito montiniano ed è comprensibile che si “accontentino” – per così dire – delle Messe tridentine celebrate dagli istituti ex-Ecclesia Dei, senza però accettare i compromessi che sono richiesti ai loro sacerdoti».

 

Tuttavia, precisa Viganò, «si tratta di una situazione che presto o tardi dovrà essere chiarita, specialmente se l’accettazione degli errori conciliari e sinodali diventa la condicio sine qua non della fruizione della Messa antica. In quel caso il fedele deve agire coerentemente e cercare dei sacerdoti non compromessi con la chiesa sinodale. Gli orrori di questo “pontificato” stanno comunque erodendo il consenso del Clero nei riguardi di Bergoglio: una fronda tradizionale potrebbe decidere di non seguirlo sulla via fallimentare intrapresa». 

 

Il Monsignore rivela di comprendere «lo strazio che molti provano a non poter assistere alla Messa tridentina. È come essere privati della presenza del Signore e delle Grazie che il Santo Sacrificio spande sulle anime e sulla Chiesa. Ma nel corso della storia molti Cattolici, sia in terre lontane non ancora raggiunte dai Missionari, sia in tempi di persecuzione, si sono trovati a non poter avere la Messa se non saltuariamente».

 

«Senza Messa si può sopravvivere, ma non senza Fede. Se dunque la Fede è indispensabile per la salvezza, è importante che ogni Cattolico alimenti la propria istruzione religiosa riprendendo in mano il Catechismo tridentino e nutrendo l’intelletto e il cuore in modo da resistere al contagio del Novus Ordo e delle sue degenerazioni. Occorre pregare perché il Signore mandi operai per la Sua messe, e aiutare i pochi sacerdoti ancora fedeli». 

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Monsignore quindi torna sul ruolo dell’ex cardinale statunitense Teodoro McCarrick nell’accordo sino-vaticano.

 

«Nonostante le accuse sulla scandalosa condotta di McCarrick e fossero già note e vi fossero provvedimenti disciplinari presi da papa Benedetto nei suoi confronti, Bergoglio incaricò l’allora cardinale di tenere i contatti con il governo di Pechino, anche in ragione delle sue entrature alla Casa Bianca e con l’establishment democratico che avevano – e hanno tuttora – rapporti con la dittatura cinese» dichiara Viganò.

 

«La capacità di McCarrick dimonetizzare” la collaborazione della Chiesa nei confronti di alcuni governi ha portato alla firma di un accordo segreto, che secondo alcune indiscrezioni – che non sono in grado di verificare – frutterebbe al Vaticano milioni ogni anno, in cambio del suo silenzio sulla persecuzione dei Cattolici fedeli alla Sede Apostolica e sulla violazione dei diritti umani». 

 

Qui Viganò sembra far riferimento alle rivelazioni del magnate cinese in esilio negli USA Guo Wengui secondo cui il Vaticano sarebbe corrotto con «1,6 miliardi di dollari l’anno per fermare le critiche alla politica religiosa di Pechino». Il Guo, che ha bizzarre operazioni di speculazione in corso sul seme dei non vaccinati, è ritenuto da alcuni triplogiochista per Pechino. Sul suo yacht fu arrestato quattro anni fa l’ex stratega trumpiano Steve Bannon, noto per le posizioni anticinesi.

 

Monsignor quindi risponde ad una domanda sullo stato di salute dell’episcopato statunitense quando era nunzio apostolico a Washington.

 

«L’Episcopato statunitense è il frutto di decenni di mala gestio vaticana: la corruzione e la presenza di una potentissima lobby omosessuale – formata in gran parte di protetti di McCarrick – è totalmente favorevole al nuovo corso bergogliano, in un appiattimento scandaloso sulle posizioni woke della Sinistra radicale che sta distruggendo gli Stati Uniti».

 

«La parte “sana” di Vescovi – che come Nunzio ho cercato in ogni modo di promuovere e di difendere – è minoritaria, conservatrice ma di impostazione conciliare» dice Viganò.

