Connettiti con Renovato 21

Sorveglianza

Il WEF ammette: gli ID digitali potrebbero essere usati per «sorveglianza e persecuzioni»

Pubblicato

il

Il World Economic Forum (WEF) ha ammesso in un nuovo rapporto che gli ID digitali sono esclusivi per natura e possono facilitare «l’identificazione, la sorveglianza e la persecuzione di individui o gruppi».

 

Nel suo Insight Report del giugno 2023 intitolato «Reimagining Digital ID», il WEF descrive i potenziali rischi dell’implementazione diffusa di un ID digitale.

 

«Forse i maggiori rischi derivanti dall’identificazione digitale sono l’esclusione, l’emarginazione e l’oppressione», avverte il report. «Diversi rapporti hanno identificato un legame tra la mancanza di documenti d’identità ufficiali e l’esclusione dalla piena partecipazione alla società (…)Tuttavia, reificando l’accesso condizionato, l’ID è, per sua stessa natura, escludente». 

 

«Spesso sono i membri di gruppi storicamente emarginati che affrontano le forme più dure di esclusione», è la preoccupazione del documento, riferendosi – ovvio – a rifugiati, donne e minoranze razziali e sessuali. La minoranza non vaccinata, ad esempio, sappiamo che non è tecnicamente una minoranza. 

 

Sul tema della vaccinazione vi era stato l’anno passato un altro rapporto del WEF, dove si chiariva che i passaporti vaccinali, «per natura servono come una forma di identità digitale», il segreto di Pulcinella dietro al green pass.

 

«Nei casi in cui vengono raccolti dati sensibili, ci sono anche rischi di emarginazione e oppressione, con l’utilizzo dell’ID per facilitare l’identificazione, la sorveglianza e la persecuzione di individui o gruppi», avverte il rapporto Insight del WEF. 

 

 

Il rapporto WEF riconosce quindi la relazione tra ID digitali e CBDC – le monete digitali di Stato, in preparazione ovunque – affermando che «alcune Nazioni stanno iniziando a considerare l’ID digitale come un prerequisito per lo sviluppo di una valuta digitale della banca centrale (CBDC) e altre innovazioni di pagamento».

 

Il rapporto WEF rileva inoltre che, anche se gli ID digitali non sono obbligatori per legge, i cittadini potrebbero comunque essere costretti a utilizzarli poiché altrimenti sarebbero esclusi da molte parti della società – è l’emarginazione sociale sperimentata di già con vaccinazioni e green pass.

 

«Man mano che un sistema di identificazione si espande, le conseguenze della mancata partecipazione possono diventare così gravi da rendere la registrazione effettivamente inevitabile», afferma il rapporto. «Quando l’accesso a un bene o servizio è condizionato al possesso di un documento d’identità, e tale documento d’identità è diffuso, gli individui possono essere effettivamente costretti a ottenere quel documento d’identità, anche se non vi è alcuna base giuridica per richiederlo». 

 

Il WEF Insight Report ammette anche che «in alcuni casi, l’ID digitale può indebolire la democrazia e la società civile».  Ci scapperebbe, a questo punto, perfino da ridere. «Ad esempio, gli ID digitali emessi dalle società di social media possono contribuire alla polarizzazione politica rafforzando le identità di gruppo» rivela il documento, scendendo da un’ulteriore montagna del sapone.

 

Secondo il rapporto WEF, «l’ID decentralizzato è una forma di ID digitale che consente alle persone di controllare la condivisione dei propri dati, consentendo a più entità di rilasciare loro credenziali».

 

Nel tentativo di minimizzare il pericolo che un ID digitale diventi la base di uno stato totalitario, il WEF promuove l’idea di avere ID digitali decentralizzati, in cui gli utenti hanno il potere di decidere con chi condividere i propri dati e le informazioni degli utenti non sono memorizzato centralmente.  È chiaro che gli ID digitali decentralizzati possono ridurre il rischio di sfruttamento dei dati, tuttavia, il decentramento non impedisce l’esclusione da parti della società. 

 

Anche se i cittadini possono decidere se condividere o meno i propri dati, possono comunque essere esclusi dall’acquisto di beni e servizi o persino dall’ottenere un lavoro se si rifiutano di utilizzare un ID digitale.

