Eutanasia
La CEDU nega il diritto al suicidio assistito in Europa
Il Centro Europeo per il Diritto e la Giustizia (ECJL) pubblica un articolo dettagliato di Grégor Puppinck su una sentenza emessa il 13 giugno 2024 dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) relativa al fine vita. Questo è il caso storico e di mediaticizzato Karsai vs Ungheria. L’ECLJ è intervenuto in merito ed è stato autorizzato a presentare osservazioni scritte.
Dániel Karsai è un avvocato ungherese specializzato in diritto costituzionale e diritti umani, ex membro della CEDU. Nel 2022, all’età di 45 anni, gli è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica (SLA o malattia di Charcot). Ha intentato causa contro il governo ungherese dinanzi alla CEDU per poter porre fine alla propria vita.
L’ex giurista auspicava che l’evoluzione della giurisprudenza potesse riconoscere un «diritto» al suicidio assistito «ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo». Secondo il ECJL, «sulla base dei precedenti della Corte negli ultimi quindici anni», questa speranza era fondata, ma è stata delusa. Infatti, la Corte ha confermato le sue misure passate.
Il quesito posto alla CEDU riguardava «l’eventuale obbligo degli Stati di legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito in virtù del diritto al rispetto della vita privata» e la risposta è stata negativa. Le considerazioni sono interessanti: in primo luogo per «le implicazioni sociali e i rischi di abusi ed errori che l’assistenza medica alla morte comporta [che] pesano molto sulla bilancia».
Inoltre, ha riconosciuto «il notevole margine di discrezionalità» degli Stati «tenendo conto della natura morale ed etica molto delicata della questione e del fatto che la maggioranza degli Stati membri continua a vietare tale pratica penalmente». Ciò implica che gli Stati «possono continuare a proibirle penalmente e persino perseguire le persone coinvolte in queste pratiche all’estero contro i propri cittadini».
Infine, «la Corte ha sottolineato l’importanza e la necessità di “cure palliative di qualità”», che ha definito «essenziali per garantire un fine vita dignitoso». Questa è la prima volta che «la Corte pone così tanta enfasi sulle cure palliative nella sua giurisprudenza relativa alla fine della vita e le presenta come soggette agli obblighi positivi degli Stati», osserva Grégor Puppinck.
«Diritti umani» che devono evolversi con la società
La Corte, tuttavia, ha concluso affermando che la questione deve rimanere aperta «tenendo conto dell’evoluzione delle società europee e degli standard internazionali di etica medica in questo delicato settore». Il che lascia aperta la possibilità futura di giudicare diversamente.
Grégor Puppinck commenta: ciò «illustra la tendenza della CEDU a distaccarsi dal testo della Convenzione e a giudicare secondo l’evoluzione della legislazione, cioè lo stile di vita attuale». E continua: «È pericoloso per i diritti umani vedere il loro contenuto e la loro tutela dipendere dall’evoluzione delle mentalità e delle legislazioni».
Un «approccio evolutivo» che va contro il ruolo assegnato ai diritti umani, «nato per stabilire principi intangibili che permettano di giudicare l’accettabilità delle varie pratiche e legislazioni», e per porre un limite alle pratiche e agli sviluppi, anche adottati da una maggioranza, anziché conformarsi ad essi per consacrarli.
E conclude: «l’approccio evolutivo adottato dalla Corte porta a considerare che il suicidio assistito è un diritto umano a seconda del numero di paesi che lo hanno legalizzato, il che è filosoficamente assurdo».
Con una certa sorpresa, l’autore aggiunge che «se gli Stati vogliono fare dell’eutanasia e del suicidio assistito un diritto umano garantito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, spetta a loro modificarlo in base ai risultati. Solo loro hanno il diritto legale di farlo, anche se questa scelta resta discutibile dal punto di vista etico».
Ma questa capacità evolutiva, che fa passare da vietata a consentita una pratica condannata dalla legge naturale e dalla Chiesa – interprete autorizzata di questa legge naturale, e depositaria della rivelazione divina che condanna tale pratica – mostra la vacuità di questi «diritti umani».
Il diritto umano che non sia sostenuto dal diritto divino – naturale o rivelato – è soggetto alle raffiche del secolo e gira a seconda del vento come una banderuola. Pio XII, nel Discorso ai membri dell’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato, il 15 luglio 1950, lo spiega con la consueta profondità e precisione:
«Secondo Platone “Dio è per noi innanzitutto la giusta misura di tutte le cose, molto più di quanto possa esserlo qualsiasi uomo”. Proprio questo pensiero, insegna anche la Chiesa, ma in tutta la pienezza e la profondità della sua verità, quando dichiara con san Paolo che ogni paternità deriva da Dio (Ef 3,15), afferma di conseguenza che, per regolare i reciproci rapporti all’interno della grande famiglia umana, ogni diritto alla sua radice nella Dio».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Gzen92 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Eutanasia
Il vero volto del suicidio Kessler
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Eutanasia
Gemelle Kessler, Necrocultura Dadaumpa
Alice ed Ellen Kessler erano diventate membri della Deutsche Gesellschaft fur Humanes Sterben (società tedesca per la morte umana) da oltre sei mesi e avevano deciso di morire insieme il 17 novembre. Secondo quanto riportato da una testata bavarese, un avvocato e un medico della DGHS avrebbero condotto dei colloqui preliminari con le famose gemelle e alla data stabilita si sarebbero recati nella loro casa di Grunwald per «assisterle».
