Economia
Inflazione e crisi economica affossano la classe media turca
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Nel Paese si registra un clima crescente di «austerità». Le previsioni per il 2022 prospettano un aumento ulteriore dell’inflazione rispetto al 36% dello scorso anno, dato record dall’ascesa al potere di Erdogan. Il governo strizza l’occhio ai radicali islamici aumentando le tasse su alcol e tabacco. Ma innesca un crollo ulteriore della spesa.
La progressiva crescita dell’inflazione, accompagnata da un aumento costante dei prezzi (compresi generi alimentari e beni di prima necessità), sta mettendo in ginocchio la classe media in Turchia, che registra un impoverimento.
Sempre più persone si vedono costrette a tagliare la spesa nei settori più diversi, dallo shopping ai trasporti, dalle cene ai viaggi passando per svago e divertimento in un clima di «austerità». Il fenomeno, spiega una approfondita inchiesta di al-Monitor, non riguarda solo la parte più debole della società, ma coinvolge un numero consistente di cittadini determinando negli ultimi giorni una contrazione della domanda al consumo.
Le previsioni per il 2022 in tema di inflazione indicano un aumento marcato rispetto al 36% registrato lo scorso anno, il dato più elevato registrato nei 19 anni al potere – come primo ministro o presidente – di Recep Tayyip Erdogan e del suo partito AKP.
Le previsioni per il 2022 in tema di inflazione indicano un aumento marcato rispetto al 36% registrato lo scorso anno, il dato più elevato registrato nei 19 anni al potere – come primo ministro o presidente – di Recep Tayyip Erdogan e del suo partito AKP
I consumatori hanno iniziato il nuovo anno travolti da una raffica di aumenti fra materie prime e servizi, compresa elettricità, gas naturale e trasporti. Le stime parlano di un 15% a gennaio, un tasso maggiore rispetto al 13,5% di dicembre e la crescita a due cifre dovrebbe persistere anche a febbraio e marzo.
L’esercito dei disoccupati, che comprende 3,8 milioni di persone in cerca di lavoro e oltre 4 milioni che vi hanno rinunciato, è il primo a subire i contraccolpi della crisi.
Il governo ha di recente aumentato il salario minimo del 50% passando a 4.250 lire turche (circa di 273 euro), nel tentativo di porre uno scudo all’inflazione. Tuttavia, questo ritocco dovrebbe perdere rilevanza già a marzo determinando una continua erosione del reddito reale. Nemmeno i dipendenti con salari più consistenti e i piccoli imprenditori autonomi delle aree rurali e urbane – lo zoccolo duro della middle class – risultano immuni, con un tenore di vita che sta cambiamento bruscamente e una revisione continua dei modelli di consumo.
L’escalation dei prezzi è accompagnata dai tagli alla spesa: il costo di una vettura è aumentato del 50% rispetto allo scorso anno e si prevedono ulteriori crescite che affossano i piani di acquisto di nuove auto.
L’esercito dei disoccupati, che comprende 3,8 milioni di persone in cerca di lavoro e oltre 4 milioni che vi hanno rinunciato, è il primo a subire i contraccolpi della crisi
Pure l’uso di quelle già in circolazione è un lusso con il picco del carburante e l’aumento dei pedaggi, tanto che la sempre congestionata Istanbul da inizio anno registra una diminuzione progressiva di traffico. «Le persone – ha scritto Murat Ongun, portavoce della municipalità metropolitana – non possono più usare le loro auto». Cambia anche il paniere di spesa della classe media, confermato dal calo dei fatturati dei ristoranti perché sempre meno persone si possono permettere «il lusso» di un pranzo fuori o di incontrarsi per una bevuta.
Il 3 gennaio scorso il governo ha aumentato l’imposta speciale sul consumo di bevande alcoliche e tabacco del 47%, innescando aumenti dei prezzi sino al 33%. Le tasse costituiscono l’80% del prezzo di un pacchetto di sigarette, il 75% di una bottiglia di raki (bevanda alcolica all’anice) e quasi il 67% per mezzo litro di birra.
Le tasse sugli alcolici hanno innescato ulteriore malcontento perché viste come un deterrente sfruttato dal governo per scoraggiare il consumo di bevande alcoliche, strizzando l’occhio alla fazione religiosa e radicale islamica interna. Come conseguenza, un numero sempre maggiore di tabaccherie e ristornati stanno lottando per restare a galla.
Le tasse sugli alcolici hanno innescato ulteriore malcontento perché viste come un deterrente sfruttato dal governo per scoraggiare il consumo di bevande alcoliche, strizzando l’occhio alla fazione religiosa e radicale islamica interna
In un quadro che muove verso il rischio di iper-inflazione, le richieste di prestiti nella classe media hanno registrato anch’essi un consistente calo.
