Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

L’Unione Europea messa in ginocchio dagli Straussiani

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

Un gruppuscolo di statunitensi, sviluppatosi attorno al pensiero del filosofo Leo Strauss, ora controlla la segreteria alla Difesa e la segreteria di Stato. Dopo aver organizzato moltissime guerre successive a quelle della Jugoslavia, hanno architettato la guerra in Ucraina. Gli Straussiani manipolano l’Unione Europea e s’apprestano a privarla delle fonti di energia. Se la classe dirigente europea non apre gli occhi, l’alleanza con Washington porterà all’affondamento dell’economia dell’Unione. È illusorio credere che le nazioni europee saranno risparmiate in quanto Paesi sviluppati. Gli Straussiani scrissero già nel 1992 che non avrebbero esitato a distruggere la Germania e l’UE.

 

 

 

Dal 1949 il filosofo tedesco ebreo Leo Strauss insegnò all’università di Chicago. Molto presto radunò attorno a sé un piccolo gruppo di accoliti ebrei, scelti fra i suoi allievi, cui riservò un insegnamento orale molto diverso da quello esposto nelle opere scritte.

 

Secondo Strauss, le democrazie erano state incapaci di proteggere gli ebrei dalla soluzione nazista. Per evitare il ripetersi del dramma e che la mannaia si abbattesse nuovamente sugli ebrei, i discepoli dovevano tenere il coltello dalla parte del manico: Strauss li consigliò di costruire la propria dittatura.

 

Leo Strauss chiamò i suoi discepoli opliti (i soldati di Sparta) e li istruì perché andassero a disturbare le lezioni di alcuni suoi colleghi.

 

Molti membri di questa setta hanno svolto elevatissimi incarichi negli Stati Uniti e in Israele. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, il funzionamento e l’ideologia di questo gruppuscolo sono stati oggetto di molte polemiche. I partigiani e gli avversari del filosofo si sono scontrati in un’infinità di pubblicazioni. Tuttavia i fatti sono incontrovertibili. (1)

 

Autori antisemiti hanno mescolato, a torto, straussiani, comunità ebraiche della diaspora e Stato d’Israele. Ebbene, l’ideologia di Leo Strauss non fu mai discussa nel mondo ebraico prima dell’11 Settembre. Dal punto di vista sociologico è un fenomeno settario, nient’affatto rappresentativo della cultura ebraica. Tuttavia, nel 2003, alla presenza di altri dirigenti israeliani, i sionisti revisionisti di Benjamin Netanyahu conclusero un patto con gli Straussiani statunitensi (2). L’alleanza non fu mai resa pubblica.

 

Una caratteristica di questo gruppuscolo è che è pronto a tutto. Per esempio, volevano far tornare l’Iraq all’età della pietra. Ed è quanto hanno effettivamente fatto. Secondo loro qualsiasi sacrificio è accettabile, anche da parte di loro stessi, pur di continuare a essere i primi; non i migliori, ma i primi! (3)

 

Nel 1992 un consigliere del segretario alla Difesa, lo straussiano Paul Wolfowitz, redasse il Defense Planning Guidance, il primo documento ufficiale Usa ispirato al pensiero di Leo Strauss. (4)

 

Wolfowitz fu iniziato al pensiero di Strauss dal filosofo statunitense Allan Bloom (amico del francese Raymond Aron) e conobbe Strauss solo al termine dell’insegnamento a Chicago. Ciononostante, l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Jeane Kirkpatrick, ha individuato in Wolfowitz «una delle grandi figure straussiane». (5)

 

Nel contesto del crollo dell’Unione Sovietica, Wolfowitz ha elaborato una strategia per mantenere l’egemonia degli Stati Uniti sul resto del mondo.

 

Il Defense Planning Guidance avrebbe dovuto rimanere riservato, ma il New York Times ne rivelò le linee principali e ne pubblicò alcuni stralci (6). Tre giorni dopo il Washington Post ne rivelò altri dettagli (7). Il testo originale non fu mai pubblicato, ne circolò una versione rivista dal segretario alla Difesa (e futuro vicepresidente) Dick Cheney.

