Vaccini
MMR e autismo, un’obiezione allo studio danese
Renovatio 21 pubblica questa traduzione da Focus for Health.
Lo studio sul vaccino MMR recentemente pubblicato da Hviid et al. (2019, Annals of Internal Medicine) intitolato «Measles, Mumps, Rubella Vaccination and Autism: A Nationwide Cohort Study» («Morbillo, parotite, rosolia, vaccinazione e autismo: uno studio di coorte nazionale») più che fornire risposte certe, apre la strada a diverse domande.
Gli autori affermano che lo studio «sostiene fortemente che la vaccinazione MMR non aumenti il rischio di autismo, non inneschi l’autismo nei bambini suscettibili e non sia associato al clustering di casi di autismo a seguito di vaccinazione».
Ci sono otto difetti fondamentali nello studio che generano domande sull’accuratezza delle conclusioni.
Questa è un’affermazione estremamente ampia che sfortunatamente non è supportata dalle prove che presentano. Ci sono otto difetti fondamentali nello studio che generano domande sull’accuratezza delle conclusioni.
- Assenza di un certo numero di bambini dal campione di studio
In primo luogo si denota la sottovalutazione dei casi di autismo all’interno del campione utilizzato. Gli autori dello studio hanno infatti utilizzato registri demografici danesi,riguardanti bambini nati in Danimarca da madri danesi che dovrebbero riflettere l’incidenza di autismo segnalata in Danimarca all’1,65% (Schendel et al., 2018, JAMA). Tuttavia, l’incidenza dell’autismo all’interno del campione utilizzato per lo studio di Hviid et al. si attesta allo 0,98%, il che significa che in questo studio mancano circa 4.400 bambini autistici. Gli autori non contemplano la discrepanza nel numero di casi.
- Molti dei bambini presenti nel campione erano troppo piccoli per una diagnosi di autismo
La ragione più probabile della discrepanza riguardante il numero dei casi nello studio di Hviid et al. è che molti dei bambini inseriti nel campione erano troppo piccoli per ricevere una diagnosi di autismo. L’età media del campione nello studio è di 8,64 anni con una deviazione standard di 3,48 anni. L’età media della diagnosi di autismo è di 7,22 anni con una deviazione standard di 2,86 anni.
Supponendo che l’età della diagnosi segua una curva a campana standard, ciò significherebbe che il 31,5% dei bambini erano troppo piccoli per ricevere una diagnosi di autismo. Ciò potrebbe significare fino a 3.400 casi aggiuntivi non inclusi nello studio, ne va da sé che con una tale discrepanza, il risultato della ricerca di una relazione tra il vaccino MMR e l’autismo potrebbe essere falsato.
Alla luce delle questioni evidenziate, questo studio non può essere citato come prova del fatto che il vaccino MMR non causi l’autismo.
- Nello studio vengono inclusi anche bambini affetti da autismo legato a condizioni genetiche
Il numero di bambini ai quali è stata diagnosticata una comorbidità genetica (nota come causa di autismo) dopo l’età 1 è stato «censurato», il che significa che sono stati seguiti fino al momento della diagnosi, ma non sono stati rimossi dallo studio. Quindi, nel campione, sono stati conteggiati anche diversi bambini probabilmente autistici a causa di una condizione genetica, quando invece avrebbero dovuto essere opportunamente eliminati dal campione.
- Uso di due (2) vaccini MPR diversi:
In questo studio sono stati utilizzati due diversi vaccini MMR: la formulazione GlaxoSmithKline Prolix® è stata infatti somministrata dal 2000 al 2007, dal 2008 al 2013 invece si è passati alla formulazione MMR®II di Merck. Prolix® contiene il ceppo di morbillo di Schwarz, MMR®II contiene il ceppo di Edmonston di Ender. Pertanto, i bambini ai quali è stata somministrata la formulazione Merck sono troppo piccoli per una diagnosi di autismo, dato che ad oggi gli stessi bambini non potrebbero avere più di 6 anni. Questo è importante per il confronto con l’esperienza in altri paesi, in particolare negli Stati Uniti, dove si è utilizzato esclusivamente la formulazione Merck per l’intero periodo di studio.
