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IVF

La riproduzione artificiale diventa un grande business

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21

 

 

È un luogo comune del giornalismo scientifico che l’etica non possa stare al passo con la tecnologia

 

Per quanto riguarda la riproduzione assistita, l’etica non può stare al passo con gli affari.

 

Il pubblico è ancora bloccato nel 1978 con la nascita del primo «bambino miracoloso» della fecondazione in vitro, Louise Brown: le cliniche per la fecondazione in vitro sono luoghi in cui le donne (per lo più donne) cercano cure per l’infertilità.

 

In un articolo denso ma percettivo in Reproductive Biomedicine & Society Online * la ricercatrice olandese Lucy van der Wiel sostiene che questo è stato sostituito dalla corporativizzazione della fertilità.

 

Le società quotate forniscono una gamma sempre crescente di servizi per la fertilità. Come si legge in un articolo del New Yorker, «Se il vecchio obiettivo era quello di fare un bambino , tenendo conto del tempo perso, il nuovo obiettivo è quello di creare fertilità , a partire da qualsiasi età».

 

L’obiettivo di Van der Wiel è come i benefici per la fertilità forniti dal datore di lavoro, in particolare il congelamento degli ovociti, cambiano le dinamiche della fertilità.

 

  • Il congelamento degli ovuli sponsorizzato dall’azienda è un espediente per razionalizzare l’impiego delle donne fertili. «Funziona come un tecno-riparazione individualista a problemi che richiedono una riforma strutturale. Quando la fertilità è intesa come un problema individuale…, c’è meno bisogno percepito e sostegno per i cambiamenti strutturali, tra cui congedo parentale e per malattia retribuito, assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, assicurazione sanitaria completa, assistenza sanitaria per gli immigrati e salari adeguati».

 

  • La nascita di figli è integrata nella necessità dei datori di lavoro di rendere i lavoratori più produttivi. La riproduzione può essere programmata e resa il più efficiente possibile per riportare le donne al lavoro con il minimo disturbo.

 

  • La fecondazione in vitro si sta trasformando da modello «reattivo» a modello «proattivo». In altre parole, invece di aspettare di scoprire di avere problemi di fertilità e poi progredire lentamente attraverso un processo di fecondazione in vitro personalmente traumatico, le aziende incoraggiano le donne a utilizzare test genetici e procedure di fecondazione in vitro ad alto costo per assicurarsi che trascorrano meno tempo possibile lontane dal lavoro.

 

  • «Il grande cambiamento che emerge con i benefici per la fertilità», scrive van der Wiel, è «l’influenza di un nuovo tipo di società nel settore della fecondazione in vitro che è legata ai suoi investitori o azionisti, funziona come un’entità a scopo di lucro guidata da metriche finanziarie di crescita continua e spinta da una piattaforma online che diventa un mezzo per estrarre dati, cambiare la pratica clinica, riformulare la fertilità e modificare le relazioni di potere all’interno di un settore della fertilità in modi che richiedono una riflessione critica».

 

In breve, i benefici per la fertilità aziendale sono un modo per gestire gli orologi biologici delle donne per aiutare a rendere le aziende più redditizie «in linea con le tendenze capitaliste in favore della crescita dei ricavi prevista, delle ragioni di rimborso e del ritorno sull’investimento».

 

 

 

RBSO ha cessato la pubblicazione a marzo per motivi finanziari.

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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CRISPR

Indi Gregory, i mitocondri, l’era umanoide

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No, non abbiamo «preso il buco», come si dice in gergo giornalistico.

 

In questi giorni non abbiamo parlato mai di Indi Gregory non perché non conoscessimo il caso. Se non avete letto articoli a riguardo della tragedia della piccola inglese, non è che perché sdegniamo le cose riportate nella cronaca nazionale, perché concentrati sul quadro più grande, persi tra geopolitica e misticismi preconizzanti.

 

Lo confesso: ho avuto, per il caso, come un senso di ripulsa. Da un certo punto di vista, si tratta di una cosa personale: avevo seguito i casi di Charlie Gard e di Alfie Evans – e qualcuno dei seguenti: perché, lo avete capito, è un pattern molto finito definito, è un’iniziativa, come si dice nel business delle startup, «scalabile e ripetibile».