 

Il prelato passa poi ad esprimersi sulla rinuncia di Ratzinger.

 

«La Rinunzia di Benedetto XVI, per i vizi di procedura e per il monstrum canonico che ha prodotto, è certamente invalida, come ha spiegato egregiamente il prof. Enrico Maria Radaelli. L’invenzione del “papato emerito” ha minato ulteriormente il Primato petrino e aperto la strada a quel “papato scomposto” – in una divisione surreale di munus e ministerium senza basi teologiche e canoniche – che si sta oggi evolvendo in una rilettura del ruolo del Pontefice in chiave ecumenica, come vediamo nel Documento di studio Il Vescovo di Roma recentemente pubblicato dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Un’unità che è già una nota della unica vera Chiesa di Cristo, che è la Chiesa Cattolica e che significativamente il Vaticano II presenta come obiettivo da conseguire mediante una interpretazione del dogma che non presenti conflitti con gli errori delle sette acattoliche». 

 

«Il fatto che Ratzinger abbia ritenuto soggettivamente di abdicare al papato non incide sulla nullità della Rinunzia. Nonostante l’aura di ortodossia che circonda il Pontificato di Benedetto XVI specialmente negli ambienti del conservatorismo moderato, la sua ridefinizione dell’istituto petrino e la creazione del Papato emerito costituiscono la massima espressione delle istanze ereticali presenti nella teologia ratzingeriana, e come tali dovranno essere oggetto di una ben precisa condanna, assieme alle altre eresie (ben evidenziate dagli studi dell’esimio Professor Radaelli) che il teologo tedesco non ha mai sconfessato».

 

L’intervistatore chiede cosa dovrebbe fare il prossimo papa, se deve dichiarare Bergoglio antipapa o invalidare il Vaticano II.

 

«Quando Nostro Signore Si incarnò 2024 anni fa in Israele non vi era né re né sacerdozio. Se ci stiamo avvicinando agli ultimi tempi, credo che la vacanza della Sede Apostolica sia destinata a durare. Quando tornerà sulla terra, Nostro Signore riprenderà lo scettro temporale e la corona spirituale, riassumendo in Sé la potestà regale e sacerdotale oggi illegittime» risponde Viganò. 

 

«Ma se la Provvidenza si degnasse di concedere alla Chiesa un vero papa, egli potrebbe essere riconoscibile per la condanna e la dichiarazione di nullità del Concilio e dei disastri che ha prodotto. Un santo papa abolirebbe il Novus Ordo e ripristinerebbe la Liturgia tradizionale, perché avrebbe a cuore prima di tutto la gloria di Dio, l’onore della Chiesa e la salvezza delle anime.» 

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Il Monsignore, riguardo alla questione di papa Leone II, che dichiarò anatema il suo predecessore papa Onorio, e alla possibilità che ciò accada di nuovo, risponde dichiarando che «sarebbe il minimo. La condanna dell’errore è necessaria per ripristinare l’ordine violato, che si fonda in Dio, ossia sulla Verità somma».

 

«Onorio fu scomunicato da papa Leone II non perché eretico, ma perché profana proditione immaculatam fidem subvertere conatus est – con prodizione mondana provò a sovvertire la purezza della Fede – perché non aveva condannato chiaramente l’eresia monotelita, secondo cui in Cristo non vi sarebbero due volontà – una divina e una umana secondo le due nature – ma una sola» spiega l’arcivescovo.

 

«L’azione sovversiva di Bergoglio è ben più grave, così come sono ben più gravi le eresie che il Vaticano II non solo non combatté, ma di cui anzi si fece veicolo pastorale, in un colossale inganno del corpo ecclesiale». 

