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Eutanasia

Iniziata l’eutanasia delle persone autistiche. Renovatio 21 ve lo aveva detto 6 anni fa: a quando i bambini danneggiati da vaccino?

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È uscito un nuovo studio sull’eutanasia nei Paesi Bassi, firmato da una specialista in cure palliative presso la Kingston University (Gran Bretagna), Irene Tuffrey-Wijne, che ha rivelato qualcosa che, per qualcuno è ancora scioccante.

 

Il rapporto della ricercatrice britannica dice sostanzialmente che numerose persone autistiche e persone con disabilità intellettive sono state soppresse solo perché sentivano di non poter condurre una vita «normale».

 

La Tuffrey-Wijne ha condotto la ricerca esaminando 900 fascicoli di casi dal 2012 al 2021 e ha scoperto 39 casi che coinvolgevano persone autistiche o con disabilità intellettive.

 

Il sito del gruppo pro-life Live Action scrive che all’inizio di quest’anno era già stato rivelato che i Paesi Bassi hanno ucciso un numero record di persone attraverso l’eutanasia, 115 delle quali non avevano malattie oltre a problemi psichiatrici.

 

In molti casi, questioni di dinamica sociale e famigliare sono citate come causa di sofferenza. Viene raccontato il caso di una paziente, una donna di età inferiore ai 30 anni, «non era in grado di fare amicizia e si era isolata, anche all’interno della sua stessa famiglia».

 

Vi è quindi il caso della morte di Stato per un signore sulla settantina descritto come mai stato in grado di «stare al passo con la società», con «tratti autistici gli rendevano sempre più difficile far fronte ai cambiamenti che lo circondavano».

 

E ancora la storia dell’eutanasia del maschio sulla quarantina che soffriva di «ansia, lamentele compulsive e solitudine a causa dei limiti derivanti da ASD [disturbo dello spettro autistico, ndr], disturbo ossessivo-compulsivo, lesioni cerebrali acquisite e disturbo della personalità».

 

Ecco quindi il ragazzo di 20 anni a cui è stata data la morte di Stato perché si sentiva solo ed era stato vittima di bullismo da bambino.

 

Ecco la donna eutanatizzata perché «soffriva dell’isolamento sociale a cui aveva portato il suo comportamento. Le riunioni erano disturbate dalle sue urla. La gente la trovava ripugnante e nessuno voleva starle vicino. Non riusciva a dare un senso alla sua vita in nessun altro modo».

 

In un terzo dei casi esaminati, le persone con autismo e disabilità intellettiva erano considerate «non curabili», quindi ritenute senza alcuna speranza di migliorare la vita dei pazienti. Pertanto, costoro sono stati sottoposti a eutanasia – cioè uccisi dallo Stato per via medica – senza che gli fosse offerto ulteriore supporto o risorse.

 

La ricercatrice inglese ha detto all’Associated Press che queste esperienze hanno sollevato in lei una domanda scomoda. «Non ho dubbi che queste persone stessero soffrendo», ha dichiarato la Tuffrey-Wijne. «Ma la società è davvero d’accordo con l’invio di questo messaggio, che non c’è altro modo per aiutarli ed è solo meglio essere morti?». È una domanda, per chi comprende l’esistenza e la potenza della Necrocultura, forse un po’ ingenua.

 

Gli attivisti di Live Action scrivono che ciò è dovuto al fatto che in Olanda «l’eutanasia è in gran parte non regolamentata» e cioè quindi «consente alle persone con disabilità e autismo di essere uccise – come ha scoperto Tuffrey-Wijne – nonostante non siano affatto malate fisicamente».

 

Il lettore di Renovatio 21 sa invece che non si tratta di mancanza di regolamentazione, ma di vero e proprio fondamentalismo eutanatico, di cui i neerlandesi sono diventati campioni, – nel 2020 una persona ogni 25 è morta per eutanasia, un bel record. Con l’eutanasia dei bambini , cioè l’uccisione dei neonati «difettosi», già oramai lanciata.