 

Devo dire che ero stato coinvolto, in quei casi di infanticidio inflitto dalla Corona britannica per mezzo dei suoi ospedali e dei suoi giudici parrucconi (letteralmente), fino a starne male. Non ero il solo: ricordo le lacrime di alcune amiche. Ricordo gli atti, mai raccontati da nessuna testata o blog che sia, di gruppi di persone che non si davano per vinte, arrivando ad attaccarsi ai cancelli del Vaticano.

 

Ricordo tutto quel turbine. Ricordo quando staccarono le macchine ad Alfie – e lui, invece di morire, rimase in vita. Per un po’.

 

Non scrivo per partecipare alla macchina di indignazione permanente, quella che i movimenti pro-life sperano di montare ogni volta, di modo di spillare da voi (e dalla TV) attenzione e danari. Non ho messo in piedi Renovatio 21 per far parte di quel circo, soprattutto perché ho capito che esso è solo un narcotico per i pochi che ancora conservano l’animo, è uno strumento di controllo, un sistema di sorveglianza che, dopo aver raggruppato le emozioni, le livella via.

 

Nulla era servito nel caso di Alfie. Non gli appelli, le mosse opportuniste dei politici, le visite dal papa (con volto funereo tipo quello che aveva con Trump). Nulla, soprattutto – come cercherò di dire in questo articolo – era stato imparato.

 

Quindi, il lettore capisca la mia ritrosia personale. E poi, quando vedo apparire Pillon col papillon e magari il sorrisetto, non è che posso farcela. Né mi potete chiedere di farcela.

 

Oltra a questioni intime, dicevo, c’è un altro aspetto, più astratto, come dire, epistemologico, biopolitico, di filosofia della storia, forse. Ci sono cose che penso, da anni, ma che non mi va dire, o ripetere. Perché, ci crediate o no, costa molto metterci la testa, tirarle fuori, e poi sentirsi deriso, o molto peggio, sentirsi solo, mentre fuori il mondo lancia coriandoli in un’altra direzione, in un’altra dimensione.

 

Una di queste cose è, in sintesi, l’idea per cui gli omicidi pubblici perpetrati dallo Stato contro questi bambini serve per avviare l’era in cui i bambini saranno tutti progettati geneticamente in provetta – materia in cui, nessuno ovviamente lo ha ricordato in questi giorni, Albione fu pioniera già 45 anni fa con Louise Browne, il primo test tube baby prodotto dal dottor Robert Edwards, quello che programmaticamente, disse, voleva sostituirsi a Dio nel controllo della vita.

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Nessuno, parimenti, ricorda che il Regno britannico è quello di Crick e Watson, gli scopritori del DNA, e di certi discorsi direttamente eugenetici primo. Francis Crick occasionalmente esprimeva idee come, ad esempio, quella secondo cui in cui i genitori benestanti dovrebbero essere incoraggiati ad avere più figli. «Al momento non è un argomento che possiamo affrontare facilmente perché le persone hanno così tante credenze religiose e finché non avremo una visione più uniforme di noi stessi penso che sarebbe rischioso provare a fare qualsiasi cosa in termini di eugenetica» scrisse il Crick, che disse che sarebbe «rimasto stupito se, nei prossimi 100 o 200 anni, la società non si convincesse che si dovrà cercare di migliorare la prossima generazione in una certa misura o in un modo o nell’altro».

 

Nessuno ha rammentato il tanto lavoro fatto dalla politica e dalla sanità inglese per stabilire e poi abbattere le regole per la coltivazione sperimentale di embrioni in vitro (come la «legge dei 14 giorni», dopo i quali l’embrione creato in laboratorio va scartato).

 

Nessuno pare, poi, voler parlare di chi sta sul trono di Londra, di quel re e di quella famiglia reale, che tante volte su Renovatio 21 abbiamo definito «famiglia della morte»: una dinastia di signori della Necrocultura globale, che – come in certi altri casati americani – pare trasmettersi geneticamente l’odio per l’umanità, e la missione della sua contrazione.

