Arte
La serie Netflix «Adolescence» come strumento di propaganda

La nuova serie di Netflix Adolescence, una rappresentazione fittizia dell’omicidio di una ragazza da parte di un adolescente dopo essere stato esposto a influencer misogini, sta riscuotendo un enorme successo sulla stampa dell’establishment. Lo riporta LifeSite.
Tuttavia, alcuni elementi possono portare a pensare che dietro la miniserie via sia un progetto specifico, corrispondente ad un’agenda precisa di manipolazione dell’opinione pubblica e perfino di preparazione all’avvento dell’ID digitale.
La benedizione definitiva all’opera in streaming da qualche settimana è arrivata quando il premier britannico Keir Starmer l’ha citata in Parlamento trattando i temi della serie per lanciar un appello all’azione contro gli influencer «tossici» online, questione che sembra divenuta assai importante nell’agenda globalista.
Il dramma in quattro parti mette in luce i social media come il centro di una serie di eventi che portano un ragazzo di 13 anni all’omicidio: dopo essere stato esposto alla «manosfera», cioè il mondo online degli influencer maschi dei social definiti «sessisti», il ragazzino viene umiliato pubblicamente online quando viene etichettato come un eterno «incel» (celibe involontario) da una ragazza che ha rifiutato le sue avances. Lui la pugnala a morte nel suo dolore e nella sua rabbia.
Sostieni Renovatio 21
Come riportato da Renovatio 21, gli incel sono un gruppo non organizzato di giovani che credono nell’ingiusta distribuzione delle relazioni amorose a seguito della cosiddetta «liberazione sessuale». Con la promiscuità indotta nella donna, dicono forse seguendo una proporzione lanciata dal sociologo italiano ottocentesco Vilfredo Pareto, il 20% dei ragazzi ottiene rapporti con le ragazze, mentre il restante 80% viene reso, appunto, celibe involontario. Gli incel hanno prodotto anche qualche episodio di violenza di livello simil-terroristico, anche se si è trattato, a quanto è stato dato di capire, sempre di eventi non organizzati e guidati dai disturbi del singolo.
Si dice che Adolescence sia liberamente ispirata agli omicidi con coltello commessi dai ragazzi nel Regno Unito, secondo il co-creatore Stephen Graham, che interpreta anche il padre del ragazzo nel film. «L’idea è nata quando, negli ultimi 10 anni circa, abbiamo assistito a un’epidemia di crimini con coltello tra i ragazzi, in tutto il Paese» ha spiegato Graham, volto oramai noto di film e serie USA (interpreta specialmente mafiosi italoamericani). «E per me, ci sono stati alcuni casi che sono rimasti davvero impressi, in cui i ragazzi… uccidevano le ragazze».
Tuttavia, le somiglianze tra il film e la realtà si limitano alla violenza tra ragazzi. I creatori del film non hanno citato alcuna ispirazione reale per i motivi o la storia passata dell’omicidio del film, perché i veri omicidi non sono stati causati da «misoginia» o influenza online. Anzi: commentatori online fanno notare come il colpevole, un ragazzino bianco, non rappresenti la realtà statistica, dove gli accoltellamenti sono perpetrati in stragrande maggioranza da ragazzi di famiglie immigrate.
Tuttavia, i creatori del film, così come il Primo Ministro britannico Keir Starmer e alcuni membri del Parlamento, stanno sfruttando la popolarità del film per chiedere la limitazione dell’accesso dei minori ai social media e potenzialmente la censura di alcuni influencer – primo fra tutti il kickboxeur campione del mondo Andrew Tate, re di internet – nonostante sia stato bannato ovunque – che pare essere stato combattuto anche con la Giustizia romena (che lo ha imprigionato assieme al fratello) forse con inventivi USAID, qualcuno ha ipotizzato. Ora i fratelli Tate sembrano avere problemi anche nella Florida di Ron DeSantis.
I parlamentari britannici hanno già elogiato Adolescence per aver «forzato un dibattito nazionale sui contenuti pericolosi visti da giovani uomini e ragazzi, con conseguenze fatali». «Il primo ministro sosterrà la campagna per contrastare la misoginia tossica in anticipo e dare ai giovani uomini i modelli di riferimento che meritano?» ha chiesto Anneliese Midgley durante una seduta del Parlamento del 19 marzo.
