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Meta-Facebook dice che il Battaglione Azov non è più pericoloso

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La società madre di Facebook, Meta, ha ora invertito la sua precedente politica di etichettare il famigerato battaglione neonazista Azov come «organizzazione pericolosa». L’impegno a cambiare la politica è stato presumibilmente fatto ai funzionari ucraini da Nick Clegg, direttore degli affari globali di Meta, e Monika Bickert, capo della gestione delle politiche globali di Facebook, durante il raduno del World Economic Forum di Davos.

 

Nick Clegg è stato vice primo ministro del Regno Unito, nonché Lord President of the Privy Council della regina Elisabetta II, dal 2010 al 2015. Clegg ha anche lavorato nel «giornalismo» per i media britannici, come il Financial Times e la stazione radio della London Broadcasting Company.

 

Il fondatore di Azov, Andriy Biletsky, era stato precedentemente descritto dalla testata britannica Telegraph in un articolo del marzo 2022 come «una figura politica ultranazionalista che aveva avuto scontri con la legge ed era stata coinvolta in vari gruppi che giocavano con i simboli nazisti». L’articolo mostrava l’immagine di una svastica sul muro di un ufficio dell’Azov a Mariupol’, che ammettevano essere occupata dai nazisti.

 

Il Telegraph citava il Biletsky affermando che è «missione storica dell’Ucraina in questo secolo guidare i popoli bianchi del mondo nella loro ultima crociata contro gli untermenschen guidati dagli ebrei».

 

Tuttavia ora Nick Clegg ha decretato che i membri di Azov non sono più nazisti, o considerati pericolosi da Meta, al fine di liberare Azov per reclutare su Facebook e Instagram per la guerra per procura della NATO contro la Russia.

 

Il ministro ucraino per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov (già coinvolto negli avanzati programmi di ID digitale in Ucraina e non solo), che ha dato la notizia il 19 gennaio, ha ringraziato Meta e Clegg per una «decisione equilibrata e importante», sottolineando che Facebook e Instagram, due piattaforme di social media gestite da Meta, sono stati «potenti strumenti per diffondere la verità».

 

 

Meta si unisce all’ente americano per la lotta all’antisemitismo Anti-Defamation League (ADL), nei loro recenti sforzi per assolvere Azov dal loro pedigree nazista.

 

Alexander Rubinstein di Grayzone riferisce di uno scambio di e-mail con l’ADL, in merito al rifiuto dell’ADL di condannare il Pentagono per aver onorato un veterano dell’Azov che sfoggiava tatuaggi di ispirazione nazista durante un evento sportivo sponsorizzato dal Pentagono nel 2022 a Disney World.

 

Rubinstein aveva presentato un «crimine di odio o incidente di odio» sul sito web dell’ADL in merito a un incidente ai «Warrior Games» del DOD, in cui il comico Jon Stewart ha premiato Ihor Halushka per il suo «esempio personale». «Halushka è un ex membro del battaglione neonazista Azov e ha un tatuaggio nazista Sonnenrad sul gomito sinistro», secondo la denuncia registrata da Rubinstein all’ADL.

 

Grayzone riferisce che «un’e-mail del 9 novembre [2022] dalla Anti-Defamation League a The Grayzone ha fornito una difesa contorta del battaglione Azov dell’Ucraina. Nonostante la sua autoproclamata missione «anti-odio», l’ADL avrebbe insistito nell’e-mail che «non» considera Azov come il «gruppo di estrema destra che era una volta».

 

EIRN riporta che l’attuale segretario dell’ADL è Yasmin Green. La «Green è l’attuale capo di Google Jigsaw, che afferma che parte della sua missione è contrastare l’estremismo. Si dice che Green sia anche il mentore di Jared Cohen, che, insieme al CEO di Google Eric Schmidt, ha fondato Google Ideas (ora Jigsaw) nel 2010».