 

Lo Stato olandese è già di per sé modello per l’anarco-tirannia in salsa europea: i «diritti» delle minoranze etnosessuali sono rispettatissimi (tanto che anche miliziani ISIS arrivano tranquillamente tra i migranti), la droga è legale , e anche quella illegale si trova grazie alla sanguinaria criminalità maghrebina (la «Mocro Mafia») che hanno fatto del Paese «un Narco-Stato 2.0», dicono i sindacati di polizia; al contempo, però, ti sparano se protesti contro il lockdown o la chiusura degli allevamenti di bovino.

 

La Cultura della Morte che permea la società olandese – dove giovani donne chiedono di morire anche senza essere fisicamente malate, mentre in TV passano documentari su quelle che prima di uccidersi fanno una festa in discoteca con le amiche – rende l’Olanda un regno oscuro che funge da monito per l’intera civiltà occidentale.

 

Perché era chiaro, almeno per Renovatio 21 e per chi ci segue, che sarebbe successo. Era inevitabile che le persone che soffrono di autismo finissero nel tritacarne dello Stato utilitarista, perché incapaci di funzionare nella società della massimizzazione del piacere, e quindi ritenuti sacrificabili – la parola giusta, perché il lettore può comprendere qui che si tratta di sacrifici umani appena truccati da una benevolente evoluzione dello Stato moderno.

 

Era inevitabile che l’eutanasia avrebbe iniziato a bussare alla porte di coloro che, essendo «nello spettro», vivono, per i nazisti della nuova eugenetica, «vite indegne di essere vissute» – Lebensunwertes Leben, dicevano i tedeschi negli anni in cui cominciarono a eliminare i disabili, che sono – ricordiamo per inciso – gli stessi anni in cui veniva introdotta la diagnosi dal dottor Hans Asperger, lui stesso accusato di aver mandato qualche suo piccolo paziente autistico a essere trucidati in una clinica del programma di sterminio eutanatico Aktion T4.

 

Oggi sono sparite le svastiche e le ossessioni mortifere antisemite (o meglio: sono state traslocate in Ucraina, dove vengono da noi abbondantemente finanziate), ma la sete per le stragi rimane la stessa, immutata nei decenni, nei secoli.

 

Lasciatecelo dire: sappiamo qual è la prossima porta a cui l’eutanasia busserà. Lo sapete anche voi.

 

Lo abbiamo detto già nel lontano settembre 2017, in quella che fu forse la prima (o al massimo la seconda) conferenza pubblica di Renovatio 21. Era un incontro pubblico a Reggio Emilia organizzato da Cristiano Lugli con una dottoressa e un avvocato sul tema caldo di cui giorni: l’obbligo vaccinale per i nostri figli – la famosa «legge Lorenzin», che ha impedito a tanti bambini non vaccinati di frequentare le scuole materne, praticamente un test per quanto sarebbe successo tre anni dopo con sieri mRNA e green pass.

 

«Abbiamo visto che eliminano completamente i down, perché la loro è una vita indegna di essere vissuta» dicevo indicando il caso dell’Islanda down-free. «E una vita indegna di essere vissuta, va eliminata… voi pensate che sia impossibile? Il re cattolico del Belgio nel 2014 ha firmato una legge per cui si può fare l’eutanasia del bambino, basta che il bambino sia “consenziente”… l’eutanasia infantile è arrivata… qualcuno lo chiama aborto post-natale».

 

 

Andavo oltre, e parlavo del caso di Charlie Gard, il bambino lasciato morire della Sanità inglese, e del suo messaggio, e cioè il «pensare che si possono ammazzare i bambini anche già nati… i bambini danneggiati si possono ammazzare».

 

«Quindi io mi chiedo, e sono conscio della forza di questa mia domanda: quanti anni ci vorranno prima che i bambini autistici finiranno in questo calderone?»

