Connettiti con Renovato 21

Spirito

Il trionfo di Satana finirà con l’uccisione dell’anticristo da parte di San Michele. Omelia di mons. Viganò per l’epifania del Signore

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica l’omelia dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò per la festa dell’Epifania del Signore

 

Surge et illuminare

Omelia nell’Epifania di Nostro Signore

 

 

 

Surge et illuminare, Jerusalem,
quia venit lumen tuum,
et gloria Domini super te orta est.

Sorgi e risplendi, Gerusalemme:
poiché è venuta la tua luce
e su di te è sorta la gloria del Signore.

Is 60, 1

 

Questa grande festa dell’Epifania, che assieme alla Pasqua, all’Ascensione e alla Pentecoste è chiamata giorno santissimo nel Canone della Messa, completa la festa del Natale del Signore.

 

Se nella Notte santa abbiamo adorato l’Emmanuele con gli Angeli e con i pastori, oggi nel Re Bambino adoriamo il dominator Dominus, ai piedi del Quale tutte le genti sono chiamate da ogni confine della terra. Et adorabunt eum omnes reges terræ: omnes gentes servient ei, dice la Scrittura: Lo adoreranno tutti i re della terra, e tutti i popoli Lo serviranno.

 

L’abbiamo cantato nell’Introito: Ecce, advenit dominator Dominus; et regnum in manu ejus, et potestas, et imperium. Ecco viene il Signore dominatore: nella sua mano il regno, e la potestà regale e il potere.

Acquistate le Maglie Crociate

Non è, questo, un auspicio, un pio desiderio destinato a compiersi solo in parte o ad essere infranto dalla cruda realtà di un mondo ribelle; è invece un’affermazione certissima, fondata sulla necessità ontologica del trionfo di Cristo, al quale nessuno potrà mai opporsi e che nessuno potrà mai impedire. 

 

Ma mentre siamo concentrati sull’adorazione dei Magi, che rendono il proprio tributo di oro, incenso e mirra al Re dei re dopo il povero omaggio dei pastori, non dobbiamo dimenticare che il Signore stesso, con l’Incarnazione, è venuto su questa terra per offrire alla Santissima Trinità, e al Padre eterno, il tributo delle anime strappate al dominio di Satana e conquistate nella Passione e Morte sulla Croce. I Magi offrono l’oro alla Regalità di Cristo, l’incenso alla Sua Divinità, la mirra a Cristo Vittima sacrificale.

 

Essi sono pertanto figura di Nostro Signore, che all’eterno Padre offre tutti noi, e con noi, tutti coloro che la Provvidenza ha destinato alla gloria del Cielo, mediante l’offerta di Cristo Vittima, innalzata sull’altare del Calvario da Cristo Sacerdote, che come Re rappresenta l’umanità che Gli appartiene per diritto divino, di stirpe e di conquista, e che come Dio può redimere riparando le nostre colpe infinite e l’infinita offesa arrecata a Dio.

 

Ce lo conferma la Secreta di oggi: Ecclesiæ tuæ, quæsumus, Domine, dona propitius intuere: quibus non jam aurum, thus, et myrrha profertur: sed quod eisdem muneribus declaratur, immolatur, et sumitur, Jesus Christus Filius tuus Dominus noster: Guarda benigno, o Signore, te ne preghiamo, alle offerte della tua Chiesa, con le quali non si offre più oro, incenso e mirra, bensì proprio Colui che, mediante le medesime, è rappresentato, offerto e ricevuto: Gesù Cristo tuo Figlio e nostro Signore.

 

Nei Magi – come già nei tre Angeli che visitarono Abramo – possiamo vedere anche una figura delle Tre Persone della Santissima Trinità che si compiacciono di veder compiuta nel Figlio la divina Volontà: Questi è il mio Figlio prediletto, nel quale Mi sono compiaciuto (Mt 3, 17). Ciò che è significato con i tesori dischiusi dai Magi nel silenzio di Betlemme – la divinità di quel Bambino – è proclamato dal Suo Padre celeste al momento del Battesimo nel Giordano, che parimenti oggi celebriamo assieme al miracolo dell’acqua mutata in vino alle nozze di Cana.

