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Geopolitica

Macron: la Francia riconoscerà la Palestina

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Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che il suo paese riconoscerà la Palestina come Stato, nel perseguimento di quello che ha definito un «impegno storico per una pace giusta e duratura» nella regione.

 

In una dichiarazione a sorpresa rilasciata giovedì su X, Macron ha affermato che avrebbe fatto un annuncio formale in tal senso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre a New York.

 

«Oggi la necessità urgente è porre fine alla guerra a Gaza e salvare la popolazione civile», ha aggiunto.

 

Mentre la maggior parte dei paesi del mondo riconosce la Palestina come nazione, gli Stati Uniti e molti dei suoi stretti alleati non lo fanno. Con la decisione del presidente Macron, la Francia diventerebbe il primo grande Paese del G7 – composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Germania, Giappone e Italia – a riconoscere ufficialmente uno Stato palestinese.

 

La mossa arriva mentre l’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump cerca di porre fine alle ostilità tra Israele e Hamas. Giovedì mattina, l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha dichiarato che Washington aveva deciso di richiamare la sua squadra negoziale per consultazioni «dopo l’ultima risposta di Hamas», che «mostra chiaramente una mancanza di volontà di raggiungere un cessate il fuoco a Gaza».

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L’accordo in discussione prevede una tregua di 60 giorni durante la quale Hamas rilascerà gradualmente dieci ostaggi ancora in vita e i resti di altri 18, in cambio dei prigionieri palestinesi detenuti da Israele. Aumenteranno le forniture di aiuti umanitari ed entrambe le parti avvieranno negoziati per un cessate il fuoco duraturo.

 

I colloqui si sono arenati a causa di richieste contrastanti su come porre fine alla guerra. Hamas insiste sul fatto che rilascerà tutti gli ostaggi solo in cambio del ritiro completo israeliano e della cessazione delle ostilità. D’altra parte, Israele si rifiuta di accettare la fine della sua campagna finché Hamas non abbandonerà il potere e non procederà al disarmo, una condizione che il gruppo militante rifiuta.

 

Gli Stati Uniti e Israele hanno duramente criticato il presidente francese Emmanuel Macron in seguito al suo annuncio dell’intenzione della Francia di riconoscere lo Stato di Palestina.

 

«Questa decisione sconsiderata non fa che alimentare la propaganda di Hamas e ostacola la pace», ha dichiarato il Segretario di Stato americano Marco Rubio. «È uno schiaffo in faccia alle vittime del 7 ottobre 2023», ha aggiunto, riferendosi alla data in cui i militanti di Hamas, con base a Gaza, hanno condotto un attacco mortale nel sud di Israele.

 

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha criticato la decisione di Macron, definendola un atto che «premia il terrore e rischia di creare un altro rappresentante dell’Iran, proprio come è successo a Gaza».

 

I colloqui di pace mediati dal Qatar sono falliti di nuovo questa settimana, dopo che gli Stati Uniti e Israele se ne sono ritirati, accusando Hamas di non agire in buona fede.

 

Le principali agenzie di stampa occidentali hanno avvertito che i loro giornalisti a Gaza rischiano la fame. BBC News, Agence France-Presse (AFP), Associated Press e Reuters hanno chiesto a Israele di consentire alla stampa straniera di accedere all’enclave.

 

Il ministro israeliano per il Patrimonio, di estrema destra, Amichai Eliyahu, ha affermato che il governo non dovrebbe intervenire poiché gli abitanti dell’enclave rischiano la fame. “Tutta Gaza sarà ebrea”, ha dichiarato ai media locali.

