Epidemie
Il mondo senza amicizia

Non amiamo in alcun modo citare Carl Sagan.
Una figura abbastanza nota: astronomo, astrobiologo, divulgatore, si è dedicato a lungo a parlarci della possibilità delle civiltà aliene, ma dalla prospettiva dell’establishment. Per chi lo ricorda, è suo il libro da cui trassero il film Contact con Jodie Foster. Lavorò per la NASA e fondò il progetto SETI, l’insieme di antenne per la ricerca di segnali intelligenti nel cosmo – insomma, davvero dalla parte del potere.
Egli era infatti uno scettico, di quelli che ci tengono a importi la loro religione, a cui hanno dato il nome altisonante di «umanesimo secolare». In Italia, lo scetticismo oltranzista è rappresentato dal CICAP di Piero Angela, e Sagan era una cosa così.
«Ho il presentimento di un’America ai tempi dei miei figli o nipoti – quando gli Stati Uniti saranno un’economia di servizi e di informazioni; quando quasi tutte le principali industrie manifatturiere saranno scivolate via verso altri paesi; quando incredibili poteri tecnologici saranno nelle mani di pochissimi e nessuno che rappresenta l’interesse pubblico potrà nemmeno afferrare i problemi; quando le persone avranno perso la capacità di stabilire i propri programmi o di mettere in discussione consapevolmente chi detiene l’autorità; quando le nostre facoltà critiche in declino, incapaci di distinguere tra ciò che è bello e ciò che è vero, scivoleremo, quasi senza accorgercene, nella superstizione e nell’oscurità
Nel 1995 scrisse un libro, Il mondo infestato dai demoni, dove malgrado il titolo eccitante non si parla proprio di demoni, ma della primazia dello scetticismo sulle pseudoscienze e su stupide superstizione come Dio, gli UFO, il paranormale, le terapie alternative.
Tuttavia, in quelle pagine ce ne pare una che sembra avere parole davvero profetiche per il momento presente.
«Ho il presentimento di un’America ai tempi dei miei figli o nipoti – quando gli Stati Uniti saranno un’economia di servizi e di informazioni; quando quasi tutte le principali industrie manifatturiere saranno scivolate via verso altri paesi; quando incredibili poteri tecnologici saranno nelle mani di pochissimi e nessuno che rappresenta l’interesse pubblico potrà nemmeno afferrare i problemi; quando le persone avranno perso la capacità di stabilire i propri programmi o di mettere in discussione consapevolmente chi detiene l’autorità; quando, stringendo i nostri cristalli e consultando nervosamente i nostri oroscopi, le nostre facoltà critiche in declino, incapaci di distinguere tra ciò che è bello e ciò che è vero, scivoleremo, quasi senza accorgercene, nella superstizione e nell’oscurità. L’ammutolimento dell’America è più evidente nel lento decadimento dei contenuti sostanziali nei media enormemente influenti, i brani sonori di 30 secondi (ora scesi a 10 secondi o meno), la programmazione del minimo comune denominatore, le presentazioni credule sulla pseudoscienza e la superstizione, ma soprattutto una sorta di celebrazione dell’ignoranza».
Il giovane editorialista americano Saagar Enjeti ha letto questo brano come una previsione di TikTok, dove l’attenzione si è ridotta a dieci secondi o meno, e come profezia dell’anno pandemico, passato in solitudine grazie alla tecnologia, e della tensione impercettibile che ha generato.
Ci sarebbe in realtà un modo di quantificare questo disastro: una statistica uscita poco fa riguardante il numero dei «veri amici» che gli americani dichiarano di avere.
Nel 1990 il 33% dichiarava di avere dieci o più amici intimi, senza contare i parenti. La minoranza, il 11% sosteneva di avere 3 amici veri in tutto.