 

La solennità della manifestazione divina del Salvatore – questo il significato della parola epifania usata nella Chiesa Romana e della parola teofania della Chiesa d’Oriente – ci pone dinanzi alla divina Regalità di Cristo sotto due aspetti: quello della Sua prima e quello della Sua seconda venuta.

 

La prima venuta si è compiuta nella povertà, nel silenzio, nell’umile obbedienza ai Genitori per trent’anni, nella predicazione per tre anni, nell’affrontare i tormenti della Passione, l’ignominia della Croce, la Morte e la Deposizione nel sepolcro; e poi nella Resurrezione – compiuta lontano dallo sguardo di tutti, nel silenzio dell’alba di una domenica di millenovecentonovantadue anni fa, e si è conclusa con l’Ascensione al Cielo e quella promessa dell’Angelo: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo (At 1, 11).

 

La seconda venuta del Signore avverrà nella gloria: et iterum venturus est cum gloria judicare vivos et mortuos, proclamiamo nel Credo. E sarà sempre quel Re divino a chiudere lo scorrere del tempo e della storia nel Giudizio Universale, a terminare la fase della prova, et sæculum per ignem. Allora si compirà definitivamente quanto annunciato nel passo del Profeta Isaia che abbiamo appena ascoltato: Alzati o Gerusalemme e rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te (Is 60, 1).

 

Questa Luce, venuta nel mondo duemilaventicinque anni fa, risplenderà nel Corpo Mistico, di cui Cristo è Capo divino, dopo questi tempi oscuri di apostasia e dopo la Passio EcclesiæPoiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Come nel Cristo sfigurato e sofferente era oscurata la gloria che sfolgorò nella Resurrezione, così nel Suo Corpo Mistico oggi deturpato è eclissata la gloria che lo attende.

 

La persecuzione predetta dalle Scritture sarà l’ultima battaglia che l’umanità dovrà affrontare, schierandosi con Dio o contro di Lui, e le sorti di quell’epocale scontro sono già segnate dalla vittoria di Cristo sulla Croce: o mors ero mors tua; morsus tuus ero, inferne, dice il profeta Osea (Os 13, 14), ripreso dall’Apostolo Paolo.

 

Ma prima di quella persecuzione vedremo i re della terra e i potenti delle nazioni allearsi all’Anticristo e avere il potere di bestemmiare il suo Nome, e il suo tabernacolo, e gli abitatori del cielo (Ap 13, 6), ossia Dio, la Santa Chiesa e gli eletti. E fu concesso [alla Bestia] di far guerra ai santi, e di vincerli. E le fu dato potere sopra ogni tribù, e popolo, e lingua, e nazione. E la adorarono tutti quelli che abitano la terra, i nomi dei quali non sono scritti nel libro di vita dell’Agnello, il quale fu ucciso dal cominciamento del mondo. Chi ha orecchio, oda (Ap 13, 7-9).

 

È Cristo l’Agnello che patisce e trionfa in chi crede in Lui: in Abele è ucciso dal fratello, in Noè è schernito dal figlio, in Abramo fu pellegrino, in Isacco fu offerto, in Giuseppe fu venduto, in Mosè fu esposto e scacciato, nei Profeti lapidato e segato, negli Apostoli sballottato per terra e per mare, e nei Martiri tante volte e in tante maniere ucciso.

Aiuta Renovatio 21

Eppure, questa parentesi di apparente trionfo di Satana è destinata a finire con l’uccisione dell’Anticristo da parte dell’Arcangelo San Michele e con la testa del Serpente schiacciata dalla Vergine Immacolata.

 

Ci rassicura nuovamente il profeta Isaia: Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore (Is 60, 3-6).

 

Poco oltre, il Profeta Isaia si rivolge alla Santa Chiesa, la nuova Gerusalemme: Le tue porte saranno sempre aperte; non saranno chiuse né giorno né notte, per lasciar entrare in te la ricchezza delle nazioni e i loro re in corteo. Poiché la nazione e il regno che non vorranno servirti, periranno; quelle nazioni saranno completamente distrutte (Is 60, 10-11). Quando osserviamo con sgomento i rivolgimenti politici ed economici degli stati, dobbiamo ricordarci del destino di rovina preannunciato per le nazioni che si ribellano al Signore.

