Spirito
La saggezza di Monsignor Lefebvre
E cos’hanno da dire questi Commenti sull’ultimo clamoroso scandalo di Papa Francesco, ovvero il suo Motu Proprio Traditionis Custodes in cui si adopera per estinguere il millenario rito Apostolico e Tradizionale della Messa in Latino, e per assicurarsi che scomparirà per sempre dalle celebrazioni della Messa?
Innanzitutto questi Commenti rendono gloria a Dio per averci dato come modello, per guidarci attraverso questa crisi di fine mondo della Chiesa, l’Arcivescovo Lefebvre. Egli concluse i suoi giorni presumibilmente «scomunicato» dagli uomini della chiesa mainstream. Del resto non fu seguito del tutto fedelmente neanche dai principali ecclesiastici della Fraternità San Pio X da lui stesso fondata.
Ma i documenti di ciò che ha fatto e detto ci sono, e la sua saggezza in merito al futuro della Chiesa diventa più chiara ogni giorno che passa.
Quei documenti ci dicono esattamente come avrebbe reagito a Traditionis Custodes.
Da un lato avrebbe ancora una volta completamente rigettato la falsa dottrina del Vaticano II, che sta dietro la Messa del Novus Ordo e che dal 1969 cerca in tutti i modi di abolire ogni traccia dell’antico rito Tridentino, baluardo indistruttibile a difesa della Tradizione, tentando di sostituirlo senza successo con la protestantica Messa Montiniana.
E dall’altro, in merito alla diabolica guerra che gli ultimi Papi stanno facendo, più aspramente che mai, contro la Tradizione Cattolica, come Francesco con questo Motu Proprio, è altamente improbabile che l’Arcivescovo avrebbe mai potuto dichiarare che Papa Francesco non fosse Papa.
Piuttosto, per amore della gerarchia visibile della Chiesa avrebbe insistito sul necessario atteggiamento di rispetto verso tutti gli apparenti Papi del Vaticano II, lasciando solo alla Chiesa ufficiale, in un futuro più tranquillo, la decisione su quale status attribuire a questi Vicari di Cristo demolitori della Tradizione Cattolica.
Questo equilibrio dell’Arcivescovo tra la dura condanna della dottrina dei Papi Conciliari e il rispetto del loro ufficio, è diventato noto come «Riconoscere e resistere», cioè, riconoscere il loro ufficio, ma resistere alla loro dottrina.
Ma i Cattolici che seguono questa politica sono oggetto di pesanti critiche sia da sinistra che da destra.
I liberali affermano che chi giustamente riconosce l’ufficio, non ha il diritto di resistere ai suoi comandi.
I «sedevacantisti», capovolgendo la posizione liberale, affermano che chi giustamente resiste ai falsi comandi dell’ufficio, inevitabilmente non può riconoscere quell’ufficio che impartisce quei comandi. Quindi non si può contemporaneamente riconoscere e resistere, o l’uno o l’altro.
No, ha detto l’Arcivescovo: «io condanno l’insegnamento ma non necessariamente il maestro».
I Papi Cattolici che odiano la Tradizione sono un mistero da risolvere in un’epoca futura della Chiesa, se vorrà e potrà. E da allora, questa posizione dell’Arcivescovo è stata seguita da molti Cattolici non per la sua autorità, che di ufficiale aveva poco o nulla, ma perché posti di fronte agli stessi problemi molti Cattolici erano comunque giunti alle stesse conclusioni, e quindi lo seguirono facendo di lui il precursore di quell’equilibrio e sanità mentale che vive tutt’ora nella crisi in corso della Chiesa.
Ma cosa ha permesso all’Arcivescovo di mantenere quell’equilibrio e quella serenità quando, sulla scia del Concilio, tanti Cattolici credenti hanno perso la fede o hanno disperato della Chiesa? Indubbiamente era la sua fede incrollabile in un Dio e una Verità entrambi molto al di sopra di tutti i cambiamenti, influenze, politiche umane, o qualsiasi altra cosa. Un Dio e una Verità sanciti nella Tradizione Cattolica a beneficio degli uomini, ma in alcun modo soggetti o dipendenti da essi.
Ecco le altezze in cui visse in spirito e da cui discese nella vita quotidiana, né ammettendo mutamenti indebiti nelle cose di Dio, né pretendendo troppa perfezione nelle cose degli uomini.
