Nucleare
L’UE ha bisogno delle proprie armi nucleari: parla Joschka Fischer

L’Unione Europea ha bisogno di dotarsi di un proprio arsenale nucleare per scoraggiare meglio la Russia, ha sostenuto l’ex ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer. Il funzionario ora in pensione ha anche avvertito che il blocco dovrebbe essere in grado di farsi valere se le sue relazioni con gli Stati Uniti si raffreddassero.
Il mese scorso, il presidente ceco Petr Pavel ha affermato che la NATO considera Mosca la minaccia più grande, con il blocco militare guidato dagli Stati Uniti che si prepara ad un grave conflitto. Alti funzionari russi, compreso il presidente Vladimir Putin, hanno, a loro volta, ripetutamente sottolineato di considerare l’espansione della NATO verso est come una violazione della sicurezza del Paese.
Joschka Fischer ha insistito in un’intervista a Die Zeit, pubblicata la scorsa domenica, che «dobbiamo ripristinare la nostra capacità di deterrenza» alla luce delle azioni della Russia in Ucraina. Ha anche affermato che l’Europa non può permettersi di lasciare che Mosca prevalga in Ucraina, dato che l’attuale conflitto è di «importanza cruciale» per il futuro del continente.
Fischer, ministro degli Esteri e vicecancelliere dal 1998 al 2005, ha svolto un ruolo chiave anche nella fondazione del Partito Verde tedesco. Nel 1999, quando era il massimo diplomatico di Berlino e leader del partito dei Verdi, aveva sostenuto la campagna di bombardamenti della NATO contro la Jugoslavia. Nel 2011 ha sostenuto l’intervento delle truppe tedesche in Afghanistan.
Quando Die Zeit gli ha chiesto se pensava che la Germania dovesse dotarsi di armi nucleari, l’ex politico ha risposto negativamente, dicendo che invece dovrebbe spettare all’Unione europea. Ha inoltre affermato che gli arsenali nucleari di Francia e Gran Bretagna non sono più sufficienti a garantire la sicurezza europea.
Quando l’intervistatore ha ricordato a Fischer che lui e il suo partito si erano fermamente opposti alle armi nucleari già negli anni ’80, l’ex ministro ha affermato che da allora «il mondo è cambiato», sottolineando che, pur sperando che le relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea rimangano così strette come lo sono ora, la situazione potrebbe cambiare, ad esempio se l’ex presidente Donald Trump fosse rieletto l’anno prossimo.
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Oltre alla deterrenza nucleare, l’Europa dovrebbe porre particolare enfasi sul rafforzamento delle proprie difese aeree, ha detto Fischer a Die Zeit.
Intervenendo alla fine del mese scorso, il presidente ceco Pavel, che è stato presidente del Comitato militare della NATO tra il 2015 e il 2018, ha affermato che «tutti gli eserciti si stanno preparando alla possibilità di un conflitto ad alta intensità» in Europa.
Alla fine di ottobre, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato che il piano di condivisione nucleare della NATO, in base al quale parte dell’arsenale nucleare statunitense è stazionato fuori dal Paese, crea «maggiori rischi strategici». Il diplomatico ha continuato sottolineando che questi sviluppi hanno costretto Mosca a «ricorrere a misure compensative in un contesto di aumento generale delle minacce poste dalla NATO».
Il Lavrov a metà anno aveva altresì ricordato che gli F-16, di cui vari Paesi occidentali vogliono fare dono a Kiev, possono trasportare armi atomiche. La scorsa settimana anche il bombardiere stealth B-2 è stato certificato per l’uso della bomba atomica B61-12.
Come noto, quantità di bombe nucleari statunitensi sono immagazzinate in Germania, Belgio, Paesi Bassi, Turchia, e ovviamente anche l’Italia. Secondo quanto riportato, gli USA si starebbero preparando a far tornare le loro bombe nucleari anche nei depositi della Gran Bretagna.
I funzionari russi hanno ripetutamente affermato che il Paese non ha intenzione di attaccare la NATO. Mosca, allo stesso tempo, considera da anni la strisciante espansione del blocco verso i suoi confini come una grave minaccia.
Il presidente Putin ha citato la potenziale adesione dell’Ucraina alla NATO come uno dei motivi principali per lanciare l’operazione militare contro Kiev nel febbraio 2022.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa il sito della NATO pubblicava un articolo di un funzionario della Difesa statunitense in pensione che di fatto invitava il blocco alla preparazione di una guerra termonucleare.
Il mese scorso il Pentagono ha annunciato lo sviluppo di una bomba B61 24 volte più potente di quella di Hiroshima.