 

All’inizio e al termine dell’anno liturgico la Santa Chiesa ci ricorda la seconda venuta del Signore e ci esorta ad essere pronti, come erano pronti alla prima venuta gli Ebrei fedeli alle profezie dell’Antico Testamento: Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate (Lc 12, 40).

 

E questo monito dovrebbe far tremare noi tutti, ma soprattutto quanti il Signore ha costituito in autorità, tanto nella Chiesa quanto nella società civile: il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli (Lc 12, 46). 

 

La Vergine Madre, augustissima Regina e Signora, assiste oggi all’atto di adorazione dei Magi al Suo divin Figlio. Ella assisterà domani, coronata di stelle e assisa sul Suo trono di gloria su cui siede dall’Assunzione al cielo, all’adorazione di quanti nella prima venuta di Cristo non Lo riconobbero e dei popoli pagani che si saranno convertiti al Suo Figlio.

 

E come il Padre porrà i nemici di Cristo a sgabello dei Suoi piedi, così farà Nostro Signore con la Mater Ecclesiæ, umiliando i nemici della Vergine Sua Madre e della Chiesa Sua Sposa: I figli di quelli che ti avranno oppressa verranno da te, abbassandosi; tutti quelli che ti avranno disprezzata si prostreranno fino alla pianta dei tuoi piedi e ti chiameranno la città del Signore, la Sion del Santo d’Israele (Is 60, 14).

 

Possa l’intercessione di Maria Santissima, Regina Crucis, proteggerci nel momento della prova e concederci la Grazia della perseveranza.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

6 Gennaio 2025
In Epiphania Domini

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Edward Burne-Jones (1833–1898), L’adorazione dei magi (1904), Museo d’Orsay, Parigi.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

Spirito

Mons. Viganò: il piano anticristico di Bergoglio, Soros e Hillary Clinton

Pubblicato

il

Da

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un breve commento alla premiazione di Bergoglio da parte di Biden con l’alto encomio civile della Presidential Medal of Freedom, notando che il medesimo premio è stato dato a figure come Hillary Clinton e Giorgio Soros.   «Hillary Clinton, Bono, George Soros e altri “benemeriti” sono stati premiati da Joe Biden con la Medaglia presidenziale della libertà».   «Con questi esponenti della Sinistra Radicale, Joe Biden condivide il piano anticristico e criminale dell’Agenda 2030, l’adesione all’ideologia woke e LGBTQ+, la teoria gender, aborto e infanticidio, vaccinazioni di massa, l’isteria del cambiamento climatico, la sostituzione etnica mediante l’immigrazione incontrollata» scrive Viganò.   «Come stupirsi se in questo selezionatissimo palmarès viene insignito della Medaglia anche Jorge Mario Bergoglio, che il deep state ha fatto eleggere a capo della deep church proprio per promuovere il medesimo criminale golpe globalista?»  

Acquistate le Maglie Crociate

Come riportato da Renovatio 21, il presidente uscente degli Stati Uniti Biden ha conferito a al gesuita argentino la più alta onorificenza civile degli USA, affermando che il Papa è «una luce di fede, speranza e amore che risplende in tutto il mondo».   «Oggi, il Presidente Biden ha parlato con Sua Santità Papa Francesco e lo ha nominato destinatario della Presidential Medal of Freedom with Distinction» recita la dichiarazione. «La Presidential Medal of Freedom è la più alta onorificenza civile della nazione, conferita a individui che hanno dato un contributo esemplare alla prosperità, ai valori o alla sicurezza degli Stati Uniti, alla pace nel mondo o ad altri importanti sforzi sociali, pubblici o privati. Questa è la prima volta che il Presidente Biden ha conferito la Presidential Medal of Freedom with Distinction».   Il messaggio elogiativo di Biden, che riassumeva gli aspetti della vita di Francesco presi in considerazione per il premio, citava l’attivismo del Papa «al servizio dei poveri» e i suoi appelli alla pace e all’azione contro i cambiamenti climatici.   L’anziano presidente ha anche menzionato i rapporti di Francesco con le «diverse fedi» e lo ha definito «il Papa del popolo».   «Da giovane, Jorge Bergoglio ha cercato una carriera nella scienza prima che la fede lo conducesse a una vita con i gesuiti. Per decenni, ha servito i senza voce e i vulnerabili in tutta l’Argentina. Come Papa Francesco, la sua missione di servizio ai poveri non è mai cessata. Pastore amorevole, risponde con gioia alle domande dei bambini su Dio. Insegnante stimolante, ci comanda di lottare per la pace e proteggere il pianeta».   «Un leader accogliente, si rivolge a fedi diverse. Primo papa dell’emisfero australe, papa Francesco è diverso da chiunque sia venuto prima. Soprattutto, è il papa del popolo, una luce di fede, speranza e amore che splende intensamente in tutto il mondo».  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Continua a leggere