 

Si sa che il documento originale si fonda su una serie di riunioni cui parteciparono gli straussiani Andrew Marshall, teorico del Pentagono che fu sostituito tre anni dopo la sua morte da Arthur Cebrowski, poi Albert Wohlstetter, l’ideatore della strategia della dissuasione atomica, nonché suo genero Richard Perle, futuro direttore del Defence Policy Board.

 

Il Defense Planning Guidance fu redatto da un allievo di Wohlstetter, Zalmay Khalilzad, futuro ambasciatore all’ONU.

 

Il documento parla di un nuovo «ordine mondiale […] alla fine retto dagli Stati Uniti», ove la superpotenza avrebbe stretto soltanto alleanze contingenti, a seconda dei conflitti. L’ONU, e persino la NATO, avrebbero dovuto essere progressivamente messi da parte.

 

In senso più ampio, la dottrina Wolfowitz teorizza la necessità per gli Stati Uniti di bloccare l’emergere di ogni potenziale minaccia alla propria egemonia, segnatamente di «nazioni avanzate», come Germania e Giappone.

 

In particolare viene presa di mira l’Unione Europea: «benché gli Stati Uniti sostengano il progetto d’integrazione europea, dobbiamo vigilare per prevenire l’emergere di un sistema di sicurezza esclusivamente europeo, che minerebbe la NTO, in particolare la sua struttura di comando integrato».

 

Di conseguenza, gli europei saranno invitati a inserire nel Trattato di Maastricht una clausola che subordina la loro politica di difesa a quella della NATO, mentre il rapporto del Pentagono raccomanderà l’integrazione nell’Unione Europea di nuovi Stati dell’Europa centrale e orientale, cui al tempo stesso verrà accordato il vantaggio di un’intesa militare con gli Stati Uniti che li protegga da eventuale attacco russo. (8)

 

 

Il documento è pazientemente messo in atto da trent’anni.

Il Trattato di Maastricht, titolo V, articolo J4, paragrafo 4 stabilisce: «La politica dell’Unione ai sensi del presente articolo non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti per alcuni Stati membri dal trattato dell’Atlantico del Nord ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in questo ambito».

 

Queste disposizioni sono state riprese da diversi testi, anche dall’art. 42 del Trattato sull’Unione Europea.

 

Gli Stati membri dell’ex Patto di Varsavia hanno aderito quasi tutti all’Unione Europea. La loro decisione è stata una scelta imposta da Washington e annunciata dal segretario di Stato James Baker poco prima della riunione del Consiglio europeo che l’ha avallata.

 

Nel Duemila Paul Wolfowitz fu, con Zbigniew Brzezinski, il principale oratore di un vasto convegno ucraino-statunitense a Washington, organizzato dai nazionalisti integralisti ucraini rifugiati negli USA.

 

Wolfowitz s’impegnò a sostenere l’Ucraina indipendente, a provocare l’entrata in guerra della Russia contro Kiev e infine a finanziare la distruzione del rivale degli Stati Uniti che stava rifiorendo. (9)

 

Gli impegni sono stati messi in atto con l’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022, adottato il 28 aprile 2022 (10): l’Ucraina è dispensata da ogni procedura di controllo degli armamenti, in particolare dalla certificazione della destinazione finale; costosissime armi sono concesse in prestito-noleggio dagli USA all’UE per difendere l’Ucraina. Quando la guerra sarà finita gli europei dovranno pagare quanto consumato. E il conto sarà salato.

 

Benché le élite europee abbiano finora tratto beneficio dall’alleanza con gli Stati Uniti, non devono meravigliarsi se, come vuole il Defense Planning Guidance, oggi Washington tenta di distruggerle.

