Fertilità
L’OMS avverte le donne incinte: non fate il vaccino Moderna
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha emesso nuove linee guida sul vaccino Moderna contro il COVID-19, incluso il consiglio alle donne incinte di non fare l’iniezione l’iniezione a meno che non siano ad alto rischio di esposizione.
Come scrive RT, il gruppo consultivo strategico di esperti (SAGE) dell’OMS sull’immunizzazione ha pubblicato una serie di raccomandazioni sul vaccino Moderna lo scorso martedì, suggerendo che le donne in gravidanza non dovrebbero fare il vaccino, a meno che non siano operatori sanitari o particolarmente ad alto rischio di esposizione.
«Sebbene la gravidanza esponga le donne a un rischio maggiore di contrarre il COVID-19 grave, attualmente l’uso di questo vaccino nelle donne in gravidanza non è raccomandato»
«Sebbene la gravidanza esponga le donne a un rischio maggiore di contrarre il COVID-19 grave, attualmente l’uso di questo vaccino nelle donne in gravidanza non è raccomandato», ha scritto il SAGE.
Il rapporto SAGE ha anche sottolineato la necessità di somministrare il vaccino in strutture in cui sono prontamente disponibili trattamenti per le reazioni allergiche. Il gruppo di esperti ha pubblicato alcune settimane fa una guida sul vaccino rivale Pfizer / BioNTech.
I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e l’Independent Advisory Committee on Immunization Practices (Commissione indipendente per le pratiche di immunizzazione) hanno affermato che non si sono prove sufficienti per dire che i vaccini Moderna e Pfizer fossero adatti o meno per le donne incinte.
L’ultima guida della Public Health England sostiene questa posizione, affermando che «I primi vaccini Covid-19 non contengono organismi che possono moltiplicarsi nel corpo, quindi non possono infettare un nascituro nel grembo materno». Si tratta però di un netto cambiamento di posizone.
Il CDC americano e l’Independent Advisory Committee on Immunization Practices hanno affermato che non si sono prove sufficienti per dire che i vaccini Moderna e Pfizer fossero adatti o meno per le donne incinte.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio dicembre, invece, la guida britannica sosteneva che riguardo al vaccino «dati non ne esistono o sono limitati», pertanto, ne sconsigliava l’uso per le donne in gravidanza.
«Gli studi di tossicità riproduttiva sugli animali non sono stati completati. Il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 non è raccomandato durante la gravidanza» era scritto riguardo al vaccino Pfizer.
«Per le donne in età fertile, la gravidanza dovrebbe essere esclusa prima della vaccinazione» concludevano le guidelines, che pure affermavano che «un rischio per i neonati / bambini non può essere escluso». Pertanto, la guida specifica che il vaccino «non deve essere utilizzato durante l’allattamento».
Suonarono un campanello di allarme riguardo alla fertilità anche l’ex vicepresidente e direttore scientifico della Pfizer, il dottor Michael Yeadon, e lo specialista e parlamentare tedesco dei polmoni, il dottor Wolfgang Wodarg, hanno presentato una domanda urgente all’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) chiedendo la sospensione immediata di tutti gli studi sul vaccino SARS-CoV-2, in particolare il BioNtech Studio Pfizer.
Sul fatto che si tratti di un vaccino antinatalista a prescindere – pensiamo agli aborti alla base del suo sviluppo – Renovatio 21 ha ben pochi dubbi.
I due scienziati nella loro lettera all’EMA scrivevano che «è assolutamente da escludere che un vaccino contro SARS-CoV-2 possa innescare una reazione immunitaria contro la sincitina-1, poiché altrimenti l’ infertilità di durata indefinita potrebbe colpire le donne vaccinate».
Sul fatto che si tratti di un vaccino antinatalista a prescindere – pensiamo agli aborti alla base del suo sviluppo – Renovatio 21 ha ben pochi dubbi.
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Fertilità
Un nuovo studio collega il vaccino contro il COVID al forte calo delle nascite
Un nuovo studio pubblicato dal docente norvegese Jarle Aarstad dell’Institute of Economics and Business, Inland Norway University of Applied Sciences collega la somministrazione dei vaccini anti-COVID-19 a un calo significativo delle nascite negli Stati Uniti.
Secondo l’analisi, condotta su dati del CDC relativi a vaccinazioni e nati vivi in 566 contee (circa 260 milioni di abitanti), nel 2023 si sono registrati negli USA quasi 70.000 nati vivi in meno rispetto a quanto atteso in assenza di vaccinazione di massa. Estrapolando il risultato all’intera popolazione, il ricercatore attribuisce alla campagna vaccinale una riduzione di circa del 2% dei nati vivi e un corrispondente calo di 0,03 punti nel tasso di fertilità totale (TFR), passato da 1,65 nel 2022 a 1,62 nel 2023.
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Lo studio conclude che la flessione osservata tra il 2022 e il 2023 è imputabile in misura preponderante all’effetto dei vaccini, mentre fattori strutturali tradizionali (inflazione, costo degli alloggi, partecipazione femminile al lavoro, carenza di servizi per l’infanzia, età media al primo figlio) non mostrano variazioni sufficienti a giustificare da soli un anno all’altro un calo di tale entità.