 

Ricordo il gelo che scese nella sala. Da persona che lavora con i teatri, so percepire la temperatura di una sala. Lì era precipitato tutto sottozero all’istante, al punto che mi fermai prima ancora di finire la frase.

 

Stavo dicendo proprio questo: che, ad un certo punto, i bambini danneggiati da vaccino – i casi di autismo che tanti genitori, medici e attivisti imputano all’inoculazione – verranno in un futuro prossimo eutanatizzati dallo stesso Stato che li produce con le leggi per l’obbligo vaccinale.

 

Nemmeno io, che pure lo pensavo, mi ero reso conto dell’immane mostruosità della questione. Dicendolo ad una platea di genitori realizzavo la portata di questa prospettiva prossima. Erano sconvolti loro, ero sconvolto anche io – come padre, sono parte di risonanze anche paradossali, con i miei pensieri che possono venire amplificati, e rimandatimi indietro, da altre anime che devono a costo della vita difendere i loro piccoli come devo farlo io.

 

Il tema è proprio questo: la perversione della genitorialità. Perché l’eutanasia infantile offre una infame, orrenda via di scampo a molti genitori che, oggettivamente, hanno avuto la vita devastata dallo spettro autistico del figlio. Esasperati, estenuati, i genitori arrivano al punto di dichiarare la loro stessa vita, piagata dalle urla, dalla testa sbattuta sul muro, da tanti pensieri, come «indegna di essere vissuta».

 

Ecco che lo Stato moderno, lo Stato della Necrocultura, ti offre la sua mano sterminatrice: uccidi tuo figlio, è legale. Quindi, è giusto.

 

Pensaci: starai meglio, dopo – e magari starà meglio lui, finito nel paradiso dell’eutanasia, o nel niente cosmico che è sempre meglio delle notti insonni, di una vita che sarà sempre dipendente da badanti.

 

Capite il disegno del principe di questo mondo: non gli basta ferire e uccidere – vuole che a farlo siano gli uomini stessi, i genitori che ammazzano i loro figli, gli Stati stessi divenuti macchine di morte. È l’inversione, la perversione finale della società umana ridotta a insieme di assassinii atroci.

 

«Quanto prima che arrivi da noi?», chiedevo nella conferenza.

 

Ecco, ci stiamo arrivando. Gli olandesi sono solo avanti di due passi, o poco più.

 

Preparatevi a difendere la vostra prole da una ferocia che mai avreste voluto immaginare.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

Eutanasia

L’Uruguay sulla strada dell’eutanasia express

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La Camera bassa del Parlamento uruguaiano ha appena approvato, in prima lettura, un disegno di legge che legalizza l’eutanasia nel Paese. Se il Senato approverà il disegno di legge – il che è più che probabile, dato che è nelle mani dei progressisti – sarà possibile ricevere l’iniezione letale cinque giorni dopo la richiesta. In alcuni casi, anche meno.

 

Finora si credeva che il Far West fosse la patria dei tiratori più veloci del mondo, con nomi leggendari come Billy the Kid e Calamity Jane. Ma potrebbero essere sul punto di essere superati dai legislatori uruguaiani, che stanno attualmente discutendo una proposta di legge che consentirebbe di eliminare un paziente in pochi giorni.

 

Utilizzando elementi cari ai progressisti, il testo «Muerte Digna» – Morte con Dignità – mira a legalizzare e regolamentare l’eutanasia attiva e il suicidio assistito a condizioni presentate come rigorose, ma che notoriamente si rivelano sempre un escamotage in questo tipo di casi. Il progetto è stato già approvato dalla Camera dei Rappresentanti nella notte tra il 12 e il 13 agosto 2025, dopo una maratona di 14 ore, con 64 voti a favore su 93 elettori.

 

Ha ricevuto il sostegno quasi unanime del Frente Amplio – la sinistra al governo – e di settori dell’opposizione, come il Partido Colorado e parte del Partido Nacional . Il testo deve ora passare al Senato, dove si prevede che sarà esaminato in commissione, con un’approvazione probabile entro la fine del 2025, data la maggioranza progressista in quell’aula.