Immigrazione

Vaticano: sanzioni più severe per i clandestini

Pubblicato

il

Da

La Santa Sede ha emanato il 19 dicembre 2024 un decreto che aumenta notevolmente le sanzioni finanziarie e persino le pene detentive per chi entra illegalmente nel territorio dello Stato della Città del Vaticano.

 

Come nota ironicamente InfoCatolica, «la politica di apertura all’immigrazione, legale e clandestina, che Papa Francesco auspica fin dall’inizio del suo pontificato, non trova applicazione in Vaticano, dove è Capo dello Stato». Come ha riferito Specola, dal mese scorso le sanzioni per l’ingresso illegale in Vaticano sono state notevolmente inasprite.

 

Il testo, firmato dal cardinale Fernando Vérgez Alzaga, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, è entrato in vigore subito dopo la sua pubblicazione.

 

Il decreto prevede pene detentive da uno a quattro anni e multe fino a 25mila euro per chi entra nel territorio vaticano con violenza, minaccia o inganno. Quest’ultimo caso comprende azioni quali l’elusione fraudolenta dei sistemi di sicurezza o l’elusione dei controlli alle frontiere.

 

Le sanzioni saranno più severe se l’ingresso illegale avviene utilizzando armi, sostanze pericolose o in gruppo. Inoltre, vengono aumentati di due terzi se si forza un controllo di frontiera mentre si guida un veicolo.

Acquistate le Maglie Crociate

Il decreto introduce nuove disposizioni in materia di sorvolo non autorizzato dello spazio aereo vaticano, compreso l’uso di droni, con pene fino a tre anni di reclusione.

 

Tra le nuove disposizioni c’è la possibilità di imporre il divieto di accesso al territorio vaticano per un periodo fino a 15 anni per i recidivi, nonché sanzioni amministrative per chi non rispetta le regole di residenza o di uso dei beni concesse nel territorio dello Stato vaticano.

 

Preservare la sicurezza del Vaticano

Il decreto risponde all’urgenza di garantire la sicurezza in un territorio di grande importanza religiosa e diplomatica. In questo senso, le nuove disposizioni rafforzano gli strumenti giuridici a disposizione per prevenire e sanzionare atti idonei a mettere in pericolo l’ordine pubblico o l’integrità dei locali vaticani.

 

Lo svolgimento dell’Anno Santo, con un’affluenza prevista di 40 milioni di pellegrini, è senza dubbio un motivo in più per spiegare l’attuazione di questa nuova legge, e il fatto che sia stata immediatamente applicabile.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Alessandro Cossu via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

 

Continua a leggere

Spirito

«Squilibrati mentali», «mondani settari» col «fascino per l’occulto»: nuova caterva di accuse ed insulti di Bergoglio contro i fedeli della Messa antica