 

La cosa rivelatrice che abbiamo visto è il fatto che, vista la posizione presa dal governo italiano (ci torneremo prima di finire il pezzo), la sinistra italiana si è compattata per la morte della piccola. Sembra incredibile, se lo si pensa, ma è così: non cercano nemmeno di dissimulare, non dicono nemmeno più frasi di circostanza, non cercando di astenersi dal parlarne pubblicamente, visto che magari pure qualche elettore del PD poteva andare in dissonanza cognitiva… uccidere… una bambina?

 

No, il pudore della Cultura della Morte non esiste più, anzi. Esiste l’attrazione assoluta, del partito di sinistra divenuto «Partito radicale di massa» come profetizzava Del Noce, per gli argomenti di morte, perché vissuti come prove della propria virtù liberale: l’eutanasia è l’esempio più lampante, ma quella riguarda (in teoria, molto in teoria) persone che vogliono morire. Quei c’è una bambina piccolissima…

 

Su La7, polo televisivo del proprietario del Corriere della Sera a cui è stato lasciato assemblare un simile potentato giornalistico, sono andati in onda istruttivi interventi di Andrea Crisanti, l’unico della risma dei dottori del COVID-catodico a cui è riuscito il salto verso il Parlamento.

 

Crisanti era la persona giusta a cui chiedere lumi: per la massa bovina – cioè il vero destinatario delle comunicazioni di massa odierne, la massa vaccina – è la scienza incarnata. Nel curriculum ha anni vissuti in Inghilterra, dove all’Imperial College (ente recipiente dei milioni dei Gates, uno di quei casati di cui parlavo poche righe sopra) si ingegnerizzavano zanzare geneticamente modificate per il nobile compito di vincere la malaria – estinguendo la specie dopo averla resa sterile con la bioingegneria CRISPR – un’altra passione non tanto segreta di Gates.

 

Ascoltiamo cosa dice il senatore in un talk show: «dall’Inghilterra dobbiamo imparare tantissimo», perché «è la patria dell’habeas corpus, del rispetto dell’individuo… c’è stato un processo lungo otto mesi… la famiglia ha perso anche il ricorso al Consiglio di Europa e ha perso anche là… non è che stiamo parlando di uno Stato autoritario, guardi che l’Inghilterra è la patria della libertà… noi dall’Inghilterra dobbiamo imparare tantissime cose sulla libertà individuale».

 

In un’altra intervista sempre sul canale di Cairo, il Crisanti ha puntualizzato scientificamente la questione, spiegando che la patologia della bimba è «un’insufficienza metabolica dei mitocondri… se queste strutture non funzionano, praticamente tutti i tessuti del corpo si consumano come fosse una candela… di fatto è un progressivo deterioramento sia fisico che neuronale… non esiste cura».

 

«La bambina nel giro di pochi mesi muore… eh» dice il senatore. «Muore comunque, non ci ha speranza di vita».

 

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La giornalista quindi chiede se c’è qualcosa che l’Italia dal punto di vista sanitario può fare più dell’Inghilterra. Il Crisanti scuote la testa «assolutamente no, lei consideri che la genetica è nata in Inghilterra. In Inghilterra ci stanno i più grandi specialisti di genetica umana e di terapia genica», assicura, con un certo accento centroitalico («derabbiaggeniga»).

 

«Quindi faccio fatica a credere che in Italia possa ricevere qualcosa in più che avrebbe potuto avere in Inghilterra» dice lo scienziato apparso a Padova, cioè a Vo’ Euganeo, nel primo focolaio COVID, e mai più toltosi dalla scena.

 

Il senatore PD dice di comprendere il dolore della famiglia, per poi dichiarare che «comprendo anche la posizione degli inglesi. Non dimentichiamoci che l’Inghilterra dell’habeas corpus, della libertà individuale. Cioè, stiamo di fronte ad un Paese civilissimo… la famiglia ha avuto tutte le garanzie possibili che la legge poteva offrire… hanno fatto appello anche alla Corte Europea, hanno perso anche alla Corte europea».