Lo Starmer ha detto che lo avrebbe fatto, aggiungendo che lui stesso stava guardando il film con i suoi figli adolescenti. «La violenza perpetrata dai giovani uomini, influenzata da ciò che vedono online, è un problema reale… È importante che, in tutta la Camera, affrontiamo questo problema emergente e in crescita», ha concluso.
I co-creatori della serie hanno anche ripetutamente messo in guardia dai pericoli dei social media quando si parla di adolescenza. Come ha avvertito Graham in un’intervista con GQ UK, «al giorno d’oggi, questi telefoni sono molto pericolosi. E questi cosiddetti influencer, penso che ci sia una grande responsabilità lì». In modo simile, ha dichiarato al quotidiano The Independent che Adolescence dovrebbe servire da «avvertimento» per i genitori sull’influenza dei social media sulla cultura giovanile.
Jack Thorne, il co-creatore del film, si è spinto oltre nel sostenere l’intervento del governo di fronte ai pericoli che i social media rappresentano per i giovani, chiedendo durante un’apparizione alla BBC persino al governo di implementare un’«età del consenso digitale», mentre in un’intervista con The Guardian, «i genitori possono provare a regolamentare questo, le scuole possono bloccare l’accesso ai telefoni cellulari, ma c’è ancora molto da fare. Dovrebbe esserci un sostegno governativo perché le idee espresse sono pericolose nelle mani sbagliate e i giovani cervelli non sono attrezzati per affrontarle».
In pratica, gli autori della serie, seguiti dal coro della politica britannica più alta, stanno chiedendo l’implementazione di censura e controllo per il discorso online, nel nome del benessere dei bambini – che altrimenti su internet finiscono per divenire assassini. Nessuno di costoro, ad ogni modo, è riuscito a citare un singolo caso in cui da qualche parte nella mente del ragazzo violento vi fosse un influencer machista.
Al contrario, i casi di giovani assassini radicalizzati all’estremismo islamico online (come quello che ha ammazzato il membro parlamentare cattolico Sir David Ames) abbondano, con il ruolo di internet molto chiaro. Eppure, qui si vuole il ban degli esponenti della manosfera, non dei jihadisti, che in Gran Bretagna abbondano nel nome della libertà religiosa e della libertà di espressione.
Curioso che le stesse figure mai hanno mosso un dito, in tutti questi anni, per la limitazione della pornografia online, nonostante le prove che la pornografia stia alimentando l’aumento dell’aggressione sessuale negli uomini. O hanno citato un singolo caso che dimostrasse violenza innescata da un «influencer», per non parlare di un modello di tali casi.
Curioso anche come il mainstream, se deve parlare di violenza contro le giovani britanniche, parli di storie fittizie di ragazzi autoctoni maschi e non di quello di cui parla la massa online, cioè lo scandalo di Rotherham, in cui migliaia di ragazze sono state vittime nel Regno Unito di ghenghe di pakistani – le cosiddette grooming gang – che hanno stuprato per anni nel totale silenzio di autorità e polizia.
Sembra insomma che vi sia uno sforzo coordinato di propaganda in gioco.
È ampiamente documentato che gli studi cinematografici collaborano con i governi per scopi propagandistici. Nel 1943, l’Office of Strategic Services, il precursore della CIA, fece circolare un promemoria che elogiava il cinema come «una delle armi di propaganda più potenti a disposizione degli Stati Uniti» e raccomandava «la cooperazione volontaria di tutte le agenzie di movimento non sotto il controllo del JCS [Joint Chiefs of Staff]». Elmer Davis, ex direttore dell’Office of War Information degli Stati Uniti, ha affermato: «Il modo più semplice per iniettare un’idea di propaganda nella mente della maggior parte delle persone è lasciarla entrare attraverso il mezzo di un film di intrattenimento quando non si rendono conto di essere oggetto di propaganda».
Secondo diverse fonti, il governo degli Stati Uniti ha rafforzato la collaborazione con Hollywood dopo gli attacchi dell’11 settembre, quando Karl Rove, consigliere senior del Presidente, e altri alti funzionari hanno incontrato i dirigenti degli studi cinematografici. Gli studi, tra cui la Motion Picture Association of America, hanno accettato di aiutare gli sforzi di propaganda dell’amministrazione.
