Politica
Il governo «democratico» dell’Ucraina vieta 11 partiti politici

Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyy ha annunciato la decisione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale di «sospendere» le attività di 11 partiti di opposizione che sarebbero «legati alla Russia».
Tra i partiti elencati ci sono l’OPPZZh (Piattaforma di Opposizione – Per la Vita) che detiene 44 dei 450 seggi nel Parlamento ucraino Verkhovna Rada, partito fondato da Viktor Medvedchuk, che è agli arresti domiciliari dalla metà del 2021 circa.
Tre stazioni televisive ucraine chiuse lo scorso febbraio – ZIK, NewsOne e 112 Ukraine – erano di proprietà di Taras Kozak, un legislatore e membro di OPPZZh.
Bandito è inoltre il Partito Socialista Progressista dell’Ucraina (PSPU) fondato e guidato da Natalia Vitrenko, politica ex candidate alle presidenziali vicina al pensiero di Lyndon Larouche.
Zelenskyy ha letto una dichiarazione in cui parla di legge marziale:
«Vorrei ricordare a tutti i politici, di tutti i campi: il tempo di guerra espone abbastanza bene la scarsità di ambizioni personali di coloro che cercano di porre le proprie ambizioni, il proprio partito o la propria carriera al di sopra degli interessi dello Stato, gli interessi delle persone; quelli che si nascondono nelle retrovie, fingendo di essere l’unico a cui importa della difesa. Qualsiasi attività da parte dei politici finalizzata alla scissione o alla collaborazione non avrà successo. Ma dovranno affrontare una risposta dura. Ecco perché il Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina ha deciso che, data la guerra su vasta scala condotta dalla Federazione Russa e i legami che alcune organizzazioni politiche hanno con tale Stato, qualsiasi attività di un certo numero di partiti politici sarà sospesa in attesa della legge marziale».
Ciò lascia le formazioni neonaziste incontrastate nella guida dell’Ucraina, scrive EIR.
La riprova della rilevanza quanto detto da Putin nel discorso che diede il via alla guerra: la denazificazione come conditio sine qua non del futuro dell’Ucraina.
I giornali italiani hanno fatto spallucce, al massimo ridacchiando dietro alla balla dell’impossibilità del nazismo in un Paese dove il presidente è ebreo…
La storiella è ripetuta da tutti, anche dagli aggressivi ospiti ucraini delle TV nazionali.
Ammettiamo che i giornalisti italiani possano ignorarlo, ma non gli ucraini: zhidobandera, il «giudeobanderismo» («giudeonazismo», diciamo) è un’espressione molto nota in Ucraina, che pare scherzosa ma totalmente veritiera: alcuni battaglioni amanti della svastica sono stati finanziati o formati da oligarchi come Igor Kolomojskij, ebreo con passaporto israeliano e cipriota (oltre che, ucraino).
Kolomojskij è considerato l’uomo dietro l’ascesa di Zelen’skyj, il cui serial di successo era trasmesso proprio dalle TV dell’oligarca.
Un’indagine di Voice of America aveva dimostrato molteplici viaggi di Zelen’skyj a Ginevra, dove risiede Kolomojskij, e pure in Israele, in concomitanza con soggiorni di Kolomojskij laggiù.
Secondo alcuni, l’oligarca in questo momento non avrebbe più contatto con Zelens0kyj, che sarebbe quindi totalmente in mano alle formazioni naziste – un Golem creato dall’oligarcato e dalla NATO.
Kolomojskij, uomo spiritoso, si è fatto pure riprendere con una t-shirt «giudeobanderista», dove il simbolo nazionale ucraino del tridente è trasformato in un candelabro ebraico.
Master of Ze puppet, Ukrainian oligarch Kolomoisky, known sponsor of neo-nazi Azov battalion. The writing on a t-shirt is “jew-banderist”. pic.twitter.com/cEkzxKGeoU
— Mur Mur Myau (@popoff_alex) April 22, 2019
Immagine screenshot da YouTube
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
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Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

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Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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