 

«Senza istruzione pubblica, chiara utilità e incentivi, gli approcci decentralizzati all’ID potrebbero non essere in grado di raccogliere l’ampio consenso delle parti interessate e la domanda degli utenti necessaria per l’adozione di massa», afferma il rapporto WEF sugli ID digitali. 

 

Il problema, tuttavia, rimane uno solo: i complottisti. Per qualche ragione, i membri del WEF sanno di non essere particolarmente popolari, come non lo sono le proposte che vogliono infliggere alla popolazione terrestre. Neutralizzare chi si può opporre – definendolo «cospirazionista» immantinente – è un’azione da intraprendere alla svelta.

 

Secondo il documento infatti, i sistemi di identificazione digitale affrontano «una barriera di comunicazione particolarmente elevata, aggravata dalla miriade di teorie del complotto che collegano l’identificazione digitale a speculazioni false e dannose».

 

Renovatio 21 quindi decide di buttare lì un paio di cose sull’ID digitale che non sono né false né dannose: sono, per lo più, cronaca.

 

L’ID digitale va fortissimo in Canada, dove Stato e banche sono in convergenza totale e il WEF è citato apertamente.

 

Macron ha iniziato i lavori l’ID digitale francese a neanche una settimana dalla sua rielezione – l’urgenza, ad occhio, era tanta.

 

Bill Gates l’anno scorso ha donato 200 milioni di dollari per stabilire un sistema globale di identificazione digitale.

 

L’Ucraina aveva lanciato il suo sistema di ID digitale, chiamato Diia – una app dove lo Stato pure ti caricava 40 dollari se ti vaccinavi – pochi giorni prima che scoppiasse la guerra.

 

In Sri Lanka l’ID digitale è già usato per il razionamento della benzina.

 

Il finanziere britannico Bob Wigley ha parlato apertamente di ID digitale che sia una «super app» che contenga, oltre ad un sistema di identificazione, anche dati finanziari.

 

Un embrione di ID digitale è stato implementato perfino sui sacerdoti francesi, con il celebre celebret elettronico fornito di QR.

 

A Palestine, in Ohio, città dell’immane disastro ferroviario che ha contaminato il luogo di prodotti chimici tossici, poche settimane prima era stato lanciato un programma-pilota di ID Digitale.

 

L’Unione Europea ha già scelto a quale azienda appaltare il sistema informatico di ID digitale europeo, e – sorpresa! – si tratta di una società associata al sistema di tracciamento COVID.

 

Qualcuno ha detto che con i sistemi di identificazione elettronica siamo davanti ad «una strada digitale verso l’inferno», verso violazioni gravi ed irreversibili dei diritti umani».

 

Renovatio 21 ha ribadito che si tratta di qualcosa di più: è un passo ulteriore verso la riprogrammazione del rapporto tra cittadino e Stato, cittadino e diritto, individuo e istituzione – in una parola è un passo verso la nuova schiavitù.

 

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Sorveglianza

Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione

Pubblicato

il

Da

Il presidente eletto della Bolivia, Rodrigo Paz, punta a combattere la corruzione nel governo boliviano attraverso la tecnologia blockchain.

 

Paz ha sconfitto il rivale Jorge Quiroga con il 54,5% dei voti contro il 45,5% e assumerà la carica l’8 novembre. Con un messaggio centrista e favorevole al mercato, Paz ha vinto il ballottaggio di domenica, ereditando un’economia provata dalla carenza di carburante e dalla limitata disponibilità di dollari statunitensi, come riportato dall’AP. Per gli esperti del settore delle criptovalute, il programma di governo di Paz include due proposte specifiche legate alle risorse digitali e alla blockchain.

 

La prima proposta prevede l’uso della blockchain e degli smart contract negli appalti pubblici. Il programma ufficiale del Partido Demócrata Cristiano de Bolivia per il 2025 promette l’adozione di tecnologie blockchain e contratti intelligenti per eliminare la discrezionalità negli acquisti statali, con l’obiettivo di ridurre la corruzione automatizzando alcuni processi contrattuali.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

La seconda iniziativa consente ai cittadini di dichiarare le criptovalute in un nuovo fondo di stabilizzazione valutaria, sostenuto da un programma di regolarizzazione delle attività che include esplicitamente le criptovalute. Secondo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, tali fondi servono a stabilizzare la valuta e a coprire importazioni essenziali in caso di scarsità di dollari. L’inclusione delle criptovalute permette al governo di tassarle o convertirle rapidamente in valuta forte, senza detenere token volatili.

