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Animali

«Il re delle aringhe»: enorme terrificante mostro marino pescato in Cile

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Un pesce di dimensione abnormi è stato pescato nell’oceano vicino alla città di Arica, in Cile.

 

L’enorme creatura marina, ora vinta dall’esser umano, è stata filmata mentre veniva scaricato a terra per tramite di una gru.

 

Il mostro acquatico, catturato da un valente gruppo di pescatori, misura quasi 5 metri di lunghezaza.

 

Si tratta della specia chiamata regaleco, conosciuto anche come pesce remo gigante e talvolta indicato con il nome altisonante di «re delle aringhe», è uso alla vita negli abissi e si avvicina alla superficie solo quando «malato, morente o in fase di riproduzione».

 


Non si tratta, tuttavia del regaleco, che si dice possa raggiungere gli 11 metri di lunghezza, più lungo mai pescato.

 

Nel 1996 un gruppo di Navy SEAL, le forze speciali della Marina USA note per i tanti film e per lo strano assassinio del Bin Laden, ne pescò uno da 7 metri, di cui diede prova fotografica.

 

 

Neanche quello, tuttavia, fu il più lungo mai scoperto.

 

Nell’anno 2010, un batiscafo immerso a circa 1500 metri di profondità del Golfo del Messico avvistò un esemplare che stimò di essere oltre i 17 metri.

 

Si tratta di un pesce oceanico – nel Mare nostrum esso è raro.

 

È carnivoro, ma i biologi sostengono sia innocuo per animali di grandi dimensioni, compresi gli esseri umani. Per ora, chiaramente.

 

Vi sono prove artistiche dell’antichità che non depongono a favore della sua bontà. Un enorme regaleco sarebbe rappresentato in un mosaico sulla storia biblica di Giona  della basilica di Aquileia. Nella mitologia greco-romana tale mostro marino era chiamato pistrice, creatura enorme e terribile dotata di lunga coda di serpente spesso presente nei cortei di Nettuno e pure nelle mappe nautiche antiche, dalla Grecia al Rinascimento.

 

Nel medioevo il pistrice veniva considerato una chimera fatta di volpe e serpente marino.

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

 

 

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Zoo preoccupati: Gorilla dipendenti dai video sugli smartphoni

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I guardiani degli zoo hanno un nuovo problema con i gorilla a loro affidati: limitare il tempo che trascorrono davanti agli schermi dei device mobili. Lo riporta il Wall Street Journal.

 

Secondo quanto riportato dal giornale economico neoeboraceno, gli zoo di tutto il Nord America hanno iniziato a cercare di frenare l’ossessione degli animali per gli smartphone, che si è manifestata negli ultimi anni poiché sempre più visitatori hanno iniziato a mostrare loro immagini e video sugli schermi, attraverso le pareti di vetro dei loro recinti.

 

Negli ultimi anni, negli zoo delle principali città hanno iniziato a emergere segnalazioni di gorilla che stanno diventando ossessionati o addirittura «dipendenti» dagli smartphoni.

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L’anno passato, a Toronto, i responsabili dello zoo hanno iniziato ad affiggere cartelli che invitavano i visitatori a non mostrare i propri smartphone agli animali, che spesso ne sono così affascinati che il loro comportamento inizia a cambiare, in quanto cercano sempre di più di trascorrere del tempo davanti agli schermi degli esseri umani che incontrano.

 

«Per il benessere del gruppo di gorilla», avvertiva un cartello in un articolo di People in merito alla richiesta, «per favore astenetevi dal mostrare loro video o foto, poiché alcuni contenuti potrebbero turbarli e influenzare le loro relazioni e il comportamento all’interno della famiglia».

 

Nello zoo di San Diego, i giornalisti del WSJ hanno osservato visitatori umani che mostravano gli schermi dei loro telefoni ai gorilla, nonostante tale interazione fosse «fortemente» scoraggiata dai responsabili dello zoo.

 

Dei gruppi di visitatori vengono allo zoo di San Diego quasi ogni giorno non solo per filmare gli animali, ma anche per mostrare loro dei video. Due appassionati con cui il giornale ha parlato si sono rifiutati di rivelare i loro nomi per timore di essere banditi dallo zoo o dai recinti dei gorilla se fossero stati scoperti.

 

«Questo è il mio posto felice», ha detto al WSJ un uomo che è stato visto indossare una maglietta con un gorilla e interagire con uno degli animali mostrandogli il suo telefonino attraverso il vetro.

 

Nel frattempo, una donna che ha parlato al giornale ha iniziato a piangere quando ha pensato di perdere l’accesso al recinto dei gorilla, sostenendo che «qualsiasi arricchimento è un buon arricchimento».

 

L’attivista ambientalista Beth Armstrong, pioniera di un programma sui gorilla allo zoo di Columbus negli anni Ottanta, ha dichiarato al WSJ che vorrebbe che le persone scegliessero di mettere via i loro telefoni e di godersi la meraviglia di questi animali, anziché sommergerli con questa tecnologia umana così distraente e invasiva.