 

Insomma, i talking point sembrano essere sempre gli stessi, con il messaggio forse solo da noi percepito, e un po’ strano considerando che sono parole che vengono dalla bocca un senatore della Repubblica Italiana, di una sorta di superiorità scientifico-morale-legislativa di un Paese straniero. Insomma, per tutte queste ragioni, le macchine vanno staccate, farla venire in Italia è inutile, insomma Indi deve…

 

Fermi tutti, però qui è saltata fuori però una parola nuova: mitocondri. Ah già, i mitocondri. Déjà vu.

 

La sindrome da deplezione del DNA mitocondriale (in acronimo anglofono MDS, o MDDS) era esattamente la malattia di cui soffriva Charlie Gard, il bambino la cui storia lacerò il mondo, ucciso con il distacco delle macchine imposto dall’ospedale e dalla Sanità inglese, in combo con i giudici, nel 2017.

 

Forse, se leggete questo sito, già lo sapete: i britannici sono i primi ad aver permesso e realizzato la cosiddetta «donazione mitocondriale», espressione orwelliana talvolta preferita a «Three parents IVF», ossia «fecondazione in vitro a tre genitori».  In pratica, si produce in laboratorio un bambino formato da tre genitori, frutto del materiale genetico di un uomo e due donne: la madre dà l’ovulo, ma una seconda donna, considerata sana, fornisce i mitocondri, sostituendo quelli difettosi della madre-ovocita.

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Ovviamente, non ci possono essere studi a lungo termine – anzi, c’è qualche possibilità che crei malattie inaspettate – ma, come altre terapie geniche che conoscerete, la si fa lo stesso, l’ultimo caso famoso è di sei mesi fa, proprio in terra di Albione. Per produrre un embrione che diventa il bambino a tre genitori, ricordiamo en passant, ne hanno distrutti 316. Ucraina e Singapore, e pure l’Australia, già da un lustro sono sul pezzo.

 

Abbiamo scritto su questo sito che c’è la grande probabilità che la provetta a tre genitori possa essere stata offerta ai Gard. Ciò vuol dire, che i bambini dopo Charlie potrebbero essere figli della provetta a tre genitori, perché, assicurano gli scienziati, è l’unico modo per non rischiare il ripetersi di quello strazio.

 

Fai il bambino in provetta, fondendo tre DNA (i mitocondri hanno un codice genetico loro, il DNA mitocondriale) per non avere problemi, anzi, guarda, fallo per il bene del bambino. Tenete a mente quale sarà il mantra per i bambini nati da bioingegnerizzazione: sarà come vaccinarli

 

È chiaro che siamo dinanzi ad una delle prime svolte programmate per i designer babies, cioè per l’eugenetica del XXI secolo. È chiaro che ci stanno portando lì.

 

Per questo, ritengo, che scienziati e giudici del sistema della morte sono così insolitamente negativi rispetto alle cure. È per questo che il Moloch britannico, a costo di dividere l’opinione pubblica e creare qualche dissonanza cognitiva, sta ammazzando tutti questi bambini.

 

Charlie, Indi e gli altri sono i piccoli sacrifici umani sui quali si sta costruendo un mondo fatto solo di bimbi bioingegnerizzati, magari con il CRISPR, come le zanzare di Gates e Crisanti. Sangue innocente, versato per il sorgere dell’era umanoide.

 

Ci rendiamo conto che è tanta roba, ma è quello che pensiamo – da anni. Ed è per questo che viene da guardare infastiditi il circo che si è scatenato intorno a Indi. Gli occhi fissi sul dito, mentre la Luna è lì davanti, piena, immensa. E i lupi ululano.

 

Avevamo promesso due parole sulla Meloni, e il suo beau geste di dare la cittadinanza alla bambina, sperando di portarla in Italia. Rimembrate che accadde la stessa cosa con Alfie Evans, che divenne cittadino italiano, come deliberato il Consiglio dei Ministri nell’aprile 2018 su proposta del ministro degli Interni Macro Minniti e del ministro degli Esteri Alfano.