Pubblicato

il

Da

Nuova carica di insulti di Bergoglio contro i cattolici rimasti fedeli alla Santa Messa in tridentina, cioè la cosiddetta «Messa in latino», cioè la Messa di sempre – cioè l’unico vero rito della Chiesa cattolica nei secoli. Il Bergoglio si è scagliato contro i devoti della Santa Messa essa tradizionale, accusandoli di praticare «indietrismo», «mondanità settaria» e perfino «fascino per l’occulto», nel suo recente, ennesimo libro di memorie, Spera, pubblicato ieri, con in copertina un primo piano orridamente photoshoppato del personaggio. Scritto in collaborazione con il giornalista italiano Carlo Musso nell’arco di diversi anni, il libro era originariamente previsto che venisse pubblicato solo post-mortem, ma il Francesco ha deciso di pubblicarlo durante questo Anno Giubilare della Speranza.   Le accuse e le offese ai fedeli e sacerdoti tradizionalisti appaiono, per una volta, pure molto argomentate, con allusioni ad esempi specifici e illazioni davvero inquietanti.   «È sociologicamente interessante il fenomeno del tradizionalismo, questo “indietrismo” che in ogni secolo regolarmente ritorna, questo riferimento a una presunta età perfetta che è però ogni volta un’altra», scrive Bergoglio, facendo capire, dai termini usati, di ritenere la fedeltà alla Santa Messa vetus ordo come un’aberrazione, un «fenomeno sociologico», una deviazione da guardare con curiosità, più che con rispetto – come si trattasse, sembra dire, di qualcosa di transeunte.   Per Bergoglio, comprendiamo, la Messa di sempre è un fenomeno transitorio, che prima o poi sarà chiuso per sempre, una difformità che sarà cancellata.   «Ora è stato sancito che la possibilità di celebrare secondo il messale preconciliare, in latino, debba essere espressamente autorizzata dal Dicastero per il culto, che la concederà solo in casi particolari», ha affermato Francesco, facendo pensare ad un riferimento Traditionis Custodes del 2021, il documento con cui di fatto seppelliva una volta per tutte le aperture alla Messa tradizionale operate da Benedetto XVI con il motu proprio Summorum Pontificum.

