Politica
Il Guardian pubblica un appello a incriminare e condannare Trump

Il quotidiano londinese Guardian ha pubblicato un editoriale lo scorso 4 agosto, intitolato senza mezzi termini: «Il tempo sta finendo. Il Dipartimento di Giustizia deve incriminare e condannare Trump».
L’articolo è a firma di due autori, gli americani Laurence Tribe e Dennis Aftergut
Tribe è un professore emerito ad Harvard, consigliere de la campagna di Barack Obama del 2008. L’uomo aveva chiesto l’impeachment di Trump dopo aver licenziato il direttore dell’FBI James Comey.
Aftergut è un ex procuratore federale, che ora lavora con il gruppo Lawyers Defending American Democracy («Avvocati che difendono la democrazia americana»).
Il duo chiede apertamente che il Dipartimento di Giustizia «incrimini e condanni Trump» in tempi rapidi, perché l’ex presidente si candiderà nel 2024 «e potrebbe vincere»
«Il tempo è essenziale (…) l’obiettivo deve essere quello di ottenere una condanna entro novembre 2024 (…)o entro e non oltre il 20 gennaio 2025».”
La loro affermazione principale è che Trump e i suoi funzionari hanno cancellato i testi che avrebbero mostrato la loro cospirazione per il colpo di Stato e che ora è il momento di produrre accuse e condanne prima che sia troppo tardi e Trump venga rieletto.
Tribe e Aftergut definiscono la cancellazione di questi testi una cospirazione criminale, «per distruggere le prove dei gravi crimini federali già oggetto di indagine».
Se Trump fosse stato incriminato, il Dipartimento di Giustizia «non potrebbe contare su un giudice favorevole che metta in moto un vero processo».
La soluzione offerta dai due è che «con tutti gli arresti mandati avanti, i pubblici ministeri avrebbero ancora tempo per fare ciò che è necessario prima della fine dell’anno».
«Per fortuna, ciò non implica l’impossibile. Il Dipartimento di Giustizia potrebbe prelevare uno o due pubblici ministeri esperti da ogni ufficio del procuratore degli Stati Uniti e metterli insieme sul caso».
L’editoriale inglese va considerato alla luce dell’eclatante radi del Dipartimento di Giustizia nell’irruzione nella tenuta Mar-a-Lago di Donald Trump, che ha innescato la condanna tra i legislatori repubblicani, alcuni dei quali hanno promesso di indagare sullo stesso Dipartimento di giustizia qualora il Partito Repubblicano vincesse le elezioni di medio termine.
Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0);
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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