 

Partiti di destra come Cabildo Abierto e Identidad Soberana hanno denunciato il «diritto di uccidere» piuttosto che di morire, citando rischi di abusi e paragonando Muerte Digna al programma del partito nazista degli anni Trenta. La Conferenza episcopale uruguaiana (CEU), in una dichiarazione del 29 agosto 2025, ha fermamente respinto il progetto, affermando che «causare attivamente la morte è contrario all’etica medica», e sostenendo il rafforzamento delle cure palliative.

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Cosa dice il testo? Un paziente che desidera porre fine alla propria vita consulta il proprio medico, che può dare immediatamente un parere favorevole o attendere fino a tre giorni. Successivamente, inoltra la richiesta a un altro medico, che visita il paziente ed esamina la sua cartella clinica: ha un massimo di cinque giorni per rispondere. Se i due pareri concordano, l’esecuzione viene programmata: può avvenire cinque giorni dopo l’inizio della procedura. O anche meno, se il medico ha motivo di ritenere che la coscienza del paziente possa essere gravemente compromessa nelle ore successive.

 

Al di là della legge naturale che viola e dell’insegnamento della Chiesa che contraddice, Muerte Digna solleva molti interrogativi: in primo luogo, il diritto all’eutanasia potrebbe entrare in conflitto con il diritto all’obiezione di coscienza di chi presta assistenza che si rifiuta di partecipare a tale pratica. Questa tensione rischia di limitare gradualmente la libertà degli operatori sanitari, costringendoli ad agire contro le proprie convinzioni. Questo vale in Uruguay come altrove.

 

Inoltre, il disegno di legge non subordina l’accesso all’eutanasia a una soglia minima di gravità o sofferenza per i malati terminali, il che apre la strada a interpretazioni ampie. Ancora una volta, la nozione di «sofferenza insopportabile» rimane vaga e soggettiva, rendendo la sua valutazione soggetta ad arbitrarietà.

 

Un punto particolarmente delicato riguarda l’accesso all’eutanasia per i pazienti affetti da disturbi psichiatrici, senza ulteriori criteri specifici. Questa scelta solleva preoccupazioni circa la tutela delle persone vulnerabili: un periodo di attesa di giorni è ridicolo in tali casi. Inoltre, il disegno di legge non richiede competenze specifiche ai medici consultati per una richiesta di eutanasia, il che indebolisce ulteriormente il rigore del processo.

 

Se l’argomento non fosse così serio, alcune disposizioni del testo votato dai deputati uruguaiani farebbero quasi sorridere, tanto sono deplorevolmente stupide: in particolare la menzione che l’eutanasia sarà considerata dalla legge come una «morte naturale». Per non parlare della definizione di morte «dignitosa» come diritto a morire «senza dolore»: i cambogiani, assassinati con un colpo in testa dai Khmer Rossi con il pretesto che sapevano leggere, probabilmente apprezzeranno…

 

«Bisogna sempre dire ciò che vediamo: soprattutto, bisogna sempre, il che è più difficile, vedere ciò che vediamo»: Péguy non è mai stato così attuale.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Immagine di GameOfLight via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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Eutanasia

Il Canada sta trasformando il suo regime di suicidio assistito in una catena di fornitura per la donazione di organi