Tutti gli amici che ti rimangono vengono dal lavoro, o da situazioni legate al lavoro. «Questa è la vita dell’élite cosmopolita», e l’ha imposta a tutti quanti, pena l’emarginazione professionale e quindi sociale. «L’élite ha strutturato l’economia in modo tale che tutti oggi devono vivere come vivono loro»
Ora, nel 2021, il numero delle persone che dichiarano di avere 10 o più amici, è crollato al 13%. È comparsa quest’anno anche una categoria che prima era quasi inesistente: quelli che dichiarano zero amici. Nel 1990 erano il 3%, oggi sono il 12%. Impressionante.
Enjeti ritiene che il problema derivi dal troppo lavoro che affligge gli americani, con straordinari in ufficio e interminabili viaggi di lavoro. Oggi gli amici li fai tutto sul lavoro. Si tratta della vittoria della «classe manageriale» su tutte le altre: i principi di efficienza stakanovista della Corporate America hanno infettato ogni residuo senso di comunità rimasto. Le multinazionali, insomma, hanno imposto a tutti, anche ai ragazzi che venivano dalla vita rurale, la loro antropologica.
Tutti gli amici che ti rimangono vengono dal lavoro, o da situazioni legate al lavoro. «Questa è la vita dell’élite cosmopolita», e l’ha imposta a tutti quanti, pena l’emarginazione professionale e quindi sociale. «L’élite ha strutturato l’economia in modo tale che tutti oggi devono vivere come vivono loro».
In un’economia e una cultura top-down, l’élite è riuscita a trasmettere il suo senso del lavoro giù verso le persone che non necessariamente vogliono avercelo, e che preferiscono invece andare a vivere non in una metropoli ma in un paesino a dieci chilometri dalla mamma oppure appunto, la vita di comunità con gli amici…
Ammettiamo la nostra stupidità per non averci mai pensato: dopo aver distrutto la famiglia, era ovvio che sarebbero andati oltre. Era certo, quindi, che avrebbero cercato di distruggere anche l’amicizia, il sentimento più profondo che lega gli esseri umani senza relazioni di sangue
Il trasbordo ideologico si è compiuto anche a livello riproduttivo: la produttività della donna imposta dall’élite ha giocoforza imposto una sterilizzazione di tante persone che avrebbero voluto avere figli molto prima – per questo, peraltro, le grande aziende come Google offrono alle dipendenti giovani appena assunte la crioconservazione degli ovuli.
Ecco il punto davvero saliente delle preconizzazioni di Sagan: il potere è davvero in mano a pochissimi in grado di plasmare le nostre vite al di là della nostra consapevolezza. E nessuno, specie nella classe politica, sembra avere il coraggio o l’intelligenza per mettersi contro – Facebook in questo momento sta punendo con la censura davvero chiunque, ma Salvini, che alla sua «Bestia» di Facebook deve la sua ascesa, stranamente non dice nulla…
La popolazione non è in grado di mettere in discussione chi è al potere – anzi, è proibito. Anzi, ti zittiscono, e ti vengono magari anche a cercare, se hai dai ridire su un virologo.
Ma soprattutto, la cosa che ci colpisce, è la distruzione dell’amicizia. Ciò è cosa ancora più grata al potere, perché senza amicizia non hai nemmeno quel minimo collante sociale con cui le persone possono unirsi, e quindi rappresentare un problema per l’autorità costituita.
È quello che l’élite vuole: un mondo fatto di uomini liquidi, di uomini vuoti, di precari assoluti, che non sono certi nemmeno del proprio sesso – e appunto su questo ci stanno pure facendo una legge che punisce chi a questo quadro si vuole opporre.
Ammettiamo la nostra stupidità per non averci mai pensato: dopo aver distrutto la famiglia, era ovvio che sarebbero andati oltre. Era certo, quindi, che avrebbero cercato di distruggere anche l’amicizia, il sentimento più profondo che lega gli esseri umani senza relazioni di sangue.
È quello che l’élite vuole: un mondo fatto di uomini liquidi, di uomini vuoti, di precari assoluti, che non sono certi nemmeno del proprio sesso – e appunto su questo ci stanno pure facendo una legge che punisce chi a questo quadro si vuole opporre.
Un mondo di larve da spendere come meglio credono i padroni del vapore, magari facendoli lavorare – con stipendi da fame – o magari, semplicemente, terminandoli, perché sul pianeta siamo troppi.