I liberali erano impazziti per voler adattare l’unica vera Chiesa di Dio alla nostra epoca di empietà, mentre i Cattolici si sbagliavano se dubitarono della Provvidenza nella gestione di Dio della Sua Chiesa.
Il povero Papa Francesco è impazzito, ma Gesù Cristo è con la Sua Chiesa fino alla fine del mondo – Mt. XXVIII, 20.
Kyrie eleison.
Noi né veneriamo né adoriamo Mons. Lefebvre,
Ma ringraziamo Dio per questo grande guerriero!
Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
Scritto apparso nei Commenti Eleison di Monsignor Richard Williamson sul sito della St.Marcel Initiative
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Intelligenza Artificiale
Sacerdozio virtuale, errore reale
«Father Justin» è stato «ridotto allo stato laicale» pochi giorni dopo l’inizio del suo ministero. Non per una storia di abusi, perché «Father Justin» è l’avatar digitale dato a un algoritmo. La vicenda d’oltreoceano potrebbe sembrare aneddotica se non mostrasse, implicitamente, i limiti dell’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli ambiti della fede e della pastorale cristiana.
Catholic Answers è un’associazione dedicata alla difesa della fede cattolica, con sede a El Cajon, California. Gli apologeti che la gestiscono hanno subito capito il vantaggio di investire nell’universo digitale, utilizzando le inesauribili risorse dell’intelligenza artificiale.
È così che è stato sviluppato un algoritmo chiamato Father Justin, ornato da un’immagine generata al computer, che lo rappresenta come un prete barbuto che indossa una talare, in altre parole una sequenza matematica adatta a rispondere alle domande degli internauti sulla fede e sull’insegnamento della Chiesa.
Ma il prete virtuale – o meglio i suoi ideatori, l’IA non produce, in termini di qualità dell’informazione, nulla che non sia in linea con il suo database – non ha seguito un percorso teologico tradizionale: così, Father Justin non vede nessun problema nel battezzare con «Gatorade», una bevanda energetica, quando solo l’acqua costituisce la materia valida per questo sacramento.
Quando un utente chiede la forma del sacramento della penitenza, il robot propone online una formula per l’assoluzione dei peccati, che sarebbe totalmente invalida, poiché l’assoluzione richiede la presenza fisica di un sacerdote validamente ordinato e con giurisdizione per compiere questo atto.
Tuttavia, a una richiesta diretta di essere ascoltato in confessione e assolto, Father Justin spiega: «anche se vorrei aiutarti, non sono in grado di amministrare il sacramento della riconciliazione con questo mezzo. È un sacramento che richiede un incontro personale. Ti incoraggio a trovare una chiesa cattolica e a parlare con un prete».
Di fronte allo scalpore suscitato da questa vicenda, Catholic Answers ha fatto marcia indietro rivestendo il buon Father Justin da laico e promettendo di correggere il suo «chatbot» – il programma informatico che simula ed elabora una conversazione umana, permettendo di interagire con gli utenti – in un senso più coerente con la fede e la moralità cattolica.
Catholic Answers avrà presto un bot affidabile? Possiamo dubitarne, perché un progetto del genere pone un problema: immaginare che un «chatbot» possa svolgere a pieno titolo il ruolo di catechista o di missionario non rivela forse una profonda incomprensione del modo in cui si trasmette la fede?
Se l’Intelligenza Artificiale può rendere accessibile una quantità impressionante di informazioni in tempi record, la nozione di «chatbot» nasconde un’ambiguità: quella di far credere alle persone in una reale interazione personale.
Quando un fedele, o una persona che cerca la verità, si avvicina alla Chiesa, ha diritto di ascoltare delle risposte trasmesse in un vero spirito di fede teologale e di prudenza soprannaturale che supera le capacità numeriche di un algoritmo, anche il più elaborato.
Di fronte alle critiche, Catholic Answers si è difesa in modo poco convincente: «Comprendiamo che alcuni non si sentano a proprio agio con l’intelligenza artificiale. Ma dato che esiste, ci sforziamo di metterlo al servizio del Regno di Dio». Un modo per evitare la radice del problema.
Perché gli strumenti fabbricati dall’uomo hanno uno scopo solo nella misura in cui facilitano la vita veramente umana, permettendo così di risparmiare tempo, non per essere pigri, ma per esercitare le nostre facoltà di conoscenza e le nostre virtù, ed elevare la nostra umanità.
