Geopolitica
L’esercito USA sapeva che la controffensiva ucraina non poteva aver successo, scrive il Wall Street Journal
Il 22 luglio il Wall Street Journal ha dichiarato che i funzionari militari occidentali sapevano all’inizio di quest’anno che all’Ucraina mancavano i rifornimenti e l’addestramento per lanciare con successo una controffensiva contro le forze russe, ma hanno comunque permesso a Kiev di lanciare l’operazione.
Secondo i dati di Mosca, durante la controffensiva spinta da Washington l’esercito ucraino ha perso 26.000 uomini e più di 3.000 armamenti, secondo gli ultimi dati di Mosca.
Stando a quanto riportato, gli Stati Uniti e i loro alleati sapevano che un simile risultato era inevitabile. Citando documenti del Pentagono trapelati, il WSJ afferma che gli analisti militari statunitensi hanno contato un «piccolo numero» di armi ucraine in grado di colpire aerei russi e hanno stabilito che Kiev avrebbe dovuto affrontare «l’incapacità di impedire la superiorità aerea russa».
«L’America non tenterà mai di sconfiggere una difesa preparata senza superiorità aerea, ma [gli ucraini] non hanno la superiorità aerea», ha detto John Nagl, un tenente colonnello in pensione dell’esercito americano. «È impossibile sopravvalutare quanto sia importante la superiorità aerea per combattere un combattimento di terra a un costo ragionevole in vittime».
La narrazione pubblica, come noto, è stata ben diversa.
«Crediamo che gli ucraini avranno successo in questa controffensiva», aveva detto alla CNN il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan alla vigilia dell’operazione.
Diversi mesi prima, Dan Rice, un veterano della guerra in Iraq che ora serve come consigliere delle forze armate ucraine, aveva dichiarato che la controffensiva avrebbe «scioccato il mondo» con il suo successo.
I leader europei erano altrettanto ottimisti. Il presidente polacco Andrzej Duda, uno dei più ferventi sostenitori di Kiev, aveva annunciato all’inizio di giugno che l’operazione avrebbe portato alla «cacciata delle forze militari russe da tutti i territori occupati».
Il WSJ aggiunge che da allora i funzionari occidentali hanno abbassato le loro aspettative e sono, in privato, «allarmati» per la mancanza di risultati sul campo di battaglia. Secondo anonimi diplomatici sentiti dalla testata economica neoeboracena, i governi occidentali sono quindi a un bivio e dovranno presto decidere se impegnare le enormi quantità di armi, attrezzature e denaro necessarie per sostenere Kiev in un conflitto più lungo.
Victoria Nuland, grande pupara neocon di questi lustri di disastro geopolitico ed umano in Ucraina – e per questo da poche ore promossa a vice segretario di Stato USA – due mesi fa aveva dichiarato che gli Stati Uniti avevano aiutato la preparazione della controffensiva. La Nuland pochi mesi fa aveva definito gli attacchi contro la Crimea come «legittimi».
Come riportato da Renovatio 21, i numeri della controffensiva di Kiev sono stati discussi nel recente incontro tra il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e quello russo Vladimir Putin. «Secondo i nostri dati, ho registrato, più di 15 Leopard e oltre 20 Bradley sono stati distrutti in una singola battaglia» ha detto Lukashenko. «Credo che non siano mai stati distrutti così tanti veicoli militari stranieri». Ha aggiunto in seguito che «secondo le stime degli Stati Uniti d’America, 26.000 soldati delle forze armate ucraine sono stati uccisi in azione dall’inizio dell’operazione antiterrorismo», a cui Putin ha risposto «di più».
Come riportato da Renovatio 21, lo stesso presidente Putin aveva annunciato di aver certezza della partenza della controffensiva ucraina un mese fa, per poi dichiarare pubblicamente che essa si era fermata.
Tre mesi fa Evgenij Prigozhin, capo del gruppo Wagner, aveva dichiarato che già allora secondo lui la controffensiva ucraina era iniziata su Bakhmut.
Di contro gli ucraini il mese scorso hanno dichiarato che sarebbe partita invece una controffensiva russa.
Immagine da Telegram
Geopolitica
Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese
Israele non tollererà la nascita di uno Stato palestinese, in quanto il suo obiettivo ultimo sarebbe l’annientamento dell’«unico e solo Stato ebraico», ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu.