Il lockdown a qualcuno ha consentito di lavorare: le amicizie professionali, come da desiderio dell’élite («non avrai altra vita che non la tua produttività») forse rimarranno. Tutto il resto no. Perché hanno chiuso tutti i canali dove le amicizie potevano sbocciare: i bar, i ristoranti, le piscine, le palestre, i cinema… e mettiamoci dentro anche le tanto vituperate discoteche, che erano i luoghi per antonomasia di incontro con persone nuove
Un mondo di larve da intrattenere con TikTok e altri spettacolini dementi, con la dipendenza dai social, dalla pornografia e dagli psicofarmaci, magari buttando lì ogni tanto come premio e monito il quarto d’ora di celebrità di Andy Warhol (esemplare il caso della vittima di lesbofobia che si prende 140 mila euro di donazioni in crowdfunding e si compra la Mercedes e il cagnolino di razza da 2.500 euro).
Ma venendo più al concreto, è impossibile non vedere come l’amicizia sia stata disintegrata dalla pandemia. In una società dove si ha paura a darsi la mano, o a parlarsi guardandosi in faccia, come sarà possibile crearsi degli amici?
Prima di perderla, non sapevamo quanto fosse preziosa questa cosa: la possibilità di uscire di casa, attaccare bottone per sbaglio con qualcuno, e quindi di tornare alla sera con un amico in più nel telefonino.
Il lockdown a qualcuno ha consentito di lavorare: le amicizie professionali, come da desiderio dell’élite («non avrai altra vita che non la tua produttività») forse rimarranno. Tutto il resto no. Perché hanno chiuso tutti i canali dove le amicizie potevano sbocciare: i bar, i ristoranti, le piscine, le palestre, i cinema… e mettiamoci dentro anche le tanto vituperate discoteche, che erano i luoghi per antonomasia di incontro con persone nuove.
Non solo: pensate ai treni. Ora, con un posto ogni due o ogni quattro, non si hanno più quei vicini di poltrona che il fato ci assegnava e con i quali potevano sbocciare discussioni frivole o abissali, e iniziare rapporti di ogni tipo.
Noi crediamo che la vera responsabile sia la Necrocultura, il sistema operativo caricato nella mente del mondo. Essa, deve distruggere ogni relazione umana: una volta eliminata la famiglia, ora sta facendo pulizia del resto, preparando così una società atomizzata e fluida, una non-società, abitata, del resto, da non-umani, da trans-umani modificati perfino a livello molecolare
Era già raro qualche anno fa la possibilità di incontrare persone «per strada»: una parola scambiata alla fermata dell’autobus, un complimento per il cappotto, una mano per sistemare il passeggino… Ora, con l’idea che chiunque può essere un untore (e, ancora peggio, l’idea che non sai se chi hai davanti è un covidiota che vede come offensivo ogni tuo gesto di vicinanza) vedere la collisione amicale di due sconosciuti all’aperto sarà impossibile.
A differenza del giornalista americano, noi non crediamo che tutto questo derivi il ultima analisi dall’élite e dalla sua dittatura stakanovista.
Noi crediamo che la vera responsabile sia la Necrocultura, il sistema operativo caricato nella mente del mondo. Essa, deve distruggere ogni relazione umana: una volta eliminata la famiglia, ora sta facendo pulizia del resto, preparando così una società atomizzata e fluida, una non-società, abitata, del resto, da non-umani, da trans-umani modificati perfino a livello molecolare.
La pandemia ha distrutto l’amicizia, vero. Ma la pandemia è solo una capitolo, sia pur acceso assai, del percorso della Cultura della Morte. Non abbiamo visto ancora niente. Le relazioni umane non solo andranno abbattute, andranno sostituite – e pervertite.
Qualcuno rammenterà l’anno scorso le grottesche uscite dei virologi lo scorso anni, che davano consigli agli amanti
Qualcuno rammenterà l’anno scorso le grottesche uscite dei virologi lo scorso anni, che davano consigli agli amanti: «amatevi solo per 15 minuti», amplessi con la mascherina addosso, poi seguivano dettagliate descrizioni per le posizioni sessuali anti-COVID.