Soprattutto quelli per la casa e per l’auto – i più popolari – sono diminuiti notevolmente in termini reali. Anche nel settore della vendita al dettaglio, molte aziende hanno visto i fatturati crollare in modo repentino da inizio anno, compresi i negozi di abbigliamento a dispetto della stagione dei saldi che non ha incentivato la spesa.
La forte contrazione nella domanda rischia dunque di innescare una profonda stagnazione economica nel secondo trimestre del 2022, con ulteriori riflessi negativi nel mercato del lavoro.
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Economia
Trump grazia l’ex CEO del gigante delle cripto Binance
Il presidente statunitense Donald Trump ha concesso la grazia presidenziale a Changpeng Zhao, noto come «CZ», fondatore ed ex amministratore delegato di Binance, la principale piattaforma di scambio di criptovalute a livello globale. Lo riporta il Wall Street Journal.
L’annuncio, proveniente dalla Casa Bianca, giunge dopo mesi di vigorose attività di lobbying e rappresenta un cambiamento significativo nella politica americana verso il settore delle criptovalute, con chiare ripercussioni sugli interessi familiari di Trump.
La grazia corona una serie di iniziative prolungate da parte di Zhao e della sua azienda per ottenere indulgenza, tra cui il sostegno attivo a World Liberty Financial, la piattaforma crypto associata alla famiglia Trump. Questa iniziativa, promossa dai figli del presidente Eric e Donald Jr., ha registrato un’impennata di valore – valutata in oltre 5 miliardi di dollari di ricchezza teorica – grazie a collaborazioni con entità legate a Binance, come un’intesa da 2 miliardi di dollari con un fondo degli Emirati Arabi Uniti che ha impiegato lo stablecoin USD1 di World Liberty per investimenti azionari.
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Zhao, un tempo tra i leader più influenti nel panorama degli asset digitali, era stato condannato nell’aprile 2024 a quattro mesi di detenzione dopo un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense nel 2023. L’intesa prevedeva un’ammissione di responsabilità per violazioni antiriciclaggio, una sanzione record di 4,3 miliardi di dollari per Binance e una multa personale di 50 milioni per CZ, che aveva lasciato la carica di CEO.
Gli inquirenti federali avevano imputato alla piattaforma di aver favorito operazioni illecite con soggetti sanzionati, inclusi gruppi terroristici, e di non aver adottato misure sufficienti contro il riciclaggio di denaro. Il procedimento contro Zhao è stato uno dei casi più rappresentativi della campagna dell’amministrazione Biden contro le grandi exchange crypto, vista da molti come un’eccessiva stretta repressiva.
Completata la pena in una prigione federale a bassa sicurezza in California e poi in un centro di reinserimento, Zhao era stato liberato nel settembre 2024. Ci sono voluti quasi dodici mesi di sforzi per ottenere la grazia: all’inizio del 2025, l’azienda ha assunto il lobbista Ches McDowell, legato a Donald Trump Jr., per influenzare i decisori a Washington.
Fonti informate indicano che il team di Trump ha colto nel caso di Zhao l’occasione per avviare una «nuova era» nelle normative sulle criptovalute, favorendo l’innovazione anziché la repressione. Numerosi collaboratori del presidente considerano le imputazioni come motivazioni politiche, tipiche della più ampia «guerra alle crypto» promossa da Biden.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha giustificato la scelta con toni decisi: «il presidente Trump ha esercitato il suo potere costituzionale concedendo la grazia al signor Zhao, perseguitato dall’amministrazione Biden nella sua guerra alle criptovalute». E ha proseguito: «la guerra dell’amministrazione Biden contro le criptovalute è terminata». Interrogato dalla stampa, Trump ha sminuito l’importanza: «Molte persone sostengono che non avesse commesso alcun illecito. L’ho graziato su indicazione di persone affidabili, pur non conoscendolo di persona».
La decisione non manca di polemiche. Critici come la senatrice democratica Elizabeth Warren l’hanno bollata come un «evidente conflitto di interessi»: «Prima CZ si dichiara colpevole di riciclaggio, poi sostiene un’impresa crypto di Trump e fa lobbying per la grazia. Oggi Trump ricambia il favore».
Binance, che aveva visto prelievi per un miliardo dopo che CZ si era dichiarato colpevole, ha accolto la notizia come «incredibile» e ha espresso gratitudine a Trump per il suo impegno a trasformare gli Stati Uniti nella «capitale mondiale delle crypto».
Zhao, azionista di maggioranza di Binance fondata nel 2017, ha scritto sui social: «Profondamente grato per la grazia di oggi e al presidente Trump per aver difeso equità, innovazione e giustizia. Ci impegneremo al massimo per fare dell’America la capitale delle crypto».
Questa grazia non è solo una rivalsa personale per CZ, che ora potrebbe riprendere il controllo attivo di Binance, ma un segnale politico netto: l’amministrazione Trump mira a favorire il settore del Bitcoin e delle criptovalute, dissipando le ombre del passato.
