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Geopolitica

Il Pentagono afferma che la guerra Russia-Ucraina durerà anni

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Il Pentagono ritiene che la guerra Russia-Ucraina si rivelerà un «conflitto molto prolungato» che probabilmente durerà per «anni».

 

La previsione è stata fatta durante una commissione per i servizi armati della Camera USA lo scorso martedì alla quale hanno partecipato il generale Mark Milley, il presidente dei capi di stato maggiore congiunti e il segretario alla Difesa Lloyd Austin.

 

«Penso che questo sia un conflitto molto prolungato e penso che sia almeno misurato in anni. Non so circa dieci anni, ma almeno anni, di sicuro», ha detto il generale Milley ai leader del Congresso.

 

«Questo è un conflitto molto esteso che la Russia ha avviato e penso che la NATO, gli Stati Uniti, l’Ucraina e tutti gli alleati e i partner che stanno sostenendo l’Ucraina saranno coinvolti in questo per un po’ di tempo», ha aggiunto.

 

Il Pentagono continua a insistere sulla storia – tirata fuori da chi non è dato di capire – che i russi si aspettassero che l’Ucraina fosse presa nel giro di settimane se non mesi, ma una feroce resistenza inaspettata e il sostegno occidentale li hanno costretti a ridimensionare le loro ambizioni di conquistare l’Ucraina orientale e regioni meridionali.

 

Durante la sua testimonianza, Milley ha anche suggerito che la guerra per procura tra NATO e Russia si intensificherà a causa di ciò che sta accadendo in Ucraina.

 

Come riportato da Renovatio 21, Milley è stato sospettato di tradimento, in quanto pare abbia dichiarato che non avrebbe eseguito eventuali ordini di attacco nucleare qualora Trump a fine presidenza li avessi ordinati. Non solo: il generale, che ha pubblicamente esposto il suo interesse per la filosofia woke e il concetto di «white rage» (il risentimento dei bianchi che stanno perdendo potere), nelle ore del 6 gennaio 2021 ne parlà con la speaker della Camera e bastione dell’opposizione a Trump Nancy Pelosi, nonché con il suo omologo cinese, il generale Li Zuocheng.

 

Un vero e proprio golpe: ma a qualcuno è importato?

 

Il Milley è altresì da considerarsi il più grande benefattore dell’islamismo che la storia ricordi: secondo Donald Trump, fu sua l’idea di lasciare 300 miliardi di armamenti USA in Afghanistan, armamenti che come sappiamo oggi sono nelle mani dei talebani, che ad oggi dispongono di più elicotteri dell’esercito australiano.

 

In un evento a Mar-a-Lago in Florida, l’ex presidente Trump ha affermato che Milley gli aveva detto che lasciare gli aerei in Afghanistan era più economico che spostarli in un altro Paese. «Fu allora che mi resi conto che era un fottuto idiota», ha detto Trump, suscitando un’ondata di risate dalla folla.

 

Ora dobbiamo ascoltare il generale Milley anche quando parla di Ucraina e di Russia. «Stiamo entrando in un mondo che sta diventando sempre più instabile. Il potenziale per un conflitto internazionale significativo tra le grandi potenze sta aumentando, non diminuendo», ha affermato il Milley.

 

Come scrive Summit News, «la notizia che è probabile che la guerra durerà per anni sarà sicuramente musica per le orecchie degli appaltatori di armi, così come per molti all’interno della stessa NATO».

 

Di fatto, un recente articolo del Washington Post ha confermato che alcuni personaggi di spicco all’interno della NATO vogliono che la guerra sia prolungata in modo da indebolire la Russia.

 

«Anche un voto ucraino di non aderire alla NATO – una concessione che Zelensky ha pubblicamente lanciato – potrebbe essere una preoccupazione per alcuni vicini. Ciò porta a una realtà imbarazzante: per alcuni nella NATO, è meglio che gli ucraini continuino a combattere e a morire, piuttosto che raggiungere una pace che arriva troppo presto o ad un costo troppo alto per Kiev e il resto d’Europa», scriveva l’articolo.

 

«C’è uno sfortunato dilemma. Il problema è che se finisce ora, c’è una sorta di tempo per la Russia per riorganizzarsi e ripartirà, con questo o un altro pretesto».

 

 

 

Immagine di U.S. Secretary of Defense via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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Geopolitica

Trump minaccia Mosca: ultimatum di 50 giorni per la fine della guerra in Ucraina

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di imporre dazi «severi» fino al 100% sui partner commerciali della Russia se non si raggiungerà un accordo per porre fine al conflitto in Ucraina entro 50 giorni.

 

Trump ha lanciato l’avvertimento lunedì durante un incontro con il Segretario generale della NATO Mark Rutte nello Studio Ovale.

 

«Siamo molto, molto scontenti, io lo sono, della Russia, e applicheremo dazi molto severi se non raggiungeremo un accordo entro 50 giorni», ha affermato.

 

Trump ha accusato il suo predecessore Joe Biden di aver trascinato Washington nel conflitto, affermando che gli Stati Uniti hanno speso circa 350 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina.

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Il presidente americano ha anche menzionato un disegno di legge del Congresso che imporrebbe sanzioni più severe alla Russia, affermando: «non sono sicuro che ne abbiamo bisogno, ma è positivo che lo stiano facendo… potrebbe essere molto utile». La votazione del Senato è prevista per la prossima settimana.

 

L’inquilino della Casa Bianca osservato che, se non ci fossero progressi in Ucraina, imporre alla Russia tariffe secondarie statunitensi non richiederebbe l’approvazione del Congresso.

 

Le tariffe secondarie colpiscono i paesi che intrattengono rapporti commerciali con un paese sanzionato. Trump ha anche annunciato che gli Stati Uniti invieranno armi all’Ucraina tramite la NATO, che si occuperà sia del pagamento che della distribuzione.

