Geopolitica
Il governo di transizione del Mali mette al bando le ONG finanziate dalla Francia
Il governo di transizione del Mali ha vietato l’attività delle organizzazioni non governative (ONG) finanziate dalla Francia.
«Le attività di tutte le organizzazioni non governative che operano in Mali e ricevono finanziamenti o sostegno finanziario o tecnico dalla Francia sono vietate», ha dichiarato lunedì sera il governo di transizione.
La decisione si applica anche alle ONG che operano in campo umanitario.
Nella primavera del 2022, il governo maliano ha annunciato la fine degli accordi di difesa con Parigi e ha invitato il Paese a ritirare le truppe coinvolte nelle operazioni Barkhane e Takuba.
A luglio, Parigi ha annunciato il completamento ufficiale della missione Takuba tra disaccordi con il governo di transizione della Nazione africana, salito al potere a seguito di una presa di potere militare.
Secondo Adama Diabate, specialista di geopolitica e vicedirettore dell’Istituto universitario per lo sviluppo territoriale (IUDT) dell’Università di Bamako, «il male della Francia in Africa non è ancora iniziato».
In un’intervista alla testata russa Sputnik, l’esperto ha parlato di un L’esperto ha notato un «risveglio tra gli africani, e non solo tra gli intellettuali, che hanno finalmente compreso la sostanza del rapporto, che era uno sfruttamento unilaterale dell’Africa».
«Macron afferma che migliorare le relazioni con l’Africa è una priorità. Macron è costretto a dirlo perché la Francia non può più operare in altri angoli del mondo. Ma il problema è che finché Macron è lì, è impossibile», ha detto Diabate.
Riguardo alla proibizione per tutte le ONG, l’analista maliano ha dichiarato che «come potete immaginare, lavorano attraverso queste ONG qui (…). Cioè, queste ONG sono direttamente collegate al Quai d’Orsay [Ministero francese per l’Europa e gli Affari Esteri, ndr]. Ufficialmente non lo diciamo, ma lo sappiamo».
«I Paesi africani stanno dicendo alla Francia che vogliono avere i diritti di libera associazione, che la loro sovranità sia preservata e che gli interessi dei nostri popoli siano rispettati in tutto ciò che facciamo con voi» conclude lo studioso africano dopo una lunga tirata contro lo sfruttamento da parte degli occidentali.
Come riportato da Renovatio 21, una ONG russa ha recentemente accusato i media francesi di coprire i crimini militari commessi da Parigi in Mali.
A inizio anno, il Mali aveva annullato gli accordi militari con i francesi, e pochi mesi prima aveva accusato Parigi di addestrare i terroristi che sosteneva di combattere.
Su tutto l’ombra del Gruppo Wagner, una PMC (cioè società privata di mercenari) con base a Londra ma alle dirette dipendenze del Cremlino, che avrebbe penetrato varie situazioni africane facendo della Russia un partner più desiderabile delle vecchie potenze coloniali come la Francia.
In Africa, soprattutto, la sua presenza in Mali e in Niger, Paesi francofoni che rivestono una loro importanza per gli affari postcoloniali di Parigi, è ridotto o è stata annullata, complice l’irresistibile ascesa nell’area della sfera di influenza russa, ottenuta grazie al lavoro dei contractor della Wagner.
È stato inevitabile dunque le diplomazie di Mosca e Parigi arrivassero a scontrarsi, anche se sempre nel caso circoscritto degli affari africani.
In Africa, da territorio di conquista cinese, si è inserito il nuovo player russo, che sta riuscendo a sottrarre alla sfera d’influenza della Francia non poca roba.
Nonostante i fumantini attacchi al nuovo governo italiano, bisogna capire che, in Africa come in Europa e in casa propria, la Francia è in realtà alle corde.
Immagine di @USArmy via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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