 

Già dopo gli attentati dell’11 Settembre hanno potuto constatare ciò di cui gli Usa sono capaci: Paul Wolfowitz impedì ai Paesi che avevano espresso riserve sulla guerra contro l’Iraq, come Germania e Francia, di concludere contratti per la ricostruzione del Paese. (11)

 

Nella congiuntura attuale l’aumento dei prezzi delle fonti di energia, cui se n’è aggiunta la penuria, minacciano non solo il riscaldamento e il trasporto dei cittadini, ma soprattutto la sopravvivenza delle industrie. Se il fenomeno si protrarrà sarà l’insieme dell’economia europea a crollare bruscamente, facendo retrocedere la popolazione di almeno un secolo.

 

È un fenomeno difficile da analizzare dal momento che i prezzi e la disponibilità delle fonti di energia dipendono da numerosi fattori.

 

Innanzitutto i prezzi derivano dalla domanda e dall’offerta. Sono dunque risaliti con la ripresa dell’economia globale dopo la fine della pandemia di COVID-19.

 

Secondariamente le fonti di energia sono l’obiettivo principale degli speculatori, ancor più delle monete. Il prezzo mondiale del petrolio può aumentare di 2,5 volte per effetto solo della speculazione.

 

Questi sono fenomeni ricorrenti e conosciuti. Ma le sanzioni contro la Russia, rea di aver voluto applicare l’Accordo di Minsk II, di cui si era fatta garante di fronte al Consiglio di Sicurezza, hanno mandato in frantumi il mercato mondiale.

 

Ora il prezzo globale non esiste più, i prezzi si differenziano a seconda dei Paesi dei venditori e degli acquirenti. I prezzi dell’energia sono tuttora quotati in borsa a Wall Street e alla City, ma non hanno alcun rapporto con i prezzi praticati a Beijing o a Nuova Delhi.

 

Ma, soprattutto, petrolio e gas, prima abbondanti nell’Unione Europea, ora qui cominciano a scarseggiare, pur continuando a sovrabbondare a livello globale.

 

Tutti i nostri punti di riferimento sono stravolti. I nostri strumenti statistici, concepiti per il mercato globale, si rivelano inutili. Possiamo solo formulare ipotesi, ma non abbiamo strumenti per verificarle. Questo permette a tanti “esperti” di raccontare con aria dotta un sacco di idiozie; di fatto tutti si sbizzarriscono in pronostici.

 

Uno dei nuovi fattori è il riflusso dei dollari che servivano per gli scambi, nonché per la speculazione, e che non sono più utilizzabili in determinati Paesi. Questa moneta, soprattutto virtuale, esce dalla Russia e dai Paesi suoi alleati per andare o tornare in Paesi dove ha ancora corso. Un fenomeno gigantesco che la Riserva federale e le forze armate USA hanno sempre voluto evitare, ma che gli straussiani dell’amministrazione Biden (il segretario di Stato Antony Blinken e la vice Victoria Nuland) hanno deliberatamente provocato.

 

Convinti, a torto, che la Russia ha invaso l’Ucraina e intende annetterla, gli europei si sono auto-vietati di commerciare con Mosca. Continuano a usare gas russo, ma sono persuasi che Gazprom chiuderà il rubinetto.

 

Per esempio, la stampa europea ha annunciato che la compagnia russa avrebbe chiuso il gasdotto Nord Stream, sebbene la società avesse solo avvertito di un’interruzione di tre giorni per ragioni tecniche. Normalmente le forniture dei gasdotti vengono interrotte due giorni ogni due mesi per manutenzione. In questo caso, il blocco occidentale, che impediva la restituzione delle turbine inviate in Canada per la riparazione, ha creato intralci a Gazprom. Poco importa, la popolazione europea ha capito che i cattivi russi avrebbero chiuso il gas alla vigilia dell’inverno.

 

La propaganda europea mira a preparare l’opinione pubblica alla chiusura definitiva del gasdotto, addossandone la responsabilità alla Russia.

 

In questa vicenda gli europei non fanno che applicare le direttive degli straussiani: sabotano la propria industria a danno dei cittadini. Già alcune imprese energivore hanno ridotto la produzione, se non addirittura chiuso.

 

Il processo di decadenza dell’Unione Europea sarà inarrestabile fintanto che qualcuno oserà opporvisi.

