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Mancata vaccinazione o fallimento vaccinale: che cosa sta provocando le epidemie?

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Renovatio 21 pubblica la traduzione di questo articolo di Children’s Health Defense

 

 

Alla fine di febbraio, in una testimonianza sul morbillo per la Commissione  per l’Energia e il Commercio della Camera, il dottor Anthony Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie Infettive (NIAID), ha ammesso con una risata che lui e la maggior parte dei membri della Commissione seduti davanti a lui avevano sperimentato senza problemi il morbillo da bambini e si erano completamente ripresi.

 

Questi leader nazionali hanno ottenuto molti benefici prendendo il morbillo durante l’infanzia (acquisendo immunità permanente e protezione contro le malattie cardiovascolari, tra gli altri benefici), ma ciò non ha impedito loro di alimentare il panico del pubblico sul morbillo o di spingere per ulteriori obblighi vaccinali.

 

Questa settimana il Senato ha proseguito con un’udienza simile.  Il Comitato per la Salute, l’Educazione, il Lavoro e le Pensioni (HELP) ha detto che lo scopo dell’audizione era quello di studiare «che cosa sta provocando i focolai di malattie prevenibili», ma piuttosto che affrontare questa domanda in modo completo e corretto, l’evento ha proposto una serie di relatori scelti, che sono tutti promotori di una politica vaccinale  «senza se e senza ma».

Molti studi illustrano entrambi i tipi di fallimento vaccinale [primario e secondario] e la possibilità che gli individui vaccinati possano trasmettere la malattia ad altri.

 

Le audizioni del Congresso sulla sicurezza dei vaccini all’inizio degli anni 2000 sono state più equilibrate, consentendo almeno la diffusione di più punti di vista (anche se non hanno avuto seguito). Perché i legislatori attuali mostrano così poca curiosità e ignorano le prove a lungo pubblicate che le malattie infettive «si manifestano regolarmente in comunità altamente vaccinate»?

 

Logicamente le manifestazioni di malattia in gruppi vaccinati dovrebbero suscitare seri interrogativi sul fallimento del vaccino, piuttosto che una condanna ostile della piccolissima percentuale di famiglie che, per motivi medici, religiosi o filosofici non rispettano al cento per cento il programma di vaccinazione infantile dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) (che attualmente prevede quasi sei dozzine di dosi di sedici vaccini entro 18 anni e continua ad aumentare).

 

Nella loro ossessione per il capro espiatorio e il controllo degli individui non vaccinati, il CDC, la Food and Drug Administration (FDA) e lo stesso NIAID di Fauci mostrano una pericolosa indifferenza rispetto agli effetti indesiderati della vaccinazione.

 

Aumento della suscettibilità… grazie alla vaccinazione

I vaccini dovrebbero «sfruttare la capacità del sistema immunitario di “memorizzare” gli incontri con microbi precedentemente sconosciuti». Come descritto negli studi pubblicati, tuttavia, questo obiettivo spesso fallisce o addirittura è controproducente. Nel fallimento «primario»del vaccino (che si stima colpisca almeno dal 2% al 10% degli individui sani), un individuo vaccinato non produce mai anticorpi significativi dopo la vaccinazione iniziale (o di richiamo); in caso di fallimento vaccinale “secondario”, la protezione svanisce “dopo una iniziale efficacia”.

 

Molti studi illustrano entrambi i tipi di fallimento vaccinale e la possibilità che gli individui vaccinati possano trasmettere la malattia ad altri. In un focolaio di morbillo del 2017 tra individui vaccinati verificatosi in Israele, come riferito dal CDC, tutti i pazienti, tranne uno, avevano prove di laboratorio di una «precedente risposta immunitaria» (fallimento vaccinale secondario) e il paziente che non ha mostrato tali prove ha comunque riferito di aver ricevuto due dosi di vaccino (fallimento primario del vaccino). Inoltre, il paziente che ha dato inizio alla catena di trasmissione aveva ricevuto tre dosi di vaccino contenente morbillo.

Altri studi recenti evidenziano una diffusione ancora più preoccupante del fallimento del vaccino, che è diventato più evidente ad ogni successiva generazione vaccinata: la vaccinazione a lungo andare sta aumentando il numero di individui suscettibili nella popolazione.