Acquistate le Maglie Crociate

«Perché non è sano che la liturgia si faccia ideologia» scrive ancora l’occupante del Soglio, che così tenta di spiegare il motivo per cui sono state introdotte restrizioni così radicali alla liturgia antica. Come un rito millenario sia per il gesuita «un’ideologia» non è subito chiaro a chi non conosce (o non riconosce) il processo in atto di demolizione della Chiesa dal suo interno, come prefigurato e programmato già a inizio Ottocento da grandi capi massonici come Nubius (cfr. il libro Il problema dell’ora presente di monsignor Delassus).   L’argentino ne ha ancora: «è curioso questo fascino per ciò che non si comprende, che appare un po’ occulto, e che a volte sembra interessare anche le generazioni più giovani».   La parola usata nel testo italiano è proprio questa: «occulto». Capiamo bene come può suonare: l’accusa di occultismo, per chiunque ami la Messa antica, è dietro l’angolo. Tale condanna viene, ricordiamo, dal papa che ha presenziato a rituali occultistico-pagani, come quelli che lo hanno visto coinvolto in mondovisione in Canada, che ha dato il via alla messa maya (che discende da un mondo fatto di dei crudeli e di sacrifici umani), che ha intronato la Pachamama in Vaticano.   Il vegliardo di Buenos Aires ha quindi usato un vecchio argomento contro i devoti della «Messa in Latino», dicendo che essi sarebbero interessati esclusivamente all’aspetto esteriore piuttosto che al contenuto della liturgia o alla pratica della devozione: «spesso questa rigidità si accompagna alle sartorie ricercate e costose, ai pizzi, ai merletti, ai rocchetti. Non gusto della tradizione, ma ostentazione di clericalismo, che poi altro non è che la versione ecclesiale dell’individualismo. Non ritorno al sacro, tutt’altro, ma mondanità settaria». È un peccato che il papa che pronunzia la parola «frociaggine» non riesca a mettere in relazione la passione che per pizzi e merletti che alligna tra i catto-sodomisti, che, come abbiamo scritto, si sospetta abbondino assai tra gli altissimi collaboratori del Sacro Palazzo.   «Mondano settario» è allora un nuovo insulto che si aggiunge alla lista, già lunghissima, prodotta da Bergoglio contro i fedeli cattolici, magari solo per la loro attenzione per i paramenti, o per l’amore per il canto gregoriano.   Apparentemente non pago dell’attacco brutale a molti membri della Chiesa, tra cui vari giovani laici e consacrati, il Francesco ha rincarato la dose, suggerendo che la devozione alla Messa tridentina rivelerebbe la possibilità di uno «squilibrio mentale», nientemeno. «A volte questi travestimenti celano squilibri, deviazioni affettive, difficoltà comportamentali, un disagio personale che può venire strumentalizzato» scrive l’uomo le cui sfuriate sono talvolta finite sui giornali.   Poi il Bergoglio procede a specificare vicende particolari.   «Su questo problema nei miei anni di pontificato sono dovuto intervenire in quattro casi, tre in Italia e uno in Paraguay: diocesi che accettavano seminaristi spesso già allontanati da altri seminari, e quando questo succede di solito c’è qualcosa che non va, qualcosa che porta a celare la propria personalità in contesti chiusi o settari».   «Quando questo accade, di solito c’è qualcosa che non va, qualcosa che porta le persone a nascondere la propria personalità in ambienti chiusi o settari».   Il gesuita quindi avanza con la descrizione di un caso di ostruzione, se non di «punizione» di giovani sacerdoti che volevano celebrare vetus ordo.   «Un cardinale statunitense mi ha raccontato che un giorno si sono presentati da lui due sacerdoti appena ordinati, per chiedere l’autorizzazione a celebrare la Messa in latino. “Voi conoscete il latino?” ha chiesto quel cardinale. “No, ma lo studieremo” han risposto i due giovani preti. «Allora fate così» ha detto il cardinale. «Prima di imparare il latino, osservate la vostra diocesi e guardate quanti migranti vietnamiti ci sono: studiate il vietnamita, allora, in primo luogo. Ma quando avrete imparato il vietnamita, considerate anche la moltitudine di parrocchiani di lingua ispanica e capirete che imparare lo spagnolo vi sarà molto utile per il vostro servizio. Dopo il vietnamita e lo spagnolo tornate pure da me, e parleremo del latino…”».   L’insolenza intollerabile di Bergoglio (e del suo cardinale americano, che potrebbe essere stato nella pattuglia dei suoi elettori al conclave 2013, e che ora potrebbe essere stato vagliato dal papa a seconda della sua fedeltà al diktat LGBT) nasconde non solo rabbia e ignoranza – è davvero necessario sapere a perfezione il latino per celebrare la Santa Messa? – ma un pensiero molto preciso in termini politici e geopolitici: l’immigrazionismo oltranzista e non assimilante.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Cioè: Bergoglio preme perché gli immigrati tengano la loro lingua, non che imparino quella del Paese ospite. Si tratta di una particolare attitudine che, lungi dall’essere casuale, è codificata in alcune situazione dell’accoglienza cattolica, dove si predica, distorcendo certo pensiero missiologico come quello di monsignor Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905), che conservando la lingua di origine l’immigrato conserva la sua religione – solo che nelle recenti ondate migratorie la religione da preservare non è quasi mai quella cattolica, ma musulmana, animista, etc.   Riassumiamo la nuova perla pontificia: ci sono gli immigrati, quindi Messa in latino. Al massimo, pare voler dire, messa in vietnamita, arabo, swahili, bengalese, cingalese, pidgin nigeriano. Venga Babele, ma crepi il latino della Santa Messa.   L’avversione di Bergoglio verso la Messa tradizionale è, come può vedere il lettore, invincibile, ammantate con le solite parole vuote che conosciamo della chiesa conciliare, con i suoi idoli sociologici da quattro soldi.   «La liturgia non può essere rito fine a se stesso, avulso dalla pastorale» conclude il Giorgio Mario. «Né esercizio di uno spiritualismo astratto, avvolto in un fumoso senso del mistero. La liturgia è incontro, ed è ripartenza verso gli altri».   Quindi arriva un atto di fede pontificale nel Progressismo.   «I cristiani non sono quelli che tornano indietro. Il flusso della storia e della grazia va dal basso verso l’alto come la linfa di un albero che dà frutto. Senza questo flusso ci si mummifica e andando indietro non si conserva la vita, mai. Se non procede, se non si muove, la vita, quella vegetale, quella animale, quella umana, muore. Camminare vuol dire cambiare, affrontare scenari nuovi, accettare sfide nuove».   Si tratta di una chiarissima professione di fede non nell’Essere, ma nel divenire, di sapore perfino panpsichista – la vita, prima che umana, è vegetale e animale, e si evolve. Di qui a Carlo Darwin, capite che si mette un secondo, e il tizio non avrebbe problemi a ripeterlo.   Quindi, un bizzarro riferimento all’arte, con piena giustificazione delle distorsioni dell’arte moderna: «la comprensione dell’uomo muta col tempo, e anche il modo di percepire ed esprimere se stesso muta: una cosa è l’umanità che si esprime scolpendo la Nike di Samotracia, un’altra quella del Caravaggio, un’altra ancora quella di Chagall e poi di Dalí. E così anche la coscienza degli uomini si approfondisce».   Per Bergoglio l’arte è essenzialmente quello che dicono gli odierni libri di storia e i galleristi con le case d’aste. Non gli viene in mente neanche per un secondo che Caravaggio, per motivi artistici ed extra-artistici, mai potrà stare sullo stesso piano del disegnatore di gatti e violini Chagall. Seduto sopra il più immenso deposito di beni artistici generati nei secoli, non gli viene in mente che l’arte ora è degenerata – perché incapace, forse, di discernere la cifra spirituale dell’opera artistica.   Quindi, la stoccata ulteriore alla tradizione, a cui va sostituito puntualmente il progresso.   «La tradizione è andare avanti. La Chiesa non può essere la congrega “dei bei tempi andati”, che, come ci rammenta un pensatore francese, Michel Serres, sono certamente andati e non erano necessariamente così belli in ogni loro aspetto. La nostra responsabilità è camminare il nostro tempo, continuare a crescere nell’arte di coglierne le esigenze e di provvedervi con la creatività dello Spirito, che sempre è discernimento in azione».   Impossibile, quindi, che l’argentino non suggellasse l’uccisione del cattolicesimo tradizionale con la citazione del Concilio Vaticano II, verità rivelata ma, attenzione, non ancora del tutto: altro probabilmente deve ancora saltare fuori, molto deve essere ricavato, in attesa del prossimo Concilio, che arriva a nominare.

