Economia
Le banche USA hanno ricavato 1 trilione in due anni e mezzo di alti tassi di interesse

Guadagni-monstre sono stati totalizzati dalle banche americane negli ultimi anni. Lo riporta un articolo del Financial Times dello scorso 24 settembre.
La testata economica scrive che «le banche americanehanno ricavato una manna di 1.000 miliardi di dollari dai due anni e mezzo di alti tassi di interesse della Federal Reserve, come ha rilevato un’analisi dei dati ufficiali del Financial Times, ma hanno mantenuto bassi i pagamenti degli interessi ai risparmiatori, rileva l’analisi del FT».
In media, secondo calcoli le banche statunitensi guadagnavano tassi overnight del 5,5% dalla Fed e pagavano i depositanti il 2,2%. Il tasso overnight è il tasso al quale le banche prestano denaro per la durata massima di 24 ore attraverso depositi detti overnightm ossia quei depositi che devono essere estinti il primo giorno lavorativo successivo a quello in cui è stato costituito, sicché la sua durata è di una sola notte. L’aggettivo viene riferito anche al tasso in base al quale viene liquidato l’interesse corrisposto al depositante al momento dell’estinzione del deposito.
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«Quei minori pagamenti ai depositanti hanno generato 1,1 trilioni di dollari di entrate da interessi in eccesso per le banche, ovvero circa la metà del totale dei dollari introdotti dalle banche in quel periodo, secondo i calcoli del FT» scrive il giornale.
Ora che la Fed ha iniziato ad abbassare i tassi di interesse, «alcune banche statunitensi hanno cercato di trasferire i tagli ai depositanti il più rapidamente possibile, una mossa che avrebbe rafforzato i loro margini».
«Un po’ come: “testa vinco io, croce tu perdi”» commenta EIRN. «Il che dimostra semplicemente che se sei una banca di Wall Street o della City di Londra, puoi fare una fortuna al rialzo, e puoi fare una fortuna al ribasso».
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Immagine di Vlad Lazarenko via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Economia
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Economia
S&P declassa il rating creditizio della Francia

S&P Global ha abbassato il rating creditizio a lungo termine della Francia da AA- ad A+, segnalando che l’aumento del debito pubblico e le tensioni politiche mettono a rischio la capacità del governo di ridurre il deficit di bilancio. Venerdì, l’agenzia ha anche aggiornato le prospettive della Francia a «stabile».
S&P prevede che il debito pubblico francese raggiungerà il 121% del PIL entro il 2028, rispetto al 112% di fine 2024. Il Paese ha difficoltà a contenere la spesa a causa dell’instabilità politica. Il primo ministro Sébastien Lecornu ha recentemente superato due mozioni di sfiducia in Parlamento dopo aver sospeso un controverso pacchetto di riforme pensionistiche.
S&P ha evidenziato che l’incertezza sulle finanze pubbliche francesi rimane alta, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 2027. La sospensione della riforma delle pensioni del 2023 è stata indicata come un segno di fragilità politica. L’agenzia prevede una crescita economica dello 0,7% nel 2025, con una ripresa solo moderata nel 2026, e ha avvertito che i rischi per le prospettive economiche restano significativi, specialmente se i crescenti costi di indebitamento del governo dovessero influire sulle condizioni di finanziamento dell’economia.
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In risposta al declassamento, il ministro delle Finanze Roland Lescure ha dichiarato che spetta al governo e al parlamento approvare un bilancio entro fine anno, assicurando che il deficit sia in linea con l’obiettivo UE del 3% del PIL. S&P ritiene che la Francia possa raggiungere il target di deficit del 5,4% del PIL per il 2025, ma ha avvertito che, «senza ulteriori misure significative per ridurre il deficit», il processo di risanamento sarà più lento del previsto. L’agenzia ha sottolineato che l’«incertezza politica» e la scarsa capacità di attuare riforme hanno influenzato la decisione.
Non è la prima volta che l’affidabilità creditizia della Francia mostra segnali di debolezza. All’inizio del 2025, S&P aveva già rivisto l’outlook del Paese da «stabile» a «negativo» a causa della fragilità delle finanze pubbliche.
Come riportato da Renovatio 21 mese scorso, anche Fitch ha declassato il rating della Francia da AA- ad A+, citando preoccupazioni simili sul debito e l’assenza di un piano fiscale credibile. Moody’s aveva deciso di non declassare Parigi, mantenendo la nota AA2, ma segnalando un outlook negativo per l’economia transalpina. Seguirono polemiche per cui Macron avrebbe sacrificato le pensioni con la sua riforma per appagare gli altari mondiali del rating.
Il declassamento potrebbe aumentare i costi di indebitamento per la Francia e innescare vendite obbligate di obbligazioni da parte di investitori istituzionali, vincolati a detenere titoli di Stato di alta qualità.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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