 

Con grande sorpresa generale, il 3 settembre si è svolta a Praga una manifestazione a favore della Russia. La polizia ha ammesso la partecipazione di 70 mila persone, su 10 milioni di abitanti; probabilmente i manifestanti erano più numerosi. I commentatori politici li hanno denigrati definendoli «utili idioti di Putin». Sono insulti che mascherano malamente il disagio delle élite europee.

 

Gli esperti di energia considerano inevitabili interruzioni di corrente in tutta l’Unione. Solo l’Ungheria, che ha ottenuto alcune dispense, potrebbe sfuggire alle regole del mercato unico dell’energia. I Paesi in grado di produrre elettricità la dovranno condividere con i Paesi incapaci di produrla, non importa se per iattura o imprevidenza.

 

Bruxelles dovrebbe cominciare da un abbassamento di tensione elettrica, poi decretare interruzioni notturne, infine diurne. I privati avranno difficoltà nell’uso degli ascensori, per il riscaldamento invernale, per cucinare, se utilizzano fornelli elettrici; inoltre, chi utilizza treni, autobus o vetture elettriche avrà difficoltà negli spostamenti.

 

Le imprese energivore, come gli altiforni, dovrebbero chiudere. Alcune infrastrutture dovrebbero diventare impraticabili: per esempio i tunnel oltre una certa lunghezza, che non potranno più essere aerati. Ma, soprattutto, gli impianti elettronici, concepiti per funzionare ininterrottamente, non sopporteranno ripetute interruzioni.

 

Sarà il caso, per esempio, delle reti di telefonia mobile, che dopo tre mesi di simile trattamento saranno inservibili.

 

Nei Paesi del Terzo Mondo, ove l’elettricità scarseggia, si utilizzano led a batteria per illuminazione e UPS [gruppi di continuità] per alimentare macchine che consumano poco, come computer o televisori. Ma sono strumenti non commercializzati nell’Unione.

 

Il PIL dell’Unione è già diminuito di quasi l’1%. La recessione continuerà, come pianificato dagli straussiani, o i cittadini dell’Unione si opporranno come ha cominciato a fare parte del popolo ceco?

 

Gli straussiani andranno fino in fondo. Hanno approfittato della decadenza statunitense per arrogarsi il Potere, quello vero. Giacché un tossicodipendente, mai eletto, può utilizzare aerei ufficiali a gogò per fare affari ovunque nel mondo (12), gli straussiani si sono installati con discrezione all’ombra del presidente Biden e governano in sua vece.

 

I dirigenti europei dal canto loro o sono ciechi o troppo coinvolti per fermarsi, per riconoscere trent’anni di errori e invertire la rotta.

 

Cosa va ricordato:

Gli straussiani sono una setta di fanatici pronta a tutto pur di mantenere la supremazia degli Stati Uniti sul mondo.

 

Hanno pianificato le guerre che funestano il mondo da trent’anni e l’attuale in Ucraina.

 

Hanno persuaso l’Unione Europea che Mosca voleva annettersi l’Ucraina, poi tutta l’Europa centrale, convincendo Bruxelles a bloccare ogni transazione commerciale con la Russia.

 

La crisi energetica, solo agli inizi, spinge l’Unione Europea verso interruzioni di elettricità e di corrente che provocheranno devastazioni sul tenore di vita dei cittadini e sull’economia.

 

 

Thierry Meyssan

 

 

