Geopolitica
Il Sudafrica denuncia Israele all’Aia: «atti di genocidio»

Il Sudafrica ha presentato ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’Aia, sostenendo che le azioni israeliane a Gaza costituiscono un «genocidio» e chiedendo «misure provvisorie» per fermarlo, ha annunciato venerdì la massima corte delle Nazioni Unite.
Il ricorso sostiene che «gli atti e le omissioni di Israele… hanno carattere genocida, poiché sono commessi con l’intento specifico richiesto… di distruggere i palestinesi a Gaza come parte del più ampio gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese», ha affermato l’ICJ in un comunicato.
La condotta di Israele nei confronti dei palestinesi di Gaza «viola i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio», ha affermato il governo di Pretoria che accusa Israele di «non essere riuscito a prevenire il genocidio» e di «non aver perseguito l’incitamento diretto e pubblico al genocidio» dal 7 ottobre.
«Israele si è impegnato, si sta impegnando e rischia di impegnarsi ulteriormente in atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza».
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Il Sudafrica ha anche chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di «indicare misure provvisorie» al fine di «proteggere contro ulteriori danni gravi e irreparabili» ai palestinesi ai sensi della Convenzione sul genocidio.
L’ICJ ha anche pubblicato il documento di 84 pagine che elenca queste misure in dettaglio, la prima delle quali prevede che Israele «sospenda immediatamente le sue operazioni militari dentro e contro Gaza».
Pretoria chiede inoltre a Gerusalemme Ovest di fermare tutti gli attacchi contro i palestinesi e di revocare qualsiasi ordine il cui obiettivo sia «l’espulsione e lo sfollamento forzato dalle loro case» o la privazione dell’accesso a cibo, acqua, carburante, riparo, forniture mediche e altri bisogni umanitari.
Chiunque sia coinvolto in «incitamento diretto e pubblico» al genocidio o in cospirazione per commetterlo deve essere assicurato alla giustizia, insiste l’appello. Il Sudafrica ha chiesto a Israele di presentare un rapporto sul rispetto di tutte queste richieste entro una settimana.
Secondo le regole dell’ICJ, la richiesta del Sud Africa ha la priorità su tutti gli altri casi, a causa della richiesta di misure provvisorie.
Come riportato da Renovatio 21, il Sudafrica ha già cercato di accusare Israele di crimini di guerra davanti alla Corte Penale Internazionale (CPI). Israele non è una delle parti firmatarie della Corte penale internazionale, ma il tribunale – anch’esso con sede all’Aia – ha precedentemente dichiarato di avere giurisdizione su Gaza e sulla Cisgiordania.
Sia il Sudafrica che Israele sono firmatari della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, adottata per la prima volta nel 1948, in risposta allo sterminio di massa degli ebrei da parte dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
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Le accuse a Israele di genocidio dei palestinesi stanno arrivando da tutte le parti: in settimana l’eurodeputata irlandese Clare Daly ha definito la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen «frau genocidio» per la posizione dell’UE sull’operazione militare israeliana a Gaza.
In precedenza, il ministro spagnuolo per i diritti sociali Ione Belarra aveva accusato Bruxelles di inerzia di fronte a quello che lei chiamava «genocidio» in atto a Gaza.
Immediato accusatore che ha utilizzato la parola «genocidio» è stato il presidente turco Erdogan, che ha ripetuto l’accusa varie volte, condendola con commenti su Israele come Stato terrorista e su Netanyahu, apostrofato come «macellaio di Gaza», come personaggio non dissimile da Adolf Hitler.
Già a inizio conflitto l’Erdogan aveva detto che la Turchia avrebbe presentato al mondo prove dei «crimini di guerra» israeliani.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

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Geopolitica
Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

L’Ungheria e la Russia hanno avviato discussioni sui preparativi per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto a Budapest, ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto.
In un post su Facebook pubblicato venerdì, Szijjarto ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con Yury Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, confermando che «i preparativi sono in pieno svolgimento».
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato di aver parlato al telefono con Putin venerdì. Szijjártó ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si incontreranno più tardi nella stessa giornata.
Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria è pronta a garantire la sicurezza dei colloqui tra Russia e Stati Uniti, che si concentreranno sul conflitto ucraino, e che Budapest accoglierà Putin con rispetto, assicurandogli libertà di movimento da e per il Paese.
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Giovedì Orban aveva annunciato che Budapest è pronta a ospitare l’incontro tra i due presidenti, definendolo «una grande notizia per i popoli amanti della pace nel mondo» e descrivendo l’Ungheria come «un’isola di pace».
L’incontro tra Trump e Putin è stato annunciato per la prima volta dal presidente statunitense giovedì, dopo una telefonata tra i due leader, la prima in quasi due mesi, durata oltre due ore secondo il Cremlino e la Casa Bianca. Trump ha definito la conversazione «molto produttiva», sottolineando che «sono stati compiuti grandi progressi».
Anche il Cremlino ha confermato il vertice programmato, con Ushakov che ha dichiarato che i preparativi sarebbero iniziati «senza indugio». Ha precisato che Budapest era stata proposta come sede dell’incontro da Trump e che Putin aveva subito appoggiato l’idea.
L’ultimo incontro tra Putin e Trump si era tenuto a metà agosto in Alaska, incentrato sul conflitto in Ucraina e sul rilancio delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. È stato il loro primo faccia a faccia dal 2019. Entrambi i leader avevano definito il vertice produttivo, pur senza registrare progressi significativi.
Sebbene i contatti tra Mosca e Washington siano successivamente diminuiti, Lavrov ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il processo avviato in Alaska «non è concluso» e che le due nazioni hanno ancora «molto da fare».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
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