 

«Capisco che la gente desideri questo tipo di connessione», ha detto la Armstrong, «ma la realtà è: cosa significa per il gorilla?».

 

Si tratta dell’ennesima questione inflitta ai gorilli dagli esseri umani, che alle possenti scimmie dal pelo nero avevano creato tanti problemi, testandoli con tamponi COVID e pure inoculandoli con il vaccino, con casi di susseguente attacco cardiaco.

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Orche, l’oscena moda di mettersi un salmone morto in testa

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Gli scienziati hanno riportato il ritorno di una rivoltante usanza cosmetica presso la popolazione delle orche assassine: i malvagi cetacei avrebbero reiniziato a farsi vedere con un salmone in morto sulla testa.   Il fenomeno è stato notato a fine 2024, ma era stato già notato dagli scienziati 37 anni prima, spingendo taluni ricercatori a ipotizzare che si tratti di una e propria «moda», scrive IFLScience. Le orche, che passano pure per essere animali «intelligenti» come i loro parenti delfini (che tuttavia non disdegnano di divorare, anche teatralmente), sono note per la capacità di produrre atteggiamenti sociali condivisi, come quello recente, criminale e rivelatore, di attaccare le imbarcazioni a vela nei pressi dello stretto di Gibilterra, strappandone poi via il timone.   «Popolazioni diverse presentano spesso distinte specializzazioni alimentari che vengono mantenute dalla trasmissione culturale, e questi “ecotipi’ presentano tipicamente una varietà di tradizioni comportamentali persistenti legate alla loro divergenza nel foraggiamento», spiega un rapporto della International Whaling Commision (IWC) sulla recente tendenza al comportamento teppista delle killer whales.

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«Alcune popolazioni possono anche sviluppare “mode” comportamentali insolite e temporanee e altre idiosincrasie che non sembrano avere un chiaro scopo adattativo. La comprensione delle recenti interazioni con le imbarcazioni delle orche iberiche potrebbe trarre beneficio dall’esame di queste tradizioni effimere in altre popolazioni di orche ben studiate».   E quindi, saremmo in presenza ad una specie che, come gli adolescenti ebeti e un’altra larga parte della popolazione umana, è prona alle mode, anche alle più oscene e grottesche.   Ecco quindi la moda del cappello necrosalmonato, ipotizzata per la prima volta nel 1987: nella zona del Puget Sound, nel Pacifico nord-orientale, un’orca femmina del branco K iniziò a portare in giro un salmone morto sul naso. Nel giro di cinque o sei settimane, il comportamento si diffuse e, alla fine, le orche del suo branco e di altri due branchi indossavano cappelli di salmone morto.   Poi, all’improvviso – come è successo per i paninari, i metallari, i punk, i gabber, i sorcini, gli emo, i grillini, i mods, i dark – la moda è finita. A parte un paio di occasioni l’estate successiva – non differentemente quelli che circolano con il giaccone con il cappuccio col pelo, gli anfibi Doctor Martens, il Barbour la Steve Bannon), gli Ugg – la orrenda tendenza non si era più vista nella scena orcina. Almeno, fino a quando non è ricomparsa di recente.   Delle orche appartenenti al gruppo detto «branco J» («J-pod») sono state avvistate nel Puget Sound, sulla costa nord-occidentale dello stato americano di Washington, nel mese di ottobre.  
  «Le osservazioni indicano che è probabile che abbiano trovato molti salmoni durante la loro permanenza e questo potrebbe spiegare perché sono rimasti nell’entroterra così a lungo», riporta la rete di avvistamento delle balene, aggiungendo: «guardate questa foto di J27 Blackberry che sfoggia un cappello salmone».   Sul perché di questa disgustosa moda cetacea gli scienziati brancolano nel buio. Un’ipotesi, evidenziata da New Scientist, è che stiano semplicemente usando la testa come spazio di riserva, conservando il salmone in eccesso pescato durante l’abbondanza per un consumo successivo. Forse non si tratta tanto di una tendenza a catturare il salmone, quanto piuttosto di un modo per usare la testa come porta pranzo.   C’est-à-dire, in mancanza di zaini, perché non hanno né braccia né schiena (e ci sarà un perché), le orche assassine dunque si piazzano sulla fronte la merenda. Non siamo molto convinti. Sappiamo che ricercatori e giornalisti fanno di tutto per romantizzare questa specie maledetta: dire che le orche assassine sono schiave di una moda oscena ed assassine per l’establishment cetaceofilo – fatto di illusioni disneyane e parchi a tema con istruttori morti e volgarità varie – è impossibile.   Tuttavia tra le pubblicazioni scientifiche cominciano ad annotare i comportamenti culturali mostruosi delle creature, ad esempio quelli osservati nelle orche del Salish Sea rientrano le molestie nei confronti delle focene e talvolta la loro uccisione.   «Non mangiano le focene», ha detto ad Atlas Obscura Deborah Giles, direttrice scientifica e di ricerca presso l’ente Wild Orca, «si limitano a giocarci fino alla morte».   «Le orche hanno delle mode che vanno e vengono, e spesso sono più diffuse in determinate fasce di sesso e di età nella popolazione. Poi, col tempo, tendono a scomparire», ha detto a Discover Jared Towers, direttore di Bay Cetology. «Spero proprio che questo sia ciò che accade con questo comportamento. Ma è in corso da qualche anno ormai. Quindi, non sappiamo bene cosa aspettarci».

