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Immigrazione

Immigrati criminali, il senato francese vorrebbe spiegare le cause del disastro della finale Champions League, ma non nomina mai il problema

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Secondo un rapporto del Senato francese pubblicato la scorsa settimana, i tifosi del Liverpool sono stati ingiustamente accusati del caos che ha travolto la finale di UEFA Champions League nel tentativo di «distogliere l’attenzione» dai fallimenti statali e organizzativi.

 

La partita erastata ritardata di circa 40 minuti a causa della polizia francese che ha impediva ai supporter inglesi di entrare nello stadio, in alcuni casi gasandoli con i lacrimogeni – compresi i bambini.

 

Inizialmente, la Francia aveva dato interamente la colpa a loro. Poi, grazie alle testimonianze video, è cominciato ad emergere quel che è successo veramente: i tifosi liverpudliani hanno raccontato di essere stati spinti, aggrediti e quasi schiacciati nel caos dello Stade de France, nonché assaltati derubati da bande armate di immigrati, che in alcuni casi hanno esibito vero sadismo nei confronti dei britannici, considerati facili da sopraffare e rapinare.

 

Come riportato da Renovatio 21, prima ancora dei resoconti inglesi (tra cui quello del sindaco di Liverpool), le immagini video riprese dai telefonini parlavano chiaro.

 


 

Per settimane il ministero degli Interni ha tentato di mantenere la narrazione dei disordini ultras. Poi, di fronte all’evidenza, la storia ha cominciato a cedere: impossibile negare quelle immagini video, provenienti da una zona, Saint Denis, dove vi sarebbero almeno 400 mila immigrati irregolari.

 

Come riportato da Renovatio 21, secondo un sondaggio il 76% dei francesi non credeva alla spiegazione ufficiale fornita ai disordini prima della finale.

 

Ora, dopo aver raccolto testimonianze per settimane, il Senato francese ha concluso in un rapporto pubblicato lo scorso mercoledì che le scene deplorevoli erano il prodotto di una «catena di eventi e malfunzionamenti» da parte di diverse autorità, incluso lo Stato francese, durante la preparazione alla finale.

 

Il rapporto del Senato francese ha rilevato che i tifosi del Liverpool sono stati ingiustamente accusati dal ministro dell’Interno francese Gerard Darmanin, che ha tentato di «distogliere l’attenzione dall’incapacità dello stato di gestire adeguatamente la folla presente».

 

Il documento riporta che i visitatori inglesi sarebbero rimasti delusi dal «mancato controllo» da parte dello stato francese della condotta di «diverse centinaia di criminali violenti e coordinati» che li hanno borseggiati e derubati fuori dallo stadio di Saint Denis: come dire, in pratica, che la polizia francese ha lasciato fare, salvo poi sparare lacrimogeni sui tifosi del Liverpool, muniti di regolari e costosissimi biglietti e magari accompagnati dai figli piccoli.

 

La polizia francese avrebbe quindi giudicato erroneamente i supporter d’oltremanica e ha basato l’organizzazione della loro sicurezza per la finale di Champions League su una «visione datata dei tifosi britannici, che si rifà ai teppisti degli anni Ottanta», che ha portato a un approccio incentrato sul «controllo della folla» dei tifosi inglesi.

 

«Questo metodo, che colpisce le persone presenti, al di là di coloro che sono presi di mira, è apparso particolarmente aggressivo nei confronti dei sostenitori provenienti da paesi in cui non è praticato» si legge nel rapporto, con i gas lacrimogeni che hanno contribuito «a far sentire tra i sostenitori un’eccessiva contro di loro era stata usata la forza, o anche la violenza della polizia» .

 

Si dice quindi che ci sono state «gravi carenze nell’intelligence» e, invece della presenza di teppisti, sulla scena hanno operato tra i 300 ei 400 ladruncoli che avrebbero dovuto essere fermati dai servizi segreti francesi dopo essere stati individuati sul posto pochi giorni prima che la finale avesse luogo.