In questo contesto, vogliamo affidare le capacità umane, come la comprensione, il giudizio, le relazioni umane e l’autonomia d’azione, ai software di Intelligenza Artificiale senza conoscere il valore reale di questi sistemi che pretendono di essere intelligenti e cognitivi?
Questa è la sfida etica dei prossimi anni riguardo all’Intelligenza Artificiale, e di cui Father Justin, questa volta, ha pagato il prezzo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Pensiero
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Geopolitica
La polifonia vaticana sulla guerra in Ucraina
Mentre il conflitto tra Ucraina e Russia entra nel suo terzo anno, nelle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede sono emersi diversi punti di vista, sia da parte del Santo Padre che dei servizi diplomatici della Segreteria di Stato.
Sinfonia? Cacofonia? Dissonanza intenzionale? Che si sia entusiasti o meno dell’attuale pontificato, varia notevolmente l’apprezzamento delle differenze di tono che si osservano al di là del Tevere nella trattazione del conflitto russo-ucraino.
Da parte del Papa, Papa Francesco ripete da mesi costantemente i suoi appelli alla pace per la ragione che «la guerra è sempre una sconfitta» e che coloro che vincono sono i “fabbricanti di armi”. È una posizione che ha il merito di restare immutata.
In un’intervista alla televisione svizzera RTS del 2 febbraio 2024, andata in onda a marzo, il Papa ha invitato l’Ucraina ad avere «il coraggio di negoziare»: «credo che il più forte sia chi vede la situazione, chi pensa del popolo, che ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare», ha dichiarato, chiedendo che la mediazione venga effettuata da un paese che lo ha offerto, come la Turchia.
Sarà un negoziato necessario per evitare il «suicidio» del Paese. Il Papa ha poi risposto a una domanda sul tema del «bianco», parlando delle virtù del bianco ma anche della «bandiera bianca». Le sue dichiarazioni hanno innescato una crisi diplomatica tra Santa Sede e Ucraina, ma che avrebbero lo scopo di sottolineare la posizione pacifista di un Papa che mette la sacralità della vita al di sopra di ogni altra cosa.
Per il capo della diplomazia ucraina, a cui si uniscono le voci più critiche all’interno della Chiesa nei confronti dell’attuale Romano Pontefice, si tratterebbe di un atteggiamento che evoca la «neutralità osservata da Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale».
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Il Vaticano ha tentato di chiudere la polemica: «il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare una cessazione delle ostilità, una tregua raggiunta con il coraggio del negoziato», ha spiegato il direttore della Lo ha affermato la Sala Stampa della Santa Sede.
Il 24 aprile Francesco insisteva e affermava in una nuova intervista concessa al canale americano CBS: «cercate di negoziare. Cerca la pace. Una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine», sottolinea il Sommo Pontefice, alludendo sia alla guerra in Ucraina che alla situazione a Gaza.
Da parte della Segreteria di Stato i toni non sono esattamente gli stessi. Dall’inizio del conflitto, la diplomazia vaticana non ha mai difeso una capitolazione dell’Ucraina. In più occasioni, i suoi due più alti funzionari, il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Gallagher, hanno ammesso pubblicamente la legittimità di una guerra difensiva, inviando anche armi per realizzarla.
In una recente intervista con la rivista America del 25 marzo 2024, l’arcivescovo Gallagher ha affermato di ritenere che «la Russia non stabilisce le condizioni necessarie [per negoziare]. Le condizioni necessarie, che sono nelle mani della Russia, sono fermare gli attacchi, fermare i missili». Afferma anche della Santa Sede che «non sosteniamo che i confini dei paesi debbano essere modificati con la forza».
I gesuiti della Civiltà Cattolica – rivista influente in Italia, e teoricamente vidimata dalla Santa Sede prima della pubblicazione – hanno difeso una posizione diversa da quella di Papa Francesco e della Segreteria di Stato, sostenendo una futura controffensiva ucraina e un sostegno più forte dall’Europa e dalla NATO per l’Ucraina. Cosa si può dire di questo concerto a più voci?
Un funzionario vaticano, citato in condizione di anonimato da La Croix, riassume la situazione dipingendo un quadro sfumato della più antica diplomazia del mondo: «Siamo neutrali ma senza indifferenza etica. La storia è più complessa di un mondo in bianco e nero. Per noi Ucraina e Russia non sono due realtà sociopolitiche completamente separate…»
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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