Il meccanismo biologico responsabile non è ancora chiarito: l’autore lascia aperta l’ipotesi di un aumento di infertilità temporanea o permanente nelle donne vaccinate oppure di un incremento di aborti spontanei e nati morti. Durante il biennio 2021-2022 numerosi reparti ostetrici statunitensi avevano segnalato un anomalo incremento di feti morti in utero.
Nel 2024 il TFR americano è ulteriormente sceso al minimo storico di 1,60, alimentando il timore che parte dei danni alla fertilità femminile possa rivelarsi irreversibile.
Lo studio sottolinea che, a differenza di altri determinanti demografici (livello di istruzione, età al matrimonio, scelta di non avere figli) che rientrano nella sfera della libera decisione individuale, la vaccinazione anti-COVID è stata in molti casi imposta o fortemente incentivata da datori di lavoro, enti pubblici e misure governative, limitando di fatto la libertà di scelta di decine di milioni di cittadini.
I dati completi della ricerca sono stati resi pubblici e sono attualmente in fase di revisione paritaria.
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Fertilità
Un ingrediente comune presente in shampoo e lozioni può compromettere la fertilità femminile per generazioni
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- Meno follicoli ovarici, che contengono cellule uovo immature.
- Aumento dell’atresia follicolare, ovvero più follicoli muoiono o si rompono prima di poter rilasciare un ovulo maturo.
- Cellule uovo di qualità inferiore, che non sono sane o non funzionano come dovrebbero per maturare e promuovere la normale crescita dell’embrione.
- Livelli più bassi di ormone antimulleriano, un indicatore chiave della fertilità femminile e della riserva ovarica.
- Una maggiore morte delle cellule ovariche specializzate (cellule della granulosa) è essenziale per lo sviluppo degli ovuli, contribuendo a ridurre i livelli dell’ormone antimulleriano e a ridurre la quantità di ovuli sani.
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Fertilità
I leggings stanno facendo diventare le donne sterili?
Da anni i leggings – che un tempo si chiamavano fuseaux, o «fusò» nei cartelli delle bancarelle nei mercati cittadini – dominano il guardaroba occidentale da decenni. Indossati al supermercato, nei locali o durante la messa domenicale, sono diventati il simbolo della moda «athleisure»: pratica, comoda e onnipresente. Tuttavia, ciò che per molte donne rappresenta una scelta di libertà e comfort, potrebbe nascondere un lato meno noto e potenzialmente preoccupante.
Molti dei modelli dei marchi più venduti sono realizzati in tessuti sintetici come poliestere, nylon o elastan (spandex). Materiali che offrono elasticità e resistenza, ma che, secondo alcuni studi, potrebbero interferire con il sistema ormonale e la fertilità.
Uno dei riferimenti più citati è una ricerca condotta alcuni decenni fa su animali: a un gruppo di cagne furono fatti indossare «pantaloni» in tessuti diversi – 100% poliestere, 100% cotone, lana e miscele poliestere-cotone. I risultati mostrarono che circa il 75% delle femmine vestite con indumenti in poliestere non rimase incinta, mentre quelle in cotone o lana registrarono un tasso di gravidanza del 100%.
Secondo i ricercatori, il poliestere e le sue miscele avrebbero generato un campo elettrostatico in grado di interferire con la comunicazione ormonale, effetto però reversibile dopo la rimozione del tessuto.
Un esperimento simile, condotto su cani maschi, ha evidenziato una riduzione della conta spermatica nei soggetti che indossavano biancheria in poliestere. In alcuni casi, i valori si sono normalizzati nel tempo; in altri, le alterazioni sono risultate più persistenti.
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Da qui il dubbio: se i tessuti sintetici possono influire sulla fertilità animale, è possibile che abbiano effetti analoghi sull’essere umano?
Il nylon, altro materiale comune nei leggings e nell’abbigliamento sportivo, è noto per rilasciare microplastiche che possono penetrare nell’organismo attraverso la pelle. Studi recenti suggeriscono che tali particelle possano alterare gli ormoni e danneggiare la qualità degli ovuli e dello sperma.
Inoltre, molti tessuti sintetici vengono trattati con ftalati, PFAS e coloranti — sostanze chimiche classificate come interferenti endocrini. «Alti livelli di questi composti sono stati associati a tempi più lunghi per concepire, scarsa qualità degli ovuli e dello sperma e rischio di aborto spontaneo», spiega la dottoressa Lora Shahine, esperta di fertilità.
In un contesto in cui la fertilità è già messa alla prova da fattori come lo stress, l’età sempre più avanzata della maternità, l’obesità o le infezioni sessualmente trasmissibili, l’iniezione mRNA COVID, anche l’abbigliamento potrebbe giocare un ruolo minore ma non trascurabile.
Chi desidera «vestirsi bene anche per la salute», dunque, potrebbe valutare un ritorno ai materiali naturali: cotone, lino o lana. Forse meno elastici, ma – secondo alcune ricerche – decisamente più amici della fertilità.
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