 

Lo Stato Ebraico ha negato le accuse di ostacolo agli aiuti umanitari e ha attribuito i problemi di distribuzione ai «saccheggi» di Hamas e a quella che ha descritto come inazione delle Nazioni Unite.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel contesto del conflitto in corso, diversi Paesi hanno riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina, tra cui Spagna, Norvegia, Irlanda e Messico.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Geopolitica

«Momento Francesco Ferdinando»: alti funzionari di Brusselle temono lo scoppio della guerra in Europa

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L’Unione Europea è sempre più preoccupata che le tensioni con la Russia possano degenerare in un conflitto su larga scala, in uno scenario che alcuni funzionari paragonano in privato alla reazione a catena seguita all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, che scatenò la Prima Guerra Mondiale. Lo riporta il sito Politico.   Oggi i leader dell’UE si riuniranno a Copenaghen per discutere strategie di contenimento della Russia, in risposta a una serie di incidenti con droni in Europa.   Secondo Politico, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sta spingendo per una discussione «senza precedenti» sulla postura militare dell’UE, andando oltre le competenze tradizionali del blocco e includendo progetti come un «muro di droni» per neutralizzare droni considerati ostili.   L’agenzia di stampa riferisce che i partecipanti al summit concorderanno sul fatto che la Russia rappresenta una «minaccia» per l’UE e sosterranno l’accordo, convinti che «non fare nulla renderebbe più probabile una guerra totale».

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Tuttavia, diplomatici anonimi hanno rivelato a Politico che le possibili azioni per scoraggiare la Russia sono «pieni di rischi», con alcuni funzionari che avvertono privatamente di un possibile «momento Francesco Ferdinando», ovvero un’escalation improvvisa che potrebbe trascinare il continente in un conflitto. Il termine richiama l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo nel 1914, che innescò una rapida sequenza di alleanze e ultimatum, portando alla Prima Guerra Mondiale.   I vertici militari dell’UE ritengono che il blocco sia già coinvolto in una «forma di guerra a bassa intensità con la Russia», sottolineando che storicamente le guerre sono state finanziate con debito pubblico. Tuttavia, Politico nota che convincere tutti i membri dell’UE, alcuni già alle prese con difficoltà economiche, ad aumentare il bilancio per la difesa potrebbe essere molto complesso.   L’allerta è cresciuta dopo un recente episodio in cui Varsavia ha denunciato la violazione dello spazio aereo polacco da parte di droni russi durante attacchi contro l’Ucraina, alimentando un dibattito nella NATO sull’eventualità di abbattere velivoli intrusi. Mosca ha smentito le accuse, sostenendo che Varsavia non ha fornito prove, e ha definito «irresponsabili» le discussioni sull’abbattimento di aerei russi.   Mosca ha ripetutamente dichiarato che «la Russia non ha alcuna intenzione» di attaccare la NATO, esprimendo però preoccupazione per il fatto che i funzionari occidentali «stiano iniziando a parlare seriamente di una Terza Guerra Mondiale come possibile scenario».   Come riportato da Renovatio 21, il politologo russo Dmitrij Trenin ha scritto in un saggio ampiamente circolato in Russia che la Terza Guerra Mondiale è già iniziata e che l’opzione atomica è sul tavolo. Due anni fa un altro politologo russo, Fedor Lukjanov, aveva dichiarato che il conflitto mondiale era già iniziato. Stesso pensiero espresso a settembre 2023 al Forum di sicurezza di Kiev dal capo del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina Oleksyj Danilov.   In questi anni moniti in questo senso sono venuti anche da figure apicali del Cremlino come Sergej Lavrov e Dmitrij Medvedev.

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Il premier magiaro Vittorio Orban ha più volte significato che la situazione Ucraina, e l’entrata di Kiev nella NATO, significherebbe la Terza Guerra Mondiale. Medesimi pensieri sono giunti dal candidato presidente romeno Georgescu e dal premier slovacco Robert Fico.   Alla fine del 2024 il generale tedesco in pensione Harald Kujat ha parlato di una «catastrofe centrale del XXI secolo» dicendo che mai l’umanità è stata così prossima alla Terza Guerra. Analisi sulla pericolosità del momento presente erano state condivise anche dal cardinale Gerardo Mueller.   In un discorso pre-elettorale dello scorso anni, Donald Trump aveva invocato la necessità di salvare gli USA da un conflitto globale, destinazione delle politiche dell’amministrazione Biden. Tre anni fa Trump aveva accusato direttamente i neocon e il Deep State dicendo che «la Terza Guerra Mondiale non è mai stata così vicina».

