Geopolitica
Il generale nigerino Tchiani accetta i colloqui con i capi dei Paesi ECOWAS
A seguito di un incontro di diverse ore il 12 agosto a Niamey, tra il leader del golpe nigerino, il generale Abdourahamane Tchiani, e un gruppo di studiosi islamici nigeriani, guidati dallo sceicco Abdullahi Bala Lau, lo sceicco Bala Lau ha riferito il 13 agosto che il generale Tchiani è disposto a tenere direttamente colloqui con i leader dell’ECOWAS- Lo riporta Al Jazeera.
L’emittente qatarina cita lo sceicco Lau, il quale avrebbe detto che il generale Tchiani ha «accettato di avere discussioni completamente dirette con i leader dell’ECOWAS. Quindi, vogliamo che scelgano un luogo dove incontrarsi. Hanno intenzione di incontrarsi lì in Niger, in Nigeria, o dove altro [fanno] pensano sia meglio per loro».
Un tempo e un luogo per i colloqui devono essere determinati «nei prossimi giorni».
Secondo quanto riferito, la missione dello sceicco Bala Lau a Niamey è stata approvata dal presidente dell’ECOWAS e dal presidente nigeriano Bola Tinubu.
Lau ha riferito che il generale Tchiani «ha affermato che il colpo di Stato era ben intenzionato» e che è stato effettuato per «scongiurare una minaccia imminente che avrebbe colpito» la Nigeria e il Niger.
Tuttavia il generale ha aggiunto che è stato «doloroso» il fatto che l’ECOWAS avesse emesso un ultimatum per restaurare Bazoum senza ascoltare «la loro versione della questione».
Mentre questa notizia è stata accolta con cautela dal Dipartimento di Stato e da altri governi occidentali, non è stato così per le dichiarazioni rilasciate ieri sera alla televisione di stato dal portavoce della giunta generale Amadou Abdramane, secondo cui la giunta intende perseguire il presidente deposto Mohamed Bazoum per alto tradimento e «minaccia alla sicurezza dello stato».
Il generale Abdramane ha affermato che sono state raccolte prove sufficienti per perseguire Bazoum e i suoi «complici locali e stranieri» davanti alle «autorità nazionali e internazionali competenti».
Si dice che l’accusa di tradimento sia basata sugli scambi post-golpe di Bazoum con politici di alto rango dell’Africa occidentale e i loro «mentori internazionali», che la giunta accusa di aver fatto false accuse e tentato di far deragliare una transizione pacifica per giustificare un intervento militare in Niger.
Nessuna nazione straniera è stata nominata, né è stata fissata una data per il processo di Bazoum.
L’agenzia stampa Associated Press riferisce che prima dell’annuncio dell’accusa di Bazoum, un membro del team di comunicazione della giunta aveva detto ai giornalisti che la giunta aveva approvato i colloqui con l’ECOWAS.
Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse ore l’ECOWAS aveva cancellato una riunione militare in cui presumibilmente avrebbe parlato di un attacco al Niger, per il quale sarebbero stati già approntati 25 mila soldati nigeriani.
L’ex assistente del presidente nigerino deposto Bazoum, Antinekar al-Hassa, in un’intervista con l’agenzia russa RIA Novosti ha prefigurato uno scenario di guerra panafricana qualora l’ECOWAS decidesse di attaccare il Niger, scatenando la reazione di Mali e Burkina e Faso e forsanche dell’Algeria.
In Niger si è recata di sorpresa, la settimana scorsa, la grande pupara dietro alle violenze della politica estera americana, la neocon Victoria Nuland in Kagan.
Un comunicato della Conferenza Episcopale dei vescovi dell’Africa occidentale (RECOWA) si è espresso nettamente contro un’azione militare dell’ECOWAS in Niger, ricordando quanto successo una dozzina di anni fa in Libia.
Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.
Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».
Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.
Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».
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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».
A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.
Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.
In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.
Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
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Arte
Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.
L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.
Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.
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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.
Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».
L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.
Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.
Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».
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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».
Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.
Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».
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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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