 

Alfano era il capo di un partito biodegradabile, ora sparito, chiamato Nuovo Centrodestra, formatosi da una scissione del Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi organizzata, scrisse qualche giornale, con l’appoggio dell’episcopato. Alcuni pezzi di quel network democristiano, il continuum talvolta inspiegabile tra la politica e i vescovi (i Family Day…), sono stati trasferiti direttamente in Fratelli d’Italia: è il caso dell’ex deputata NCD Eugenia Roccella, finita a far il ministro della Famiglia per la Meloni, con il memorabile incipit dell’incarico ministeriale per cui la legge 194/78 non andava toccata).

 

Non sorprende, dunque, che anche all’attuale governo sia venuta la stessa idea, con pure lo stesso ospedale pediatrico vaticano implicato, il Bambin Gesù, che di mitocondri si occupa da un po’. E, considerando cosa sta accadendo alla Pontificia Accademia della Vita, non sappiamo dove la cosa potrebbe andare a finire.

 

Sorprende, invece, come i gruppuscoli pro-life e i commentatori cattopolitici o destroidi possano aver tripudiato dopo la scelta spettacolare del premier di dare il passaporto alla bambina. Nel senso: davvero, come si potuto prendere sul serio questa cosa?

 

Rendere Indi Gregory cittadina italiana non può non configurarsi come un atto di attrito nei confronti di Londra. O meglio: un affronto, un atto ostile vero e proprio.

 

Eppure, solo pochi giorni fa, come in tante altre occasioni tra G7, G20 e altro, Giorgia era lì con i bacetti sulla guancia del prime minister Rishi Sunak, l’indiano di cui enigmaticamente non conosciamo la casta, ma di cui, come sa il nostro lettore, sappiamo tante altre cose interessanti.

 

Ora, se uno Stato straniero decide di uccidere un cittadino italiano, si apre – si spera – una crisi diplomatica. Nella fantasia di un Paese funzionale, ci si attende che, alla peggio, si mandi un commando di incursori per l’esfiltrazione. Gli USA fanno così – in realtà, fanno numeri poderosi anche per i loro cittadini che hanno certi problemi con la giustizia, come Amanda Knox o il pilota del Cermis.

 

Se un altro Paese vuole uccidere una bambina italiana, cosa è lecito aspettarsi, dallo Stato romano? Con evidenza, i lanciatori di coriandoli meloniani non si attendevano nulla. Sapevano che in fondo era solo un teatrino politico, che la bimba era italiana per modo di dire.

 

Mica vogliamo metterci contro Albione, che è pure partner della NATO, ed è, come diceva il senatore PD che vive in una villa palladiana (stile assai amato oltremanica), «patria della libertà», e pure, ci viene da aggiungere, della massoneria – quella forza occulta che, sì, ha prodotto l’Italia unita.

 

Mica prendiamo sul serio questa cosa di Indi italiana. In fondo si tratta solo di una bambina, la sovranità di un popolo si misura con le dichiarazioni dei politici sul MES, mica nel difendere una cittadina innocente ed indifesa. No?

 

È questo pensiero che mi è insopportabile, che mi manda in bestia. È l’impotenza generale davanti alla palese realtà per cui lo Stato moderno altro non è che una macchina di morte, inarrestabile, imbattibile, necessaria, alla quale bisogna arrendersi, e accontentarsi delle farse – fatte sulla pelle dei bambini piccoli. È la sottomissione allo Stato-Moloch. È l’incorporazione della Necrocultura come sistema operativo della politica e della vita quotidiana.

 

In pratica, lo hanno accettato: anche a destra. Facciamo finta di curarci della questione, poi però lasciamo che ci uccidano la bambina.