- Mancato controllo per “l’effetto di dosaggio”
Inoltre, l’età alla quale i bambini danesi nel campione hanno ricevuto la seconda dose di vaccino MMR è stata ridotta da 12 anni a 4 anni nel 2008. Ciò significa che i bambini nati dopo il 2004 hanno ricevuto due dosi di vaccino MMR prima dell’età media di diagnosi di autismo, mentre i bambini nati prima del 2004 hanno ricevuto solo una dose di vaccino MMR.
Gli autori hanno inoltre utilizzato un metodo statistico non trasparente in termini di incidenza «anni-persona»
Se effettivamente esiste un «effetto di dosaggio» dell’MRR (cioè, dove entrambe le dosi vengano causalmente correlate all’autismo), questo non può essere dedotto dal campione utilizzato per lo studio e questo condizionerebbe nuovamente i risultati portando erroneamente a un risultato di non correlazione.
- Il metodo statistico non è riuscito ad individuare i bambini ai quali è stata attribuita una diagnosi ritardata di autismo
Gli autori hanno inoltre utilizzato un metodo statistico non trasparente in termini di incidenza «anni-persona» in quanto i bambini diagnosticati di autismo immediatamente dopo il vaccino MMR avrebbero “pesato” maggiormente sulla statistica rispetto ai bambini che avevano ricevuto una diagnosi tardiva. Questo non ha senso dato che l’età della diagnosi di autismo varia notevolmente tra le popolazioni in base all’accesso ai servizi e alla gravità del caso di autismo, tra i vari fattori.
È interessante notare l’aumentata incidenza del tasso di autismo nei bambini di sesso maschile con fratelli autistici nel gruppo vaccinato
Questo tipo di metodo è «preso a prestito» dall’epidemiologia delle malattie infettive in cui un’esposizione conduce direttamente a uno stato di malattia piuttosto rapidamente, ad esempio la varicella. Tuttavia, il metodo non ha alcun ruolo nella valutazione delle sequele croniche alla vaccinazione, che può richiedere tempi più lunghi per una diagnosi accurata.
- Maggiore incidenza diagnosi di autismo nei fratelli vaccinati di sesso maschile di bambini affetti da autismo
È interessante notare l’aumentata incidenza del tasso di autismo nei bambini di sesso maschile con fratelli autistici nel gruppo vaccinato, come mostrato nella Figura 2 del supplemento dell’articolo. L’aumento verso la fine della «curva di sopravvivenza» mostra che più bambini di sesso maschile vaccinati con MMR (con fratelli autistici) sono stati diagnosticati di autismo rispetto ai maschi non vaccinati. La differenza non è statisticamente significativa, ma potrebbe essere un artefatto del piccolo sottogruppo di bambini considerati in questo studio.
Gli autori dello studio citano anche lo studio CDC del 2004 di Destefano et al. che mostra effettivamente una relazione statisticamente significativa tra la somministrazione dell’ MMR e l’incidenza dell’autismo. La questione è stata ulteriormente discussa in una rianalisi dei dati del CDC sul Journal of American Physicians and Surgeons (Hooker, 2018).
Questo lavoro ha ricevuto il finanziamento da parte della fondazione Novo Nordisk. Novo Nordisk è una multinazionale del farmaco danese. Siamo quindi in presenza di due gravi conflitti di interesse.
- Conflitto di interessi degli autori dello studio
Va notato che tre degli autori dello studio sono attualmente impiegati presso lo Statens Serum Institut che è un’azienda produttrice di vaccini in Danimarca. Inoltre, questo lavoro ha ricevuto il finanziamento da parte della fondazione Novo Nordisk. Novo Nordisk è una multinazionale del farmaco danese. Siamo quindi in presenza di due gravi conflitti di interesse.