 

L’ultima domanda posta a monsignor riguarda la possibilità che Bergoglio sia un antipapa, i quindi suoi cardinali sarebbero anti-cardinali e quindi non validi. Ci si chiede, dunque, come avverrebbe un conclave, e se quindi per risolvere la questione bisogna rifarsi alla «tesi di Cassiciacum» di Guérard des Lauriers e alla sua tesi sul «papato materiale»,

 

«Il Collegio Cardinalizio è composto per la maggioranza da personaggi ampiamente compromessi e corrotti. Per di più, l’illegittimità di Bergoglio (anche per le infrazioni a quanto prescritto nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che ne invalidano l’elezione) rende nulli tutti i suoi atti di governo, quindi anche tutte le nomine del Sacro Collegio. Se i cardinali nominati dal predecessore riconoscessero che Bergoglio non è papa e convocassero un Conclave, dovrebbero avere il coraggio non solo di deplorare gli effetti presenti, ma anche le loro cause, che rimontano tutte al Concilio Vaticano II». 

 

«La tesi cosiddetta di Cassiciacum prende il suo nome dal paese che oggi si chiama Cassago Brianza, in Lombardia, dove nel 387 Sant’Agostino si ritirò in preghiera con la madre prima di ricevere il Battesimo. Questa tesi, formulata nel 1978 da padre Guérand des Lauriers o.p., individua nei papi postconciliari – da Montini a Bergoglio – un’accettazione esteriore del Papato inficiata da un ostacolo interno (la volontà di promuovere le nuove istanze del Concilio Vaticano II che contraddicono il Magistero perenne della Chiesa) – un ostacolo che impedisce la comunicazione da parte di Dio del carisma divino che normalmente appartiene al Vicario di Cristo. Venendo meno questa «intenzione oggettiva ed abituale di procurare e di realizzare il bene e il fine della Chiesa» i papi del postconcilio sarebbero dunque papi solo materialmente, in quanto solo canonicamente eletti, e quindi propriamente “non papi”». 

 

La rivoluzione conciliare – di cui Bergoglio è implacabile esecutore – ha come scopo la dissoluzione del Cattolicesimo Romano in una falsa religione senza dogmi di ispirazione massonica, da ottenersi mediante la parlamentarizzazione della Chiesa sul modello delle istituzioni civili. Ciò richiede un ridimensionamento del Papato e l’estinzione della Successione Apostolica, assieme ad un radicale stravolgimento del Sacerdozio ministeriale. Per questo motivo, anche se al momento è opportuno sospendere il giudizio definitivo sui papi del Concilio, è necessario mettere per così dire tra parentesi tutto ciò che essi hanno prodotto, in particolare il Catechismo e l’insegnamento dottrinale, la riforma della Messa e dei Sacramenti, e tra questi il rito di conferimento degli Ordini Sacri».

 

«Quel che posso dire è che, rispetto alle tesi del sedevacantismo o del sedeprivazionismo – che pure hanno elementi condivisibili in linea teorica – non è possibile credere che il Signore abbia permesso che la Sua Chiesa rimanesse eclissata e priva dei mezzi ordinari della Grazia – i Sacramenti – per oltre sessant’anni, con Vescovi e sacerdoti non validamente ordinati e quindi con Messe e Sacramenti invalidi. Il mysterium iniquitatis non può implicare il venir meno dell’assistenza promessa da Cristo alla Chiesa – Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem sæculi (Mt 28, 19). Ma da parte nostra urge il ripristino dell’integrità del Depositum Fidei (Lex credendi) e della sua espressione orante (Lex orandi) perché’ le porte degli inferi non abbiano a prevalere».