È interessante notare che Marc Randolph Bernays, co-fondatore e primo CEO di Netflix, è pronipote di Edward Bernays, pioniere e influente propagandista per il governo e le aziende degli Stati Uniti, nonché autore del libro Propaganda. Edward Bernays contribuì a vendere la Prima guerra mondiale agli americani come la guerra che avrebbe «reso il mondo sicuro per la democrazia» mentre lavorava per il Comitato statunitense per l’informazione pubblica, definendo questo lavoro «guerra psicologica». Il Bernays, di suo nipote del controverso psichiatra ebreo austriaco Sigismondo Freud, in seguito applicò le sue tecniche per commercializzare le sigarette alle donne e per aiutare a convincere gli americani che la fluorizzazione dell’acqua era sicura e benefica. Descrisse apertamente l’obiettivo dei suoi metodi come «ingegneria del consenso».
In effetti, Edward Bernays si annoverava tra i «veri potenti» degli Stati Uniti: «La manipolazione consapevole e intelligente delle abitudini e delle opinioni organizzate delle masse è un elemento importante nella società democratica. Coloro che manipolano questo meccanismo invisibile della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere dominante del nostro Paese» scriveva il Bernays.
«Siamo governati, le nostre menti sono plasmate, i nostri gusti formati e le nostre idee suggerite, in gran parte da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare (…) Sono loro che tirano i fili che controllano la mente pubblica».
I fili tirati della mente pubblica sono oggi più evidenti che mai.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
«Qualsiasi governo che faccia storie sui contenuti “misogini” degli influencer senza fare uno sforzo serio per combattere il traffico sessuale e la pornografia violenta ha motivazioni sospette» scrive giustamente LifeSite.
Sembra chiarissimo qui come il successo della serie miri non solo a spostare il focus – il problema della violenza sulle donne non viene dagli immigrati, ma dagli adolescenti bianchi – ma a manipolare l’opinione pubblica affinché accetti definitivamente, dopo la grande prova del COVID, la necessità di una censura online per i discorsi sgraditi al potere e alla sua agenda.
Di più: l’idea di controllare l’accesso a internet dei ragazzi è chiaramente uno stimolo per l’introduzione di un ID digitale, il grande strumento di sorveglianza sognato dalle élite mondialiste, che spingono per avere un unico accesso elettronico sia alle cose pubbliche (la navigazione in internet, il conto in banca) che private (la sanità, i vaccini, il voto…). Ovviamente, grandi gruppi come quello di Bill Gates vi lavora da tempo, e i grandi istituti bancari, imbeccati dal World Economic Forum, pure.
La piattaforma dell’euro digitale, di lancio imminente, risponde esattamente a questo progetto, che oramai si dipana sotto i nostri occhi, e che le serie di propaganda di Netflix stanno solo facendo sì che cominciamo ad accettare.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Arte
Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Arte
Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa

La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
Sostieni Renovatio 21
In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
Aiuta Renovatio 21
L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della seria, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine da Twitter
Arte
I sauditi e il genero ebreo di Trump comprono l’Electronic Arts

Sostieni Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-
Persecuzioni2 settimane fa
Il ministro israeliano Katz: suore e clero cristiano saranno considerati terroristi se non lasceranno Gaza
-
Immigrazione2 settimane fa
Mons. Viganò: storia delle migrazioni di massa come ingegneria sociale
-
Spirito2 settimane fa
Viganò: «Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica»
-
Civiltà2 settimane fa
La lingua russa, l’amicizia fra i popoli, la civiltà
-
Ambiente2 settimane fa
Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso
-
Cancro1 settimana fa
Tutti i vaccini contro il COVID aumentano il rischio di cancro, conclude un nuovo studio
-
Civiltà2 settimane fa
«Pragmatismo e realismo, rifiuto della filosofia dei blocchi». Il discorso di Putin a Valdai 2025: «la Russia non mostrerà mai debolezza o indecisione»
-
Salute2 settimane fa
I malori della 40ª settimana 2025