Spirito
Il vescovo Strickland condanna la «crudeltà» contro i palestinesi e l’espulsione forzata dalle terre

Renovatio 21 pubblica questo commento dell’arcivescovo Joseph Edward Strickland, vescovo emerito della diocesi texana di Tyler, apparso su LifeSiteNews
«Costoro non sanno nè intendono, nelle tenebre van brancolando: son scosse tutte le fondamenta della terra!» (Salmo 81,5).
Mentre il mondo rivolge lo sguardo alla guerra tra Israele e Iran, devo alzare la voce per coloro che il mondo sceglie di non vedere: gli affamati, gli sfollati, i poveri umiliati di Gaza e della Cisgiordania.
A Gaza, un lento martirio si consuma ogni giorno. Non in silenzio, ma ancora inascoltato. Le madri cullano i figli affamati. Il pane è fatto con la farina di fagioli e la pasta ammollata. Un chilo di farina costa più di una giornata di lavoro. Gli uomini vengono fucilati per aver fatto la fila. Le donne vengono calpestate sotto i camion degli aiuti umanitari. E continuano ad arrivare, perché la fame non negozia.
Eppure perfino la fame è stata trasformata in un’arma.
Gli aiuti sono diventati una trappola. Sotto l’egida della Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Stati Uniti e Israele, gli affamati vengono incanalati in zone di soccorso recintate che assomigliano più a fosse comuni che a centri di soccorso. Ad accoglierli ci sono bande armate, cecchini e guerra psicologica.
Un uomo ha paragonato l’esperienza alla serie televisiva distopica Squid Game, uno spettacolo di sofferenza in cui la morte viene filmata e la dignità cancellata. I soldati guardano dietro gli schermi. Il cibo non è più un dono, è una sfida.
Questo non è aiuto. Questa è crudeltà mascherata da compassione. E il mondo dice poco, perché la sofferenza di Gaza è diventata troppo costante per essere considerata di moda.
Nel frattempo, le ruspe dell’ingiustizia continuano a colpire in Cisgiordania. Gli abitanti di Ras Ain al-Ouja, un villaggio beduino palestinese vicino a Gerico, rischiano la cancellazione dalla loro terra. I loro raccolti vengono bruciati. La loro acqua rubata. Il loro bestiame sequestrato dai coloni. I bambini vivono nella paura. Famiglie che hanno vissuto su quella terra per generazioni vengono spinte via per fare spazio a un’annessione mascherata da «diritti di pascolo».
Oggi non parlo per motivi politici, ma per fede. Sono un vescovo della Chiesa cattolica, un pastore di anime. E come pastore, dico chiaramente: nessuna giusta causa può essere edificata sulle ossa degli innocenti.
Vorrei essere altrettanto chiaro:
Far morire di fame un popolo è un male.
La manipolazione degli aiuti a fini di dominio è malvagia.
L’allontanamento forzato delle famiglie dalle loro case ancestrali è un male.
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Ai miei fratelli vescovi: dove sono le nostre voci?
Ai leader mondiali: non osate chiamare questa cosa «complicata».
Ai fedeli: ora è il momento della preghiera, del digiuno, dell’azione, della verità detta con amore.
La Chiesa non ha mai insegnato che il silenzio di fronte al male sia virtù. Nelle parole di Papa Pio XII:
«Il sangue degli innocenti grida al cielo, soprattutto quando viene versato in silenzio.
— Papa Pio XII, Discorso ai pellegrini belgi, settembre 1946
E con le parole del nostro Signore:
«Io vi dico in verità che tutte le volte che voi non l’avete fatto a uno di questi minimi tra i miei fratelli, non l’avete fatto a me». (Mt 25,45).
Se ignoriamo Gaza, se dimentichiamo Ras Ain al-Ouja, non siamo semplicemente indifferenti: siamo complici.
Questa non è solo una questione locale, dall’altra parte del mondo. Non è solo una crisi umanitaria. È una guerra spirituale contro l’immagine di Dio nei poveri. E la Chiesa non deve indietreggiare e rimanere in silenzio.