 

In un’epidemia di morbillo del 2011 a New York City, «tutti i casi avevano precedenti prove di immunità al morbillo» e un individuo vaccinato due volte, la cui «presentazione clinica» era uguale a quella del morbillo naturale, ha dimostrato di aver trasmesso il morbillo ad altri.

 

Altri studi recenti evidenziano una diffusione ancora più preoccupante del fallimento del vaccino, che è diventato più evidente ad ogni successiva generazione vaccinata: la vaccinazione a lungo andare sta aumentando il numero di individui suscettibili nella popolazione. Nel 2017 ricercatori coreani hanno avvertito che la suscettibilità al morbillo sta aumentando in quel paese perché:

  1. «Gli anticorpi specifici del morbillo diminuiscono in assenza di una stimolazione da parte del virus di tipo selvaggio».
  2. «Il numero di potenziali individui sensibili al morbillo si accumula progressivamente».
  3. «L’immunità indotta dal vaccino è meno efficace dell’immunità acquisita naturalmente».

 

Altri ricercatori, che osservano gli stessi fenomeni, si stanno mettendo le mani nei capelli. Per esempio, ricercatori australiani hanno notato l’anno scorso che «i paesi con un costante controllo del morbillo ora hanno dimostrato che gli anticorpi specifici del morbillo diminuiscono con il tempo dopo la vaccinazione» e hanno concluso impotenti che le implicazioni sono «poco chiare».

 

Altri vaccini notoriamente inefficaci

Questi fenomeni non si applicano solo alla vaccinazione contro il morbillo, ma anche a molti altri tipi di vaccini. Come descritto in precedenza da Children’s Health Defense, i vaccini antinfluenzali, notoriamente inefficaci, sono ancora meno efficaci in individui che ogni anno diligentemente si vaccinano. Questo perché la vaccinazione ripetuta «attenua» la protezione, aumentando al tempo stesso la suscettibilità ad altri ceppi di influenza. Le vaccinazioni antinfluenzali hanno anche dimostrato di rendere le persone più suscettibili ad altri gravi virus respiratori.

 

I problemi di fallimento del vaccino sono ben documentati anche per quanto riguarda la vaccinazione anti pertosse. Infatti, il Giornale della Società di Malattie Infettive Pediatriche ha da poco pubblicato un articolo che delinea i «difetti» della vaccinazione anti-pertosse e le loro gravi conseguenze. L’autore, un ricercatore di alto livello dell’UCLA che ha fatto carriera studiando vaccini contro la pertosse, descrive:

 

– L’insorgenza regolare di «grandi epidemie di pertosse» nelle popolazioni vaccinate;

– Un vaccino che è noto per essere inefficace e per avere una «durata di protezione più breve»; e

– Bambini vaccinati che saranno «più suscettibili alla pertosse nel corso della loro vita».

 

Senza una soluzione a questo inconveniente creato dal vaccino, sostiene l’esperto dell’UCLA, «non c’è un modo semplice per diminuire questa maggiore suscettibilità nel corso della vita».

 

I funzionari della scuola hanno sottolineato che l’epidemia non può essere attribuita agli studenti non vaccinati.

 

Le osservazioni del ricercatore della UCLA non sono neanche notizie «nuove». Nel 2012 dei ricercatori hanno scritto su The New England Journal of Medicine riguardo un’epidemia di pertosse in bambini vaccinati in Oregon.

 

Un funzionario della sanità pubblica di quello stato ha commentato: «Il vaccino [anti pertosse] non eradicherà la pertosse. Non è abbastanza efficace per debellare la malattia e questa circolerà a tempo indeterminato». A ulteriore dimostrazione di queste osservazioni, The Hill, il LA Times e altre agenzie di stampa hanno recentemente riferito di un’epidemia di pertosse verificatasi nel 2019 in una scuola privata elitaria con 1.600 studenti a Los Angeles (praticamente nel cortile della UCLA).

 

Nonostante un «tasso di vaccinazione davvero elevato», 30 studenti (quasi il 2%), tutti vaccinati, hanno sviluppato la pertosse, dimostrando ancora una volta che «le persone che hanno ricevuto il vaccino possono comunque ammalarsi».