Aiuta Renovatio 21

«Per molti versi, si può affermare che l’ultimo Concilio ecumenico non è stato ancora interamente compreso, vissuto e applicato. Siamo in cammino, e dobbiamo recuperare strada. Quando qualcuno mi chiede se i tempi sono maturi per un nuovo Concilio, un Vaticano III, rispondo che non solo non lo sono, ma ancora dobbiamo compiutamente attuare il Vaticano II. E pure spazzare via ancora più a fondo la cultura di corte, in Curia e ovunque. La Chiesa non è una corte, non è luogo per cordate, favoritismi, manovre, non è l’ultima corte europea di una monarchia assoluta. Con il Vaticano II, la Chiesa è segno e strumento dell’unità di tutto il genere umano».   Il Concilio è divinizzato e umanizzato al contempo: atto metafisico che mette insieme l’intera umanità – in sostituzione, forse, del sacrificio di Cristo?   Tuttavia, è improbabile che i suoi commenti suscitino particolare gioia o speranza tra il numero in costante crescita – e in gran parte giovane – di cattolici devoti alla messa latina per la sua sostanza.   C’è, chiaramente, da vergognarsi di aver letto cose del genere dalla penna di un papa, o dei suoi ghost writer. In verità, dovrebbe vergognarsi proprio lui, e i fedeli dovrebbero chiedergli di farlo, assieme alla richiesta di pentimento e di conversione.   Con ogni evidenza, il Bergoglio odia la tradizione, quindi odia la Chiesa stessa, fondata da Cristo e tramandata – Tradidi quod et accepi – al costo del sangue dei martiri nel corso di millenni.   Nonostante tutto, non usciamo scorati dalla lettura di queste parole. Perché, anzi, la chiarezza dell’avversione papale per la vera Chiesa, la vera Messa, il vero Dio, la Verità è sempre più slatentizzata, messa nera su bianco. Di questo, siate grati a Bergoglio.   Non sappiamo spiegare perché, ma in noi alberga negli ultimi tempi una certa speranza: questo papato malvagio sta per finire. E non credendo nella tradizione – cioè, nella continuazione in custodia del Vero – nemmeno i cardinali perversi che occuperanno il prossimo Conclave potranno fermare il processo di rigenerazione della Chiesa che si prepara, quello sì, dalle radici celesti sino alle foglie terrestri.   Stai a vedere, Bergoglio. Gli «squilibrati» hanno appena iniziato a riportare l’equilibrio.   Roberto Dal Bosco  

Iscriviti al canale Telegram

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine generata artificialmente e rilavorata.  
Continua a leggere

Più popolari