 

Il rapporto del Senato ha anche rilevato che una «volontà politica di far apparire la presenza di sostenitori britannici come l’unica causa del caos allo Stade de France – che forse era intesa a mascherare le scarse scelte organizzative». Qualcosa di «non accettabile il alcun modo»

 

Colpisce come, nonostante la buona volontà di risolvere l’incidente imbarazzante e riparare alle ingiustizie e alle violenze subite dai britannici, lo Stato francese non riesca a pronunziare nemmeno mezza parola sulla vera causa di quanto accaduto: l’immigrazione selvaggia, la presenza di masse barbare afro-islamiche nelle città europee, che formano bande di criminali e di teppisti che agiscono a dispetto di ogni legge, creando delle vere no-go zones dove la sovranità degli Stati europei non ha più alcun effetto.

 

Tutto ciò è chiaro a tutti – tranne che alle lingue di legno della politica, ai funzionari ministeriali e ai grandi giornali.

 

In pratica, la finale di Champions è stata una sorta di prodromo primaverile della «colonizzazione» di Peschiera del Garda, o, per restare in tema di cronaca recente, una Riccione estesa a livello massivo ed internazionale.

 

Ma nessuno può dirlo.

 

Ricordiamo questo ulteriore tabù: la partita che originariamente doveva svolgersi a San Pietroburgo prima che la Russia venisse spogliata del fiore all’occhiello a causa del conflitto in Ucraina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I senatori incaricati del rapporto e della sua inchiesta hanno affermato che i tweet della notte della finale, in cui si sosteneva che il caos fosse stato causato dai tifosi del Liverpool che tentavano di entrare in campo con enormi volumi di biglietti falsi, “non corrispondevano a la verità” ed era “un’analisi parziale e imprecisa” .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Immigrazione

Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha bollato l’Europa occidentale come un insieme di Stati «in decadenza» diretti da capi di governo «deboli», rimproverando i loro esecutivi per la gestione fallimentare dei flussi migratori e per l’incapacità di contribuire alla risoluzione della crisi ucraina.

 

In un colloquio concesso a Politico e reso pubblico martedì, Trump ha dipinto l’élite politica del Vecchio Continente come inadeguata e intrappolata in un eccesso di «correttezza politica».

 

«Penso che siano deboli», ha sentenziato riguardo ai vertici della zona, proseguendo: «L’Europa non sa cosa fare».

 

Sollecitato sul contributo dell’Europa occidentale ai negoziati per la pace in Ucraina, il tycoon ha replicato che i suoi dirigenti «parlano troppo», lasciando intendere che, se persistono nel credere a una vittoria di Kiev, possono proseguire nel finanziamento illimitato.

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Il presidente statunitense negato di nutrire autentici avversari nel continente, vantando legami cordiali con la maggioranza dei suoi leader, ma ha asserito di saper distinguere «i buoni leader», «i cattivi leader», «quelli intelligenti» e «quelli stupidi».

 

«Anche se ve ne sono di davvero stupidi», ha chiosato Trump.

 

L’imprenditore ha argomentato che le strategie sull’immigrazione stanno trascinando vari Paesi verso il tracollo. «Se continua così, secondo me l’Europa non esisterà più, molti di quei paesi non saranno più sostenibili», ha pronosticato. «La loro politica sull’immigrazione è un disastro. Quello che stanno facendo con l’immigrazione è un disastro».

 

Trump  accusato numerosi governi europei europei di autorizzare ingressi «senza controlli e senza essere controllati» e di ostinarsi a non espellere gli immigrati irregolari.

 

«Vogliono essere politicamente corretti… e non vogliono rimandarli da dove sono venuti», ha spiegato Trump, che ha lodato l’approccio di Ungheria e Polonia alla difesa dei confini, contrapponendole ad altre nazioni europee – in special modo Germania e Svezia –, che a suo avviso hanno smarrito il dominio sui movimenti migratori.