 

Nel frattempo, nessuno dei pochi studenti non vaccinati della scuola (18 studenti con esenzioni mediche) ha contratto la pertosse. I funzionari della scuola hanno sottolineato che l’epidemia non può essere attribuita agli studenti non vaccinati.

 

Un rappresentante del CDC ha sostenuto lo stesso argomento durante un’epidemia di pertosse del 2012 nello stato di Washington. Descrivendo la pertosse come «un batterio che è ciclico in natura», il portavoce del CDC ha affermato che le epidemie di pertosse «di tanto in tanto» semplicemente si verificano e «probabilmente non sono il risultato dell’aumento del numero di genitori che scelgono di non vaccinare i propri figli».

 

Ironia della sorte, pur riconoscendo che «anche le persone che sono vaccinate possono essere suscettibili alla malattia», il funzionario è poi ricaduto nel vecchio mantra del CDC: «vaccinatevi».

Nelle cause legali contro Merck relative al vaccino MMR, ex scienziati dell’azienda  affermano che Merck «ha ingannato fraudolentemente il governo e ha omesso, nascosto e falsificato informazioni rilevanti riguardanti l’efficacia del suo vaccino anti-parotite in violazione del FCA [False Claims Act]».

 

I fallimenti dei nostri legislatori

Il tema del fallimento vaccinale non è nuovo, essendo stato discusso fin dai primi giorni della vaccinazione contro il vaiolo, e le descrizioni moderne di fallimento vaccinale continuano a moltiplicarsi.

 

Vi sono anche prove crescenti del fatto che i produttori di vaccini hanno fatto dichiarazioni false circa l’efficacia dei loro prodotti. Nelle cause legali contro Merck relative al vaccino MMR, ex scienziati dell’azienda affermano che Merck «ha ingannato fraudolentemente il governo e ha omesso, nascosto e falsificato informazioni rilevanti riguardanti l’efficacia del suo vaccino anti-parotite in violazione del FCA [False Claims Act]».

 

Secondo un rapporto di Huffpost, le attività fraudolente «di vasta portata» dell’azienda sono state concepite per aiutare Merck a monopolizzare il mercato del vaccino contro la parotite, anche se Merck «si aspettava epidemie» come risultato del suo scadente vaccino. Merck è stata anche accusata di frode e negligenza in relazione ad altri vaccini.

 

Un recente articolo su U.S. News afferma che il desiderio di molte famiglie di scegliere se vaccinare deriva dalla «diffidenza accumulata nei confronti della medicina organizzata, dei regolatori federali e delle aziende farmaceutiche». Anche se U.S. News non lo dice, questa «sfiducia maturata» è ben meritata!

 

Piuttosto che prendersi gioco di persone che, per una varietà di motivi ben fondati, non vaccinano o, peggio, costringerli a iniettare ai loro figli vaccini che non solo sono inefficaci ma anche dannosi, i nostri legislatori dovrebbero indagare sulle potenti entità che stanno cercando di nascondere il fatto che i vaccini sono incapaci di mantenere ciò che promettono.

 

 

© 6 marzo 2019, Children’s Health Defense, Inc. Questo lavoro è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

 

 

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Vaccini

Vaccini antinfluenzali collegati a un elevato rischio di ictus negli anziani: studio della FDA

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Alcune persone che hanno ricevuto un vaccino contro il COVID-19 erano a maggior rischio di ictus, ma un’analisi ha rilevato che il rischio era collegato alla vaccinazione antinfluenzale, hanno affermato i ricercatori della Food and Drug Administration (FDA) statunitense in un nuovo studio. Lo riporta la testata statunitense Epoch Times.

 

I ricercatori, analizzando i dati del programma sanitario pubblico americano Medicare, hanno rilevato un elevato rischio di ictus tra gli anziani a seguito della somministrazione di un vaccino bivalente contro il COVID-19 e disponibile dall’autunno del 2022 all’autunno del 2023.