NOTE

1) Gli specialisti interpretano il pensiero politico di Leo Strauss in modo molto contraddittorio. Per quanto mi riguarda, non m’interesso alla posizione del filosofo sui pensatori classici, ma a quello che professano coloro che, a torto o a ragione, fanno riferimento al suo pensiero e che si trovano al Pentagono, nonché adesso anche al dipartimento di Stato. Political Ideas of Leo Strauss, Shadia B. Drury, Palgrave Macmillan (1988.); Leo Strauss and the Politics of American Empire, Anne Norton, Yale University Press (2005); The Truth About Leo Strauss: Political Philosophy and American Democracy, Catherine H. Zuckert & Michael P. Zuckert, University of Chicago Press (2008); Leo Strauss and the conservative movement in America : a critical appraisal, Paul Edward Gottfried, Cambridge University Press (2011); Crisis of the Strauss Divided: Essays on Leo Strauss and Straussianism, East and West, Harry V. Jaffa, Rowman & Littlefield (2012); Leo Strauss and Anglo-American Democracy: A Conservative Critique, Grant Havers, Cornell University Press (2013); Leo Strauss and the Invasion of Iraq: Encountering the Abyss, Aggie Hirst, Routledge (2013); Leo Strauss, The Straussians, and the Study of the American Regime, Kenneth L. Deutsch, Rowman & Littlefield (2013); Straussophobia : Defending Leo Strauss and Straussians Against Shadia Drury and Other Accusers, Peter Minowitz, Lexington Books (2016); Leo Strauss in Northeast Asia, Jun-Hyeok Kwak & Sungwoo Park, Routledge (2019).

3) Per una breve storia degli straussiani si veda: «È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

4)Il rapporto del 1976 dell’«Équipe B», che accusava l’URSS di voler dominare il mondo, non era un’esposizione della dottrina, ma un’argomentazione propagandistica per giustificarla.

5) Intervista a James Mann, citata in Rise of the Vulcans: The History of Bush’s War Cabinet, James Mann, Viking (2004).

6) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler, New York Times, 8 marzo, 1992. Il quotidiano ne pubblica anche ampi stralci a pag. 14: «Excerpts from Pentagon’s Plan: “Prevent the Re-Emergence of a New Rival”».

7)«Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo, 1992.

8) «Paul Wolfowitz, l’âme du Pentagone», di Paul Labarique, Réseau Voltaire, 4 ottobre 2004.

9) Cfr.: “Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

11) «Instructions et conclusions sur les marchés de reconstruction et d’aide en Irak», di Paul Wolfowitz, Réseau Voltaire, 10 dicembre 2003.

12)  «La decadenza dell’impero statunitense», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 6 settembre 2022.

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Continua a leggere

Geopolitica

Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

Pubblicato

il

Da

Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il presidente statunitense Donald Trump, come confermato dal portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.

 

Circa 40 minuti prima della conferma russa, Trump aveva annunciato sulla sua piattaforma Truth Social di essere impegnato in una chiamata «in corso» e «prolungata» con Putin.

 

Il colloquio tra i due leader si è tenuto in un contesto di crescenti tensioni tra Mosca e Washington, a seguito della proposta di Trump di fornire all’Ucraina missili Tomahawk a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo, in vista del suo incontro programmato con Volodymyr Zelens’kyj per venerdì.

 

Mosca ha criticato duramente questa possibile decisione, avvertendo che annullerebbe la fiducia diplomatica costruita tra Russia e Stati Uniti senza alterare la situazione sul campo.

 

Fornire tali armi a Kiev spingerebbe Mosca ad adottare contromisure necessarie, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Peskov.

 

La telefonata rappresenta il primo contatto tra Putin e Trump dal loro incontro di persona ad Anchorage, in Alaska, a metà agosto. Mosca ha riferito che, dopo il vertice, le comunicazioni con Washington si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, i funzionari russi hanno sottolineato che il processo avviato in Alaska «non è terminato» e che lo «spirito di Anchorage» rimane «vivo».

Iscriviti al canale Telegram

Trump ha dichiarato che il colloquio con Putin potrebbe condurre a un accordo di pace per il conflitto ucraino. Le tensioni tra Stati Uniti e Russia si sono intensificate a causa delle possibili forniture di missili Tomahawk all’Ucraina, e i negoziati di pace sono rimasti in stallo. Trump ha descritto la conversazione, durata due ore e mezza, come «molto produttiva», suggerendo che un accordo di pace potrebbe essere imminente.

 

«Ho trovato che fosse una chiamata eccellente, molto produttiva… Pensiamo di poter fermare [il conflitto]», ha detto. «Questa potrebbe essere una chiamata così fruttuosa che alla fine… vogliamo raggiungere la pace».