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Il cuore di un canadese di 38 anni, sottoposto a eutanasia, è stato prelevato con successo e trapiantato a un cittadino americano di 59 anni affetto da insufficienza cardiaca. Lo riporta LifeSite evidenziando una tendenza in crescita: il prelievo di organi da persone decedute tramite eutanasia.   Un rapporto congiunto dell’University of Pittsburgh Medical Center e dell’Ottawa Hospital ha descritto nel dettaglio la procedura. «Qui riportiamo il primo caso di trapianto cardiaco riuscito dopo MAiD», ha scritto l’équipe medica, utilizzando l’acronimo canadese per Medical Assistance in Dying (assistenza medica alla morte). E ha aggiunto: «La somministrazione del MAiD e la determinazione del decesso sono avvenute in conformità con gli standard canadesi. Il decesso è stato dichiarato entro sette minuti dall’inizio del protocollo MAiD».   Il paziente canadese soffriva di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e aveva espresso la volontà di donare i propri organi. Si tratta, secondo il *National Post*, di un «caso epocale di trapianto di cuore dopo eutanasia».   Il quotidiano ha spiegato che «il cuore del donatore deceduto è stato rimosso, collegato a una macchina speciale che «rianima» o riavvia il cuore per mantenere il flusso sanguigno negli organi mantenendoli caldi, e poi trasportato a Pittsburgh, dove ha avuto luogo il trapianto».

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Il Canada è il primo Paese al mondo per numero di donazioni di organi provenienti da persone sottoposte a eutanasia. Sebbene questo sia il primo trapianto di cuore, interventi simili sono già stati effettuati per fegato, reni e polmoni.   Secondo i dati citati dal quotidiano canadese National Post, «almeno 155 persone in Canada hanno donato i propri organi e tessuti dopo aver ricevuto un’iniezione letale somministrata da un medico» dal 2016. Tuttavia, «alcuni medici sono preoccupati che alcuni canadesi sottoposti a morte assistita non soddisfino effettivamente i criteri di Health Canada per la procedura».   Il successo del trapianto di cuore, secondo i medici, potrebbe incoraggiare la ripetizione di tali interventi: «Sebbene saranno necessari dati a lungo termine e dati su ulteriori casi, questo caso suggerisce che un trapianto cardiaco sicuro può essere eseguito dopo la MAiD».   Alcuni ora ritengono che la possibilità di «donare» gli organi potrebbe indurre alcuni pazienti a scegliere la morte per aiutare altri, introducendo un elemento di pressione morale e sociale.   Uno studio olandese ha indicato che su 286 casi di donazione di organi dopo eutanasia fino al 2021, ben 136 si sono verificati in Canada. Dati del Canadian Institute for Health Information (CIHI) rivelano che 235 persone hanno «acconsentito a donare i propri organi» dopo essere state sottoposte a eutanasia.   Inoltre, tra i quasi 900 donatori canadesi sottoposti al MAiD, il 7% ha fornito organi per trapianto e il 5% dei trapianti di organi nel 2024 ha utilizzato organi provenienti da questi pazienti.   Nonostante la crescente frequenza delle procedure, le modalità con cui vengono gestite restano controverse. Il National Post sottolinea che «come e quando contattare le persone che richiedono il MAiD per la donazione di organi è controverso e varia in Canada».   Nelle province dell’Ontario e della British Columbia, le organizzazioni per la donazione raccomandano che chi richiede il MAiD «sia contattato e informato sulla possibilità di donazione di organi». In altre province, come Alberta e Manitoba, invece, la questione viene sollevata solo se è il paziente a farne richiesta.   Gli autori della revisione avvertono: «Non informare i pazienti sulla possibilità di una donazione può impedire loro di valutare l’opportunità di donare i propri organi e avere un impatto negativo sulla loro autonomia, mentre informarli di questa possibilità può causare un’indebita pressione sociale per la donazione».   Inoltre, aggiungono, «alcuni pazienti potrebbero sentirsi un peso per la loro famiglia e i loro amici e sentirsi motivati a sottoporsi alla MAiD per alleviare questo peso». Per questo, chi valuta e pratica la morte assistita «dovrebbe stare attento a potenziali indicatori che il paziente potrebbe in qualche modo sentirsi pressato a procedere con la MAiD o con la MAiD e la donazione di organi».   Già nel 2011, la rivista scientifica Applied Cardiopulmonary Pathophysiology descriveva casi simili in Belgio, dove i donatori venivano ricoverati poche ore prima della procedura, preparati e poi trasferiti in sala operatoria subito dopo la dichiarazione di morte.   «Riflettete sull’enormità di ciò che è stato fatto qui», aveva scritto all’epoca l’esperto di bioetica Wesley J. Smith. «Quattro persone – che altrimenti non sarebbero morte – furono uccise e poi trasportate rapidamente in sala operatoria per l’espianto degli organi. Tre dei donatori soffrivano di disabilità neuromuscolari e uno era affetto da disturbi mentali. Per un’ironia particolarmente amara, quest’ultimo paziente era un autolesionista cronico, il cui “trattamento” consisteva in un team di professionisti disponibili e pronti a infliggere il danno definitivo».