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Geopolitica

Mosca: l’invito di Putin a Trump è ancora valido

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Il presidente russo Vladimir Putin è ancora disponibile a ospitare il presidente statunitense Donald Trump a Mosca, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. Trump ha condotto un’intensa attività diplomatica con Mosca sul conflitto ucraino, ma recentemente ha adottato una retorica più dura.

 

Da gennaio, quando ha assunto la presidenza, la Casa Bianca ha avviato diversi round di negoziati con funzionari russi, culminati in un incontro con Putin in Alaska a metà agosto. Durante il vertice, Putin ha invitato Trump nella capitale russa, e entrambi hanno descritto l’incontro positivamente: Putin lo ha definito «franco» e «sostanziale», mentre Trump lo ha giudicato «produttivo».

 

«L’invito rimane valido», ha dichiarato Peskov domenica all’agenzia di stampa statale russa TASS, rispondendo a una domanda su eventuali cambiamenti nella posizione di Mosca. «Putin è pronto e sarebbe felice di incontrare il presidente Trump. La decisione spetta a Trump».

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Per mesi, Washington ha sostenuto che Kiev dovesse cedere su alcune rivendicazioni territoriali per favorire un accordo di pace mediato dagli Stati Uniti. Tuttavia, questa settimana Trump ha cambiato posizione, affermando che l’Ucraina potrebbe sconfiggere la Russia e definendo Mosca una «tigre di carta».

 

Peskov aveva già replicato alle parole di Trump, sottolineando che la Russia è tradizionalmente vista come un orso e che «non esiste un orso di carta». Ha inoltre smentito le affermazioni di Trump sull’economia russa, sostenendo che si è adattata al conflitto e alle sanzioni occidentali senza precedenti, pur affrontando alcune «difficoltà».

 

Tuttavia, Peskov ha ribadito che Putin «apprezza molto» gli sforzi di mediazione di Trump, descrivendo il loro rapporto come «cordiale».

 

All’inizio di questa settimana, parlando dalla Casa Bianca, Trump ha dichiarato che non userà più l’espressione «tigre di carta» per descrivere la Russia e che non intende utilizzarla contro «nessuno».

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Geopolitica

Putin: la Russia è fiera della riunificazione con il Donbass

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Mosca prova orgoglio per l’annessione di quattro ex regioni ucraine alla Russia, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.   Le repubbliche del Donbass, Donetsk e Lugansk, insieme alle regioni di Kherson e Zaporozhye, hanno scelto di separarsi dall’Ucraina e unirsi alla Russia tramite referendum tenuti nel settembre 2022.   In un discorso video trasmesso martedì dal Cremlino, Putin ha definito il territorio «terra ancestrale russa», la cui popolazione «ha scelto in modo indipendente e libero di unirsi alla Russia».   «Abbiamo fatto ciò che dovevamo fare e ne siamo orgogliosi. Abbiamo offerto sostegno ai nostri fratelli e sorelle nel compiere una scelta ferma e responsabile», ha detto Putin.   Il presidente della Federazione inoltre sottolineato che la Russia sta «difendendo i suoi interessi nazionali fondamentali, la memoria e i valori condivisi, la lingua, le tradizioni, la cultura e la fede russe, nonché il sacro diritto di onorare le gesta dei suoi antenati».   Le regioni a prevalenza russofona di Donetsk e Lugansk hanno proclamato l’indipendenza dopo il colpo di stato di Kiev del 2014, appoggiato dall’Occidente. Nello stesso anno, la Crimea ha votato per unirsi alla Russia. Da allora, l’Ucraina ha introdotto diverse leggi che limitano l’uso della lingua russa nei luoghi di lavoro, nell’istruzione e nei media, conducendo una campagna per cancellare i legami storici con l’Impero russo e l’Unione Sovietica.   L’Ucraina e la maggior parte dei paesi non riconoscono i nuovi confini della Russia, mentre le forze ucraine continuano a occupare parti di queste regioni.

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