 

In precedenza, Trump aveva scritto su Truth Social che durante la telefonata erano stati compiuti «grandi progressi» e aveva annunciato che lui e Putin avevano concordato di organizzare un vertice bilaterale a Budapest, in Ungheria.

 

Il presidente USA ha riferito ai giornalisti che l’incontro si terrà probabilmente entro due settimane, dopo i colloqui tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov, oltre all’incontro di Trump con il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Washington, previsto per venerdì. L’ultimo vertice Putin-Trump, svoltosi ad Anchorage, in Alaska, ad agosto, non aveva prodotto risultati concreti, ma giovedì Trump ha dichiarato di aver «posto le basi» per un processo di pace più ampio.

 

Riguardo alle possibili consegne di missili Tomahawk a Kiev, Trump non ha né confermato né smentito i piani, sottolineando però che, pur disponendo di «molti» missili, gli Stati Uniti ne hanno bisogno per la propria sicurezza e «non possono esaurire» il loro arsenale.

 

Secondo Yury Ushakov, consigliere di Putin per la politica estera, durante la telefonata il presidente russo ha avvertito Trump che l’invio di Tomahawk a Kiev non cambierebbe l’andamento del conflitto, ma potrebbe «compromettere gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggiare le relazioni tra Russia e Stati Uniti.

 

Ushakov ha sottolineato che Putin ha riaffermato l’impegno di Mosca per una «risoluzione politico-diplomatica pacifica», descrivendo la discussione come «molto concreta ed estremamente franca», aggiungendo che i preparativi per il prossimo vertice Putin-Trump inizieranno immediatamente, con Budapest in fase di valutazione come sede.

 

Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha poi scritto su X di aver discusso con Trump, confermando che i preparativi sono già in corso.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

Continua a leggere

Geopolitica

Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

Pubblicato

il

Da

L’Ungheria e la Russia hanno avviato discussioni sui preparativi per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto a Budapest, ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto.   In un post su Facebook pubblicato venerdì, Szijjarto ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con Yury Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, confermando che «i preparativi sono in pieno svolgimento».   Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato di aver parlato al telefono con Putin venerdì. Szijjártó ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si incontreranno più tardi nella stessa giornata.   Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria è pronta a garantire la sicurezza dei colloqui tra Russia e Stati Uniti, che si concentreranno sul conflitto ucraino, e che Budapest accoglierà Putin con rispetto, assicurandogli libertà di movimento da e per il Paese.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Giovedì Orban aveva annunciato che Budapest è pronta a ospitare l’incontro tra i due presidenti, definendolo «una grande notizia per i popoli amanti della pace nel mondo» e descrivendo l’Ungheria come «un’isola di pace».   L’incontro tra Trump e Putin è stato annunciato per la prima volta dal presidente statunitense giovedì, dopo una telefonata tra i due leader, la prima in quasi due mesi, durata oltre due ore secondo il Cremlino e la Casa Bianca. Trump ha definito la conversazione «molto produttiva», sottolineando che «sono stati compiuti grandi progressi».   Anche il Cremlino ha confermato il vertice programmato, con Ushakov che ha dichiarato che i preparativi sarebbero iniziati «senza indugio». Ha precisato che Budapest era stata proposta come sede dell’incontro da Trump e che Putin aveva subito appoggiato l’idea.   L’ultimo incontro tra Putin e Trump si era tenuto a metà agosto in Alaska, incentrato sul conflitto in Ucraina e sul rilancio delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. È stato il loro primo faccia a faccia dal 2019. Entrambi i leader avevano definito il vertice produttivo, pur senza registrare progressi significativi.   Sebbene i contatti tra Mosca e Washington siano successivamente diminuiti, Lavrov ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il processo avviato in Alaska «non è concluso» e che le due nazioni hanno ancora «molto da fare».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 
Continua a leggere

Geopolitica

Record di matrimoni con le ucraine in Polonia

Pubblicato

il

Da

Secondo uno studio recente riportato da diversi media, nel 2024 la Polonia ha registrato un numero record di matrimoni tra cittadini polacchi e immigrate ucraine.