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Mode aggressive che disturbano anche la sfera umana: «al largo della costa occidentale degli Stati Uniti, sono state viste orche giovani giocare con l’attrezzatura da pesca, spostare nasse per granchi e gamberi e avvolgersi in lenze, forse per gioco» scrive IFLScience.   Renovatio 21 in realtà da anni riporta con tanta dovizia di particolari ben altri comportamenti terrificanti, come gli attacchi agli esseri umani, il consumo cannibalistico ed esibizionista di delfini, il sadismo verso gli squali a benefizio delle fotocamere degli scienziati, l’inondazione di turisti dei parchi acquatici con diaree prodotte con tattica e sardonica crudeltà.   Renovatio 21 garantisce il suo lettore di continuare nella lotta per un oceano libero dal bullismo cetaceo, un mondo blu dove orche, delfini, balenotteri siano castigati e rimessi al loro posto – o denunciati e trascinati in tribunale, come potrebbe a breve prevedere la legge neozelandese auspicata dal re Maori Wherowhero VII che ha chiesto di dare personalità giuridica alle balene, e non è chiaro se minaccia di fare una inguardabile danza Haka performata alla Camera di Wellingtone per ottenere questo e magari i soliti privilegi assistenzialistici.   Le chiamano orche assassine, ma è ormai ovvio che l’apposizione è errata. Sono orche bastarde, orche infami, orche bagasce.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
 
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Animali

Capra assalta indegnamente il Giro d’Italia. Il fenomeno ha radici antiche

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Una capra ha attaccato la più grande manifestazione ciclistica del Paese. Il fenomeno di tale malizia animale contro il ciclismo non è nuovo, ed è stato registrato in più di un secolo di competizioni.

 

Si sono vissuti attimi di tremenda tensione al Giro d’Italia 2025 nella terza tappa albanese, la Valona-Valona. A circa 120 km dall’arrivo, mentre il plotone affrontava la salita dei Monti Cerauni, una capra, separatasi dal suo gregge al pascolo vicino alla strada, ha invaso la carreggiata, attraversando improvvisamente il percorso e mettendo a rischio il gruppo che procedeva a oltre 60 km/h.

 

Il malvagio ungulato ha colpito il neozelandese Dion Smith dell’Intermarché-Wanty, che è riuscito a rallentare evitando la collisione con i corridori dietro di lui e a rimanere in sella nonostante l’impatto. Fortunatamente, né il ciclista né la capra hanno riportato ferite, e l’animale si è dato alla fuga.

 

 

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I principali quotidiani sportivi e non hanno, al solito, presentato l’indegno assalto come un caso fortuito.

 

Renovatio 21 come sua abitudine può fornire invece dettagli riguardo l’incontrovertibile volontà degli animali di danneggiare gli eventi dei ciclisti umani.

 

Le cronache riportano, con malriposta ironia, di quando un sit-in di lama aveva interferito nello svolgimento del Tour de France già nel 1910, bloccando i corridori sul periglioso passo del Col d’Aubisque. Come riportato da Renovatio 21, più di un secolo dopo i lama sarebbero stati emulati dai loro colleghi ambientalisti.

 

Nel 2007 un cane di razza golden retriever si è scontrato con il ciclista tedesco Marcus Burghardt, ribaltando la sua bici durante una delle tappe più estenuanti del percorso di quell’anno. Il terrorista quadrupede rimase illeso e il Burghardt riportò invece lievi ferite.

 

 

Sempre nel 2007, vi fu un ulteriore dog crash che travolse un povero atleta.

 

Nel 2014, un piccolo cane bianco sfuggì alla presa del suo padrone e si lanciò sulla strada mentre il gruppo iniziava lo sprint finale verso il traguardo della seconda tappa. Fortunatamente, il cane riuscì a evitare 100 biciclette che viaggiavano a oltre 48 km/h.

 

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Un cane creò il panico, facendo cadere due ciclisti, anche al Tour 2022.

 

 

Tuttavia il caso più noto da parte delle bestie (anche in questo caso, ungulati) contro il mondo del ciclismo si ebbe al Tour de France 2010, quando presso il Col du Tourmalet nell’ultima tappa dei giro un gregge di pecore decise all’unanimità di attaccare i ciclisti.

 

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A questo punto la domanda bisogna porsela. Gli animali, oltre agli esseri umani, odiano anche e soprattutto il ciclismo?

 

Hanno per caso ragione?

 

E poi: perché il Giro d’Italia passa per l’Albania (un tempo, è vero, annessa dal Duce), e, storicamente, in Belgio, in Croazia, Danimarca, Grecia, Irlanda, Germania, Slovenia, Svizzera, Ungheria, Olanda, Gran Bretagna, Lussemburgo, Francia, e perfino Israele?

 

Questioni prettamente bestiali, per le quali Renovatio 21 non ha risposta alcuna.

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