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Microsoft riesce ad uccidere anche Skype

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Skype, il servizio pionieristico di chiamate via Internet, ha ufficialmente chiuso i battenti il ​​5 maggio 2025, dopo quasi 22 anni di attività. Lo ha rivelato la stessa Microsoft, che starebbe invece concentrando la propria attenzione sulla promozione dell’applicazione Teams.

 

Software all’epoca davvero rivoluzioanrio, Skype fu lanciato originariamente nell’agosto 2003 da Niklas Zennstrom, Janus Friis e altri quattro sviluppatori estoni, offrendo agli utenti la possibilità di effettuare chiamate vocali e videochiamate gratuite o a basso costo tramite internet. Il nome del programma deriva da «sky peer-to-peer», il nome con cui gli sviluppatori ne descrivevano la funzionalità. In precedenza, i due informatici avevano lanciato il programma di condivisione file peer-to-peer KaZaA, una sorta di Napster che andò incontro a controversie in vari Paesi.

 

Skype divenne presto un fenomeno globale, consentendo sia chiamate gratuite tra utenti che, a pagamento, chiamate verso telefoni fissi e cellulari in tutto il mondo. Al suo apice, a metà degli anni 2010, Skype contava oltre 300 milioni di utenti mensili ed era ampiamente considerato un pioniere della comunicazione basata su internet.

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Il software ha cambiato proprietario diverse volte nel corso degli anni prima di essere acquisita da Microsoft nel 2011 per 8,5 miliardi di dollari. Da allora, l’azienda ha gradualmente spostato le risorse verso la piattaforma Teams, che ora si posiziona come il suo prodotto principale per le comunicazioni aziendali e personali.

 

L’ascesa di servizi concorrenti come Zoom, WhatsApp, FaceTime e Google Meet ha contribuito in ultima analisi al calo di popolarità di Skype negli ultimi anni. Alla fine di febbraio 2025, Microsoft ha annunciato la chiusura di Skype e ha invitato gli utenti a passare a Teams, consentendo loro di mantenere i vecchi contatti e la cronologia delle chat. L’azienda ha affermato che i dati saranno disponibili per il trasferimento fino a gennaio 2026, dopodiché verranno eliminati definitivamente.

 

Si tratta dell’ennesimo morto per Microsoft che tocca progetti un tempo innovativi e vincenti: molti hanno in mente il caso di Nokia, prospera azienda di cellulari che aveva tirato avanti un’intera nazione, la Finlandia, prima di finire tra le fauci del colosso di Bill Gates, e di fatto sparire dal radar dei consumatori e lanciare licenziamenti di massa che perdurano ancora oggi.

 

Nokia era un tempo il più grande, rinomato, apprezzato produttore di telefoni cellulari. I problemi di mercato sono arrivati dopo che aveva siglato una partnership con Microsoft, che successivamente ha rilevato l’intero business di telefonia mobile di Nokia.

 

 

L’allora amministratore delegato assunto da Nokia, Stephen Elop, era stato a capo della divisione business di Microsoft. Si trattava del primo CEO non finlandese dell’azienda in 149 anni di storia. Dopo la scalata del gruppo di Bill Gates a Nokia, si sentì ogni sorta di speculazione, tanto che Elop ha negato pubblicamente di essere stato il «cavallo di Troia» di Microsoft per conquistare Nokia.

 

La crisi di Nokia ha ingenerato ramificazioni in tutta la Finlandia, che un tempo vedeva nell’azienda un grande simbolo dell’orgoglio nazionale, creando disoccupazione e malcontento. Nel 2000 l’azienda costituiva il 4% del PIL finlandese, e il 21% delle esportazioni totali, nonché il 70% della Borsa di Helsinki.

 

Altri prodotti Microsoft si sono rivelati fallimenti clamorosi, come il sistema operativo Windows Vista, che avrebbe dovuto essere implementato nella maggior parte dei computer del mondo.

 

Molti ricordano con ironia anche Clippy, personaggio animato a forma di graffetta che doveva, molto in teoria, aiutare gli utenti dei vecchi sistemi operativi, finendo invece per divenire lo zimbello di chiunque usasse il PC.

 

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Un sito chiamato Killed by Microsoft agisce da «cimitero» dei prodotti uccisi dal colosso informatico. Si va da Microsoft Publisher (programma di impaginazione, con cui tanti giornalini scolastici venivano fatti negli anni Novanta) all’assistente Cortana, da Paint 3D Windows Mixed Reality, passando per WordPad, Windos Live Mail, Windows Media Center, Silverlight, la piattaforma Groove Music, l’enciclopedia Encarta, il lettore mp3 Zune e lo Windows Phone, disintegrato da iPhone e Android.

 

Sono solo alcuni dei nomi di quella che, di fatto, è una strage.

 

Il motivo di questi fallimenti seriali, secondo alcuni, è dovuto al modello di ingegneria antiquato di Microsoft, che è top-down: ossia ciò che bisogna vendere lo decidono i soloni all’interno dell’azienda, e non i clienti. Lo chiamano waterfall engineering («ingegneria a cascata»), e presuppone che ogni componente di un prodotto, invece che essere testata sulla realtà con i feedback degli utenti, viene decisa dal vertice. Se ci pensiamo, non è diverso dalla politica vaccinale globale promossa dal fondatore di Microsoft Bill Gates.