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Come riportato da Renovatio 21, in Canada è partita la promozione per offrire la MAiD – il programma eutanatico massivo attivato dal governo di Ottawa – anche per bambini e adolescenti. Non manca nel Paese il dibattito per l’eutanasia dei bambini autistici.   Di fatto, un canadese ogni 25 viene oggi ucciso dall’eutanasia. L’aumento negli ultimi anni è stato semplicemente vertiginoso. E la classe medica, oramai totalmente traditrice di Ippocrate e venduta all’utilitarismo più sadico e tetro, insiste che va tutto bene.   Come riportato da Renovatio 21, qualche mese fa un’altra veterana dell’esercito, divenuta disabile, ha riportato che alcuni funzionari statali avevano risposto alla sua richiesta di avere in casa una rampa per la sedie a rotelle offrendole invece la possibilità di accedere al MAiD – cioè di ucciderla.   Ma non è il caso più folle del degrado assassino raggiunto dallo Stato canadese: ecco l’ecologista che chiede di essere ucciso per la sua ansia cronica riguardo al Cambiamento Climatico, ecco i pazienti che chiedono di essere terminati perché stanchi di lockdown, ecco le proposte di uccisione dei malati di mente consenzienti, e magari pure dei neonati. Il tutto, ovviamente, con il corollario industriale, della predazione degli organi, di cui il Paese ora detiene il record mondiale.
Il Canada del governo Trudeau e del suo successore Carney – dove il World Economic Forum regna, come rivendicato boriosamente da Klaus Schwab – è il Paese dell’avanguardia della Necrocultura. Se lo Stato può ucciderti, ferirti, degradarti, lo fa subito, e legalmente. Magari pure con spot mistico propalato da grandi società private in linea con il dettato di morte. In Canada l’eutanasia viene servita anche alle pompe funebri.   A febbraio l’eutanasia è stata offerta anche ad una signora riconosciuta come danneggiata da vaccino COVID.   Secondo alcuni, l’eutanasia in Canada – che si muove verso i bambini – sta divenendo come una sorta di principio «sacro» dello Stato moderno.   Come abbiamo ripetuto tante volte: lo Stato moderno è fondato sulla Cultura della Morte. La Necrocultura è, incontrovertibilmente, il suo unico sistema operativo. Aborto ed eutanasia (e fecondazione in vitro, e vaccinazioni, anche e soprattutto geniche) sono quindi sue primarie linee di comando.  

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Eutanasia

Francia, accelerazione parlamentare verso il fine vita

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Sebbene alcuni prevedessero un rinvio, si prevede che le discussioni sui due progetti di legge sul fine vita – uno sulle cure palliative, l’altro sul suicidio assistito – si terranno a breve al Senato. Una fonte vicina al presidente del Senato, Gérard Larcher, ha dichiarato alla stampa che è stato raggiunto un accordo per programmare questa revisione entro la fine di ottobre.

 

Alle prese con questioni di sovranità – immigrazione, giustizia, economia – il nuovo governo francese vorrebbe creare un consenso trasversale sulla base della legge naturale, accelerando l’agenda del testo che dovrebbe sancire uno pseudo diritto all’eutanasia in Francia?