Ricordiamo le parole di Papa San Pio X:
«Tutta la forza del regno di Satana è dovuta alla debolezza e alla condiscendenza dei cattolici».
— Papa San Pio X, Discorso all’Unione delle donne cattoliche, 18 dicembre 1903
Alla popolazione di Gaza: non siete dimenticati.
Alle famiglie di Ras Ain al-Ouja: il vostro grido è giunto al cielo.
A tutti coloro che soffrono a causa dell’oppressione: il Buon Pastore vi vede e la Sua giustizia non dormirà per sempre.
Esorto i cattolici di tutto il mondo a offrire riparazione al Sacro Cuore di Gesù, trafitto nuovamente nella sofferenza degli ultimi. E esorto la Chiesa universale a rivendicare la sua voce: profetica, audace e fedele al Vangelo della pace e della giustizia.
«Chi assolve l’empio e chi condanna il giusto sono entrambi in abominio a Dio» (Proverbi 17:15).
Non siamo abominevoli. Siamo fedeli.
In Cristo nostro Re Eucaristico,
+ Joseph E. Strickland
Vescovo emerito
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Immagine del 10 ottobre 2023 di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Spirito
Cardinale Burke: il messaggio di Fatima mette in guardia dall’«apostasia pratica del nostro tempo»

Cardinal Burke: Fatima “speaks about the practical apostasy of our time that is the going away from Christ by so many in the Church, & the violence & death which are its fruit”
Many “embrace the confusion, lies, & violence of contemporary culture. Their lives contradict the most… pic.twitter.com/OPKhNEji75 — Michael Haynes 🇻🇦 (@MLJHaynes) July 14, 2025
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Spirito
I riti nella Chiesa cattolica

Il termine «rito» si riferisce comunemente all’ordine della preghiera ufficiale, ovvero alla norma dell’azione liturgica stabilita dall’autorità e che trova la sua espressione pubblica e concreta nella liturgia. Il III secolo vide i primi segni di liturgie diverse nelle tre grandi metropoli dell’Impero: Roma, Alessandria e Antiochia.
Nel IV secolo emersero le zone liturgiche, costituite secondo le grandi divisioni politiche dell’epoca, dove alla fine prevalsero le forme liturgiche che costituiscono la base dei riti odierni.
Rito latino
In Occidente, la liturgia derivata da Roma prevale universalmente. L’antichissima liturgia gallicana, ampiamente utilizzata e fonte di numerosi elementi per le liturgie locali e persino per la liturgia romana, fu sostituita, a partire dall’epoca di Carlo Magno, dalla liturgia romana.
Lo stesso accadde nell’XI secolo per la liturgia ispanica o mozarabica, che in alcuni elementi si avvicinava alla liturgia gallicana. Fu ripresa nel XVI secolo in una cappella della cattedrale e in alcune parrocchie di Toledo, dove è ancora conservata.
Nell’arcidiocesi di Milano e in alcune parrocchie delle diocesi di Bergamo, Novara, Pavia e Lugano è ancora vigente la liturgia ambrosiana, riorganizzata da san Carlo Borromeo.
Diverse particolarità delle liturgie locali furono abolite dal Concilio di Trento, poiché da due secoli non avevano più alcuna autorità; alcune, tuttavia, sopravvissero fino al Concilio Vaticano II nelle arcidiocesi di Braga (rito di Braga) e di Lione (rito lionese) e nelle famiglie religiose, ad esempio tra i domenicani e i certosini (riti domenicano e certosino).
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Riti orientali
Il concetto di «rito» in senso stretto è riservato alle azioni liturgiche. Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, promulgato il 18 ottobre 1990, ne definisce una nozione più ampia, che si estende all’intero «patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare» delle singole Chiese orientali.
