Spirito
Il Purgatorio esiste?
Renovatio 21 pubblica questo articolo previamente apparso su FSSPX.news.
In questo mese di novembre, la Chiesa ci invita a pregare per i morti. Dopo aver celebrato tutti i Santi in Cielo, osserviamo con compassione le anime del Purgatorio. Ma che dire del Purgatorio? Esiste, dove si trova, cosa vi accade?
Ringraziamo padre Louis-Marie Carlhian della Fraternità San Pio X per aver risposto a queste domande.
Il Purgatorio è una teoria dei teologi medievali?
Questa è la classica accusa degli scismatici ortodossi e dei razionalisti… Eppure l’esistenza del Purgatorio è un dogma di fede, creduto da sempre nella Chiesa, e ne si trovano tracce nelle Scritture.
In effetti, si parla di preghiere per i morti. Ora, se i morti sono in Paradiso, non c’è bisogno di pregare per loro, e nemmeno se sono all’Inferno, poiché il soggiorno in questi luoghi è definitivo!
La pratica di queste preghiere e sacrifici è quindi un segno sufficiente per stabilire la credenza in un posto intermedio tra la Terra e il Cielo, da cui possiamo essere liberati dalle preghiere. Questo punto è stato definito dai Concili di Lione, Firenze e Trento.
Il Purgatorio è presente nella Sacra Scrittura?
Il secondo libro dei Maccabei racconta che, all’indomani di una battaglia contro i siriani, Giuda Maccabeo scoprì, sotto la tunica dei suoi soldati uccisi in battaglia, degli idoli provenienti dal saccheggio di Iamnia. Questa era un’offesa alla legge di Mosè e Giuda giudicò che la morte di questi uomini fosse una punizione di Dio:
«Perciò tutti, benedicendo l’operato di Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato». (2 Mac 12, 41-46).
Nel Nuovo Testamento, l’esistenza del Purgatorio non è esplicitamente dichiarata da nessuna parte. Tuttavia, possiamo citare diverse allusioni a uno stato di purificazione che non è un inferno: Perciò io vi dico: «Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro». (Matteo 12, 31-32).
I primi cristiani credevano nel Purgatorio?
I primi cristiani celebrarono i santi Misteri intorno alle tombe dei martiri. Molto presto iniziarono a pregare per coloro che, non essendo martiri, avrebbero potuto aver bisogno di suffragi.
Così gli Acta Ioannis, intorno al 160, parlano di San Giovanni che prega su una tomba e celebra la Fractio Panis il terzo giorno dopo la morte di un cristiano. Sant’Agostino la vede come una pratica universalmente praticata, San Giovanni Damasceno fa risalire questa tradizione agli Apostoli, anche Dionigi assicura che si prega per i morti.
Qui possiamo applicare il principio teologico: «Lex orandi, lex credendi» (la legge della preghiera è una regola di fede, perché è una testimonianza certa della credenza comune a tutta la Chiesa).
Dov’è il Purgatorio?
Né la Sacra Scrittura né la Tradizione ci forniscono informazioni precise su questo argomento. Parliamo degli «inferni», espressione latina che significa i luoghi inferiori, sotto la terra, dove le credenze pagane ponevano l’aldilà.
La tradizione cristiana usa questa espressione per opporre il Cielo, che è al di sopra, agli inferi, che sono al di sotto… Si distinguono diversi luoghi: l’Inferno dei dannati, il Limbo dei bambini morti senza battesimo, il Limbo dei patriarchi, e il Purgatorio.
Ma questi sono propriamente dei luoghi, dal momento che quelli che sono lì sono privati del proprio corpo? La teologia mantiene un cauto silenzio su questo argomento, sottolineando che la risposta non influisce sulla nostra salvezza …
Poiché siamo redenti dai meriti sovrabbondanti di Nostro Signore, a che serve una nuova purificazione?
La soddisfazione offerta da Nostro Signore sulla Croce è ovviamente più che sufficiente per riscattare tutti i nostri peccati. Tuttavia, dobbiamo considerare due aspetti nel peccato: da un lato, la disobbedienza al Creatore, dall’altro, l’attaccamento disordinato alla creatura. Se il primo aspetto è completamente riparato dalla contrizione e dalla confessione, in virtù dei meriti di Nostro Signore, il secondo deve esserlo dal nostro contributo.
Dio ci consente così di partecipare alla nostra redenzione. San Paolo non dichiara forse: «completo nella mia carne ciò che manca alla Passione di Gesù Cristo»?