 

Skype è stato per moltissimo un momento di libertà irripetibile: parlare tranquillamente con i propri cari dall’altra parte del mondo era un lusso che poteva spingerci a dire che sì, la modernità fa pure delle cose buone. L’app era tuttavia divenuta sempre più inutilizzabile da quando fu comprata da Microsoft, con punte di grottesco come il caricamento automatico di Skype all’avvio di tutti i sistemi operativi Windows 10, una funzione che, almeno noi, non siamo riusciti mai far cessare. Tuttavia la memoria del beneficio che si poteva trarne è grande.

 

Bill Gates è riuscito a rovinare anche questo ricordo. Tuttavia, non è il danno principale che ha fatto.

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Immagine di Mark Doliner via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

 

 

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Internet

Incredibili video realizzati con l’IA lanciata da pochi giorni

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Il generatore di video basato sull’Intelligenza Artificiale Sora 2 di OpenAI ha debuttato la scorsa settimana e ha conquistato i social media con clip incredibilmente iperrealistiche che hanno fatto sì che gli spettatori si interrogassero su ciò che vedono online e hanno fatto sbiancare gli studi di Hollywood.   Gli utenti sembrano averci preso gusto a fare video sul defunto fisico tetraplegico Stephen Hopkins, anche crudelmente.      

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Un altro modulo molto popolare è quello di esseri che vengono fermati dalla polizia – il filmato è come da una bodycam delle forze dell’ordine – e scappano via subito: ecco un gatto, Spongebob, Mario, un ammasso di prosciutto a fette.    

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Il CEO di OpenAI Sam Altman viene beccato a rubare in un negozio, tutto visto da una telecamera di sorveglianza. L’uomo poi cucina Pikachu alla griglia.    

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Animali che rubano alimentari nei supermercati.    

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Piace Hitler che fa stand-up comedy con l’altrettanto (teoricamente) defunto Tupac, rapper ammazzato una trentina di anni fa ma che tutti per qualche ragione ricordano.   Lo Hitlerro dimostra di saperci fare con lo skateoboardo, e pure di saper rispondere a muso duro a Michael Jackson in un ambiente che ricorda le trasmissione trash di Jerry Springer.  

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Pare che SoraAI abbia messo un filtro che impedisce di creare episodi di South Park, che gli utenti hanno generato automaticamente a bizzeffe.     Non manca la finta pubblicità degli anni ’90 per un giocattolo basato sull’isola dei pedofili di Jeffrey Epstein, con l’action figure del miliardario e di altri personaggi orrendi – l’aereo privato Lolita Express è incluso.  

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Ecco, infine, il futuro: le fake news, ma nel senso vero. Telegiornali fatti con l’IA. Un motivo in più per non credere nemmeno a quelli veri.     Quindi: non è solo Hollywood che sarà sostituita, disintermediata, distrutto: è tutto quanto. È la realtà stessa che sta per venire divorata da simulacri iperreali eruttati ad ogni minuto dall’IA.

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Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.

 

Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.

 

Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.

 

Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

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L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.

 

Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.

 

Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.

 

Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.

 

Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.

 

In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine da AsiaNews

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Internet

Israele paga gli influencer 7000 dollari a post sui social media USA

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Israele ha finanziato influencer per pubblicare contenuti sui social media al fine di migliorare la propria immagine negli Stati Uniti. Lo riporta la testata online Responsible Statecraft.   Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente evidenziato l’importanza dei creatori di contenuti per mantenere il supporto allo Stato Ebraico, incontrando, a margine della sua problematica apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli influencer filosionisti.   Martedì, Responsible Statecraft ha riportato che documenti presentati in conformità al Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti hanno svelato i dettagli di una «campagna di influencer» gestita da una società di consulenza con sede a Washington che collabora con il ministero degli Esteri israeliano.   Le fatture inviate ad un gruppo mediatico tedesco, che coordina la campagna, indicano un finanziamento di 900.000 dollari tra giugno e novembre 2025 per un gruppo di 14-18 influencer. I documenti stimano tra 75 e 90 post in quel periodo, con un costo per post tra 6.143 e 7.372 dollari, secondo Responsible Statecraft. Non è stato reso noto quali influencer siano coinvolti.

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La società statunitense avrebbe coinvolto un ex portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e un ex rappresentante della società israeliana di spyware NSO Group, produttrice del celeberrimo software-spia per smartphone Pegasus.   La settimana scorsa, Netanyahu ha dichiarato in una conferenza stampa che è essenziale rafforzare la «base di sostegno di Israele negli Stati Uniti» attraverso gli influencer, soprattutto su piattaforme come TikTok – di cui si è beato per l’acquisto da parte del miliardario filo-israeliano Larry Ellison – e X, posseduto dall’«amico» Elone Musk.   La campagna d’immagine di Israele si colloca in un contesto di diminuzione del sostegno negli Stati Uniti, in particolare riguardo alla guerra di Gaza. Un recente sondaggio del New York Times ha rivelato che il 60% degli americani ritiene che Israele debba porre fine al conflitto, e più della metà si oppone a ulteriori aiuti economici e militari allo Stato degli ebrei .   Alcuni legislatori, come la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, hanno definito la situazione a Gaza un «genocidio» e si sono opposti a ulteriori aiuti a Israele.   Come riportato da Renovatio 21, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, pur continuando a sostenere Israele, ha recentemente ammesso che l’influenza della lobby israeliana, che un tempo aveva un «controllo totale» sul Congresso, è diminuita.  

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