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Ambiente

L’Etiopia completa la mega-diga. Conflitto con Egitto e Sudan

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L’Etiopia ha annunciato il completamento della Grande Diga della Rinascita Etiope (GERD), un progetto idroelettrico multimiliardario sul Nilo Azzurro, al centro di una disputa decennale con Egitto e Sudan. La diga sarà inaugurata formalmente a settembre, ha dichiarato l’Ufficio del Primo Ministro in un comunicato.

 

In costruzione dal 2011, la centrale idroelettrica GERD è progettata per generare fino a 5,15 gigawatt di elettricità, diventando così la più grande centrale idroelettrica dell’Africa. Mentre l’Etiopia presenta il progetto come una fonte energetica trasformativa per la regione, Egitto e Sudan hanno ripetutamente sollevato preoccupazioni per il suo impatto sui flussi idrici a valle.

 

In un messaggio condiviso su X, il governo etiope ha descritto la GERD come «un simbolo di cooperazione regionale e di reciproco vantaggio», sottolineando che il progetto «non rappresenta una minaccia, ma un’opportunità condivisa». I funzionari di Addis Abeba sostengono che la produzione di energia della diga andrà a beneficio non solo dell’Etiopia, ma anche degli stati confinanti.

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La diga è costruita sul Nilo Azzurro, il principale affluente del Nilo. Secondo diverse fonti, il Nilo fornisce circa il 97% dell’approvvigionamento idrico dolce dell’Egitto. Sia il Cairo che Khartoum temono che la ritenzione idrica a monte possa compromettere gravemente l’agricoltura e la sicurezza idrica dei rispettivi Paesi.

 

A settembre, il governo egiziano ha presentato un reclamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, accusando l’Etiopia di violare il diritto internazionale e di minacciare la stabilità regionale con le sue presunte azioni unilaterali riguardanti il ​​progetto GERD. La decisione è stata presa dopo che il premier Abiy Ahmed ha annunciato la quinta fase del riempimento della diga.

 

In mezzo al disaccordo in corso sui diritti idrici, l’Etiopia ha portato avanti un quadro di governance regionale dell’acqua. A ottobre, il primo ministro Abiy ha confermato l’attuazione dell’accordo quadro cooperativo (CFA), un trattato volto a istituire una Commissione permanente per il bacino del fiume Nilo (NRBC) tra le nazioni a monte.

 

Il trattato è stato firmato da Paesi a monte tra cui Uganda, Ruanda, Kenya, Tanzania, Etiopia e Burundi, con l’adesione del Sud Sudan nel 2012.

 

Sebbene il trattato si sia avvicinato all’attivazione dopo la ratifica da parte del Parlamento del Sud Sudan a luglio, Egitto e Sudan lo hanno respinto. Entrambi i governi lo hanno definito un documento «incompleto» e non «rappresentativo del bacino del Nilo nel suo complesso».

 

L’Egitto ha avvertito che anche una modesta riduzione, anche solo del 2%, dell’approvvigionamento idrico del Nilo potrebbe portare alla perdita di circa 200.000 acri di terreni agricoli, rappresentando una seria minaccia per la sicurezza alimentare nazionale. Anche il Sudan ha espresso timori simili, citando il ruolo vitale del fiume nel settore agricolo nazionale.

 

Come riportato da Renovatio 21, il conflitto per la diga tra Addis Abeba e il Cairo è risalente. Cinque anni fa il quotidiano online russo Vzglyad aveva pubblicato un articolo che descrive l’inevitabilità della guerra tra Egitto ed Etiopia nel prossimo futuro.

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Nel frattempo, Etiopia e Somalia hanno ripristinato i rapporti diplomatici.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Etiopia e regione del Tigrè avevano firmato un accordo di pace per terminare le ostilità tra le parti. Tuttavia l’esercito etiope ha affrontato milizie locali anche nello scorso anno.

 

L’acqua è un bene che scarseggia nel continente nero, rimasto sottosviluppato in era post-coloniale, nonostante le grandi risorse. La Banca Mondiale prevede che entro il 2030, la regione che chiama Medio Oriente e Nord Africa (MENA) sarà al di sotto anche del livello assoluto annuo di scarsità d’acqua di 500 metri cubi pro capite.

