Geopolitica
La Francia approva il piano marocchino per il territorio conteso con l’Algeria
Il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso il suo sostegno al piano di autonomia del Marocco per il Sahara Occidentale, definendolo l’unica via praticabile per risolvere una disputa territoriale che dura da decenni sulla regione del Nord Africa.
Lo ha dichiarato il leader francese in una lettera indirizzata al re del Marocco Muhammad VI, resa pubblica martedì dalla Real Casa a Rabat.
Il Marocco considera il Sahara Occidentale parte del suo territorio dal 1975. Da allora, lo stato nordafricano e il Fronte Polisario sostenuto dall’Algeria, che cerca l’indipendenza del Sahara Occidentale, sono in guerra.
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Il gruppo separatista ha combattuto per la sovranità per 15 anni fino a quando un fragile cessate il fuoco mediato dall’ONU è entrato in vigore nel 1991. Tuttavia, le ostilità sono riprese nel 2020 dopo che una proposta dell’ONU per un referendum sul destino dell’ex colonia spagnola è stata ostacolata da disaccordi sull’eleggibilità degli elettori.
Nel 2007, Rabat ha presentato il suo piano di autonomia per il territorio scarsamente popolato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il Marocco intende delegare poteri amministrativi, legislativi e giudiziari ai residenti locali, mantenendo la bandiera e la valuta marocchine. Il regno sarebbe anche responsabile della politica estera, della sicurezza e della difesa della regione, a cui il Fronte Polisario si è opposto.
Da allora il governo marocchino ha cercato il riconoscimento internazionale per le sue rivendicazioni e il suo sostegno al piano.
L’anno scorso, Israele è diventato il secondo paese, dopo gli Stati Uniti, ad affermare la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. La Francia ha mantenuto la neutralità sulla questione per anni, con conseguenti relazioni tese con Rabat, che vuole che l’ex potenza coloniale riconosca la regione Saharawi come marocchina.
Nella sua lettera di martedì, il presidente Macron ha affermato di considerare il «presente e il futuro» del Sahara Occidentale come parte della «sovranità marocchina».
«Il nostro sostegno al piano di autonomia proposto dal Marocco nel 2007 è chiaro e costante. Per la Francia, costituisce ora l’unica base per raggiungere una soluzione politica giusta, duratura e negoziata in conformità con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite», ha scritto Macron martedì.
Il Palazzo Reale ha salutato la decisione del presidente francese come uno «sviluppo significativo a sostegno della sovranità marocchina sul Sahara».
In una dichiarazione di giovedì scorso, l’Algeria, da tempo sostenitrice dell’autodeterminazione del Sahara Occidentale, ha messo in guardia contro la decisione francese, sostenendo che contraddice gli sforzi delle Nazioni Unite verso una soluzione politica della crisi.
Algeri ha affermato che avrebbe ritenuto Parigi responsabile per l’azione «controproducente» che potrebbe far degenerare il conflitto nella regione.
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I rapporti tra Parigi e Algeri stanno avendo quindi qualche turbolenza. Un anno fa, va ricordato, l’Algeria aveva respinto la richiesta francese di utilizzare lo spazio aereo per le operazioni in Niger, dove si stava consumando il golpe militare antifrancese. L’Algeria ha altresì significato la sua volontà di far parte dei BRICS.
I parlamentari algerini l’anno scorso hanno votato per autorizzare il presidente Abdelmadjijd Tebboune a prendere posizione contro le operazioni militari israeliane a Gaza.
Come riportato da Renovatio 21, gli scontri nel Sahara occidentale vanno avanti da anni, ignorati dai media europei.
Nella contesa tra Marocco e Algeria, prendere le parti del Marocco era costato alla Spagna un aumento dell’8% sul prezzo del gas comperato dagli algerini.
Lo scontro tra Algeri e Rabat portò al caso drammatico di turisti in moto d’acqua uccisi in mare.
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Immagine di Adam Harangozó via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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Immagine screenshot da Twitter
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