Curioso, notavamo: ci hanno impedito di vedere gli amici – minacciando chi invitava troppa gente a casa a Pasqua, o proibendo le grigliate – e perfino di abbracciare i parenti (anche quando questi, magari, stavano morendo in ospedale…) ma non toccano nemmeno con un dito i dogmi della «liberazione sessuale».
Quel tipo di relazione, che pure necessariamente comporta lo scambio di molti fluidi, a loro stranamente va bene. Bisogna capire che non è una novità. C’è un precedente importante, e rilevante i questo momento: l’AIDS e i gay.
Curioso: ci hanno impedito di vedere gli amici – minacciando chi invitava troppa gente a casa a Pasqua, o proibendo le grigliate – e perfino di abbracciare i parenti (anche quando questi, magari, stavano morendo in ospedale…) ma non toccano nemmeno con un dito i dogmi della «liberazione sessuale»
Allo scoppio dell’HIV (all’epoca chiamato GRID: Gay Related Immunodeficiency) divenne chiaro che il problema dell’epidemia era la promiscuità degli omosessuali: il famoso paziente zero, un assistente di volo canadese, in una manciata di settimane riusciva ad avere centinaia di partner diversi.
È curioso anche notare che le persone in circolazione per l’establishment sono le stesse: Anthony Fauci era già in pista, e si dedicò all’AIDS, in modo anche controverso (vi era di mezzo la rivalità con Montagnier per vincere il Nobel, che poteva andare a Gallo, sodale di Fauci). Fauci ora ricorda che a quei tempi cominciò a frequentare i luoghi di maggior diffusione del virus, le saune di San Francisco…
L’AIDS uccise quantità immani di persone. Dalla comunità gay tracimò poi in quella degli eroinomani, e da lì alle prostitute, quindi alle famiglie, e da lì alle persone in emotrasfusione… Una vera calamità.
Nessuno ha mai pensato di andare dai gay e dire loro di smetterla con la loro promiscuità totale, vero motore del disastro dell’AIDS
Eppure, nessuno ha mai pensato di andare dai gay e dire loro di smetterla con la loro promiscuità totale, vero motore del disastro dell’AIDS. Nessuno ha detto una parola: perché di fatto essi erano l’avanguardia di quella «liberazione sessuale» che non può essere discussa. E cioè: della sostituzione dell’amicizia con il cannibalismo sessuale.
Un ex gay un giorno mi disse: «i gay non hanno amici» (alla faccia di chi dice «ho tanti amici gay»). Mi parlava del senso di angoscia che sentiva quando vedeva un maschio, una sensazione a cui doveva rispondere cercando di possederlo sessualmente. Avrei poi scoperto che questa idea è un caposaldo della teoria riparativa, la tecnica psicoterapica ora praticamente proibita ovunque, tanto che i libri del suo maggior esponente, Joseph Nicolosi, sono stati cancellati (vuol dire che proprio non ci sono, come se non fossero mai esistiti) da Amazon.
Nessun lockdown, nessun decreto, nessun ordine anticostituzionale per i gay e per il loro rischio, quello sì davvero presente, di diffondere il virus letale
Il ragazzo mi diceva che perfino le partite a pallone fra gay, che egli aveva provato ad organizzare, erano difficoltose, goffe. Mancava il senso di squadra, mancava lo stimolo… poi al momento della doccia però le cose cambiavano. Di fatto, si era reso conto, la gente accettava la serata al campo solo nella prospettiva della doccia. Erano, allora come oggi, gli anni dell’AIDS.
Nessun lockdown, nessun decreto, nessun ordine anticostituzionale per i gay e per il loro rischio, quello sì davvero presente, di diffondere il virus letale. Abbiamo visto, negli anni, altre cose: concerti di star del rock, fiocchetti rossi sul bavareo delle giacche, al massimo il famoso spot Pubblicità Progresso con l’alone viola – dove però i gay nemmeno erano raffigurati in mezza inquadratura.