Questo patrimonio trae origine da una delle seguenti tradizioni: alessandrina, antiochena, armena, caldea e costantinopolitana. Tre di queste hanno avuto origine nell’Impero romano: alessandrina e costantinopolitana in Cappadocia, antiochena a Gerusalemme; due sono nate alla periferia dell’Impero: caldea in Mesopotamia e Persia, e armena per gli armeni.
La tradizione alessandrina conobbe uno sviluppo particolare in Etiopia, dove subì l’influsso di quella antiochena, mentre quella costantinopolitana o bizantina si conservò, senza subire profonde modificazioni, nelle Chiese nate dal Patriarcato stesso.
Sia la tradizione alessandrina che quella antiochena, nelle comunità fedeli ai concili di Efeso e di Calcedonia, furono gradualmente sostituite, dopo le controversie cristologiche del V secolo, dalla tradizione costantinopolitana, cioè quella dell’Impero e della Corte.
Così, a partire dal Medioevo, la liturgia alessandrina fu praticata solo dagli oppositori del Concilio di Calcedonia in Egitto ed Etiopia e di quello di Antiochia in Siria, Palestina e Mesopotamia, nonché dai Maroniti, che in seguito vi apportarono alcune modifiche.
A coloro che sono in comunione con la Chiesa cattolica, la Santa Sede lascia normalmente il proprio patrimonio. È un principio già affermato da San Leone IX: «La Chiesa romana sa che le consuetudini diverse a seconda del luogo e del tempo non impediscono la salvezza dei credenti, quando un’unica fede, operando attraverso la carità il bene che può, raccomanda tutti gli uomini a un solo Dio».
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Tradizione alessandrina
Questa tradizione si divise in due: egiziana ed etiope. Dominò in Egitto fino al XIII secolo, quando fu abbandonata a favore della tradizione costantinopolitana. Dopo la conquista musulmana, l’arabo soppiantò gradualmente il greco, di cui rimangono solo poche tracce (il rito copto).
In Etiopia ed Eritrea, la liturgia alessandrina subì profonde modifiche e si arricchì di nuovi testi, influenzati dai testi antiocheni. La lingua liturgica utilizzata è stata il Ge’ez, già lingua ufficiale nel V secolo, quando furono effettuate le prime traduzioni di testi biblici e liturgici in Axum (rito Ge’ez).
Tradizione antiochena
Formatasi liturgicamente a Gerusalemme e poi soprattutto ad Antiochia, e diffusa in Palestina, Siria e Mesopotamia settentrionale, questa tradizione si diffuse gradualmente a partire dalla seconda metà del XVII secolo fino ai cristiani di San Tommaso nell’India meridionale. I maroniti conservarono la tradizione antiochena, con modifiche in senso latino (rito maronita).
Praticato inizialmente in greco e siriaco, oggi è celebrato solo in siriaco con molte parti in arabo, in particolare tra i siriani (rito siro-antiocheno). I Malankaresi, cattolici di tradizione antiochena dell’India, usano, oltre al siriaco, il malayalam (rito siro-malankarese).
Tradizione armena
La tradizione armena si sviluppò a partire da testi antiocheni, con notevole influenza dei testi cappadoci e bizantini, ma con un notevole elemento originale fin dai tempi più antichi (rito armeno). Elementi latini furono introdotti nel Medioevo.
La lingua liturgica è l’armeno classico, lingua ufficiale dell’Armenia nel V secolo. In alcune eparchie del Patriarcato cattolico di Cilicia (nell’attuale Turchia sud-orientale), si osserva un crescente uso liturgico dell’arabo.
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Tradizione caldea
Questa tradizione si sviluppò indipendentemente nell’ex Impero Sasanide, da cui il termine «rito persiano». Dal XVII secolo in poi, il termine «caldeo» prevalse a Roma, ma le regioni abitate dai caldei la chiamarono «siro-orientale» (rito caldeo).
Questa eredità rituale fu trasmessa dai missionari della Mesopotamia all’Asia centrale, alla Cina e all’India. L’uso del siriaco, scritto e pronunciato in modo molto diverso da quello usato in Siria, si conservò quasi esclusivamente nella liturgia. In Mesopotamia, alcune chiese adottarono l’usanza di leggere pericopi scritturali e altre formule in arabo.