 

 

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Spirito

La chiesa africana respinge l’«arcivescova» di Canterbury

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La Chiesa anglicana della Nigeria ha ufficialmente rigettato la nomina della prima «arcivescova» di Canterbury. La reazione era stata pienamente anticipata.   L’arcivescovo nigeriano, metropolita e primate della Chiesa nigeriana, Henry Ndukuba, ha definito l’elezione di Sarah Mullally un «doppio rischio»: in primo luogo, perché impone una leadership femminile a chi non può accettarla, e in secondo luogo, perché promuove «una forte sostenitrice del matrimonio tra persone dello stesso sesso».   In una dichiarazione pubblicata lunedì su Facebook, Ndukuba si è chiesto come Mullally «speri di ricucire il tessuto già lacerato della Comunione anglicana», considerando i dibattiti in corso sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.   Lo Ndukuba ha sottolineato che la Nigeria, parte della Global Fellowship of Confessing Anglicans (GAFCON), «riafferma la sua precedente posizione di sostenere l’autorità delle Scritture» e rifiuta quella che ha chiamato «l’agenda revisionista» presente in alcune sezioni della Comunione.

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«Questa elezione è un’ulteriore conferma che il mondo anglicano globale non può più accettare la guida della Chiesa d’Inghilterra e quella dell’arcivescovo di Canterbury», ha dichiarato Ndukuba.   La GAFCON ha espresso «dispiacere» per la nomina di Mullally, sostenendo che la Chiesa d’Inghilterra ha «abbandonato gli anglicani nel mondo» e ha perso la sua autorità morale. La Chiesa d’Inghilterra non ha ancora risposto alla dichiarazione nigeriana.   Sarah Mullally, 63 anni, è stata nominata venerdì come 106° Arcivescovo di Canterbury, dopo l’approvazione della sua candidatura da parte di Re Carlo III. Assumerà l’incarico a gennaio, dopo la conferma definitiva dei vertici della Chiesa d’Inghilterra, diventando la prima donna a ricoprire questo ruolo.

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In gran parte dell’Africa subsahariana, la Chiesa anglicana e altre denominazioni cristiane mantengono una visione tradizionale su matrimonio e genere. La Chiesa della Nigeria, una delle più grandi province anglicane, definisce il matrimonio esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna e non ordina donne come sacerdoti o vescovi.   In Kenya, nonostante la consacrazione del vescovo Rose Okeno abbia rappresentato una svolta storica, le donne in ruoli episcopali rimangono rare e le unioni tra persone dello stesso sesso sono fermamente respinte. Posizioni conservatrici simili predominano in Uganda e in gran parte dell’Africa orientale e occidentale. L’eccezione principale è la Chiesa anglicana dell’Africa meridionale, che ammette donne vescovo ma continua a sostenere l’insegnamento tradizionale sul matrimonio.   Come riportato da Renovatio 21la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».   «La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).  

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Il cardinale Zen condanna il «pellegrinaggio» LGBT nella Basilica di San Pietro: «offesa a Dio»

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Il cardinale Joseph Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT in Vaticano e si è unito agli appelli di altri vescovi affinché compiano riparazioni per la profanazione della Basilica di San Pietro. Lo riporta LifeSite.

 

In una dichiarazione in lingua cinese pubblicata mercoledì, Zen ha scritto: «recentemente è emersa la notizia che un’organizzazione LGBTQ+ ha organizzato un evento per l’Anno Santo, in cui i partecipanti sono entrati nella Basilica di San Pietro a Roma per attraversare la Porta Santa».

 

«Ostentavano oggetti di scena color arcobaleno, indossavano abiti con slogan e coppie dello stesso sesso si tenevano per mano con passione: era puramente un’azione di protesta», ha osservato il vescovo emerito di Hong Kong.

 

«Questo non era un pellegrinaggio giubilare (in cui i credenti rinnovano i voti battesimali, si pentono dei peccati e si impegnano a riformarsi). Tali azioni offendono gravemente la fede cattolica e la dignità della Basilica di San Pietro: una grave offesa a Dio!»

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«Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha poi emesso alcuna condanna. Troviamo ciò davvero incomprensibile!»

 

Zen ha sottolineato che «coloro che provano attrazione per persone dello stesso sesso» dovrebbero essere trattati con beneficenza; tuttavia, «non possiamo dire loro che il loro stile di vita è accettabile».