La Necrocultura ha i suoi strumenti: l’omosessualizzazione è uno; un altro è l’epidemia, ma quella di COVID, non quella di AIDS, che è stata invece favorita – e ci sarebbe da considerare che i farmaci grazie a cui oggi di AIDS si muore poco, non sono business da niente per le farmaceutiche…
Il problema della diffusione dell’HIV nella comunità omosessuale è stato così volutamente ignorato che ad un certo è perfino spuntata una sottocultura, fiorente anche in Italia, di persone chiamate bugchasers («cercatori del baco») e giftgivers («donatori del dono») che infettano e si infettano volontariamente. Anche di questo, al governo, alle autorità, all’OMS, a Bill Gates non frega nulla.
Perché, speriamo che sia chiaro, essi sono funzionali al disegno. E il disegno si chiama Necrocultura. Che ha i suoi strumenti: l’omosessualizzazione è uno; un altro è l’epidemia, ma quella di COVID, non quella di AIDS, che è stata invece favorita – e ci sarebbe da considerare che i farmaci grazie a cui oggi di AIDS si muore poco, non sono business da niente per le farmaceutiche…
È la sostituzione morale delle vostre vite: invece di un lavoro, vi daranno uno stage. Invece di un figlio, vi daranno una manciata di voli Ryanair. Invece di una famiglia, vi daranno un’orgia nella dark room di qualche club gay. Invece di amici, vi daranno botte di sesso con persone a caso, magari ad alto rischio di prendere un virus quello sì davvero mortale.
È la sostituzione morale delle vostre vite: invece di un lavoro, vi daranno uno stage. Invece di un figlio, vi daranno una manciata di voli Ryanair. Invece di una famiglia, vi daranno un’orgia nella dark room di qualche club gay. Invece di amici, vi daranno botte di sesso con persone a caso, magari ad alto rischio di prendere un virus quello sì davvero mortale
Sagan, senza saperlo, con quel libro aveva davvero ragione: il mondo è infestato di demoni. Non quelli che pensava lui. Ci sono demoni veri in circolazione. Ci è impedito anche solo nominarli, e di fatto non so nemmeno cosa scatenerà questo articolo.
So di certo però che Renovatio 21 la Cultura della Morte la vuole combattere, e tacere non è possibile. Per questo cerchiamo amici per proseguire questa pazzesca battaglia. Molti li abbiamo già trovati, e a loro, per l’amicizia che mostrano, siamo tanto grati.
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Epidemie
La Russia sottoporrà a test per l’epatite tutti i lavoratori immigrati. E l’Italia?

A partire da marzo 2026, la Russia imporrà ai lavoratori migranti di sottoporsi a test per l’epatite B e C, ampliando le attuali disposizioni di screening medico. Le nuove regole si applicheranno ai cittadini stranieri e agli apolidi che entrano in Russia per lavoro, oltre a coloro che richiedono lo status di rifugiato o asilo temporaneo.
Le visite mediche sono obbligatorie per i migranti: senza di esse, non è possibile ottenere permessi di lavoro, residenza temporanea o permanente. I lavoratori migranti devono completare gli esami entro 30 giorni dall’arrivo, mentre chi non intende lavorare ha 90 giorni di tempo. Attualmente, gli screening includono test per droghe e malattie gravi come HIV, tubercolosi, sifilide e lebbra.
Le modifiche al processo di controllo sanitario per gli stranieri in visita sono state proposte all’inizio dell’anno da un gruppo di lavoro sulle politiche migratorie, guidato dalla vicepresidente della Duma di Stato, Irina Yarovaya. La vicepresidente ha chiarito che l’obiettivo è rafforzare il monitoraggio sanitario degli stranieri in arrivo e prevenire la diffusione di malattie pericolose.
I lavoratori migranti sono fondamentali per l’economia russa, occupando ruoli chiave in settori come edilizia, agricoltura e servizi. Milioni di migranti, soprattutto dall’Asia centrale, sono attratti da salari più alti rispetto ai loro paesi d’origine. Tuttavia, questo afflusso ha sollevato dibattiti su salute pubblica e stabilità sociale. Per questo, le autorità russe hanno introdotto rigidi controlli sanitari e requisiti per i migranti, cercando di bilanciare i benefici economici con la sicurezza sanitaria.