 

Tuttavia, diversamente dalle dighe etiopi, i Paesi del Nord Africa vogliono investire nella desalinizzazione dell’acqua di mare.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata

 

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Ambiente

Studi sui metodi per testare le sostanze chimiche della pillola abortiva nelle riserve idriche

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I funzionari governativi USA stanno valutando se sia possibile sviluppare metodi per rilevare le sostanze chimiche contenute nella pillola abortiva nelle riserve idriche degli Stati Uniti, in seguito all’iniziativa del gruppo Students for Life. Lo riporta LifeSite.   Quest’estate, i funzionari dell’Agenzia per la Protezione Ambientale americana (EPA) hanno incaricato gli scienziati di determinare se fosse possibile sviluppare metodi per rilevare tracce di pillole abortive nelle acque reflue. Sebbene al momento non esistano metodi approvati dall’EPA, è possibile svilupparne di nuovi, hanno recentemente dichiarato al New York Times due fonti anonime.   La divulgazione fa seguito alla richiesta di 25 membri repubblicani del Congresso USA che hanno chiesto all’EPA di indagare sulla questione.   «Esistono metodi approvati dall’EPA per rilevare il mifepristone e i suoi metaboliti attivi nelle riserve idriche?», chiedevano i deputati in una lettera del 18 giugno. «In caso contrario, quali risorse sono necessarie per sviluppare questi metodi di analisi?»

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I legislatori hanno osservato che il mifepristone è un «potente bloccante del progesterone» che altera l’equilibrio ormonale e potrebbe «potenzialmente interferire con la fertilità di una persona, indipendentemente dal sesso».   Dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade, Students for Life aveva rilanciato una campagna per indagare sulle tracce di pillole abortive e sui resti fetali nelle acque reflue. Il gruppo ha affermato che il mifepristone e i resti fetali potrebbero potenzialmente danneggiare gli esseri umani, gli animali e l’ambiente.   Nel novembre 2022, i dipendenti di Students for Life si sono lamentati del fatto che le agenzie governative non controllassero le acque reflue per individuare eventuali sostanze chimiche contenute nelle pillole abortive e hanno deciso di assumere i propri «studenti investigatori» per analizzare l’acqua.   La campagna era fallita sotto l’amministrazione Biden. Nella primavera del 2024, undici membri del Congresso, tra cui il senatore Marco Rubio della Florida, attuale Segretario di Stato, scrissero all’EPA chiedendo in che modo il crescente uso di pillole abortive potesse influire sull’approvvigionamento idrico.   Secondo due funzionari, l’EPA ha scoperto di non aver condotto alcuna ricerca precedente sull’argomento, ma non ha avviato alcuna nuova indagine correlata.   Kristan Hawkins, presidente di Students for Life, ha annunciato venerdì: «tre presidenti democratici hanno promosso in modo sconsiderato l’uso della pillola abortiva chimica. Ora l’EPA sta finalmente indagando sull’inquinamento causato dalla pillola abortiva».   «Ogni anno oltre 50 tonnellate di sangue e tessuti contaminati chimicamente finiscono nei nostri corsi d’acqua», ha continuato su X. «Spetta al presidente Trump e al suo team ripulire questo disastro».   A giugno un rapporto pubblicato da Liberty Counsel Action indicava che più di 40 tonnellate di resti di feti abortiti e sottoprodotti della pillola abortiva sono infiltrati nelle riserve idriche americane.   «Come altri farmaci noti per causare effetti avversi sul nostro ecosistema, il mifepristone forma metaboliti attivi», spiega il rapporto di 86 pagine. «Questi metaboliti possono mantenere gli effetti terapeutici del mifepristone anche dopo essere stati escreti dagli esseri umani e contaminati dagli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), la maggior parte dei quali non è progettata per rimuoverli».  
Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».
Come riportato da Renovatio 21, le acque di tutto il mondo sono inquinate da fortemente dalla pillola anticoncenzionale, un potente steroide usato dalle donne per rendersi sterili, che viene escreto con l’orina con effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica. In particolare, vi è l’idea che la pillola starebbe facendo diventare i pesci transessuali.   Danni non dissimili sono stati rilevati per gli psicofarmaci, con studi sui pesci di fiume resi «codardi e nervosi».