In altre parole, dobbiamo ancora espiare il nostro attaccamento alle cose di questo mondo, che impedisce a Dio di regnare totalmente sulle nostre anime. Se ci liberiamo delle gravi colpe incompatibili con l’amore di Dio, restano nella nostra anima le imperfezioni da eliminare: peccati veniali non confessati, pene temporali dovute per i peccati mortali addebitati, i resti di vizi non del tutto epurati.
La teologia confronta prontamente questa purificazione con un fuoco che non consuma la materia pesante, ma distrugge le «schegge» o «scorie» che rimangono nell’anima. Questa espiazione ha luogo su questa terra, con le buone opere, o nel Purgatorio.
Si può aggiungere che sarebbe improprio per Dio trattare tutte le anime o come santi o come dannati. È logico che esista uno stato intermedio per coloro che non hanno espiato tutti i loro difetti. Perfino alcuni popoli pagani hanno ammesso l’esistenza di una condanna temporanea dopo la morte.
In cosa consistono le pene del Purgatorio? Sono molto dure?
«Ci sono due pene nel Purgatorio: la pena del danno, ovvero il rinvio della vista di Dio; la pena dei sensi, cioè il tormento inflitto dal fuoco. Il minimo grado dell’uno e dell’altro supera il più grande dolore che può essere sopportato in vita».
San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, IIIa Pars, Q.70 articolo 3. La nostra anima, alla fine di questa vita, sente un desiderio violento di essere unita a Dio, perché non è più limitata dal corpo e intravede l’immensità della felicità del Cielo.
Il tormento che prova per il dolore del danno è quindi terribile, ed è mitigato solo dalla certezza che finirà. Per quanto riguarda il dolore dei sensi, raggiunge l’anima direttamente nella sensibilità che essa dà al corpo e si fa sentire con maggior forza.
Tuttavia, le pene nel Purgatorio sono molto diverse da quelle infernali perché purificano le anime invece di punirle. Le anime del Purgatorio possiedono le virtù della speranza e della carità, a differenza dei dannati. Hanno quindi un grande desiderio di essere uniti a Dio e accettano la penitenza che viene loro inflitta come mezzo di salvezza.
Questa punizione, imposta da Dio, non possono accettarla liberamente, altrimenti la si renderebbe un mezzo di merito. La carità non aumenta in loro, ma, man mano che gli ostacoli che ancora impediscono di produrre il suo pieno effetto diminuiscono, la sentono sempre più forte mentre si avvicinano alla salvezza.
Dovremmo aiutare le anime del Purgatorio? Come?
Abbiamo il dovere di aiutare i morti che stanno aspettando di entrare in Paradiso:
– è un atto di carità che tocca le anime amate di Dio
– queste anime possono pregare per noi una volta entrate in Paradiso
– a volte siamo responsabili dei peccati commessi su questa terra dai defunti
– dobbiamo pregare in particolare per i nostri cari e la nostra famiglia
La Chiesa ha sempre rivolto le sue suppliche per le anime dei defunti nella maniera più sollecita e ufficiale: il Memento dei Morti, al Canone della Messa, ci fa pregare ogni giorno affinché i defunti trovino «il luogo del ristoro, della luce e della pace». La Messa è quindi il primo e più efficace modo per alleviare le loro pene, offrendo loro il Sacrificio o semplicemente offrendo loro la comunione.
La Chiesa apre inoltre per loro il tesoro delle Indulgenze. Infine possiamo offrire anche le grandi opere della vita cristiana, la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Questo si chiama suffragio. La ragione è che queste anime sono unite a noi dalla Comunione dei Santi, vale a dire dall’unione in Nostro Signore per mezzo della Carità.
Proprio come i membri dello stesso corpo possono sostenersi a vicenda, i membri della Chiesa possono comunicare tra loro alcuni dei loro meriti.
Possiamo chiedere delle grazie alle anime del Purgatorio?
Come abbiamo appena detto, queste anime sono unite a noi dalla carità e possono pregare per noi. Dio nella sua misericordia può informarle delle preghiere fatte per loro o dei bisogni dei loro cari e, una volta in Paradiso, ne saranno certamente consapevoli.
Tuttavia, non possono più meritare e, come sottolinea San Tommaso, si trovano in uno stato in cui hanno bisogno più delle nostre preghiere che di pregare per noi.
Possiamo anche aggiungere che la Chiesa non rivolge mai loro la preghiera liturgica. È quindi possibile pregare per loro, ma senza dare loro un potere superiore ai santi del Cielo!
Come evitare di andarci?
Ogni cristiano deve cercare di evitare il Purgatorio, non solo per evitare la punizione, ma anche per adempiere la volontà di Dio: «Siate perfetti come il vostro Padre celeste è perfetto». Ciò è possibile preservandoci dai più piccoli difetti ed espiando attraverso la penitenza i peccati dai quali siamo stati perdonati.