 

Gli studiosi avrebbero scoperto che «c’era un rischio elevato di ictus non emorragico o attacco ischemico transitorio nelle persone di età pari o superiore a 85 anni dopo la vaccinazione bivalente Pfizer e nelle persone di età compresa tra 65 e 74 anni dopo la vaccinazione Moderna» scrive Epoch Times. I ricercatori hanno quindi esaminato quali persone hanno ricevuto un vaccino antinfluenzale contemporaneamente a un vaccino COVID-19 e avrebbero visto che il rischio elevato persisteva solo tra le persone che avevano ricevuto i vaccini contemporaneamente.

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I vaccini antinfluenzali ad alte dosi sono destinati principalmente agli anziani, mentre i vaccini antinfluenzali adiuvati sono un altro tipo di vaccino antinfluenzale.

 

«Il significato clinico del rischio di ictus dopo la vaccinazione deve essere attentamente considerato insieme ai benefici significativi derivanti dalla vaccinazione antinfluenzale», hanno affermato i ricercatori, aggiungendo in seguito che «sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio l’associazione tra vaccinazione antinfluenzale ad alte dosi o adiuvata e ictus».

 

Lo studio è stato pubblicato dal Journal of American Medical Association. In precedenza era stato archiviato come preprint.

 

Le limitazioni includono l’esclusione dei casi affetti da COVID-19 nei 30 giorni precedenti l’ictus nonché la limitazione dello studio alle persone vaccinate. Il metodo utilizzato dai ricercatori, una serie di casi autocontrollati, ha utilizzato le persone vaccinate sia come gruppo primario che come gruppo di controllo.

 

I ricercatori hanno considerato gli ictus verificatisi entro 42 giorni dalla vaccinazione come possibilmente collegati alla vaccinazione, mentre gli ictus verificatisi tra 43 e 90 giorni dopo la vaccinazione come non correlati alla vaccinazione.

 

Il documento includeva casi di ictus tra il 31 agosto 2022 e gennaio o febbraio 2023, a seconda del tipo di ictus. Dopo le esclusioni, sono stati inclusi 11.001 casi di ictus.

 

Gli unici conflitti di interesse elencati dai ricercatori riguardavano il fatto che alcuni di loro lavoravano per Acumen. Il documento è stato finanziato dalla FDA attraverso un accordo di cui Acumen è l’appaltatore. «La FDA ha avuto un ruolo nella progettazione e nella conduzione dello studio; interpretazione dei dati; preparazione, revisione o approvazione del manoscritto; e decisione di sottoporre il manoscritto per la pubblicazione. La FDA non ha avuto alcun ruolo nella raccolta, gestione o analisi dei dati», secondo lo studio.

 

Il possibile rischio di ictus per il vaccino bivalente della Pfizer e per gli anziani è stato segnalato per la prima volta all’inizio del 2023, scrive ET. La FDA e i Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) hanno affermato che all’epoca era apparso un segnale di sicurezza in un sistema di monitoraggio del governo. Il CDC ha successivamente affermato che i dati del sistema suggerivano che il rischio elevato derivava dalla somministrazione di un vaccino antinfluenzale con un vaccino anti-COVID-19.

 

Ricercatori francesi hanno affermato di aver esaminato se la somministrazione di un vaccino bivalente fosse collegata a un tasso più elevato di ictus e di altri eventi cardiovascolari rispetto alle vecchie versioni del vaccino e hanno scoperto che la somministrazione del primo era in realtà collegata a un tasso inferiore, riporta sempre Epoch Times.

 

«A 21 giorni dalla dose di richiamo, non abbiamo trovato prove di un aumento del rischio di eventi cardiovascolari tra i soggetti che hanno ricevuto il vaccino bivalente rispetto a quelli che hanno ricevuto il vaccino monovalente», hanno affermato in una lettera pubblicata dal New England Journal of Medicine.

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La dottoressa Kathryn Edwards e Marie Griffin della Vanderbilt University, che non erano coinvolte negli studi della FDA o in quelli francesi, hanno affermato in un editoriale pubblicato da JAMA questa settimana che i risultati della ricerca sono rassicuranti ma che il monitoraggio continuo dei vaccini antinfluenzali tra gli anziani «fornirebbe dati aggiuntivi sull’influenza rischio di ictus».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2023 è emerso che, secondo dati, vi sarebbe stato un numero di morti 45 volte superiore dopo le iniezioni COVID in soli 2 anni rispetto a tutti i decessi correlati al vaccino antinfluenzale dal 1990.