L’autore principale, Anders Hviid, è stato il secondo autore dello studio sull’autismo MMR pubblicato nel 2002 sul New England Journal of Medicine (Madsen ed al.2002). Questa ricerca è stata completata nonostante gli autori non abbiano mai ricevuto l’approvazione etica adeguata per completare lo studio. Children’s Health Defense ha pubblicato un’analisi dettagliata della vicenda .
Alla luce delle questioni evidenziate, questo studio non può essere citato come prova del fatto che il vaccino MMR non causi l’autismo.
Brian Hooker, Ph.D, P.E.
Articolo lanciato da Children’s Health Defense
Vaccini
Il comitato consultivo del CDC vota per porre fine alla raccomandazione di vaccinare i neonati contro l’epatite B
Il Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione (ACIP) ha deliberato per revocare la raccomandazione storica che imponeva la vaccinazione contro l’epatite B a tutti i neonati subito dopo la nascita. Questa decisione rappresenta un trionfo significativo per la campagna «Make America Healthy Again» promossa dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., mirata a una revisione del calendario vaccinale pediatrico, in un’epoca di crescenti interrogativi sull’impennata dei casi di autismo tra i bambini.
Con 8 voti a favore e 3 contrari, l’ACIP ha indicato che le madri risultate negative al test per l’epatite B possano concordare con il proprio pediatra «quando o se» somministrare il vaccino ai loro neonati. Le direttive per i piccoli nati da madri positive o con status ignoto al virus restano immutate.
Si prevedono ulteriori revisioni alla politica vaccinale nei mesi a venire, mentre il panel valuta l’intero protocollo di immunizzazioni infantili. Diversi oratori intervenuti all’assemblea, e almeno parte degli esperti consultati, sono noti per le loro riserve sul tema dei vaccini.
Kennedy si definisce «pro-sicurezza», non «anti-vaccini», ma i media mainstream – pesantemente influenzati dai contributi pubblicitari delle multinazionali farmaceutiche – hanno ritratto il titolare dell’HHS come un «anti-vaccinista». Tale immagine è lontana dalla realtà, come ha ribadito di recente lo stesso Kennedy: «Credo che i vaccini abbiano salvato milioni di vite e svolgano un ruolo fondamentale nell’assistenza sanitaria».
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Il Ssegretario sta esaminando un potenziale nesso tra il vaccino e l’aumento dei disturbi autistici, evidenziando come il piano vaccinale per l’infanzia sia passato da poche somministrazioni a un ventaglio di decine di dosi.
Il vaccino contro l’epatite B ha provocato danni così estesi nella popolazione americana che nel 1999 ABC News gli dedicò un’inchiesta e il Congresso indisse un’audizione. Eppure, gli specialisti allineati alla narrazione ufficiale hanno negato l’esistenza di legami provati. È sufficiente rammentare che le contestazioni più accese alla riforma vaccinale di RFK Jr. proverranno dai media corporate e dai parlamentari, che dipendono in misura preponderante dai finanziamenti dell’industria farmaceutica.
L’Italia è stata il primo Paese europeo a rendere obbligatoria la vaccinazione per i nuovi nati e per gli adolescenti di 12 anni con la legge 27 maggio 1991, n. 165, entrata in vigore dal 1992.
I giornali riportano che la decisione fu presa dal ministero dove direttore generale e ministro della Sanità stesso ricevettero una tangente di 600 milioni di lire da GlaxoSmihKline, produttrice del vaccino Engerix B contro l’epatite B per i neonati.
In Italia l’obbligo è rimasto per i nati dal 1992 in poi (coorti 1981-2000 anche per la dose adolescenti) fino al 2017, quando la legge Lorenzin (119/2017) lo ha confermato estendendolo a 10 vaccinazioni. Oggi resta obbligatorio 0-15 anni.