Da La Couronne de Marie n° 45, novembre 2016
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Quarant’anni fa, l’arcivescovo Lefebvre diceva la verità
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Papa Leone incontra le vittime di abuso poco dopo aver lodato don Milani
Papa Leone XIV ha incontrato gli attivisti di ECA (Ending Clergy Abuse), rete costituita da vittime di abusi del clero particolarmente attiva negli Stati Uniti. I giornali mainstream riportano la notizia sottolineando come si tratterebbe di una «prima volta».
Si tratta del primo tra Papa Leone XIV e un gruppo di vittime, nonché il primo con un’associazione dedicata alla lotta contro gli abusi. I suoi predecessori, da Benedetto XVI a Francesco I, avevano incontrato gruppi di vittime, ma mai organizzazioni strutturate come ECA, che ha seguito molti viaggi di papa Francesco con proteste, specialmente nei Paesi più colpiti dagli abusi, senza però essere mai ricevuta. Oggi, invece, l’associazione ha varcato le porte del Vaticano.
Pochi giorni fa, la Pontificia Commissione per la tutela dei minori aveva pubblicato il Rapporto annuale, evidenziando la lentezza di alcune diocesi nel contrastare gli abusi. Tra i casi critici è stato citato l’Italia, con la CEI che ha replicato sottolineando gli sforzi compiuti in formazione e prevenzione.
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«È stata una conversazione profondamente significativa», ha dichiarato Gemma Hickey, presidente di ECA e sopravvissuta agli abusi in Canada. «Riflette un impegno comune per la giustizia, la guarigione e un cambiamento autentico. I sopravvissuti hanno a lungo cercato un posto al tavolo, e oggi ci siamo sentiti ascoltati». ECA definisce l’incontro «un passo storico e pieno di speranza verso una maggiore cooperazione».
Non è chiaro se tale organizzazione di vittime, premiata con l’udienza papale a favore di telecamere, abbia presente che solo pochi giorni fa il papa ha lodato, per la seconda volta, un sacerdote, diciamo così, controverso, definendolo perfino ripetutamente «profeta».
Il quadretto edificante avviene infatti a poche ore da un riferimento entusiastico fatto nei confronti di Don Milani. L’11 ottobre, parlando ai pellegrini delle diocesi toscane, Prevost ha citato in modo molto benevolo il controverso prete-maestro della Barbiana: «Don Lorenzo Milani, profeta della Chiesa toscana, che Papa Francesco ha definito “testimone e interprete della trasformazione sociale ed economica”, aveva come motto “I care“, cioè “mi importa”, mi interessa, mi sta a cuore».
Non è la prima volta. Il 12 giugno all’incontro con il clero della diocesi di Roma aveva definito di Don Lorenzo Milani come di «un profeta di pace e giustizia».
Scandali vari – il più grosso esploso sui giornali nel 2017, all’altezza dell’uscita del romanzo di Walter Siti Bruciare tutto, che faceva a partire dalla sua dedica un pesante ammiccamento – hanno portato alla luce lettere scritta da Don Milani dal contenuto fortemente inquietante.
In un lettera di Don Milani a Giorgio Pecorini, contenuta nel libro di quest’ultimo Don Milani! Chi era Costui? (Baldini&Castoldi, 1996, pp. 386-391), il presbitero autore del celebre Lettera ad una professoressa scriveva:
«… Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani più che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!) (…) E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?». Il corsivo è nostro.
In un’altra lettera ad un amico vi sarebbe scritto «Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto».
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Nonostante questi fatti, e voci ricorrenti sul personaggio che non circuitavano solo nei circoli tradizionalisti a lui ostili, negli anni scorsi la chiesa toscana sembrava indirizzata a tentare il processo di beatificazione del Milani, processo che, con evidenza, davanti a questi macigni subì una battuta d’arresto.
Ciononostante, il 20 giugno 2017 Bergoglio – che aveva avuto pure i suoi scandali con il caso della «Casita de Dios», ma anche col presbitero cileno Karadima, col prete ciellino don Inzoli etc. – effettuò un «pellegrinaggio» (sic – proprio come per i viaggi presso santuari e luoghi sacri) a Barbiana, per onorare don Milani. Un segnale che per molti è apparso chiaro, e terrificante.
Ora, papa Prevost si rivela, come in tanti altri temi, dalla sin0dalità all’omotransessualismo alla farsa climatica – totalmente in linea con il predecessore, lasciando intendere un papato di continuità totale con la catastrofe conciliare in generale e la catastrofe bergogliana in particolare.
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«Persecuzione feroce e genocida contro i cattolici» e «vile e cortigiana complicità». Mons. Viganò contro Parolin sulle persecuzioni in Nigeria
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