 

Il CEO di Moderna Stéphane Bancel un anno fa aveva ammesso pubblicamente che di fatto il vaccino mRNA COVID sarebbe diventato come l’antinfluenzale, con le persone «vulnerabili» che lo faranno ciclicamente.

 

La Casa Bianca di Biden due anni fa era arrivata a fare la grottesca raccomandazione teologico-vacccinale per cui «Dio ci ha dato due braccia: una per il vaccino antinfluenzale, una per il vaccino COVID».

 

In preparazione, da anni, c’è un vaccino «antinfluenzale universale».

 

La correlazione tra vaccinazione contro l’influenza e mortalità da COVID-19 è stata oggetto di speculazioni già nel 2020, con uno studio del Pentagono USA che asseriva che il vaccino antinfluenzale aumentava il rischio del coronavirus del 36%.

 

Riguardo al vecchio vaccino antinfluenzale vi è stato in questi anni qualche dubbio, qualche storia agghiacciantequalche lotto ritirato, qualche morte sospetta, tuttavia ovviamente con «nessuna correlazione».

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Vaccini

Imprinting immunitario per i vaccinati e risposte insolite ai booster mRNA: studio

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Le persone che hanno assunto almeno tre dosi della versione originale del vaccino mRNA COVID-19 hanno avuto un forte imprinting immunitario, ha scoperto uno studio dell’Università di Washington. Lo riporta Epoch Times.   Di conseguenza, quando vaccinati con i più recenti richiami dell’mRNA di COVID-19 XBB.1.5, i riceventi hanno prodotto pochi o nessun anticorpo specifico per la variante XBB.1.5.   L’imprinting immunitario si verifica quando precedenti infezioni o vaccinazioni lasciano una memoria immunitaria così forte che il corpo continua a produrre cellule immunitarie e anticorpi mirati alla precedente esperienza immunitaria, anche se esposto a una nuova variante o vaccino.   L’imprinting immunitario «potrebbe essere un problema se la persona non fosse in grado di innescare una risposta immunitaria utile contro una nuova variante», ha detto alla testata statunitense il dottor Stanley Perlman, immunologo e microbiologo dell’Università dell’Iowa. Non è stato coinvolto nello studio.   Anche se ciò non si è verificato in questo studio, la maggior parte degli anticorpi prodotti dopo la vaccinazione avevano come bersaglio la variante originale del COVID-19 e non XBB.1.5.

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«L’imprinting non è un concetto nuovo, ma la situazione che stiamo osservando sembra essere piuttosto unica», ha affermato David Veesler, che ha un dottorato in biologia strutturale, è professore e presidente del Dipartimento di Biochimica dell’Università di Washington e ricercatore con l’Howard Hughes Medical Institute, in un comunicato stampa.   L’imprinting immunitario è un fenomeno ben noto che può verificarsi con altre infezioni e virus. Nuove infezioni influenzali distinte dalle varianti precedenti possono superare l’imprinting derivante dalle vaccinazioni e dalle infezioni antinfluenzali.   Tuttavia, nello studio UW, l’imprinting immunitario persisteva anche tra i soggetti infettati dalle nuove varianti di omicron.   «È completamente diverso da ciò che sappiamo del virus dell’influenza», ha affermato Veesler.   «L’imprinting immunitario persiste dopo esposizioni multiple ai picchi di Omicron attraverso la vaccinazione e l’infezione, inclusa la vaccinazione di richiamo post XBB.1.5, che dovrà essere presa in considerazione per guidare la futura vaccinazione», scrivono gli autori dello studio.   Allo studio hanno partecipato più di 20 persone con una storia di tre o più vaccini mRNA della variante Wuhan. La maggior parte era stata infettata da infezioni da COVID-19 pre e post-omicron.   Oltre ai vaccini originali a mRNA, la maggior parte dei partecipanti ha assunto il richiamo bivalente o il richiamo XBB.1.5. Al momento dello studio, tutti i partecipanti avevano effettuato da quattro a sette iniezioni.   Gli autori hanno scoperto che la maggior parte degli anticorpi prodotti dopo l’inoculazione dell’mRNA XBB.1.5 erano i migliori nel neutralizzare la variante originale di Wuhan COVID-19.

