Cina
La BASF lascia lo Xinjiang dopo le accuse sugli uiguri

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il colosso petrolchimico tedesco ha annunciato che accelererà l’uscita da due joint venture con fabbriche a Korla dopo le accuse secondo cui i partner locali avrebbero collaborato con le autorità cinesi all’indottrinamento della minoranza musulmana. La vicenda emersa grazie a un’inchiesta dei media tedeschi.
Il gigante petrolchimico tedesco BASF lascerà «nel giro di mesi» lo Xinjang, dove due aziende co-partecipate con sede a Korla, nella prefettura di Bayin’gholin Mongol, sono state accusate da alcune inchieste dei media tedeschi di aver preso parte ad attività di indottrinamento della minoranza uigura. L’annuncio è stato dato oggi con un comunicato dall’amministratore delegato dell’azienda, Martin Brudermüller.
Nello Xinjang dal 2016 la Basf ha attive due joint venture con partner locali (Markor Chemical Manufacturing (Xinjiang) Co., Ltd. e Markor Meiou Chemical (Xinjiang) Co., Ltd.) per la produzione di due materiali chimici: il butandiolo, utilizzato nella plastica e nell’abbigliamento sportivo, e il Thf-politetraidrofurano, impiegato per realizzare fibre elastiche.
Secondo la denuncia pubblicata nelle scorse settimane, tra il 2018 e il 2019 i partner locali avrebbero collaborato a dei fanghuiju, cioè ispezioni nelle case (in questo caso dei dipendenti) che secondo le associazioni che si battono per i diritti umani nello Xinjang servono a controllare e indottrinale le famiglie uigure. A seguito della pubblicazione di queste notizie un gruppo di europarlamentari aveva chiesto espressamente alla BASF di ritirarsi dallo Xinjang.
Già nell’ultimo trimestre del 2023 – scrive la BASF – era iniziato un processo di disinvestimento legato a valutazioni sul prodotto. «La situazione nella regione ha sempre fatto parte della valutazione complessiva di BASF delle sue joint venture a Korla» continua la nota.
«Le regolari misure di due diligence, compresi gli audit interni ed esterni, non hanno rilevato alcuna prova di violazioni dei diritti umani nelle due joint venture. Tuttavia, i rapporti pubblicati di recente contengono gravi accuse che indicano attività non conformi ai valori di BASF. Di conseguenza, BASF accelererà il processo in corso per la cessione delle sue quote nelle due joint venture di Korla, in attesa dei negoziati e delle necessarie approvazioni delle autorità competenti».
«La presenza di BASF in Cina – precisa comunque l’azienda chimica tedesca – rimane invariata e l’azienda è pienamente impegnata nelle sue attività commerciali e negli investimenti previsti nel Paese. Già oggi la Grande Cina rappresenta circa la metà della produzione chimica globale. La crescita globale della produzione chimica fino al 2030 sarà guidata dalla Grande Cina, che rappresenterà circa l’80% della crescita totale nel periodo 2022-2030».
La questione della repressione dell’identità degli uiguri – sempre negata da Pechino – è un tema tante volte sollevato dagli organismi internazionali nei confronti della Repubblica popolare cinese.
Nel 2022 – dopo anni di ritardi provocati dalle azioni di Pechino – anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjang, che ha confermato le accuse di torture, lavori forzati e altre forme di violenza nei confronti degli uiguri.
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Immagine di BASF – we create chemistry via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Cina
Pechino: il presidente di Taiwan si «prostituisce»

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Cina
L’Intelligence ucraina afferma che la Cina sta aiutando la Russia a prendere di mira le strutture finanziate dall’Occidente

Oleg Alexandrov, funzionario dell’Agenzia di Intelligence estera ucraina (SZRU), ha dichiarato all’agenzia di stampa statale Ukrinform che la Cina sta supportando direttamente la Russia fornendo informazioni di intelligence utilizzabili sul campo di battaglia in Ucraina.
In particolare, ha sostenuto che la Cina fornisce dati di Intelligence stranieri per colpire siti in Ucraina che beneficiano di investimenti esteri, probabilmente strutture finanziate dall’Occidente, come i siti di produzione di armi.
«Esistono prove di un elevato livello di cooperazione tra Russia e Cina nella conduzione di ricognizioni satellitari del territorio ucraino al fine di identificare e approfondire l’esplorazione di obiettivi strategici da colpire», ha affermato Alexandrov. «Come abbiamo visto negli ultimi mesi, questi siti potrebbero appartenere a investitori stranieri».
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Lunedì il Cremlino ha replicato smentendo le accuse, dichiarando di possedere tutte le capacità necessarie senza dover dipendere da Paesi o alleati esterni.
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, interpellato sulle nuove accuse dell’Agenzia di Intelligence estera ucraina, ha dichiarato: «abbiamo le nostre capacità, comprese quelle spaziali, per portare a termine tutti i compiti che l’operazione militare speciale ci pone», ha detto ai giornalisti.
Nell’ultimo anno di guerra, tuttavia, Mosca ha intensificato la collaborazione con gli eserciti cinese e nordcoreano.
La presenza di truppe nordcoreane tra le forze russe è nota, ma Kiev ha recentemente affermato che anche militari cinesi combattono a fianco delle truppe di Mosca.
Si parla inoltre di programmi di addestramento congiunti tra gli eserciti russo e cinese. Ad esempio, la Direzione dell’intelligence della Difesa ucraina ha riferito al Kyiv Post che «il Cremlino ha deciso di consentire al personale militare cinese di studiare e adottare l’esperienza di combattimento che la Russia ha acquisito nella sua guerra contro l’Ucraina».
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Anche l’Iran ha un ruolo, avendo istituito un impianto di produzione di droni nella Russia meridionale.
Pechino, in passato, ha criticato la NATO per la sua espansione continua, le sue recenti attività nella regione del Pacifico e i crescenti legami con il Giappone.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj aveva dichiarato che l’Ucraina «non ha bisogno» di garanzie di sicurezza dalla Cina.
Come riportato da Renovatio 21, cinque mesi fa Pechino aveva respinto fermamente le affermazioni di Zelens’kyj sui soldati cinesi catturati nel teatro di guerra ucraino.
A settembre 2023 il consigliere di Zelens’kyj Mikhailo Podolyak aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Cina
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