 

Questa, teorizzo dentro di me da un po’, è chiaramente la fine dello Stato-nazione nel XXI secolo, e della barzelletta ancora circolante del «nazionalismo». Perché una Nazione, per essere tale, deve rispettare l’etimologia latina della parola: natio, «nascita». Una nazione che uccide i bambini, prima o dopo che nascano, non è più una Nazione. Una nazione che come sua base ha il contrario – la morte, specie dei più piccoli, degli ultimi, dei cittadini futuri – quale ragione ha di esistere?

 

Le nazioni moderne avanzano solo perché, come abbiamo già detto, sono in ultima analisi macchine automatiche, macchine di morte. In pilota automatico, a discapito delle loro stesse leggi (lo abbiamo imparato, duramente, nel biennio pandemico) e contro soprattutto i principi più fondamentali come la continuità della popolazione e la protezione dell’individuo, esse possono andare avanti, ancora per qualche tempo almeno.

 

Svuotata della vita umana, cosa può rimanere alla Nazione? Una risposta l’abbiamo già data nel corso di questo articolo: rimane alla macchina, da gestire, sfoltire, programmare, la vita umanoide.

 

Attorniati dal circo osceno che abbiamo visto, questi bambini sono stati sacrificati per la mutazione epocale dello Stato, e per l’alba dell’era umanoide.

 

E adesso, scusate, ma sto guardando le foto della bambina con i suoi genitori, e mi sale la spremuta d’occhi. Vi lascio a ridere, o a meditare, su quanto ho avuto da scrivere.

 

Vi assicuro, non ne avevo voglia.

 

Roberto Dal Bosco

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IVF

Perché il governo scozzese recluta donatrici di ovociti?

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Il governo scozzese e il Servizio sanitario nazionale scozzese stanno conducendo una campagna per reclutare donatori di ovuli e sperma.   «Se è giusto per te, allora hai il potenziale per dare la gioia di creare una famiglia a quelle persone in Scozia che hanno bisogno di aiuto per diventare genitori», afferma il sito web della campagna.   Fertility Scotland è stata fondata nel 2021, mentre infuriava la pandemia di COVID-19, ma da allora ha fatto «progressi sostanziali». Nella mente del governo, questa iniziativa potrebbe avere qualcosa a che fare con il tasso di fertilità scozzese di 1,28 – un nuovo minimo e uno dei più bassi al mondo.  

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  Il video fa parte di una campagna multimediale sui social e alla radio per convincere i giovani a donare gameti. Il governo sostiene che in Scozia vi è carenza di ovuli.   Un nuovo gruppo femminista contro la maternità surrogata ha aspramente criticato la campagna. Scrivendo su Unherd, Helen Gibson, di Surrogacy Concern, afferma che le persone vengono ingannate da parole dolci e belle immagini.   «Per quanto possa essere sconcertante avere una campagna ufficiale per quella che rimane una questione controversa, c’è qualcosa di più preoccupante in gioco. Le pubblicità dai colori pastello contengono tutte parole come “amore” e “speranza”. Sono presenti anche frasi come “regalare il dono di essere genitori”, “regalare la gioia di fondare una famiglia” e “ aiutare a portare gioia a qualcuno ”. Se si desidera rivolgersi a giovani donne cresciute come parte della generazione “sii gentile” , questo è il linguaggio ideale da utilizzare. Eppure da nessuna parte la pubblicità elencava gli effetti collaterali o i rischi associati alla donazione di ovociti».   «Non è molto noto, ma il prelievo di ovuli comporta rischi per la salute, alcuni dei quali possono essere gravi».   «Anche mettendo da parte la campagna pubblicitaria innegabilmente aerografata, è questo il territorio in cui un governo dovrebbe addentrarsi? Ciò che lo Stato consente, lo promuove. Apparentemente Holyrood ha abbracciato la donazione di ovociti come un bene sociale, ma quanta attenzione ha prestato il ministro scozzese della Sanità, Michael Matheson, alle implicazioni più ampie che queste campagne hanno per le giovani donne?»   «Alcuni potrebbero essere preoccupati che il denaro pubblico sia stato utilizzato per promuovere una pratica che molte persone considerano non etica; per altri, c’è preoccupazione per i rischi che corrono tutte le donne se i nostri ovociti vengono visti come qualcosa a cui altri possono chiederci di rinunciare o di condividere».   «Questa campagna rappresenta un chiaro allontanamento dalla pratica precedente. Non è normale che i governi, in qualsiasi parte del mondo, facciano pubblicità alle donatrici di ovociti. Sebbene il trattamento della fertilità sia sostenuto da tempo, il fatto che lo Stato si rivolga specificamente alle giovani donne per i loro ovuli è un nuovo passo. È doveroso che tutti noi prestiamo attenzione alle conseguenze».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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IVF