Va ricordato che l’epatite B si trasmette per via sessuale o scambio di siringhe tra tossicodipendenti: perché, quindi, vaccinare un neonato per tale morbo?
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Vaccini
Uno studio minimizza il rischio di miocardite nei bambini a causa del vaccino COVID
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Il riassunto dell’articolo ometteva prove del rischio del vaccino
Il disegno dello studio è profondamente compromesso perché i 22 autori hanno costruito un modello complicato per evitare di effettuare un confronto diretto (solo vaccino contro solo malattia). E anche dopo aver falsificato i conti, anche dopo aver preso i dati di quasi 14 milioni di bambini e adolescenti sotto i 18 anni in Inghilterra, hanno ottenuto un risultato che è appena statisticamente significativo, con barre di errore sovrapposte per il rischio da COVID-19 e il rischio da vaccinazione. La situazione peggiora. I risultati, che favorivano marginalmente la vaccinazione, furono annunciati in un riassunto in cima al documento e annunciati alla stampa. Ma nascosta nell’appendice, pubblicata separatamente online, c’è una tabella che mostra una versione più pertinente del confronto. La versione riportata nel riassunto si riferisce a un periodo iniziale in cui il vaccino non era disponibile. L’appendice mostra dati comparabili per il periodo in cui il vaccino era disponibile, limitatamente alle fasce d’età per le quali il vaccino era offerto. Nell’appendice, il rischio di miocardite dovuto alla malattia è la metà di quello associato al vaccino. Ciò contraddice palesemente il riassunto e i titoli dell’articolo – e questa era una risposta alla versione ingannevole della domanda, non a quella più diretta a cui i ricercatori hanno scelto di non rispondere.Sostieni Renovatio 21
Gli autori dello studio hanno posto la domanda sbagliata
La domanda più pertinente è semplice: i bambini vaccinati hanno avuto un’incidenza di miocardite più alta rispetto ai bambini non vaccinati? È una domanda a cui è facile rispondere, dati i dati a cui questi autori (ma non il pubblico) avevano accesso. In pochi minuti, avrebbero potuto calcolare il tasso di miocardite tra i bambini vaccinati e non vaccinati. Tuttavia, se hanno fatto il calcolo, non ne hanno riportato i risultati. Immagino che abbiano fatto il calcolo, ma non gli sia piaciuto quello che hanno visto, quindi non l’abbiano incluso nell’articolo pubblicato. Come ho affermato sopra, credo che gli autori dello studio abbiano «posto la domanda sbagliata». Ciò che intendo dire è che l’articolo confronta il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dalla vaccinazione. Ma questa non è la domanda più rilevante. Perché? Poiché molte persone si sono vaccinate e poi hanno comunque contratto il COVID, sono state inutilmente esposte a entrambi i rischi. Al contrario, molti bambini che non hanno ricevuto il vaccino non hanno contratto il COVID. Oppure, la loro forma è così lieve che non se ne accorgono nemmeno. Questi bambini hanno evitato entrambi i rischi. Ecco perché confrontare il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dal vaccino COVID non è la questione pertinente. Non è una questione di «o l’uno o l’altro».Iscriviti al canale Telegram ![]()
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- Gli autori hanno posto una domanda complicata quando una semplice era più pertinente.
- Data questa domanda errata, non hanno effettuato l’analisi più diretta per rispondere.
- Ciononostante, hanno scoperto che il vaccino presentava un rischio di miocardite quasi doppio rispetto alla malattia. Questo risultato era riportato solo nella Tabella S16 dell’Appendice Supplementare, ma non era menzionato da nessuna parte nel corpo dell’articolo, né tantomeno nel riassunto in cima.
- E nonostante ciò hanno fatto annunci importanti al pubblico, sostenendo che il loro studio conferma che i bambini stanno meglio con il vaccino che senza.