Tali parole sono state pronunciate domenica a Gerusalemme, in occasione di una conferenza stampa bilaterale con il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Mentre quest’ultimo ha rinnovato l’impegno di Berlino per la fondazione di un’entità palestinese autonoma, Netanyahu ha espresso un netto dissenso, argomentando che un tale Stato sarebbe «dedito a distruggerci proprio alle nostre porte».
«A Gaza avevano già uno Stato, uno Stato di fatto, e lo hanno usato per tentare di annientare l’unico e solo Stato ebraico», ha proseguito Netanyahu, alludendo all’enclave palestinese controllata de facto dal gruppo armato Hamas.
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Israele, ha precisato il premier, vede una «via per perseguire una pace più estesa con gli Stati arabi» e per «instaurare una pace concreta con i vicini palestinesi», purché non implichi la creazione di un’entità sovrana indipendente.
Netanyahu ha più volte rigettato la formula dei due Stati caldeggiata dal Consiglio di Sicurezza ONU, che contempla un’entità palestinese entro le linee di cessate il fuoco pre-Guerra dei Sei Giorni del 1967, con Gerusalemme Est quale capitale.
Il piano di partizione ONU del 1947 delineava Stati distinti per ebrei e arabi, ma una serie di conflitti successivi consentì a Israele di conquistare gran parte del territorio destinato ai palestinesi.
Il leader israeliano ha rilevato che l’occupazione della Cisgiordania – ritenuta illegittima dal diritto internazionale – continua a essere al centro del dibattito, ma ha lasciato intendere che lo status quo perdurerà nell’immediato futuro.
Il Netanyahu tre mesi fa all’Assemblea Generale ONU aveva ribadito che «uno Stato palestinese non si realizzerà».
Come riportato da Renovatio 21, papa Leone XIV negli scorsi giorni ha dichiarato che uno Stato palestinese è l’unica soluzione al conflitto.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
La Danimarca taglia gli aiuti all’Ucraina per la corruzione. Mosca: i crimini di Kiev alla Corte Internazionale
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Geopolitica
Zakharova: l’UE che odia la Russia «è caduta nella follia politica». Il comandante NATO: l’alleanza può «creare dilemmi» a Mosca
Continua l’escalation tra Europa e Russia.
Nel suo consueto briefing con la stampa, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato che la Russia sta preparando un pacchetto di misure di ritorsione nel caso in cui l’UE procedesse al furto dei beni russi congelati, come è attualmente oggetto di accese discussioni all’interno dell’UE.
«Qualsiasi azione illegale riguardante i nostri beni statali incontrerà sicuramente una dura risposta… Si sta già lavorando a misure di ritorsione nel caso in cui i beni russi vengano sequestrati, ovvero rubati». La Zakharova ha affermato che questa «strategia inizialmente zoppa e imperfetta, imposta all’intera UE dalla sua ala ostile alla Russia, si è trasformata in follia politica. Il loro desiderio di infliggere danni alla Russia ha la precedenza su tutto il resto… Non può essere classificato come altro che furto».
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L’UE, ha aggiunto, a differenza degli emissari americani Steve Witkoff e Jared Kushner che «cercano risultati, non solo pubbliche relazioni», sta sabotando gli sforzi di pace a ogni passo. «Tutto ciò comporta il rischio di un’ulteriore escalation e incoraggia i neonazisti, e ora i terroristi neonazisti in Ucraina, a commettere nuovi crimini barbari».
Nel frattempo, il Comandante della NATO, Generale Alexus Grynkewich il 4 dicembre in un discorso ai giornalisti presso il quartier generale militare della NATO a Mons, in Belgio, ha suggerito che la NATO potrebbe diventare più «proattiva» in risposta alle presunte minacce ibride russe.
«Le minacce ibride sono un problema reale, e credo che possiamo prevedere che si verificheranno più spesso», ha affermato, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, affermando che alcuni recenti incidenti in Europa sono stati sconsiderati e altri intenzionali e aggiungendo che è importante identificare chi c’è dietro gli incidenti ibridi e che l’Alleanza sapeva che dietro alcuni di essi c’era la Russia. «Pensiamo anche ad essere proattivi… Se la Russia sta cercando di crearci dei dilemmi, allora forse ci sono modi in cui potremmo crearne anche noi a loro», ha affermato, aggiungendo che la NATO è un’alleanza difensiva e «non c’è nulla di offensivo in questo».
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Immagine di Valsts kanceleja/State Chancellery via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 4.0
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