Economia
La Russia sanziona 31 società straniere, comprese le filiali Gazprom

Il governo russo ha pubblicato ieri un elenco di 31 società straniere, comprese le filiali estere di Gazprom, alle quali ha imposto sanzioni di ritorsione, in una risoluzione che era stata decretata in precedenza da Vladimir Putin, ha riferito l’agenzia di Stato russa TASS l’11 maggio.
Le società sono tedesche, Francia e altri paesi europei, nonché dagli Stati Uniti e Singapore.
L’elenco include anche ex filiali europee di Gazprom, come Gazprom Germania GmbH, Gazprom Schweiz AG e Gazprom Marketing & Trading USA, Inc., tra le altre.
A tutte queste società viene ordinato di smettere di usare il marchio Gazprom. Sebbene il presidente Putin abbia dichiarato il 3 maggio che avrebbe rilasciato un elenco di società o entità di paesi «ostili» da sanzionare, l’azione di ieri è attribuita da alcuni media all’azione ostile dell’Ucraina che ha chiuso sul suo territorio il gasdotto russo utilizzato per il trasporto di gas verso Europa., un ulteriore forma di ricatto nei confronti dell’Europa che danneggia i cittadini dei Paesi UE, oramai anche loro pedine sacrificabili della politica di guerra mondiale di Zelens’kyj.
La risoluzione che spiega le sanzioni vieta alle 31 entità di effettuare qualsiasi transazione con Gazprom, o di entrare nei porti russi.
Alle autorità russe, alle persone giuridiche o ai singoli cittadini è vietato concludere qualsiasi transazione con le entità sanzionate o con qualsiasi organizzazione sotto il loro controllo; questo include transazioni finanziarie e contratti di commercio estero.
Nell’elenco è inclusa EuRoPol GAZ, una joint venture tra Gazprom e la polacca PGNiG, proprietaria della sezione polacca del gasdotto Yamal-Europa attraverso il quale scorre gran parte della fornitura di gas di Gazprom all’Europa.
Lo stop del gas russo attraverso la Polonia ha provocato ieri lo schizzare dei prezzi del gas, saliti del 16,6% (109€/Mwh).
Il caos oramai è innegabile: da una parte, vari governi hanno dato prova di voler riconsiderare la loro posizione accettando il pagamento in rubli dell’energia, dall’altra ecco invece la burocrazia di Bruxelles che proseguono la loro guerra talebana contro Mosca.
«La Banca centrale russa è soggetta a sanzioni dell’Ue e la nostra assolutamente posizione è che usare questo metodo di pagamento del gas in rubli sarebbe una violazione di queste sanzioni» ha detto Tim McPhie, il portavoce della Commissione Europea. «presidente della Commissione [Ursula Von der Leyen, ndr] lo ha detto chiaramente e la commissaria Simson lo ha detto chiaramente. Continueremo a dialogare con gli Stati membri per spiegare la situazione e le linee guida».
In pratica, la centrale UE insiste che il pagamento in rubli viola le sanzioni, e chi vorrà non chiudere le proprie fabbriche incorrerà quindi nelle ire di Bruxelles.
Ora: sappiamo che questa pazzesca partita a scacchi in corso, potrebbe terminare con l’incredibile sparizione della NATO, che – come previsto dal politologo americano di scuola realista George Kennan ancora 70 anni fa – nel momento della verità potrebbe non reggere, perché ogni Paese ha i suoi interessi, non sussumibili in toto nell’ente militare neppure durante la Guerra Fredda.
Ma quello che rileva qui è che oltre che il bluff della NATO, qui Putin potrebbe riuscire a chiamare anche il bluff dell’Unione Europea: come si permettono, gli euroburocrati di vertice, di dare «linee guida» a Stati sovrani che intendono proteggere la propria economia dal disastro assoluto?
La posta in gioco per tutti noi, se leggiamo fra le righe, è davvero gigantesca.
Immagine di 52655f via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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