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Vaccini
Il vaccino antinfluenzale a mRNA di Pfizer associato a gravi effetti collaterali, soprattutto negli anziani
I recenti titoli che decantano la superiore efficacia del vaccino antinfluenzale a mRNA della Pfizer ignorano le scoperte della stessa Pfizer secondo cui, per le persone con più di 65 anni, il loro prodotto a mRNA è più pericoloso dei vaccini antinfluenzali standard, che sono già inefficaci e dannosi. Lo riporta LifeSite.
Il motivo della falsa informazione da parte dei media tradizionali e del prestigioso New England Journal of Medicine (NEJM) è che Pfizer ha occultato i risultati dei test del suo prodotto sugli anziani, che hanno evidenziato effetti avversi più accentuati del farmaco.
«I risultati sono così pessimi che non è chiaro se la Food and Drug Administration potrebbe o vorrebbe approvare un vaccino a mRNA sulla base di questi dati», ha scritto il giornalista Alex Berenson, noto per le sue inchieste durante la pandemia. «Pfizer sembra sapere benissimo che questi risultati sono disastrosi».
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«Pfizer non ha mai annunciato i risultati, tenendoli nascosti per anni», ha scritto Berenson sul suo Substack. «Dimostrano che gli anziani che hanno ricevuto l’mRNA hanno avuto PIÙ infezioni influenzali, decessi ed effetti collaterali rispetto a coloro che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale standard».
Pertanto, è improbabile che il vaccino antinfluenzale a mRNA della Pfizer venga approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) di Trump.
«Un vaccino antinfluenzale a mRNA non ha funzionato negli anziani», ha dichiarato il commissario della FDA, il dottor Marty Makary, a Fox News nel fine settimana. «La sperimentazione non ha mostrato alcun beneficio».
«Non ci limiteremo ad approvare automaticamente nuovi prodotti che non funzionano, che falliscono in una sperimentazione clinica. Sarebbe una presa in giro della scienza se approvassimo automaticamente prodotti senza dati», ha affermato Makary. «Questo era il modus operandi dell’amministrazione Biden», ha aggiunto.
I risultati nascosti sono oltremodo sconvolgenti per gli anziani. Secondo Berenson:
«Gli anziani sottoposti a vaccinazione con mRNA avevano circa il 6% di probabilità in più di contrarre l’influenza rispetto a quelli sottoposti a vaccinazione standard. E 49 anziani sottoposti a vaccinazione con mRNA sono deceduti, rispetto ai 46 sottoposti a vaccinazione antinfluenzale».
«Lo studio ha anche rivelato un significativo segnale di sicurezza per gli mRNA sul danno renale. A ventidue pazienti anziani che hanno ricevuto l’iniezione di mRNA è stata diagnosticata una lesione renale acuta, una malattia renale cronica o una malattia renale allo stadio terminale, rispetto ai nove che hanno ricevuto l’iniezione standard».
«Un altro dato preoccupante è che 17 anziani a cui è stato somministrato mRNA hanno sofferto di “insufficienza respiratoria acuta”, rispetto ai soli sei che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale standard».
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«Anche i pazienti trattati con mRNA avevano una probabilità molto maggiore di manifestare effetti collaterali meno gravi. Ad esempio, circa il 69% ha segnalato gonfiore nel sito di iniezione o altri effetti collaterali locali dopo la vaccinazione, rispetto al 26% di coloro che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale».
«Ritengo che questo rappresenti una grave mancanza di integrità nel processo di revisione paritaria. Il comitato editoriale del NEJM dovrebbe fornire una spiegazione chiara di come si sia verificato questo errore e… richiedere agli autori di correggere gli articoli attuali e di riferire sui risultati completi dello studio», ha dichiarato alla testata Epoch Times Retsef Levi, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT) .
«Ancora una volta, quando vengono condotti studi adeguati, si scopre che i vaccini a base di mRNA per persone sane non sono ancora pronti per il grande pubblico e probabilmente non lo saranno mai», conclude il Berensone.
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