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Nucleare
22 Paesi africani vogliono l’energia nucleare

Ventidue paesi africani sono interessati allo sviluppo dell’energia nucleare e alcuni sono in diverse fasi di firma di accordi con paesi come Russia e Cina per progetti di costruzione. Lo riporta un recente rapporto pubblicato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), «Prospettive per l’Energia Nucleare in Africa», commissionato dal Sudafrica, sede della Presidenza del G20 del 2025,
Ad esempio, l’Egitto sta già costruendo una centrale nucleare a quattro unità a El Dabaa in collaborazione con la russa Rosatom. Lassina Zerbo, presidente del Consiglio per l’Energia Atomica del Ruanda, è intervenuto al Global Atomic Forum, che si è svolto a margine della Settimana Mondiale dell’Atomica dal 25 al 28 settembre a Mosca, dove ha dichiarato alla stampa russa che «l’ammodernamento delle reti nazionali per supportare impianti nucleari su larga scala comporterebbe costi proibitivi».
Al contrario, i microreattori e le piccole unità modulari [SMR] possono funzionare con le infrastrutture esistenti, offrendo una soluzione «plug and play» che evita la necessità di ingenti investimenti nella modernizzazione della rete. Tali reattori richiedono pochi sforzi per l’ammodernamento e comportano «costi non così elevati» che permettano «di beneficiare di un’energia di cui abbiamo bisogno per il nostro sviluppo socioeconomico» ha continuato lo Zerbo, sottolineando che la Russia sta collaborando con il Ruanda e altri paesi anche per formare il personale che costruirà e gestirà i reattori.
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Anche Robert Bright Mawuko Kwabena Sogbagji, vicedirettore del Ministero dell’Energia del Ghana, ha parlato con la testata governativa russa Russia Today, concordando con lo Zerbo. «Indipendentemente dalle dimensioni della rete, i piccoli reattori nucleari modulari sono in grado di soddisfare il fabbisogno energetico dei paesi africani del Sud del mondo». Sia il Ruanda che il Ghana hanno accordi intergovernativi in vigore per lo sviluppo dell’energia nucleare.
Dopo il Global Atomic Forum, il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato il primo ministro etiope Abiy Ahmed a Mosca e ha firmato un piano d’azione per lo sviluppo di un progetto di energia nucleare.
Come riportato da Renovatio 21, anche l’Uganda, Paese paria per gli occidentali che condannano le sue leggi anti-LGBT, ha segnalato due anni fa la volontà di dotarsi di tecnologia nucleare russa.
L’Egitto aveva iniziato la costruzione di una centrale nucleare con reattori di terza generazione in grado di produrre 1,2 gigawatt cinque anni fa. Anche in questo caso, la tecnologia viene dall’agenzia atomica russa Rosatom, di fatto il primo esportatore di energia nucleare al mondo.
Come riportato da Renovatio 21, un anno fa il Sudan ha firmato accordi di sviluppo per l’energia nucleare con la Repubblica Popolare Cinese. La Cina è impegnata anche nella costruzione dell’industria atomica nigeriana. La Cina l’anno passato ha triplicato le importazioni di uranio dalla Russia.
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La Cina ha grandi ambizioni nucleari: negli Stati Uniti sono state costruite solo due nuove centrali nucleari in questo secolo, la Cina ne ha costruite quasi 40 e, come ha dichiarato a maggio il vicepresidente dell’Autorità cinese per l’energia atomica, Wang Yiren, alla China Nuclear Energy Association, il Partito comunista cinese (PCC) «mira a superare gli Stati Uniti in termini di capacità nucleare installata entro il 2030».
Mentre il Terzo Mondo e le superpotenze avanzano verso l’atomo e la sua energia abbondante e pulita, l’Italia resta al palo a causa della politica di scellerata denuclearizzazione seguita al referendum ecologista del 1986, indetto nella demagogia di partiti ambientalisti biodegradabili (di fatto, spariti dalla scena).
Ciò lega la Repubblica Italiana alle importazioni di energia nucleare dalle nazioni vicine (con i reattori non lontani dai confini…) come la Francia. L’Italia dipende dall’elettricità francese per il 6%. Ha destato scalpore nel 2022 la possibilità che la Francia possa chiudere il rubinetto dell’energia per l’Italia, mandando potenzialmente la rete elettrica italiana o parte di essa in blackout.
Il governo attuale sembra non voler davvero toccare la questione della rinuclearizzazione.
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Immagine della centrale nucleare di Chooz, Francia
Immagine di Raimond Spekking via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 4.0
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