 

«Non siamo Dio», ha continuato. «Dio ci chiama a trasmettere ciò che Gesù ci ha insegnato: il vero amore per loro. Dobbiamo aiutarli a ottenere la grazia attraverso la preghiera e i sacramenti per resistere alla tentazione, vivere virtuosamente e percorrere la via verso il cielo».

 

Zen ha fatto riferimento alla richiesta di atti di riparazione avanzata da quattro vescovi: il vescovo Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan; il vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito di Tyler, Texas; il vescovo Marian Eleganti, vescovo ausiliare emerito di Coira, Svizzera; e il vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, Paesi Bassi.

 

Il porporato cinese ha affermato di sostenere fermamente questo appello e ha suggerito che, dopo la Festa di metà autunno in Cina, i fedeli dovrebbero «riunirsi con i parrocchiani vicini per tre giorni per recitare le preghiere allegate».

 

«Inoltre, compite un atto di abnegazione o un atto di carità per offrire riparazione davanti a Dio per i peccati dei nostri fratelli e sorelle che hanno sbagliato», ha concluso.

 

Il cardinale Zen ha allegato al suo messaggio la preghiera di riparazione compilata dai quattro vescovi e recitata alla Conferenza sull’identità cattolica lo scorso fine settimana.

 

Il vescovo emerito di Hong Kong si aggiunge alla lista dei prelati ortodossi che hanno pubblicamente condannato il «pellegrinaggio LGBT» in Vaticano. Oltre ai quattro vescovi che hanno redatto la preghiera di riparazione, l’evento è stato criticato anche dal cardinale Gerhard Müller, che ha affermato che si trattava «indubbiamente» di un sacrilegio.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Zen la scorsa estate aveva scritto che «il Dio misericordioso è così disgustato dai comportamenti sessuali tra persone dello stesso sesso perché questo crimine è troppo lontano dal piano di Dio per l’uomo (…) Il Suo piano è che un uomo e una donna si uniscano in un solo corpo con un unico ed eterno amore e cooperino con Dio. Una nuova vita può nascere e crescere nel calore della famiglia».

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato lo Zen si era scagliato contro Fiducia Supplicans arrivando a chiedere le dimissioni dell’autore del testo, il cardinale Victor «Tucho» Fernandez, eletto da Bergoglio a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede.

 

Il porporato in questi mesi ha attaccato con estrema durezza il Sinodo sulla Sinodalità, accusando Bergoglio di usare i sinodi per «cambiare le dottrine della Chiesa», nonché «rovesciare» la gerarchia della Chiesa per creare un «sistema democratico».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il cardinale Zen ha celebrato una messa tradizionale per la festa del Corpus Domini e ha guidato una processione per le strade di Hong Kongo, città dove le autorità, ora dipendenti da Pechino, lo hanno arrestato ed incriminato, nel silenzio più scandaloso del Vaticano (mentre, incredibilmente, il Parlamento Europeo esorta la Santa Sede a difenderlo!), con il papa Bergoglio a rifiutarsi di difendere il cardinale in nome del «dialogo» con la Cina comunista che lo perseguita.

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Immagine di Rock Li via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine tagliata 

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Misteri

Candace Owens pubblica i presunti messaggi di Charlie Kirk: «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore»

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Candace Owens ha pubblicato presunti messaggi personali del defunto Charlie Kirk che dimostrano un crescente interesse per la Chiesa cattolica. Lo riporta LifeSite.   In uno dei messaggi, Kirk affermava che «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore». Owens ha affermato che Kirk le ha inviato il messaggio nel febbraio 2024 durante conversazioni private sulla teologia e sull’uso politico del termine «giudeo-cristiano».   Candace ha descritto l’osservazione come parte di uno scambio continuo tra amici, aggiungendo di non aver mai affermato che Kirk si fosse convertito o si stesse preparando a farlo. «Charlie stava attraversando alcuni cambiamenti spirituali verso la fine», ha detto l’attivista, affermando che Kirk «non frequentava la chiesa del pastore Rob McCoy», ma piuttosto andava a messa ogni settimana e a volte anche più spesso.  