 

«Abbiamo concluso un accordo oggi: invieremo loro le armi e loro le pagheranno», ha affermato.

 

La Russia ha ripetutamente denunciato l’Occidente per aver fornito armi all’Ucraina, avvertendo che ciò non fa che prolungare il conflitto e non ha alcun impatto sul suo esito. Il mercato azionario russo è salito alle stelle in seguito alle dichiarazioni di Trump: l’indice principale è balzato di quasi il 3%, secondo i dati della Borsa di Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, Trump un mese fa aveva fatto sospendere il nuovo di legge sulle sanzioni alla Russia. L’allentamento delle sanzioni aveva spinto il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ad accusare Washington di «indebolimento».

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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr

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Geopolitica

Il presidente iraniano è stato ferito nei raid aerei israeliani di giugno

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Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian è rimasto leggermente ferito durante gli attacchi aerei israeliani su un bunker il mese scorso. Lo riporta l’agenzia di stampa della Repubblica Islamica Fars.   Secondo quanto riferito, l’attacco del 16 giugno ha coinvolto sei bombe che hanno preso di mira i punti di accesso a una struttura sotterranea segreta nella parte occidentale di Teheran, dove Pezeshkian e altri alti funzionari stavano partecipando a una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran.   Fars ha dichiarato sabato che le esplosioni hanno interrotto l’erogazione di energia elettrica alla struttura, costringendo il presidente a fuggire attraverso un condotto di emergenza, durante la fuga ha riportato ferite alle gambe.

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Il quotidiano ha affermato che l’operazione è stata modellata sugli attacchi del settembre 2024 a Beirut, in cui è stato ucciso il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah.   Durante la guerra durata 12 giorni, conclusasi con un cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti il 24 giugno, le forze israeliane hanno ucciso diversi comandanti iraniani di alto rango e scienziati nucleari.   In un’intervista rilasciata al giornalista Tucker Carlson la scorsa settimana, Pezeshkian ha affermato che Israele aveva tentato di assassinarlo. Israele non ha rilasciato dichiarazioni in merito.   Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato di aver ordinato l’attacco per impedire all’Iran di sviluppare armi nucleari. Gli Stati Uniti hanno appoggiato gli attacchi e si sono uniti ai raid israeliani contro gli impianti nucleari iraniani il 22 giugno. Teheran, che nega di perseguire un programma nucleare militare, ha condannato gli attacchi come immotivati.   Come riportato da Renovatio 21, Pezeshkian, eletto un anno fa dopo la vittoria al voto, appartiene ai riformisti ma è vicino ai Pasdaran.
 
Immagine di Khamenei.ir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International l

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Geopolitica

Putin: lo scontro tra Russia e Occidente non è una questione ideologica

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Le aspirazioni egemoniche delle nazioni occidentali e il disprezzo per le preoccupazioni di sicurezza della Russia hanno portato al perdurante stallo tra Mosca e l’Occidente, ha affermato il presidente Vladimir Putin in un’intervista rilasciata domenica.

 

Le differenze ideologiche sono solo un pretesto per promuovere gli interessi geopolitici dell’Occidente, ha affermato. Putin ha aggiunto che si aspetta che il crollo dell’URSS allevi le tensioni tra Russia e Occidente.

 

«Pensavo anche che i principali disaccordi tra noi fossero di natura ideologica», ha affermato. «Eppure, quando l’Unione Sovietica è scomparsa… l’approccio sprezzante nei confronti degli interessi strategici della Russia è persistito».

 

Il presidente ha proseguito affermando che i suoi tentativi di sollevare le preoccupazioni della Russia con i leader occidentali sono stati vani. «L’Occidente ha deciso… di non dover seguire le regole quando si tratta della Russia, che non ha lo stesso potere dell’URSS».

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Tutte le proposte di Mosca in materia di sicurezza reciproca, rafforzamento della stabilità internazionale e raggiungimento di accordi su armi offensive e difesa missilistica sono state respinte, ha affermato Putin. «Non si è trattato di semplice negligenza. Si basava su un chiaro desiderio di raggiungere determinati obiettivi geopolitici».

 

«È diventato chiaro che, a meno che la Russia non si posizioni come una nazione sovrana indipendente… non saremo presi in considerazione», ha aggiunto.

 

Il presidente russo ha accusato le nazioni occidentali di tradire la Russia e di non mantenere le promesse fatte. Il mese scorso, ha affermato che a Mosca è stato «sfacciatamente mentito» sull’espansione della NATO per decenni, mentre il blocco militare guidato dagli Stati Uniti si avvicinava ai confini russi.

 

«Tutto andava bene finché era contro la Russia», affermò all’epoca, aggiungendo che le nazioni occidentali hanno sostenuto il separatismo e persino il terrorismo diretto contro il Paese.

 

Mosca ha elencato le ambizioni di Kiev in ambito NATO e l’assistenza militare occidentale all’Ucraina come le principali ragioni alla base del conflitto ucraino. Prima dell’escalation all’inizio del 2022, la Russia ha cercato di affrontare le proprie preoccupazioni in materia di sicurezza chiedendo garanzie agli Stati Uniti e alla NATO, nonché lo Status di paese non allineato per l’Ucraina, respinte dall’Occidente.

 

Putin ha più volte raccontato di aver chiesto al presidente americano Bill Clinton nel 2000 che Mosca entrasse nella NATO, ma gli è stato risposto, senza una vera elaborazione, che ciò non era possibile.

 

A cercare di portare la Russia vicino al Patto Atlantico ci provò di lì a poco lo statista italiano Silvio Berlusconi (1936-2023) con gli accordi stipulati nel 2022 a Pratica di Mare.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0).

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