Il ramo più numeroso è la Chiesa siro-malabarese, che, secondo la tradizione, risale all’apostolo San Tommaso. La lingua liturgica usata oggi è il malayalam (rito siro-malabarese).
Tradizione costantinopolitana o bizantina
Questa tradizione, spesso chiamata «rito greco» in Occidente, si sviluppò a Costantinopoli, anticamente Bisanzio, essenzialmente da quella di Antiochia, ma con elementi provenienti da Alessandria e dalla Cappadocia (rito greco o bizantino).
Nel corso dei secoli, i testi liturgici e quelli relativi alla disciplina canonica di Costantinopoli furono tradotti dal greco nelle lingue dei popoli sottoposti alla giurisdizione dei Patriarchi di Costantinopoli, Alessandria e Antiochia, aderendo alla fede di Calcedonia: prima in georgiano, siriaco, paleoslavo e arabo, poi in romeno e, più di recente, in molte altre lingue.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
«Decimare la popolazione, rendere schiavi i superstiti»: mons. Viganò contro il green deal


La «conversione» green
Dichiarazione a proposito dell’endorsement vaticano alla frode climatica dell’Agenda 2030
La teoria che attribuisce all’uomo la responsabilità dei cambiamenti climatici derivanti dall’emissione di CO2 nell’atmosfera è sostenuta da una parte ampiamente minoritaria della comunità scientifica, peraltro in gravissimo e palese conflitto di interessi. La sua sovraesposizione mediatica è data dalla sistematica censura di tutte le voci davvero indipendenti e autorevoli, e costituisce una totale falsificazione della realtà. È sulla riduzione della CO2 che si basa l’intero castello di menzogne e frodi che dovrebbero legittimare la «transizione green». In realtà l’anidride carbonica è indispensabile alla sopravvivenza della vita sul Pianeta, e ridurla significa distruggere ogni forma vivente sulla Terra. E quand’anche il riscaldamento globale fosse reale, esso non avrebbe alcun significativo rapporto con l’attività umana, essendo originato principalmente dall’attività solare. Infine, le soluzioni proposte per porre rimedio all’aumento dell’anidride carbonica suonano risibili, poiché vengono adottate solo da una parte delle Nazioni, mentre Cina e India continuano a costruire centrali a carbone e ad utilizzare l’energia derivante dai combustibili fossili. D’altra parte, gli impianti per la produzione di energia alternativa risultano molto più inquinanti di quelli tradizionali.Sostieni Renovatio 21
- L’emergenza climatica è una frode, in quanto non è basata su dati oggettivi, e non è attribuibile all’azione umana (e ancor meno risolvibile solo da parte dei Paesi occidentali mediante la deindustrializzazione forzata);
- questa crisi – come quella pandemica, quella economica e quella bellica – costituisce un pretesto per l’imposizione di misure coercitive ad esclusivo danno dei cittadini, minacciati non solo nei loro beni ma anche nella loro salute e nella loro stessa esistenza;
- gli artefici del green deal hanno come esplicito scopo della transizione ecologica l’eliminazione fisica di gran parte della popolazione mondiale e l’instaurazione di una dittatura tecnocratica volta al controllo sociale e alla limitazione delle libertà fondamentali;
- per dare corpo alla frode green, le organizzazioni coinvolte si avvalgono di tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica e di ingegneria sociale, ricorrendo non solo alla falsificazione sistematica delle notizie tramite i media – ad esempio attribuendo le morti di questi giorni all’emergenza climatica – ma anche creando artificialmente eventi meteorologici disastrosi (pensiamo alle distruzioni provocate a Maui nelle Hawaii, a Valencia in Spagna e più recentemente in Texas tramite l’impiego della geoingegneria e delle tecnologie dell’HAARP, High frequency Active Auroral Research Programme).
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