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Owens ha anche attirato l’attenzione sul ciondolo di San Michele che Kirk indossava al momento della morte, aggiungendo che la sua vedova, Erika, aveva portato un vescovo a pregare sul suo corpo in seguito, e in precedenza aveva portato un prete a casa loro per pregare dopo una «fattura» comminatagli pubblicamente da giornalisti di sinistra.   Aveva anche parlato positivamente dell’importanza della Madonna, presentandola come la «soluzione al femminismo tossico» e invitando gli evangelici a venerarla di più.     Tuttavia, pur notando che i cattolici «speravano che avrebbe fatto il passo successivo perché stava pregando il Rosario», Owens ha insistito sul fatto che Kirk non aveva deciso di convertirsi e che lei non aveva mai affermato il contrario.   La rivelazione arriva nel mezzo di controversie in corso sulla vita spirituale e l’eredità di Kirk, seguite al suo assassinio a settembre. Alex Clark e Andrew Kolvette della TPUSA avevano recentemente discusso dell’interesse di Kirk per il cattolicesimo, definendolo più estetico che teologico.   «Stava diventando cattolico? No», ha detto Kolvet, produttore e caro amico di Kirk. «Ma amava molto la Messa cattolica. Amava il suo rituale. Amava la bellezza delle antiche chiese cattoliche e le vetrate. E lui ed Erika ci andavano ogni tanto».   «Mi è sembrata una specie di insabbiamento», ha detto la Owens a proposito di questa conversazione, chiedendosi perché personaggi vicini a Kirk si fossero affrettati ad affermare che non si stava avvicinando al cattolicesimo.   «Sono rimasto un po’ stupita», ha detto Candace, definendo il modo in cui hanno parlato dell’argomento un «tentativo inautentico di dissuadere l’idea che Charlie si stesse ammorbidendo nei confronti del cattolicesimo».   Le opinioni religiose di Kirk sono diventate un punto focale nella più ampia lotta sulla sua eredità, con personalità interne a Turning Point, e commentatori come la Owens che offrono resoconti divergenti delle sue posizioni private su questioni di fede.   Il giornalista della testata d’inchista di sinistra Grayzone Max Bluementhal ha sottolineato che un’eventuale conversione al cattolicesimo di Charlie lo avrebbe reso forse più distante dall’influenza israeliana, che abbonda tra gli evangelici americani da cui il ragazzo proveniva.   Bluementhal aveva pubblicato uno scoop che raccontava come Kirk avesse rifiutato 160 milioni offerti dal primo ministro israeliano Netanyahu a Turning Point USA (per portarlo «al prossimo livello») e come fosse stato invitato ad un ritrovo nella prestigiosa magione del miliardario hedge fund sionista Bill Ackman, dove gli sarebbe stata fatta pressione al punto che una lobbista israeliana britannica gli avrebbe pure urlato.

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Parimenti, è stato detto che amici avessero rivelato come Charlie avesse «paura» delle forze di Israele, di cui pure era stato un accanito sostenitore. L’insofferenza di Kirk per le pressioni che gli stavano mettendo – specie dopo che aveva fatto parlare ad un evento estivo il giornalista Tucker Carlson e il comico Dave Smith, considerati ora come anti-Israele – erano state rese pubbliche durante una trasmissione con la celebre giornalista Megyn Kelly.   Tutti coloro che si sono interessati del caso ci tengono a ricordare, tuttavia che non vi sono prove che Israele sia implicato nell’omicidio di Kirk.   Come riportato da Renovatio 21, a ribadire l’estraneità dello Stato Ebraico è stato più volte, alla TV americana e in videomessaggi pubblici sui social, il premier israeliano Beniamino Netanyahu, il quale per qualche ragione ha negato simultaneamente anche le accuse sugli assassinii rituali ebraici medievali con vittime i bambini cristiani, come San Simonino.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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