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Nonostante i ripetuti allarmi sul danno ambientale dalla pillola, le amministrazioni di tutto il mondo – votate, in teoria, all’ecologia e alla Dea Gaia – continuano con programmi devastatori, come quello approvato lo scorso anno a Nuova York di distribuire ai topi della metropoli sostanze anticoncezionali. A ben guardare, non si trova un solo ambientalista a parlare di questa sconvolgente forma di inquinamento, ben più tremenda di quello delle auto a combustibile fossile.   Ad ogni modo, come Renovatio 21 ripeterà sempre, l’inquinamento più spiritualmente e materialmente distruttore è quello dei feti che con l’aborto chimico vengono espulsi nel water e spediti via sciacquone direttamente nelle fogne, dove verranno divorati da topi, pesci, insetti, anfibi e altri animali del sottosuolo.   Su questo non solo non si trovano ambientalisti a protestare: mancano, completamente, anche i cattolici.   Come riportato da Renovatio 21, l’OMS poche settimane fa ha aggiunto la pillola figlicida alla lista dei «medicinali essenziali». Il segretario della Salute USA Robert Kennedy jr. aveva promesso una «revisione completa» del farmaco di morte (gli sarebbe stato chiesto dallo stesso Trump) ma negli scorsi giorni esso è stato approvato dall’ente regolatore FDA.

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Ambiente

Donna afferma che il datacenter AI di Zuckerberg le ha inquinato l’acqua del rubinetto

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Una pensionata della Georgia rurale ha accusato il nuovo centro dati AI di Meta, situato a circa 360 metri da casa sua, di inquinarle l’acqua. Lo riporta la BBC.

 

La cittadina Beverly Morris ritiene che la costruzione del data center del gigante della tecnologia abbia danneggiato il suo pozzo d’acqua privato, causando un accumulo di sedimenti. «Ho paura di bere quell’acqua, ma la uso comunque per cucinare e per lavarmi i denti», ha detto Morris. «Se mi preoccupa? Sì».

 

Meta ha negato queste accuse, dichiarando alla BBC che «essere un buon vicino è una priorità». L’azienda ha commissionato uno studio sulle falde acquifere, scoprendo che il suo data center «non ha influito negativamente sulle condizioni delle falde acquifere nella zona».

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L’incidente evidenzia come un’imponente spinta alla costruzione di infrastrutture per supportare modelli di Intelligenza Artificiale incredibilmente dispendiosi in termini di energia, stia sconvolgendo i vari ecosistemi che vedono il nascere di questi data center. Stiamo solo iniziando a comprendere l’enorme impatto ambientale della tecnologia di intelligenza artificiale, dall’enorme consumo di acqua all’enorme impronta di carbonio dovuta alle emissioni in aumento.

 

La situazione non fa che peggiorare, con aziende come OpenAI, Google e Meta che continuano a investire decine di miliardi di dollari nella costruzione di migliaia di data center in tutto il mondo. Recentemente i ricercatori hanno stimato che la domanda globale di intelligenza artificiale potrebbe arrivare a consumare fino a 1,7 trilioni di galloni d’acqua all’anno entro il 2027, più di quattro volte il prelievo idrico totale di uno stato come la Danimarca.

 

Da allora gli attivisti hanno segnalato il rischio di pericolosi deflussi di sedimenti derivanti dai lavori di costruzione, che potrebbero riversarsi nei sistemi idrici, come potrebbe accadere al pozzo della signora Morris.

 

Resta da vedere quanto l’industria dell’Intelligenza Artificiale si impegnerà per la cosiddetta sostenibilità. Dopo aver dato grande risalto ai propri sforzi per ridurre le emissioni all’inizio del decennio, l’aumento di interesse per l’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il dibattito.

 

E man mano che i modelli di intelligenza artificiale diventano più sofisticati, necessitano di energia esponenzialmente maggiore, e questa situazione non potrebbe che aggravarsi.

 

Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Meta Mark Zuckerberg, nel suo tentativo sempre più disperato di tenere il passo nella corsa all’IA, sta espandendo l’infrastruttura dei data center il più velocemente possibile, con Meta che sta «prioritizzando la velocità sopra ogni altra cosa» allestendo delle «tende» per aggiungere ulteriore capacità e spazio ai suoi campus dei data center. I moduli prefabbricati sono progettati per ottenere la potenza di calcolo online il più velocemente possibile, sottolineando la furiosa corsa di Meta per costruire la capacità di modelli di intelligenza artificiale sempre più richiedenti energia.