 

Cohen aveva precedentemente lavorato al Dipartimento di Stato sotto Condoleezza Rice e Hillary Clinton, e secondo quanto riferito ha convinto Jack Dorsey per ritardare la manutenzione programmata su Twitter nel 2009, durante le proteste in Iran. Cohen è stato anche un sostenitore dell’uso delle piattaforme informatiche durante la primavera araba e il suo amico al Dipartimento di Stato, Alec Ross, ha aiutato a gestire i «campi tecnologici» di Kiev per formare gli attivisti sull’uso dei social media in Ucraina prima del Maidan colpo di Stato del 2014.

 

Nel suo libro When Google Met WikiLeaks, Julian Assange ha identificato Cohen come «effettivamente il direttore per il cambio di regime di Google. È il Dipartimento di Stato che canalizza la Silicon Valley».

 

L’intimo rapporto che la Silicon Valley condivide con la National Security Agency (e per estensione Cybercom) è stato esposto da Edward Snowden nel 2013, e i «Twitter Files» di Matt Taibbi (imbeccato da Elon Musk) hanno recentemente dimostrato che la CIA, l’FBI, il DHS e vari i politici gestiscono virtualmente le piattaforme dei social media. Qualcuno è arrivato a parlare addirittura di «origini militari di Facebook»

 

Come riportato da Renovatio 21, un documento trapelato di Facebook a inizio conflitto mostrava come vi fosse stata per gli utenti ucraini una modifica per permettere loro di inneggiare al Battaglione Azov e chiedere la morte dei russi – comportamenti che si ritenevano proibiti sui social, che nel biennio pandemico hanno bannato migliaia se non milioni di persone per molto meno.

 

Ciononostante, questo mesi Kiev ha dato al suo governo i poteri di limitare i media, bloccare siti web e perfino di «dare ordini» alle società Big Tech.

 

A Mark Zuckerberg e alla sua azienda ad un certo punto era arrivata gratitudine direttamente dal presidente Zelens’kyj, che ringraziò per l’aiuto nello «spazio informativo» della guerra: un riconoscimento neanche tanto implicito dell’uso fondamentale dei social come arma bellica.

 

A prigionieri dell’Azov attualmente tenuti in Turchia Zelens’kyj ha assegnato il più alto encomio previsto dallo Stato ucraino.

 

La strana relazione tra il Battaglione Azov e l’ebraismo si è materializzata quattro settimane fa con il sorprendente viaggio di una delegazione del reggimento nazionalista integrale (figlio delle ideologie di Stepan Bandera, collaboratore di Hitler nella pulizia etnica contro gli ebrei in Ucraina) nello Stato di Israele.

 

 

 

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Google nega di aver scansionato le email e gli allegati degli utenti con il suo software AI

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Google, colosso tecnologico, nega categoricamente i resoconti diffusi all’inizio di questa settimana da vari media autorevoli, affermando che non impiega e-mail e loro allegati per addestrare il suo nuovo modello di intelligenza artificiale Gemini.

 

Questa settimana, testate come Fox News e Breitbart hanno pubblicato articoli che illustravano ai lettori come «bloccare l’accesso dell’IA di Google alla propria posta su Gmail».

 

«Google ha annunciato il 5 novembre un aggiornamento che permette a Gemini Deep Research di sfruttare il contesto di Gmail, Drive e Chat», ha riferito Fox News, «consentendo all’IA di estrarre dati da messaggi, allegati e file archiviati per supportare le ricerche degli utenti».

 

Il sito di informazione statunitense Breitbart ha sostenuto in modo simile che «Google ha iniziato a scandagliare in silenzio le e-mail private e gli allegati degli utenti Gmail per addestrare i suoi modelli IA, imponendo un opt-out manuale per evitare l’inclusione automatica».

 

Il sito ha citato un comunicato di Malwarebytes, che accusava l’azienda di aver implementato il cambiamento senza notifica agli utenti.

 

In risposta al clamore, Google ha emesso una smentita ufficiale. «Queste notizie sono fuorvianti: non abbiamo alterato le impostazioni di nessuno. Le funzionalità intelligenti di Gmail esistono da anni e non utilizziamo i contenuti di Gmail per addestrare Gemini. Siamo sempre trasparenti sui cambiamenti ai nostri termini di servizio e alle policy», ha dichiarato un portavoce al giornalista di ZDNET Lance Whitney.