Nell’ultimo anno, la Russia ha anche intensificato la lotta contro l’immigrazione illegale. Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che istituisce una nuova agenzia statale all’interno del Ministero dell’Interno, incaricata di migliorare la gestione dei flussi migratori.
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Il Cremlino ha dichiarato che l’iniziativa punta a razionalizzare il processo migratorio, promuovere il rispetto delle leggi russe tra i migranti e ridurre le attività illegali.
In Italia la situazione epidemiologica dell’immigrazione è un grande tabù del discorso pubblico.
«In base ai dati epidemiologici in nostro possesso, risulta che in Italia il 34,3% delle persone diagnosticate come HIV positive è di nazionalità straniera» diceva in un’intervista a Renovatio 21 il dottor Paolo Gulisano sette anni fa. «Considerato che gli stranieri rappresentano circa il 10% della popolazione italiana, questo dato vuole dire che la diffusione dell’HIV tra gli stranieri è oltre il triplo che negli italiani».
«Un dato che fa pensare. Molti immigrati provengono da Paesi dove la diffusione dell’HIV, così come quella della TBC, è molto più alta che in Europa. Basta far parlare i dati. Il numero dei decessi correlati all’AIDS nel 2016 per grandi aree è il seguente: Africa Sud-Orientale: 420 mila; Africa Centro-Orientale: 310 mila; Nord Africa e Medio Oriente: 11 mila; America Latina: 36 mila, più il dato dei soli Caraibi che è di 9400. Europa dell’Est e Asia centrale: 40 mila; Europa Occidentale e Nord America: 18 mila; Asia e Pacifico: 170 mila. Ora, la lettura di questi numeri ci fornisce delle evidenze molto chiare».
«È quindi chiaro quali siano i rischi di una immigrazione di massa, incontrollata anche dal punto di vista sanitario, e i rischi legati al fatto che un numero impressionante di immigrate africane viene gettato nel calderone infernale della prostituzione, che diventa veicolo di diffusione di malattie veneree».
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Epidemie
Paura e profitto, dall’AIDS al COVID

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Le opinioni dissenzienti sull’AIDS «abilmente represse per decenni»
Shenton era una reporter della BBC, l’emittente pubblica nazionale del Regno Unito, quando sviluppò il lupus indotto da farmaci, dopo essere stata sottoposta a un’eccessiva terapia farmacologica in Spagna negli anni ’70. «Mi hanno dato tutto quello che c’era scritto nel libro», ha detto Shenton. «Certo, sono imploso e mi sono sentito gravemente male. Sono stato al Westminster Hospital per due mesi. Sono quasi morto». L’esperienza ha suscitato in lei l’interesse per le indagini sulle lesioni causate dai trattamenti medici. In seguito è entrata a far parte dell’emittente nazionale britannica Channel 4, producendo una serie di documentari, Kill or Cure. La serie si concentrava sulla riluttanza delle grandi aziende farmaceutiche a ritirare trattamenti pericolosi o inefficaci. «Quello mi ha davvero dato la carica», ha detto Shenton. Nei primi anni ’80, Shenton e il suo produttore vennero a conoscenza della ricerca del dottor Peter Duesberg, un biologo molecolare tedesco che sosteneva che l’HIV non causava l’AIDS. Iniziò a mettere in discussione le narrazioni dominanti. «Abbiamo continuato a realizzare 13 documentari sull’AIDS», ha detto Shenton. Il documentario Positively False si concentra sulla «manipolazione delle aziende farmaceutiche e delle organizzazioni [mediche] interessate in tutto il mondo, che manipolano il terrore della peste», ha affermato Shenton. Il film rivela «la scienza imperfetta che circonda l’AIDS e le conseguenze di seguire ipotesi sbagliate», ha affermato Shenton nell’introduzione. Tra queste, la convinzione che l’AIDS sia infettivo, che sia causato dall’HIV e che l’HIV sia contagioso. «Molti scienziati e ricercatori non sono d’accordo. Queste opinioni sono state abilmente represse per decenni dall’ortodossia scientifica prevalente e dai media mainstream», ha affermato Shenton nel documentario. I ricercatori che mettevano in discussione la narrazione dominante sull’HIV/AIDS sono stati repressi e messi a tacere, così come gli scienziati che mettevano in discussione la narrazione prevalente sul COVID-19, ha affermato Shenton.Sostieni Renovatio 21