In Germania il suicidio assistito è stato depenalizzato nel 2020 dalla Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato incostituzionale una norma che lo proibiva. La sentenza in questione stabiliva infatti che deve esserci «margine sufficiente affinché un individuo possa esercitare il proprio diritto a una morte autodeterminata».
La Corte Costituzionale ha specificato altresì che nessuno può essere obbligato a favorire il suicidio assistito e ha lasciato al Parlamento la facoltà di introdurre una legislazione sul tema, ma finora i tentativi di arrivare a una legge sono tutti falliti. In Germania è consentito ricorrere a tale pratica solamente ad alcune condizioni: colui o colei che intende ricorrervi deve dimostrare di agire responsabilmente e di propria spontanea volontà, di essere maggiorenne e di avere riconosciuta la propria capacità giuridica.
Inoltre, chi assiste il richiedente non può eseguire personalmente l’atto, perché ciò sarebbe da considerare una pratica di «eutanasia attiva», che invece è vietata. La morte avviene tramite l’infusione endovenosa di un’alta dose di anestetico barbiturico che provoca, in breve tempo, l’arresto cardiocircolatorio del soggetto ricevente.
In un’intervista rilasciata nel 2019 al Quotidiano Nazionale Ellen Kessler aveva manifestato la volontà che le loro ceneri fossero unite a quelle della mamma e del cane: «ne abbiamo parlato noi due e abbiamo deciso di fare così, di stare tutte in un’urna. Anche il cane (…) lo spazio ci vuole. La gente è sempre di più, invecchia sempre di più, la morte purtroppo c’è per tutti e quindi la soluzione è questa: una tomba e un’urna per tutti. Molti in Germania adesso si fanno cremare e seppellire sotto un albero nella foresta (…) Non vogliamo certo finire in un asilo per anziani o per malati. Abbiamo un testamento biologico secondo cui se succede qualcosa di grave ci sono degli ospedali speciali che curano senza allungare la vita. Il mio sogno è andare a letto e non svegliarmi più, la morte più bella che ci possa essere».
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Mentre in un’intervista rilasciata lo scorso anno al quotidiano Bild le Kessler avevano dichiarato di non voler sopravvivere l’una all’altra e avevano anche aggiunto che una vita senza dignità non vale la pena di essere vissuta.
La loro decisione, tuttavia, non può essere compresa appieno senza considerare il contesto filosofico in cui si inserisce. In questa prospettiva, il materialismo del pensiero moderno identifica il principio vitale dell’essere umano nell’attività cerebrale, mentre la tradizione filosofica su cui la civiltà occidentale ha fondato il suo diritto e la sua morale, almeno fino alla metà del secolo scorso, afferma che l’uomo è composto di anima e corpo e ha nell’anima razionale il principio vitale che lo caratterizza. Tale principio pur essendo nel corpo non si trova in nessun organo, tessuto o funzione perché è di natura spirituale.
Pertanto, ciò che sostanzia l’essere umano non è l’autocoscienza e nemmeno la sua capacità di interagire con l’ambiente ma la presenza in lui dell’anima razionale che include l’uso di queste funzioni. La vita inizia con l’infusione da parte di Dio Creatore dell’anima nel corpo e termina con la separazione da esso, nel momento in cui l’organismo si dissolve nei suoi elementi costitutivi.
Ci troviamo di fronte a due concezioni dell’esistenza umana diametralmente opposte: una che riconosce e difende il suo valore intrinseco, l’altra che riconosce il suo valore solo a determinate condizioni. Nell’ottica cristiana l’uomo è Imago Dei mentre in quella del pensiero moderno è un mero agglomerato di organi e funzioni al pari di qualsiasi altro essere vivente; ancora, nell’ottica cristiana la dignità della persona umana è ontologica, mentre in quella del pensiero moderno dipende dalla persistenza o meno di determinate funzioni intellettive: la sofferenza fisica e/o psichica viene considerata un danno oggettivo alla qualità della vita di un essere umano che viene talvolta ritenuto motivo sufficiente per giustificarne l’eliminazione.
La concezione filosofica dell’esistenza che hanno espresso in vita le gemelle Kessler è esattamente quella che la Necrocultura diffonde con ogni modalità possibile e in tutti i campi. La loro fine rappresenta, in fondo, ciò che lo stato moderno si aspetta che ciascuno di noi faccia, ossia togliere il disturbo quando la nostra condizione non ci consente più di produrre o essere utile agli altri o alla comunità nel suo complesso.
Va da sé che il cosiddetto principio dell’autodeterminazione rappresenta il classico specchietto per le allodole: l’eutanasia e il suicidio assistito conducono necessariamente all’eliminazione di tutti coloro che non hanno una qualità di vita ritenuta sufficiente secondo i parametri della modernità, come abbiamo visto nei casi di Charlie Gard e Alfie Evans uccisi dalla giustizia inglese in ossequio al loro best interest, solo per fare qualche esempio. L’eliminazione programmata e obbligatoria dell’essere umano è un approdo che rischia di diventare solo questione di tempo.
La scelta delle gemelle Kessler diventa il simbolo di un conflitto sempre più evidente nella nostra società: da una parte una visione che riconosce alla vita umana un valore intrinseco, indipendente da condizioni di efficienza o autonomia; dall’altra una concezione che lega la dignità alla qualità percepita dell’esistenza e che vede nella fragilità e nella sofferenza un limite intollerabile.
Di fronte a questa deriva culturale, è necessario ribadire che la dignità umana non è negoziabile e non dipende dalle condizioni in cui ci si trova.
Alfredo De Matteo
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificatra
Eutanasia
Celebrità ed eutanasia: ecco l’orrore del suicidio assistito dei famosi
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