Geopolitica
L’appello di Lavrov all’Assemblea generale ONU: «salvate l’umanità dall’inferno»
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha parlato ieri all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 24 settembre.
«Ci stiamo incontrando in un momento sia impegnativo che drammatico. Le situazioni di crisi sono in aumento e la situazione della sicurezza internazionale si sta deteriorando rapidamente. Invece di impegnarci in un dialogo onesto e cercare compromessi, dobbiamo affrontare la disinformazione, così come incidenti e provocazioni grossolanamente organizzati».
«Il futuro ordine mondiale viene deciso oggi, come può vedere chiaramente qualsiasi osservatore imparziale» ha detto Lavrov.
«La domanda è se questo ordine mondiale avrà un unico egemone che costringe tutti gli altri a vivere secondo le sue famigerate regole, che beneficiano solo questo egemone e nessun altro. O se questo sarà un mondo democratico e giusto, libero da ricatti e intimidazioni contro gli indesiderati, così come libero da neonazismo e neocolonialismo. La Russia opta fermamente per la seconda opzione. Insieme ai nostri alleati, partner e paesi che la pensano allo stesso modo, chiediamo sforzi per rendere tutto questo una realtà»
Lavrov ha sottolineato che sebbene il «modello di sviluppo globale unipolare» abbia governato il mondo per secoli, facendo affidamento sulle risorse in gran parte provenienti dall’Asia e dall’Africa, sempre più nazioni sovrane si oppongono a questa politica e stanno sviluppando un’alternativa multipolare.
«Dopo essersi dichiarata vittoriosa nella Guerra Fredda ad un certo punto del passato, Washington si è elevata quasi al rango di messaggero del Signore Dio sulla Terra, dotata di nessun obbligo, ma solo dei diritti sacri di agire impunemente ovunque vuole».
Lavrov, come aveva già fatto in precedenza, ha citato come esempi la Jugoslavia, l’Iraq e la Libia: «gli interessi legittimi dell’Occidente erano in gioco in uno di questi Paesi?» ha chiesto il ministro russo, sfidando i suoi colleghi a «dare un nome a un Paese in cui la vita è cambiata in meglio dopo un intervento forte di Washington».
Il capo della diplomazia russa si è spostato sulla questione della politica strategica, osservando che «nei suoi tentativi di rilanciare il modello unipolare sotto l’etichetta di un ordine basato sulle regole, l’Occidente ha imposto ovunque linee di demarcazione, seguendo la logica di un confronto a blocchi dove sei con noi o contro di noi. Non c’è una terza opzione disponibile o compromessi».
Il discorso ha quindi toccato Taiwan, dove secondo Lavrov l’Occidente sta giocando con il fuoco offrendogli supporto militare.
Poi, la questione economica: «da molti anni queste sanzioni unilaterali sono state imposte in violazione della Carta delle Nazioni Unite e utilizzate come strumento di ricatto politico. Il cinismo di questa pratica è evidente. Le restrizioni mettono a dura prova la gente comune, impedendo loro di accedere ai beni di prima necessità, inclusi medicinali, vaccini e cibo».
«In che modo le azioni della Russia negli ultimi decenni hanno effettivamente violato gli interessi dei suoi oppositori?» ha dichiarato, citando lo scioglimento volontario dell’Organizzazione del Trattato di Varsavia, il sostegno alla riunificazione tedesca, il ritiro delle forze sovietiche dall’Europa, dall’Asia e dall’America Latina e il riconoscimento dell’indipendenza delle ex repubbliche sovietiche.
«Forse la Russia ha interferito con gli interessi occidentali quando ha svolto un ruolo chiave nel fermare le ostilità scatenate dai neonazisti di Kiev nell’Ucraina orientale, e poi ha insistito affinché fosse attuato il pacchetto di misure di Minsk, come approvato all’unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a febbraio 2015, ma poi seppellito da Kiev con il coinvolgimento diretto di Stati Uniti e Unione Europea?»
In conclusione ha ricordato che la Russia stava cercando di risolvere i conflitti che coinvolgevano Palestina, Siria, Iraq, Libia, Yemen, Iran, Afghanistan, penisola coreana e continente africano per calmare le tensioni e promuovere lo sviluppo, rifiutando di partecipare a un «gioco a somma zero»
Infine una citazione per l’ex segretario generale delle Nazioni Unite (dal 1953 al 1961) Dag Hammarskjöld, ucciso in un misterioso incidente aereo in Zambia nel 1961: «L’ONU non è stata creata per portare l’umanità in paradiso , ma per salvare l’umanità dall’inferno».
Immagine del Ministero degli Esteri russo via Mid.ru pubblicata secondo indicazioni.
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondola stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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