In un contesto in cui Trump ha già graziato figure come Ross Ulbricht (come aveva promesso in campagna elettorale), ideatore della piattaforma di scambio del dark web Silk Road, il messaggio è inequivocabile: Washington è disposta a puntare sulle criptovalutea anche a costo di controversie.
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Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa la società Trump Media aveva investito 2 miliardi in bitcoini. Il bitcoin in quelle settimane toccava il record di 120.000 dollari.
In primavera i figli di Trump con il vicepresidente USA JD Vance avevano presenziato alla conferenza Bitcoin di Las Vegas esaltano le criptovalute. Eric Trump, figlio di Donald, ha avuto a dichiarare che con cripto e blockchain in dieci anni potremmo assistere all’estinzione degli istituti bancari.
Trump – che ha nominato le criptovalute come riserva strategica nazionale – aveva ospitato, sotto gli auspici del suo zar per l’AI e le crypto Davis Sacks, un grande evento per le monete elettroniche alla Casa Bianca praticamente appena insediatosi. Tra i primi decreti esecutivi firmati da Trump vi è quello che vieta le CBDC, cioè le valute digitali delle Banche centrali.
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Immagine di Web Summit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia
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Economia
La Volkswagen affronta la crisi dei chip dopo chel’Olanda ha sequestrato la fabbrica cinese
La principale casa automobilistica tedesca, Volkswagen, rischia di sospendere la produzione in un importante stabilimento a causa della carenza di semiconduttori, provocata dal sequestro di un produttore di chip di proprietà cinese da parte dei Paesi Bassi. Lo riporta il tabloide tedesco Bild, citando fonti anonime.
A fine settembre, il governo olandese ha preso il controllo dello stabilimento Nexperia di Nimega, adducendo problemi legati alla proprietà intellettuale e alla sicurezza. La settimana scorsa, il New York Times, dopo aver esaminato documenti di un tribunale di Amsterdam, ha rivelato che la decisione è stata influenzata dalle pressioni di funzionari statunitensi.
Wingtech, la società madre di Nexperia, è stata inserita nella lista nera di Washington nel 2024, nell’ambito della guerra commerciale con la Cina.
All’inizio di ottobre, Pechino ha reagito vietando a Nexperia l’esportazione di chip finiti dalla Cina, componenti essenziali per le centraline elettroniche dei veicoli Volkswagen.
Mercoledì la Bild ha riferito che Volkswagen, proprietaria anche di Skoda, Seat, Audi, Porsche, Lamborghini e Bentley, non sembra avere attualmente alternative ai chip di Nexperia. Fonti interne hanno indicato che, a causa della carenza di semiconduttori, la produzione nello stabilimento di Volsburgo potrebbe essere interrotta a partire da mercoledì prossimo, iniziando con la Volkswagen Golf e poi estendendosi ad altri modelli.
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Se la situazione non dovesse migliorare, la sospensione della produzione potrebbe riguardare anche gli stabilimenti di Emden, Hannover, Zwickau e altri, secondo una fonte informata.
Secondo il rapporto, Volkswagen ha avviato negoziati con le autorità tedesche per un programma di riduzione dell’orario di lavoro, sostenuto dallo Stato, per decine di migliaia di dipendenti.
Bild ha avvertito che la crisi dei chip potrebbe colpire anche altre case automobilistiche tedesche. Rappresentanti di BMW e Mercedes hanno dichiarato al giornale di stare monitorando la situazione. L’industria automobilistica tedesca è già in difficoltà a causa degli elevati costi energetici, legati alle sanzioni dell’UE contro la Russia per il conflitto in Ucraina, e all’aumento dei dazi americani.
Un portavoce dello stabilimento Volkswagen di Zwickau ha definito «errato» il rapporto di Bild, secondo quanto riferito all’agenzia AFP. Tuttavia, una lettera interna visionata dalla stampa ha ammesso che «non si possono escludere ripercussioni sulla produzione a breve termine» a causa della carenza di semiconduttori.
La tensione nelle relazioni Washington-Pechino, in ispecie con riguardo i microchip – che costituiscono, almeno per il momento, lo «scudo» contro l’invasione di Taiwan da parte dell’Esercito di Liberazione del Popolo della Repubblica Popolare Cinese – tocca sempre più apertamente non solo Cina e USA, ma l’intera economia mondiale, con effetti devastanti sull’Europa, che non è riuscita, nonostante i tentativi, di crearsi una sua autonomia sovrana sulla produzione di questo componente essenziale.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che le fabbriche di semiconduttori con tecnologia avanzata olandese presenti a Taiwan potrebbero essere spente da remoto nel caso di invasione dell’isola da parte di Pechino. In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna, utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.
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Immagine di Michael Barera via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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