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Gli anticorpi avevano la seconda maggiore potenza neutralizzante contro la variante BA.2.86 omicron. Gli anticorpi erano il terzo più potente contro XBB.1.5 nelle persone che avevano assunto il vaccino XBB.1.5.   Questi anticorpi erano cross-reattivi, nel senso che potevano anche legarsi ad altre varianti, comprese le varianti XBB.1.5. Tuttavia, erano presenti pochi o nessun anticorpo specifico per XBB.1.5.   Alcune persone hanno prodotto nuove cellule immunitarie che hanno riconosciuto solo XBB.1.5. Tuttavia, dei 12 partecipanti valutati, solo cinque avevano cellule immunitarie che riconoscevano XBB.1.5 ma non la variante Wuhan.   «La maggior parte degli anticorpi richiamati dai richiami vaccinali aggiornati sono cross-reattivi e aiutano a bloccare nuove varianti, il che è positivo. Tuttavia, potremmo fare un lavoro ancora migliore? La risposta è molto probabilmente sì», ha affermato Vessler.   Una possibile spiegazione è che il vaccino mRNA crea un effetto di imprinting immunitario più robusto rispetto ai vaccini precedentemente noti. Gli autori hanno citato un altro studio che ha scoperto che l’inoculazione con virus COVID-19 uccisi ha prodotto un effetto di imprinting ridotto negli esseri umani.   «I vaccini inattivati ​​inducono una risposta immunitaria più debole, quindi ci sono meno possibilità che la risposta sia influenzata» verso una variante, ha detto il dottor Perlman.   «I vaccini mRNA potrebbero essere stati così efficaci e suscitato risposte immunitarie così forti che l’imprinting potrebbe essere più forte di quello che siamo abituati a vedere con i vaccini per altri virus come quello dell’influenza», ha affermato Veesler.   L’imprinting immunologico, conosciuto anche come «peccato originale antigenico» (e noto anche come effetto Hoskins), si riferisce alla tendenza del sistema immunitario umano a fare affidamento sulla memoria immunologica anziché generare nuovi anticorpi in risposta a una seconda esposizione al patogeno, anche se questo presenta caratteristiche diverse rispetto a quello originario.

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Questo fenomeno costringe il sistema immunitario a utilizzare la stessa risposta immunitaria contro lo stesso antigene, impedendogli di sviluppare nuove risposte contro il patogeno (come virus o batteri) che nel frattempo può aver subito mutazioni. Il peccato originale antigenico è stato osservato in virus come l’influenza, la dengue, l’HIV e molti altri.   Questo principio fu per la prima volta formulato nel 1960 dal virologo ed epidemiologo Thomas Francis (1900-1969) nel suo articolo «On the Doctrine of Original Antigenic Sin» («Sulla dottrina del peccato originale antigenico»), e prese il nome per analogia con il concetto teologico del peccato originale.   «Nella vita, durante la prima infezione dal virus dell’influenza di tipo A, il bambino produrrà anticorpi diretti principalmente contro l’antigene dominante del patogeno» sosteneva, secondo Richard Krause, lo studioso che guidò lo sviluppo del vaccino polio con il suo studente Jonas Salk. «L’impronta del primo ceppo di virus nel sistema immunitario condizionerà le future risposte immunitarie. Questo è quello che intendiamo come “peccato originale antigenico”».   Detto anche primary addiction, il concetto sottolinea la propensione del sistema immunitario a utilizzare preferenzialmente la memoria immunologica basata su una precedente infezione quando viene incontrata una seconda versione leggermente diversa di quell’agente patogeno estraneo (ad esempio un virus o un batterio). Ciò lascia il sistema immunitario «intrappolato» dalla prima risposta che ha dato a ciascun antigene e incapace di innescare risposte potenzialmente più efficaci durante le infezioni successive. Gli anticorpi o le cellule T indotti durante le infezioni con la prima variante dell’agente patogeno sono soggetti al congelamento del repertorio, una forma di peccato antigenico originale.   Già in passato La relativa inefficacia del richiamo bivalente contro la variante SARS-CoV-2 Omicron nei pazienti che avevano precedentemente ricevuto vaccini COVID-19 è stata attribuita all’imprinting immunologico in un articolo («Vaccini bivalenti contro il Covid-19: un avvertimento») pubblicato nel febbraio 2023 dal prestigioso New England Journal of Medecine a firma dell’ultravaccinista Paul Offit.