Test PCR «completamente inutili» per AIDS e COVID
In entrambi i focolai, sono stati utilizzati test PCR per determinare l’infezione, ha affermato. «Il test [PCR] è completamente e totalmente inutile», ha detto Shenton. I test non possono «distinguere tra particelle infettive e non infettive». Shenton ha affermato che i diversi Paesi utilizzano standard diversi per determinare una diagnosi positiva di HIV. «Si potrebbe fare il test per l’HIV, per esempio in Sudafrica, e risultare positivi, e volare in Australia e risultare negativi», ha detto Shenton. All’inizio dell’epidemia di AIDS, molti scienziati ritenevano che fattori legati allo stile di vita, tra cui la dipendenza da droghe ricreative e l’uso di nitriti come i «poppers», fossero la causa dell’AIDS a causa dei danni che provocavano al sistema immunitario. Allo stesso tempo, i funzionari sanitari e i media hanno erroneamente attribuito la diffusione della malattia in Africa all’AIDS, quando in realtà era la mancanza di accesso all’acqua potabile a far ammalare le persone, ha detto Shenton. Queste narrazioni sono cambiate quando le agenzie sanitarie governative hanno iniziato a interessarsi alla ricerca sull’AIDS, ha affermato Shenton. «Quando il CDC [Centers for Disease Control and Prevention] è intervenuto e ha riunito tutti i suoi rappresentanti per esaminare questo gruppo di giovani uomini che erano molto, molto malati… l’intera teoria secondo cui l’AIDS era causato dallo stile di vita o dalla tossicità è scomparsa», ha detto Shenton.Iscriviti al canale Telegram
Fauci ha promosso trattamenti mortali per AIDS e COVID
Shenton ha affermato che i trattamenti medici dannosi sono stati al centro sia dell’epidemia di AIDS che di quella di COVID-19. Nel 1987, la Food and Drug Administration statunitense approvò l’AZT (azidotimidina) per le persone sieropositive. L’AZT si rivelò pericoloso per molti pazienti affetti da AIDS. Durante la pandemia di COVID-19, i vaccini e il remdesivir hanno danneggiato le persone. E in entrambi i casi – l’epidemia di AIDS e la pandemia di COVID-19 – Fauci ha svolto un ruolo chiave. «Eravamo profondamente, profondamente critici nei confronti di Fauci, per il modo in cui ha gestito gli studi multicentrici di fase due sull’AZT. Voglio dire, erano corrotti, e tutta la prima fase è stata finanziata dall’azienda farmaceutica [Burroughs Wellcome, ora GSK ], e avevano dei rappresentanti, e questo è noto attraverso i documenti sulla libertà di informazione, che sono andati lì e hanno portato a casa i risultati del gruppo trattato con il farmaco e del gruppo placebo, eliminando gli effetti collaterali nel gruppo trattato con il farmaco» ha detto la Shenton. Nel film Positively False, diversi scienziati e ricercatori hanno spiegato come l’AZT impedisca la sintesi del DNA, impedisca la replicazione delle cellule e contribuisca alla generazione di cellule cancerose. Tuttavia, secondo il documentario, i pazienti che mettevano in dubbio la sicurezza e l’efficacia dell’AZT venivano stigmatizzati e la loro sanità mentale veniva messa in discussione. Holland ha fatto riferimento al libro del 2021 del Segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., The Real Anthony Fauci : Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health che contiene una sezione sul lavoro di Fauci durante l’epidemia di AIDS. «Solleva tutti questi interrogativi il fatto che in realtà sembra la stessa truffa e gli stessi giocatori… non è cambiato molto», ha detto Holland.Aiuta Renovatio 21
Il «terrore della peste» esisteva molto prima dell’AIDS o del COVID