 

In ogni caso, un accordo in tal senso sarebbe stato raggiunto durante un incontro del 29 settembre 2025 tra Yaël Braun-Pivet, il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Gérard Larcher, e il primo ministro dimissionario, Sébastien Lecornu. Secondo Le Figaro, questo impegno orale era in attesa di conferma definitiva.

 

Prima delle nuove dimissioni, è stato discusso un calendario preciso: una seduta pubblica a partire dal 20 ottobre al Palazzo del Lussemburgo e una votazione formale prevista per il 28 ottobre. Questo ritmo contrasta con le due settimane di discussioni all’Assemblea Nazionale. Anche se l’attuale caos ridimensiona molti aspetti, questo calendario solleva interrogativi.

 

Si tratta semplicemente di finalizzare la revisione di un testo già adottato in prima lettura dall’Assemblea Nazionale? Oppure si tratta di segnare il secondo mandato di Emmanuel Macron con un’importante riforma sociale, una riforma che sarebbe minacciata dallo scioglimento del Parlamento? Gli osservatori sospettano un tacito accordo con il Partito Socialista per facilitare l’adozione di questi testi, un’ipotesi che divide le opinioni.

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«In un clima politico così instabile, programmare un dibattito sulla morte assistita è incomprensibile. Qual è l’urgenza?», chiede un senatore LR, irritato da quella che percepisce come la debolezza di Gérard Larcher di fronte a una riforma ampiamente contestata dalla destra. «Sembra un gioco politico in cui siamo semplici pedine», aggiunge.

 

Questa accelerazione ha sollevato preoccupazioni tra gli operatori sanitari contrari all’eutanasia e al suicidio assistito. La Società Francese di Cure Palliative e di Accompagnamento (SFAP) ha condannato il dibattito frettoloso, in un contesto di incertezza che circonda il bilancio, il disegno di legge sul finanziamento della Previdenza Sociale e le promesse di rafforzare le cure palliative.

 

La strategia decennale, che prevede uno stanziamento di 100 milioni di euro all’anno per le cure palliative nell’arco di dieci anni, rischia di non essere pienamente attuata. La SFAP sottolinea inoltre che il Comitato consultivo nazionale di etica (CCNE) aveva subordinato qualsiasi passo verso l’assistenza attiva al suicidio a un miglioramento significativo delle cure palliative.

 

Tuttavia, secondo la Corte dei Conti, metà dei francesi che dovrebbero beneficiare di queste cure non vi ha accesso. «In questo contesto, si teme che alcuni pazienti richiedano l’eutanasia a causa della mancanza di accesso a cure palliative adeguate», avverte Ségolène Peruchhio, presidente della SFAP. Anche i sostenitori della liberalizzazione dell’eutanasia sono preoccupati.

 

Pertanto, l’economista Frédéric Bizard, favorevole alla modifica legislativa, sottolinea: «prima di apportare qualsiasi modifica al fine vita, dobbiamo innanzitutto garantire il futuro della previdenza sociale e migliorare l’assistenza agli anziani», avverte. Mette in guardia dal rischio di «ingiustizia sociale di fronte alla morte», dove persone vulnerabili o indigenti potrebbero ricorrere al suicidio assistito a causa della mancanza di alternative.

 

Anche il tempo concesso ai dibattiti in Senato alimenta le critiche. “Ci avevano promesso un dibattito pacifico, ma le condizioni non sono adeguate”, lamenta Ségolène Perruchio, sottolineando che solo il 54% dei parlamentari si è espresso a favore del suicidio assistito. Le relazioni del Senato forniranno una prima indicazione sulla direzione dei dibattiti. Si prevede che il Senato imporrà condizioni restrittive, inefficaci nella pratica, ma l’ultima parola spetterà al Palazzo Borbone.

 

In ogni caso, le dimissioni del Primo Ministro più effimero della Quinta Repubblica, Sébastien Lecornu, rimescolano le carte e potrebbero offrire un inaspettato sollievo alla vita dei più vulnerabili.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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