 

Paz adotta un approccio pragmatico alle criptovalute, senza essere un sostenitore estremo del Bitcoin. La sua piattaforma considera la blockchain uno strumento anticorruzione e le criptovalute dichiarate come parte di un’iniziativa una tantum per capitalizzare un fondo di stabilizzazione valutaria. Non ci sono indicazioni di politiche per adottare il Bitcoin a livello nazionale, conservarlo nelle riserve o legalizzarne l’uso al dettaglio.

 

A giugno 2024, la Banca Centrale della Bolivia ha revocato il divieto sulle transazioni in criptovalute, autorizzando canali elettronici regolamentati e segnalando una modernizzazione dei pagamenti, scrive Cointelegraph. Nei mesi successivi, il volume medio mensile di scambi di asset digitali è raddoppiato rispetto alla media dei 18 mesi precedenti, secondo la banca.

 

Il cambiamento si è riflesso nell’economia reale. A ottobre 2024, Banco Bisa ha introdotto la custodia di USDT per le istituzioni, un primato tra le banche boliviane. A marzo, la compagnia petrolifera statale YPFB ha esplorato l’uso di criptovalute per le importazioni di energia, in un contesto di carenza di dollari. A settembre, i distributori locali di marchi automobilistici come Toyota, Yamaha e BYD hanno iniziato ad accettare USDT, segno di una crescente sperimentazione tra i commercianti.

 

Il 31 luglio, la banca centrale ha firmato un memorandum con El Salvador, definendo le criptovalute un’«alternativa valida e affidabile» alla valuta fiat e impegnandosi a collaborare su strumenti politici e di intelligence per modernizzare i pagamenti e promuovere l’inclusione finanziaria.

 

La banca ha riportato che i volumi mensili di scambio di criptovalute hanno raggiunto i 46,8 milioni di dollari al mese, con un totale di 294 milioni di dollari da inizio anno al 30 giugno.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Parallelepiped09 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

Continua a leggere

Intelligenza Artificiale

Apple Siri accusata di intercettare gli utenti: indagine penale in Francia

Pubblicato

il

Da

La procura francese ha avviato un’indagine penale contro Apple per le accuse secondo cui il suo assistente vocale Siri avrebbe raccolto e analizzato registrazioni degli utenti senza il loro consenso. L’inchiesta è stata assegnata all’agenzia francese per la criminalità informatica, come comunicato dalla procura di Parigi e riportato dal sito Politico e dall’agenzia Reuters.   L’indagine è scaturita da una denuncia presentata a febbraio da un’ONG francese, basata sulla testimonianza della «gola profonda» Thomas Le Bonniec, ex dipendente di un subappaltatore di Apple, che ha dichiarato di aver ascoltato migliaia di registrazioni di Siri nel 2019 durante un’attività di controllo qualità.   Le Bonniec avrebbe lavorato per Globe Technical Services in Irlanda, dove revisionava e annotava clip audio per migliorare l’accuratezza di Siri. Ha riferito a Politico che il materiale rivelava a volte «momenti intimi e informazioni riservate», che potevano consentire l’identificazione degli utenti.   L’informatore ha accolto con favore l’indagine, affermando che dovrebbe permettere di «rispondere a domande urgenti», come il numero di registrazioni effettuate dal lancio di Siri e il luogo in cui i dati sono archiviati.   Un portavoce di Apple in Francia ha dichiarato a Politico che l’azienda «non ha mai utilizzato i dati di Siri per creare profili di marketing, non li ha mai resi disponibili per scopi pubblicitari e non li ha mai venduti a nessuno per nessun motivo».   Apple ha inoltre comunicato a Reuters di aver rafforzato le misure sulla privacy di Siri dal 2019, con ulteriori miglioramenti effettuati quest’anno. L’azienda ha precisato che le conversazioni con Siri «non sono mai state condivise con i marketer né vendute agli inserzionisti».   A gennaio, Apple ha anche sottolineato che non avrebbe conservato «registrazioni audio delle interazioni con Siri, a meno che l’utente non acconsenta esplicitamente».   Come riportato da Renovatio 21, negli Stati Uniti, Apple ha affrontato una class action simile, in cui Siri è stato accusato di aver registrato involontariamente conversazioni private, poi esaminate da appaltatori terzi per il controllo qualità.   All’inizio di quest’anno, l’azienda ha raggiunto un accordo da 95 milioni di dollari, approvato da un giudice federale il mese scorso. L’accordo prevede risarcimenti fino a 20 dollari per dispositivo con Siri abilitato per gli utenti che hanno posseduto prodotti Apple tra il 2014 e il 2024. Inoltre, Apple è stata obbligata a eliminare le vecchie registrazioni di Siri entro sei mesi.   Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno era emerso che il governo britannico aveva una technical capability notice («avviso di capacità tecnica») ad Apple, costringendo l’azienda a creare una backdoor per il suo servizio iCloud criptato. Tale manovra consentirebbe alle forze dell’ordine e alle agenzie di sicurezza britanniche di accedere ai dati criptati archiviati dagli utenti Apple in tutto il mondo, secondo il giornale.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Kārlis Dambrāns via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Continua a leggere