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Un nuovo rapporto del Berkeley Lab – che analizza la domanda di elettricità dei data center – prevede che questa stia esplodendo da un già elevato 4,4% di tutto il consumo di elettricità in ambito statunitense, a un possibile 12% di consumo di elettricità in poco più di tre anni, entro il 2028. 

 

Il fenomeno è globale: in Irlanda, i data center consumano già il 18% della produzione totale di elettricità. Secondo il rapporto, il consumo di energia dei data center è stato stabile con una crescita minima dal 2010 al 2016, ma ciò sembra essere cambiato dal 2017 in poi, con l’uso dei data center e dei «server accelerati» per alimentare applicazioni di Intelligenza Artificiale per il complesso militare-industriale e prodotti e servizi di consumo.

 

Vista l’enormità di energia richiesta da questi Centri di elaborazione dati, vi è una corsa verso l’AI atomica e anche Google alimenterà i data center con sette piccoli reattori nucleari nel prossimo futuro.

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Ambiente

Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso

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In un momento di grottesco vaticano spinto, papa Leone XIV ha benedetto un blocco di ghiaccio durante una conferenza sui «cambiamenti climatici» ospitata dalla Santa Sede. Uno spettacolo che di gatto tocca vette di cringe conciliare mai viste.   La conferenza tenutasi in questi giorni a Castel Gandolfo ha nome «Raising Hope for Climate Justice» – in inglese nel testo anche italiano diffuso dal Sacro Palazzo. In effetti, l’intera conferenza, tenutasi in Italia, è stata svolta nella lingua globalista per antonomasia, il latino del mondo neoliberale, cioè la lingua inglese.   L’evento, trasmesso in diretta streaminga, è stato caratterizzato da una «Benedizione delle Acque», iniziata con papa Leone che ha posato silenziosamente la mano su un blocco di ghiaccio. È stato detto che il blocco di ghiaccio sia venuto dalla Groenlandia, ma non è noto quanta energia a combustibile fossile sia stata impiegata, inquinando il mondo, per far giungere il pezzone sino a Roma senza che si sciogliesse.      

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Durante un evento stampa prima della conferenza, è apparso d’improvviso l’ex culturista cinque volte Mister Olympia, superdivo hollywoodiano d governatore della California Arnoldo Schwarzenegger, il quale ha invitato tutti i cattolici del mondo a «diventare crociati per l’ambiente». Lo Schwarzenegger si era convertito ai temi climatici ai tempi della campagna elettorale per restare in sella come governatore della California – Stato largamente a tendenza democratica – e lui stesso afferma nel suo documentario autobiografico su Netflix che a dargli una mano in questo senso fu Robert F. Kennedy jr., suo parente, visto il matrimonio che Arnoldo ha contratto con Maria Shriver (un altro ramo del casato, ma assolutamente centrale per quella che è la supposta famiglia reale USA, dove ha appeso il cappello un’altra cosa che ad Arnoldo è riuscita nella vita).    

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Oltre a Terminator, accanto al papa ad una certa sono apparsi anche degli hawaiani a caso, che si sono prodotti in un momento musicale pachamamesco. Presentato come i «Pacific Artist for Climate Justice», i figuri, in pantalocini, camicia hawaiana, collanone e ukulele d’ordinanza, hanno avuto l’onore di introdurre musicalmente l’ingresso del papa.   Una schiera di cardinali presenti in prima fila si sono prestati al gioco, dandosi da fare con coreografici teli e cose bellissime così.   Tutto questo mentre un altro americano, il presidente USA Donaldo Trump, va all’ONU è parla della «truffa del Cambiamento climatico», e beccandosi da certuni i giustissimi, sacri 92 minuti di applausi.   Lo spettacolo offerto dall’ostinazione della chiesa climatista è persino più imbarazzante di quelli, blasfemi e occultistici, a cui ci aveva abituato Bergoglio. È innegabile come Leone stia aggiungendo, per quanto possa sembrare impossibile, una quota ulteriore di cringio post-conciliare al disastro dell’ultima papato.

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  Immagine screenshot da YouTube  
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