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Malwarebytes ha in seguito rivisto il suo post sul blog, ammettendo di aver «contribuito a una tempesta perfetta di incomprensioni» e precisando che la sua affermazione «non sembra essere» corretta.

 

Tuttavia, il blog ha riconosciuto che Google «analizza i contenuti delle e-mail per potenziare le sue “funzionalità intelligenti”, come il rilevamento dello spam, la categorizzazione e i suggerimenti di composizione. Ma questo è parte del funzionamento ordinario di Gmail e non equivale ad addestrare i modelli IA generativi».

 

Questa replica di Google difficilmente placherà gli utenti preoccupati da tempo per le pratiche di sorveglianza delle Big Tech e i loro legami con le agenzie di intelligence.

 

«Penso che l’aspetto più allarmante sia stato il flusso costante e coordinato di comunicazioni tra FBI, Dipartimento della Sicurezza Interna e le principali aziende tech del Paese», ha testimoniato il giornalista Matt Taibbi al Congresso USA nel dicembre 2023, in un’udienza su come Twitter collaborasse con l’FBI per censurare utenti e condividere dati con il governo.

 

L’11 novembre, presso la Corte Distrettuale USA per il Distretto Settentrionale della California, è stata depositata una class action contro Google. La vertenza accusa l’azienda di aver violato l’Invasion of Privacy Act della California attivando in segreto Gemini AI per analizzare messaggi di Gmail, Google Chat e Google Meet nell’ottobre 2025, senza notifica o consenso esplicito degli utenti.

 

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Meta avrebbe chiuso un occhio sul traffico sessuale: ulteriori documenti del tribunale

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Ulteriori documenti giudiziari appena desecretati rivelano che Meta, la casa madre di Facebook, avrebbe tollerato per anni la presenza di account coinvolti nel traffico sessuale di minori, applicando una politica incredibilmente permissiva che permetteva fino a 17 violazioni prima di sospendere un profilo.   L’accusa emerge da una maxi-causa intentata in California da oltre 1.800 querelanti – tra cui distretti scolastici, minori, genitori e procuratori generali di vari Stati – che imputano ai colossi dei social (Meta, YouTube, TikTok e Snapchat) di aver perseguito «una crescita a ogni costo», ignorando deliberatamente i danni fisici e psicologici inflitti ai bambini dalle loro piattaforme.   L’ex responsabile della sicurezza di Instagram, Vaishnavi Jayakumar, ha testimoniato sotto giuramento di essere rimasta sconcertata nello scoprire la regola interna dei «17 avvertimenti»: un account poteva violare fino a 16 volte le norme su prostituzione e adescamento sessuale prima di essere sospeso alla diciassettesima infrazione. «È una soglia altissima, fuori da ogni standard di settore», ha dichiarato.

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I documenti dimostrano che Meta era pienamente consapevole di milioni di contatti tra adulti sconosciuti e minori, dell’aggravamento dei problemi mentali negli adolescenti e della presenza diffusa (ma raramente rimossa) di contenuti su suicidio, disturbi alimentari e abusi sessuali su minori.   Solo dopo le denunce Meta ha annunciato a USA Today di aver abbandonato la politica dei 17 avvertimenti, passando a una regola di «una sola segnalazione» con rimozione immediata degli account coinvolti nello sfruttamento umano.   L’azienda è sotto pressione crescente negli Stati Uniti: all’inizio dell’anno, dopo le rivelazioni sui chatbot AI di Meta che intrattenevano conversazioni sessuali con minori, sono state introdotte nuove restrizioni per gli account adolescenti, consentendo ai genitori di bloccare le interazioni con i bot.   A livello globale la situazione è altrettanto critica: la Russia ha bollato Meta come «organizzazione estremista» nel 2022; nell’UE l’azienda affronta una raffica di procedimenti, tra cui una multa antitrust da 797 milioni di euro per Facebook Marketplace e numerose cause per violazione di copyright, protezione dati e pubblicità mirata in Spagna, Francia, Germania e Norvegia.   Come riportato da Renovatio 21, negli anni si sono accumulate varie accuse e rivelazioni su Facebook, tra cui accuse di uso della piattaforma da parte del traffico sessuale, fatte sui giornali ma anche nelle audizioni della Camera USA.