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Salute

Vaccini COVID e trasfusioni, studio giapponese chiede la sospensione a causa dei problemi di contaminazione delle banche del sangue

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Secondo un recente studio giapponese, ricevere trasfusioni di sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 potrebbe rappresentare un rischio medico per i riceventi non vaccinati poiché numerosi eventi avversi vengono segnalati tra le persone vaccinate in tutto il mondo. Lo riporta la testata americana Epoch Times.

 

La revisione dello studio preprint, pubblicata il 15 marzo, ha esaminato se ricevere sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 è sicuro o rappresenta un rischio per la salute. Molte nazioni hanno riferito che l’uso del vaccino mRNA ha provocato «trombosi post-vaccinazione e conseguenti danni cardiovascolari, nonché un’ampia varietà di malattie che coinvolgono tutti gli organi e sistemi, compreso il sistema nervoso».

 

Le vaccinazioni ripetute possono rendere le persone più vulnerabili al COVID-19, ha affermato. Se il sangue contiene proteine ​​​​spike, diventa necessario rimuovere queste proteine ​​prima della somministrazione e non esiste attualmente una tecnologia del genere disponibile, hanno scritto gli autori.

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Contrariamente alle aspettative precedenti, è stato scoperto che i geni e le proteine ​​dei vaccini genici persistono nel sangue dei soggetti vaccinati per «periodi di tempo prolungati». Inoltre, «una serie di eventi avversi derivanti dai vaccini genetici vengono ora segnalati in tutto il mondo». Ciò include una vasta gamma di malattie legate al sangue e ai vasi sanguigni.

 

Alcuni studi hanno riportato che la proteina «spike» nei vaccini mRNA è neurotossica e in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, afferma la revisione. «Pertanto, non vi è più alcun dubbio che la proteina spike utilizzata come antigene nei vaccini genetici sia essa stessa tossica».

 

Inoltre, le persone che hanno effettuato più iniezioni di vaccini a mRNA possono avere diverse esposizioni allo stesso antigene in un breve lasso di tempo, il che può portare a «imprimere una risposta immunitaria preferenziale a quell’antigene».

 

Ciò ha portato i destinatari del vaccino COVID-19 a diventare «più suscettibili a contrarre il COVID-19».

 

Date tali preoccupazioni, i professionisti medici dovrebbero essere consapevoli dei «vari rischi associati alle trasfusioni di sangue utilizzando prodotti sanguigni derivati ​​da persone che hanno sofferto di COVID a lungo termine e da destinatari di vaccini genetici, compresi coloro che hanno ricevuto vaccini a mRNA».

 

L’impatto di tali vaccini genetici sugli emoderivati ​​così come i danni effettivi da essi causati sono attualmente sconosciuti, hanno scritto gli autori.

 

«Al fine di evitare questi rischi e prevenire un’ulteriore espansione della contaminazione del sangue e una complicazione della situazione, chiediamo con forza che la campagna di vaccinazione con vaccini genetici venga sospesa e che venga effettuata una valutazione del rapporto rischio-beneficio il prima possibile».

 

La vaccinazione ripetuta di vaccini genetici può anche finire per causare «alterazioni nella funzione immunitaria» tra i riceventi. Ciò aumenta il rischio di malattie gravi dovute a infezioni opportunistiche o virus patogeni, che non sarebbero state un problema se il sistema immunitario fosse normale, afferma la revisione.

 

«Pertanto, nell’ottica del tradizionale contenimento delle malattie infettive, è necessaria maggiore cautela nel prelievo di sangue da soggetti vaccinati genetici e nella successiva manipolazione degli emoderivati, così come durante i trapianti di organi solidi e anche negli interventi chirurgici, al fine di evitare il rischio di infezioni accidentali trasmesse per via ematica», ha affermato.