Madre lesbica australiana teme che il padre di suo figlio possa averne generati altri 1000: rischio di incesto da provetta elevato

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Una madre lesbica nello Stato australiano del Queensland ha scoperto che il donatore anonimo di sperma che è il padre biologico di tutti e cinque i suoi figli era un «super donatore» che avrebbe potuto generare fino a 1000 bambini. È sconvolta dal fatto che un figlio o una figlia possano avere una relazione sentimentale con un fratellastro.

 

Il ministro della sanità statale ha ordinato un’indagine su ogni clinica della fertilità dello Stato.

 

Shannon Ashton, la madre la cui tenace indagine ha dato il via all’inchiesta, ha affermato che la situazione è disgustosa. «Mi fa stare male fisicamente il fatto che i miei figli debbano combattere la paura dell’incesto per il resto della loro vita», ha detto al Courier-Mail. «Dovranno sottoporsi a controlli sui precedenti personali di chiunque potrebbero essere anche solo leggermente interessati. Proprio la settimana scorsa mio figlio adolescente ha incontrato qualcuno con cui probabilmente è biologicamente imparentato».

 

La signora Ashton e altre due madri hanno presentato denuncia all’ufficio del difensore civico della salute. Non esiste alcuna legge che regola le cliniche di fecondazione in vitro nel Queensland. Le cliniche stabiliscono le proprie linee guida e alcune consentono a un singolo donatore di «aiutare» dieci famiglie.

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La signora Ashton ha utilizzato le leggi sulla libertà di informazione per visualizzare i registri dei donatori del Queensland Fertility Group. Ha scoperto, con suo orrore, che il suo donatore, il numero 188, aveva donato 239 volte in soli quattro anni.

 

«È chiaro che 188 donazioni sono state effettuate 239 volte in soli quattro anni, e molte fiale possono essere ricavate da un unico esemplare», ha detto la Ashton. «Il documento mostra che il suo campione ha prodotto quattro fiale in un giorno, ma in alcuni casi una donazione poteva essere suddivisa fino a 16 volte. Ma mantenendolo al livello più basso, il donatore dei miei figli potrebbe avere 956 bambini o anche più di 1000 bambini».

 

«Questi numeri mi hanno distrutto», ha detto. «Mi sento così in colpa. Non lo avrei mai usato se avessi avuto la minima idea di cosa stesse succedendo. Non è colpa del donatore, ma mi sono fidato del processo».

 

«Non fraintendetemi, mi considero fortunata ad essere un genitore», ha detto la signora Ashton. «Questo di per sé non è il problema. Il problema è l’inganno e la falsa dichiarazione riguardo ai donatori di sperma e al loro utilizzo. I diritti e i bisogni degli esseri umani in fase di creazione avrebbero sempre dovuto essere di primaria importanza. Molti donatori di sperma hanno scelto di non donare a donne single e lesbiche all’inizio degli anni 2000, il che significa che coloro che lo erano sono diventati proprietà di valore».

 

«Ma cosa è successo alle linee guida etiche delle 10 famiglie del 1997? Se avessi saputo che il mio donatore sarebbe stato sfruttato in massa, non lo avrei utilizzato in alcun modo. Non lo farei assolutamente ai miei figli».

 

Il Queensland Fertility Group è di proprietà di Virtus Health, un gigante della fecondazione in vitro con 43 cliniche per la fertilità, 63 laboratori in cinque paesi: Australia, Singapore, Irlanda, Regno Unito e Danimarca. Virtus è stata recentemente acquisita da una società di private equity, BGH Capital.

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