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Due anni fa durante un’audizione al Senato americano era stato denunciato da senatori e testimoni come i social media ignorano le reti pedofile che operano sulle loro piattaforme.   Secondo il Wall Street Journal, che già in passato aveva trattato l’argomento, Meta avrebbe un problema con i suoi algoritmi che consentono ai molestatori di bambini sulle sue piattaforme. La cosa stupefacente è il fatto che ai pedofili potrebbe essere stato concesso di connettersi sui social, mentre agli utenti conservatori no,   Le accuse sono finite in una storia udienza a Washington di Mark Zuckerberg, che è stato indotto dal senatore USA Josh Holloway a chiedere scusa di persona alle famiglie di bambini danneggiati dal social. Lo Stato del Nuovo Messico ha fatto causa a Meta allo Zuckerberg per aver facilitato il traffico sessuale minorile.   L’ultima tornata di documenti del tribunale aveva mostrato anche che Meta avrebbe insabbiato le ricerche sulla salute mentale degli utenti Facebook.

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Meta ha insabbiato la ricerca sulla salute mentale di Facebook: documenti in tribunale

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Documenti giudiziari recentemente declassificati rivelano che Meta, la casa madre di Facebook, ha occultato i risultati di uno studio interno sugli effetti dannosi per la salute mentale derivanti dall’uso della piattaforma social.

 

Le comunicazioni interne dell’azienda sono state rese pubbliche venerdì nell’ambito di una causa di lunga data e di alto profilo promossa da vari distretti scolastici USA contro diverse società di social media. L’accusa principale è che le loro piattaforme abbiano provocato dipendenza e danni psicologici tra minori e adolescenti.

 

In un’indagine del 2020, nota come «Project Mercury», Meta ha invitato un campione di utenti a sospendere l’uso di Facebook per una settimana, confrontandoli con un gruppo di controllo che ha proseguito normalmente. I risultati, a sorpresa dell’azienda, hanno indicato che i partecipanti disattivati hanno segnalato «minori livelli di depressione, ansia, solitudine e confronto sociale».

 

Invece di approfondire o divulgare i dati, Meta ha interrotto lo studio, attribuendo i feedback dei partecipanti all’«influenza della narrazione mediatica negativa» sull’azienda.

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Nonostante le evidenze interne sul legame causale tra Facebook e i danni psicologici, «Meta ha mentito al Congresso su ciò che sapeva», accusano i documenti.

 

Negli ultimi mesi, il gigante dei social è al centro di un’attenzione crescente negli USA. A ottobre, Meta ha introdotto nuove protezioni per gli «account adolescenti», permettendo ai genitori di bloccare le interazioni con i chatbot AI dell’azienda, dopo rivelazioni su conversazioni romantiche o sensuali con minori.

 

L’azienda affronta inoltre le pressioni della Federal Trade Commission, che la accusa di monopolio sui social network.

 

La scorsa settimana, tuttavia, un tribunale distrettuale di Washington ha dato ragione a Meta nella vertenza antitrust, stabilendo che la FTC non ha provato l’esistenza attuale di un monopolio, «indipendentemente dal fatto che Meta abbia goduto o meno di un potere monopolistico in passato».

 

Come riportato da Renovatio 21, in passato era stata segnalato che un numero crescente di prove scientifiche suggerisce che potrebbe esserci un legame tra l’uso dei social media e la depressione. Uno studio del 2022 parlava invece di «stato dissociativo» indotto dai social.

 

Nonostante negli USA vi siano state udienze in Senato sui pericoli dei social – dalla presenza di predatori pedofili alle questioni legate all’anoressia al traffico di esseri umani – in Italia nessun politico sembra voler intraprendere una discussione sulla questione: temono probabilmente che l’algoritmo, che certo contribuisce alla somma dei voti che li fa eleggere e rieleggere, potrebbe punirli.

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