Spirito
L’autrice di Harry Potter contro il suicidio assistito
La scrittrice JK Rowling ha rivelato di essere ora contraria al suicidio assistito e di sentire un «vuoto a forma di Dio» nella sua vita. Lo riporta LifeSite.
Durante un dibattito sulle sue opinioni sull’ideologia transgender, un tema che sta a cuore alla Rowling e le costa minacce ed ostracismi, un’utente X le ha chiesto se avesse mai cambiato idea su qualcosa. Invece di rispondere con una battuta concisa, la Rowling ha dato una risposta lunga, dettagliata e sorprendentemente vulnerabile.
«Credevo che l’educazione fosse tutto e che la natura non fosse importante», ha risposto la creatrice di Harry Potter. «La mia convinzione è cambiata grazie alla mia esperienza di vita e alla lettura di studi sull’ereditarietà genetica. Quando avevo poco più di vent’anni credevo che la differenza tra i sessi fosse dovuta interamente alla socializzazione. Ora non ci credo più (per le stesse ragioni di cui sopra)».
I used to believe nurture was everything and that nature wasn’t important. My belief changed because of my own life experience and from reading studies about genetic inheritance.
In my early twenties I believed the difference between the sexes was entirely due to socialisation.…
— J.K. Rowling (@jk_rowling) September 12, 2025
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«Credevo nel disarmo nucleare unilaterale. Ora non ci credo più», ha continuato la Rowlinga. «Credevo che la cannabis fosse essenzialmente innocua. Ora non ci credo più perché ho visto come ha devastato la salute mentale di una persona a cui tengo. Credevo nel suicidio assistito. Ora non ci credo più, soprattutto perché sono sposata con un medico che mi ha aperto gli occhi sulle possibilità di coercizione nei confronti di persone malate o vulnerabili».
Nel momento in cui la letterata pronuncia queste parole, la Camera dei Lord britannica sta discutendo della questione.
La Rowling va ancora oltre, andando al nocciolo della questione. «Ho lottato con la fede religiosa fin dalla mia adolescenza», ha scritto la celeberrima romanziera, in passato nota come inesausta progressista. «Sembra che dentro di me ci sia un vuoto a forma di Dio, ma non riesco mai a decidere cosa fare al riguardo».
«Potrei probabilmente elencare almeno altre venti cose su cui ho cambiato idea. Al momento non ho una sola convinzione che non possa essere modificata da prove chiare e concrete e, in tutti i casi tranne uno, so quali dovrebbero essere queste prove. L’eccezione è l’enigma di Dio, perché non so cosa dovrei vedere per schierarmi fermamente da una parte o dall’altra. Suppongo che questo sia il significato della fede, credere senza vedere prove, ed è per questo che probabilmente andrò nella tomba con quella particolare questione personale irrisolta».
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Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
Tralasciando il dubbio valore delle nuove procedure di canonizzazione, una doppia canonizzazione in Venezuela è diventata rapidamente una questione di Stato, rivelando le profonde fratture tra una Chiesa cattolica fortemente coinvolta nell’arena politica, a rischio di apparire come una forza di opposizione, e il potere chavista detenuto dal presidente Nicolas Maduro.
Per comprendere la storia, dobbiamo fare un passo indietro. Il 19 ottobre 2025, papa Leone XIV proclamò «santi» i primi due venezuelani nella storia del Paese: José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri», e María del Carmen Rendiles Martínez, fondatrice della comunità delle Serve di Gesù. L’evento divenne rapidamente un affare politico.
Nicolás Maduro, al potere dal 2013, non ha perso tempo a sfruttare la canonizzazione. Dopo la cerimonia nella casa-museo di José Gregorio Hernández, circondato da fedeli e autorità governative, il capo dello Stato ha rilasciato una serie di dichiarazioni sui social media: «Siamo felici per i nostri santi. Sono entrambi grandi! Il papa ha agito giustamente!», ha dichiarato, esprimendo «immensa, eterna gratitudine» al pontefice, che ha definito un «amico» e un «fratello».
E presentare l’evento come un gesto provvidenziale di fronte alle «minacce» che la «più grande potenza militare della storia» rappresenterebbe nei Caraibi, vale a dire gli Stati Uniti, che da diversi anni cercano invano di far cadere il regime chavista.
Il chavismo ha una lunga storia con la religione: Hugo Chavez ha invocato la cosiddetta Teologia della Liberazione per la sua «Rivoluzione Bolivariana». Il processo di canonizzazione, guidato con grande entusiasmo dal defunto Papa Francesco, è visto da Nicolas Maduro come una forma di benedizione per il regime.
Ma l’opposizione non è rimasta indietro. Maria Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025, un premio altamente politico, ed Edmundo Gonzalez, il candidato presidenziale fallito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui José Hernández e Carmen Rendiles vengono descritti come «due santi per 30 milioni di ostaggi venezuelani», riferendosi al destino di 800.000 prigionieri «politici» e migliaia di esuli.
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«Questi santi esemplari, che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri, offrono speranza e consolazione in mezzo all’oscurità», scrivono, invocando un «miracolo imminente»: la caduta del regime chavista.
Temendo che la messa papale del 19 ottobre potesse suggerire una forma di approvazione per Maduro, il giorno seguente, durante una messa di ringraziamento a San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex nunzio in Venezuela dal 2009 al 2013, ha pronunciato un’omelia in cui ha chiesto «di aprire le prigioni ingiuste, di spezzare le catene dell’oppressione, di liberare gli oppressi, di spezzare tutte le catene».
Il caso torna di attualità a Caracas: la «Festa della Santità», prevista per il 25 ottobre 2025 allo stadio Monumental Simon Bolívar , davanti a 50.000 fedeli e alla presenza di tutti i vescovi venezuelani, è stata annullata il 22 ottobre, ufficialmente per «problemi di sicurezza e capienza» – erano state registrate più di 80.000 iscrizioni mentre la capienza non supera i 40.000 posti: «È una questione di sicurezza, sarebbero stati necessari circa tre stadi», spiega uno dei portavoce dell’arcidiocesi.
Nell’arcidiocesi di Caracas si vociferava addirittura che il regime chavista intendesse noleggiare autobus per migliaia di sostenitori, trasformando l’evento in una dimostrazione di forza pro-Maduro. Il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, ha denunciato il 17 ottobre una situazione «moralmente inaccettabile»: «crescente povertà, militarizzazione come forma di governo, corruzione, mancanza di rispetto per la volontà popolare» e ha chiesto il rilascio dei prigionieri.
Nicolas Maduro rispose quattro giorni dopo: «Baltazar Porras ha dedicato la sua vita a cospirare contro José Gregorio Hernández (uno dei neo-canonizzati). È stato sconfitto da Dio, dal popolo». L’accesa discussione tra Chiesa e Stato – in un Paese in cui l’80% della popolazione è cattolica – arriva mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione contro il regime chavista.
Lo schieramento di una grande flotta al largo delle coste del Paese, accompagnata da un sottomarino nucleare d’attacco, da caccia F-35 e dalla CIA ufficialmente autorizzata da Donald Trump a operare sul territorio venezuelano: si intensifica la pressione su un Paese economicamente rovinato dal bolivarianismo e che – per fortuna o per sfortuna? – è uno dei più dotati in termini di risorse petrolifere. Abbastanza da suscitare cupidigia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Guillermo Ramos Flamerich via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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