 

Una ricerca dell’Università di Łódź, basata sui dati dell’Ufficio centrale di statistica (GUS), ha rilevato che lo scorso anno si sono celebrati 2.556 matrimoni tra polacchi e ucraini, con un incremento del 22% rispetto al 2022 e quasi il triplo rispetto a dieci anni fa.

 

Questo aumento ha generato malcontento in alcune fasce della società polacca. Uno studio dell’Università di Varsavia, citato da Onet.pl, ha mostrato che quasi la metà delle giovani donne polacche ha un’opinione negativa sulle rifugiate ucraine, con un’avversione più marcata tra le donne di età compresa tra i 20 e i 29 anni.

 

Il risentimento verso gli ucraini è stato alimentato anche da accuse secondo cui questi ultimi approfitterebbero dei sussidi familiari, avrebbero un accesso privilegiato ai servizi pubblici e contribuirebbero all’aumento della criminalità, ha scritto il quotidiano francese Le Monde il mese scorso.

 

La Polonia è una delle principali destinazioni per i rifugiati ucraini dall’inizio dell’escalation del conflitto tra Kiev e Mosca nel febbraio 2022. Attualmente, oltre 1,5 milioni di cittadini ucraini, prevalentemente donne, risiedono nel Paese, con circa un milione di persone che beneficiano dello status di protezione temporanea, secondo il rapporto. La legge polacca consente a chi ha la protezione temporanea e sposa un cittadino polacco di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo come familiare.

Sostieni Renovatio 21

Gli uomini polacchi sono molto più propensi a sposare donne ucraine – con 2.021 matrimoni – rispetto alle donne polacche che sposano uomini ucraini, che hanno rappresentato 535 unioni. Tuttavia, Onet ha evidenziato che i matrimoni con ucraini costituiscono solo circa il 2% del totale nazionale.

 

Il mese scorso, il presidente polacco Karol Nawrocki ha firmato una legge che inasprisce le condizioni per i rifugiati ucraini che ricevono sussidi statali. Pur garantendo agli ucraini la possibilità di rimanere in Polonia almeno fino a marzo 2026, la normativa lega l’accesso ai sussidi alla dimostrazione di un’occupazione per almeno un genitore e all’iscrizione scolastica dei figli.

 

Il Nawrocki ha inoltre sottoposto al parlamento due ulteriori proposte di legge sui rifugiati: una che rende più severe le regole per ottenere la cittadinanza e un’altra che criminalizza la promozione di movimenti nazionalisti ucraini estremisti.

 

Come riportato da Renovatio 21, nelle polemiche tra Varsavia e Kiev si inserisce anche la storia della Seconda Guerra Mondiale, con i polacchi che vogliono siano riconosciute le violenze genocide dei collaborazionisti hitleriani ucraini, che sono epperò ora gli eroi del regime di Kiev.

 

Varsavia si era opposta ancora negli anni 2000 al montante sdoganamento delle forze dei nazionalisti integralisti ucraini: in particolare vi fu la protesta quando l’allora premier ucraino Viktor Yushenko celebrò pubblicamente nel 2010 Stepan Bandera, leader dei collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Varsavia all’epoca si era espressa contro la glorificazione degli ucronazisti assieme alla comunità ebraica internazionale, che ora invece non proferisce parola, a partire dall’ambasciatore israeliano a Kiev.

 

La Polonia ha a più riprese annunciato il suo rifiuto a mandare truppe in Ucraina – almeno ufficialmente.

 

Due anni fa la lite sul grano tra i due Paesi, tracimata nel discorso di Zelens’kyj all’Assemblea Generale ONU, portò a frizioni tra i due Paesi era «titanicamente danneggiato».

 

Con il cambio di governo è tornata l’aria filo-ucrainista a Varsavia, arrivando nelle scorse ore a vedere la Polonia chiedere alla Germania di lasciar perdere le indagini sulla distruzione del gasdotto Nord Stream e a negare l’estradizione di un sospettato – un atto che ha fatto sbottare il ministro degli Esteri ungheresi Pietro Szijjarto, che ha accusato il presidente polacco Tusk di «difendere i terroristi».

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Più popolari