Sorveglianza

Perfino le aziende legate alla CIA Palantir e Signal lamentano la spinta alla sorveglianza nell’UE

Pubblicato

il

Da

Due importanti società tecnologiche statunitensi, Palantir Technologies e Signal Foundation, hanno espresso preoccupazione per l’aumento della sorveglianza statale e per i controversi progetti di controllo digitale che stanno emergendo in Europa.

 

Palantir, azienda tecnologica nota per la sua lunga collaborazione con la CIA, uno dei suoi principali clienti e primi investitori, non parteciperà a gare per contratti legati all’ID digitale, ha dichiarato Louis Mosley, responsabile dell’azienda in Gran Bretagna.

 

«Palantir ha sempre seguito una politica di supporto ai governi democraticamente eletti nell’attuazione delle loro politiche, anche quando si tratta di misure molto controverse», ha detto giovedì a Times Radio. «L’identità digitale non è stata sottoposta al vaglio delle ultime elezioni, non era nel programma elettorale. Non ha ricevuto un chiaro e forte sostegno pubblico alle urne, quindi non è un progetto per noi».

Sostieni Renovatio 21

A fine settembre, il primo ministro britannico Keir Starmer ha presentato il piano per l’ID digitale, promuovendolo come uno strumento per «contrastare il lavoro nero e semplificare l’accesso ai servizi pubblici essenziali per la maggior parte delle persone». I critici, tuttavia, lo hanno definito un passo verso una sorveglianza diffusa e un controllo digitale.

 

Nel frattempo, Signal – servizio di messaggistica criptata con legami meno evidenti con la CIA 0 avendo ricevuto finanziamenti da Radio Free Asia, un’agenzia di propaganda statunitense, che gli erano già costati il blocco in Russia – ha minacciato di lasciare il mercato europeo se l’Unione Europea approvasse il suo piano di controllo delle chat. Venerdì, la presidente di Signal Foundation, Meredith Whittaker, ha commentato le notizie riportate dai media, definendo il cambio di posizione della Germania, che ora sembra sostenere il piano, un «rovesciamento catastrofico».

 

«Se fossimo costretti a scegliere tra integrare un sistema di sorveglianza in Signal o abbandonare il mercato, abbandoneremmo il mercato», ha dichiarato Whittaker, criticando il piano come un programma di «scansione di massa» giustificato «con il pretesto di proteggere i bambini».

 

Il programma di controllo delle chat, ufficialmente noto come Regolamento sugli abusi sessuali sui minori (CSAR) e in discussione nell’UE dal 2020, obbligherebbe servizi di messaggistica come Signal, WhatsApp, Telegram e altri ad analizzare i file sui dispositivi degli utenti alla ricerca di contenuti illeciti prima della crittografia e dell’invio.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine di Cory Doctorow via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

Continua a leggere

Più popolari