 

La revisione è stata finanziata dai membri della Società giapponese per le complicanze legate ai vaccini e dalla Volunteer Medical Association. Gli autori non hanno dichiarato alcun conflitto di interessi.

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La revisione ha sottolineato che lo stato di vaccinazione genetica dei donatori di sangue non viene raccolto dalle organizzazioni, anche se l’uso di tale sangue può comportare rischi per i pazienti. Pertanto, gli autori hanno raccomandato che, quando i prodotti sanguigni derivano da tali persone, «è necessario confermare la presenza o l’assenza di proteine ​​​​spike o mRNA modificato come in altri test per agenti patogeni».

 

«Se si scopre che il sangue contiene la proteina Spike o un gene modificato derivato dal vaccino genetico, è essenziale rimuoverli», afferma. «Tuttavia, al momento non esiste un modo affidabile per farlo».

 

Poiché «non esiste un modo per rimuovere in modo affidabile la proteina patogena o l’mRNA, suggeriamo che tutti questi prodotti sanguigni vengano scartati fino a quando non verrà trovata una soluzione definitiva».

 

Gli autori hanno sottolineato che casi di encefalite tra le persone che hanno ricevuto sangue da soggetti vaccinati contro la dengue sono stati segnalati solo l’anno scorso. Ciò suggerisce che l’attuale sistema di tracciamento e gestione dei prodotti sanguigni «non è adeguato».

 

Poiché i vaccini genetici sono stati implementati su scala globale per una popolazione massiccia, «si prevede che la situazione sarà già complicata» rispetto ai precedenti disastri farmaceutici.

 

Pertanto, esiste un «urgente bisogno» di leggi e trattati internazionali relativi alla gestione dei prodotti sanguigni, hanno scritto gli autori.

 

La questione delle trasfusioni di sangue da soggetti vaccinati contro il COVID-19 è stata molto controversa. Nel 2022, un tribunale della Nuova Zelanda si è pronunciato contro i genitori di un figlio neonato malato dopo aver rifiutato le trasfusioni di sangue di persone vaccinate. I genitori avevano chiesto al sistema sanitario di consentire la trasfusione di sangue da soggetti non vaccinati, con donatori già disposti a contribuire. Nella sua sentenza, il tribunale ha privato i genitori della custodia medica del figlio.

 

In Canada i medici hanno segnalato anche l’andamento della resistenza delle persone alle trasfusioni di sangue dei vaccinati. Parlando alla CBC nel 2022, il dottor Dave Sidhu, responsabile medico dell’Alberta meridionale per la medicina trasfusionale e dei trapianti, ha affermato che i genitori di bambini malati richiedevano sangue non vaccinato.

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«Lo vediamo circa una o due volte al mese, in questa fase. E la preoccupazione ovviamente è che queste richieste possano aumentare», disse allora.

 

Nello Stato americano del Wyoming, la deputata repubblicana Sarah Penn ha sponsorizzato un disegno di legge che impone che il sangue donato da persone che hanno effettuato iniezioni di COVID-19 venga etichettato. Ciò consentirà ai riceventi che non desiderano accettare tale sangue di rifiutarlo.

 

In un’intervista con il Cowboy State Daily, la Penn ha dichiarato che «per vari motivi, molte persone hanno intenzionalmente cercato di tenere le terapie a base di mRNA fuori dai loro corpi, fino al punto che alcuni hanno perso i loro mezzi di sussistenza (…) Le loro preoccupazioni sono giustificate».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi mesi dopo la vicenda canadese si ebbe il caso del piccolo Alex un bambino americano morto dopo che l’ospedale aveva rifiutato una trasfusione di sangue non vaccinato.

 

Trasfusioni e patria potestà furono al centro di un drammatico caso anche in Italia, con pronunciamento dei giudici.

 

Il tema delle scorte di sangue, e della possibilità di scegliere il proprio donatore, non è ancora affrontato dalla Sanità e dalla politica, tuttavia è un punto nodale nel quale si esprime la frattura sociale e biologica creatasi con le vaccinazioni COVID.

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