Secondo Shenton, le epidemie di AIDS e COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», che è esistito nel corso della storia. All’inizio del XX secolo, negli Appalachi, fu diagnosticata un’epidemia di pellagra. La malattia, che causava una mortalità diffusa e si diceva fosse infettiva, si rivelò essere una carenza nutrizionale. «Negli Appalachi, la popolazione molto povera viveva con una dieta completamente priva di nutrienti», ha detto Sheton. «Si trattava di una varietà di mais, ma lo cucinavano eliminandone tutti i nutrienti e dipendevano solo da quello». La gente aveva così tanta paura di contrarre la pellagra che coloro che si pensava fossero infetti venivano ricoverati in istituti o «gettati fuori dalle navi», ha affermato. Un infettivologo di New York, il dottor Joseph Goldberger, stabilì che la pellagra non era contagiosa, ma era causata da malnutrizione e carenza di niacina (vitamina B), ha detto Shenton. Fu emarginato per le sue scoperte. «È stato ridotto allo stato laicale, privato dei fondi, ridicolizzato. È morto. E cinque anni dopo la sua morte, hanno detto che aveva assolutamente ragione: non era contagioso, era tossico», ha detto. Secondo Shenton, in Giappone dagli anni ’50 agli anni ’70 la mielo-ottico-neuropatia subacuta (SMON) era comune. «Centinaia di migliaia di giapponesi sono rimasti paralizzati dalla vita in giù e ciechi, e nessuno riusciva a capire il perché. E ovviamente pensavano: “Oh, è un virus”», ha detto. Un neurologo giapponese, il dottor Tadao Tsubaki, ha studiato i pazienti affetti da SMON e ha stabilito che la condizione non era infettiva, ma era causata da un farmaco antidiarroico ampiamente somministrato, il cliochinolo. «Ci sono voluti 30 anni e squadre di avvocati per respingere in tribunale l’idea che la causa della SMON fosse un virus», ha affermato Shenton. Michael Nevradakis Ph.D. © 7 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
Le restrizioni COVID in Spagna dichiarate incostituzionali, annullate oltre 90.000 multe

Oltre 90.000 multe per violazioni delle norme anti-COVID sono state annullate dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato incostituzionali le severe misure adottate nel 2020.
Secondo il quotidiano spagnuolo The Objective, al 3 settembre 2025 sono state revocate 92.278 sanzioni, in seguito alla sentenza che ha giudicato incostituzionali alcune disposizioni del decreto sullo stato di emergenza del 2020, in vigore durante il primo lockdown per il COVID-19.
Queste sanzioni rappresentano solo la prima tranche di multe destinate all’annullamento, con altre che probabilmente seguiranno. Durante il rigido lockdown del 2020, imposto con lo stato di allarme, sono state emesse oltre 1 milione di sanzioni a livello nazionale, con circa 1,3 milioni di persone multate per aver violato le restrizioni.
La Corte Costituzionale ha stabilito che alcune parti dell’articolo 7 del Regio Decreto 463/2020, relative al divieto generale di circolazione, comportavano una sospensione ingiustificata del diritto fondamentale alla libertà di movimento, andando oltre una semplice limitazione. Tale misura superava i limiti dello stato di allarme, secondo la Corte, che ha precisato che una restrizione così drastica sarebbe stata giustificabile solo con uno stato di emergenza più severo, soggetto a un iter parlamentare più rigoroso.
La sentenza si applica retroattivamente a tutte le multe emesse durante il lockdown del 2020, creando un notevole onere per l’amministrazione statale. The Objective riferisce che «l’applicazione è stata lenta e disuniforme a seconda delle regioni», suggerendo che i rimborsi potrebbero richiedere mesi o anni.
Il quotidiano sottolinea che i 92.278 casi annullati finora rappresentano «solo la punta dell’iceberg di una crisi normativa» derivante dalle severe politiche di lockdown imposte dal governo spagnolo nel 2020.
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Immagine di Javier Perez Montes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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