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Immigrazione

Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».   Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.   Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.   «Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».  

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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».   Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.   Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.   In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.  

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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama. La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.   Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».   La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.

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Immigrazione

Nemmeno la provincia è al riparo dalla violenza dell’immigrazione: in memoria di Thomas Perotto

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Due anni fa, il 19 novembre 2023, in quel di Crépol, borgo rurale nei pressi di Romans-sur-Isère, nel dipartimento della Drôme nel sud della Francia, perdeva la vita in circostanze tragiche il giovane diciassettenne Thomas Perotto.

 

Nel corso di un alterco in cui, secondo alcune testimonianze, il giovane era intervenuto in difesa di alcuni amici, Thomas veniva ucciso con una coltellata al cuore.

 

Secondo le testimonianze, le prime tensioni avevano avuto luogo nella sala delle feste in cui si svolgeva una festa di paese. Anche Thomas, membro della locale squadra di rugby era presente.

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Un gruppo di giovinastri, non propriamente francesi (qualcuno da noi userebbe il termine «di seconda generazione») si era presentato alla festa e dopo alcuni sguardi e commenti di troppo era scoppiato un parapiglia tra i rugbymen e gli infiltrati, che forse avevano pure pagato il biglietto. 

 

I giovinastri avevano ricevuto rinforzi dalla Monnaie, quartiere malfamato di Romans-sur-Isère, ad alta densità migratoria e delinquenziale. Coltelli alla mano si erano scatenati sui presenti dando inizio ad una vera e propria carneficina al termine della quale moriva Thomas, raggiunto da due fendenti fatali mentre altri restavano gravemente feriti.

 

Nonostante il vero e proprio depistaggio di diverse testate giornalistiche che si erano affrettate a minimizzare i fatti, dando magari la colpa a qualche bicchiere di troppo, la realtà era venuta a galla.

 

Sembra infatti che i delinquenti della Monnaie si fossero presentati alla festa pour «casser des blancs» «pointer des blancs» tutte espressioni gergali per descrivere l’obiettivo della ghenga: malmenare, accoltellato e se possibile uccidere dei bianchi.

 

Allo stato attuale, alcune associazioni si battono perché il razzismo antibianchi venga riconosciuto dell’inchiesta ancora in corso come movente dell’omicidio di Thomas

 

Ricordo bene come nei giorni successivi all’omicidio i colpevoli fossero già stati individuati e loro foto circolassero pure su Telegram. Gli indizi sembravano essere schiaccianti. Oltretutto alcuni di loro erano stati rintracciati, in fuga nei dintorni di Toulouse. Poi, stranamente (o forse no), i sospetti erano stati rimessi in libertà. 

 

Ricordo anche il sostegno a Thomas, con un bello striscione esposto sugli spalti, da parte dei tifosi del club libanese di basket cristiano «Sagesse».

 

L’anno successivo, nella primavera 2024, venni poi a conoscenza da un sacerdote che Thomas era un fedele dello stesso Istituto che frequento anch’io.

 

Oltre al cordoglio, al ricordo e alla preghiera per Thomas è possibile fare alcune considerazioni.

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Come ripetuto su Renovatio 21 ormai nemmeno la cosiddetta «provincia sonnacchiosa» è al riparo da branchi di predatori su due gambe e costoro ci vengono pure a cercare nelle feste di paese, nelle occasioni in cui si rincontrano i vecchi amici o si vorrebbero fare due chiacchiere in tranquillità.

 

Lo vediamo un po’ dappertutto e pure da noi, basti pensare a quante sagre o feste popolari vengano funestate dalla presenza molesta di soggetti «a caccia di bianchi».

 

Non ci vogliono dare pace, per le strade, nei momenti di svago e neppure sui monti dove troviamo anche i grandi carnivori.

 

Quanto ancora saremo disposti a tollerarlo?

 

Victor García 

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