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Geopolitica

Il generale Fabio Mini chiede la dissoluzione della NATO «minaccia alla sicurezza europea»

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In un’intervista pubblicata il 7 maggio dal sito AmbienteWeb, il Generale Fabio Mini ha parlato apertis verbis di dissoluzione della NATO.

 

«La NATO nell’attuale configurazione andrebbe sciolta per realizzare una nuova struttura di sicurezza regionale maggiormente legata alle Nazioni Unite piuttosto che a un solo stato membro e più rappresentativa dell’Europa nell’ambito della gestione della sicurezza internazionale» ha dichiarato il generale.

 

«Di fatto la NATO impedisce all’Europa di avere una propria capacità di difesa e sicurezza; da oltre vent’anni non è più un’alleanza difensiva; è diventata una minaccia alla sicurezza in Europa; agli interessi degli alleati antepone quelli degli Stati Uniti e persino quelli degli stati che incitano alla guerra a scapito della sicurezza europea» spiega il militare.

 

«Ognuna di queste ragioni è giustificata da una palese violazione del trattato atlantico. Quindi se si vuole continuare ad ignorarle sarebbe per lo meno onesto rivedere completamente i termini del trattato. Infatti, l’articolo 1 impegna le parti a rispettare lo statuto delle Nazioni Unite e a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale che pregiudichi la pace e la sicurezza. L’allargamento è stato da subito una controversia internazionale che pregiudicava la sicurezza e la pace».

 

Il generale, a differenza di tanti – come Joe Biden – che fingono di non ricordare, rammenta benissimo che «l’allargamento [della NATO] è stato da subito una controversia internazionale che pregiudicava la sicurezza e la pace».

 

«Nessuno stato europeo ha obiettato alla chiamata alle armi della NATO per azioni che avvenivano al di fuori della propria area di responsabilità e per motivi altrui. Non ha neppure obiettato all’ingresso nella NATO di paesi che non avevano i requisiti ma che portavano un grosso carico d’insicurezza».

 

Si consuma così il crollo della credibilità della UE. «L’Unione europea non ha manifestato nessun interesse reale per la situazione ucraina. Si è accodata agli interessi di puro esercizio della potenza della NATO. Siamo al paradosso che l’identità europea ed un minimo di salvaguardia della sicurezza del nostro continente è affidato ai sovranisti».

 

«La cosiddetta “vecchia Europa” dei paesi fondatori è ostaggio della “nuova Europa” costituita da tutti paesi dell’Est e del Nord che non vogliono l’Europa, ma una vendetta sulla Russia. Per questo sono coccolati e sostenuti finanziariamente e militarmente dagli Stati Uniti e dalla NATO».

 

Il generale offre un’analisi del conflitto in corso in totale controtendenza con il mainstream – anche quello dei capri espiatori filoputinisti che si vedono in TV.

 

«Lo scopo dell’’invasione dell’Ucraina non è mai stato l’occupazione di tutto il territorio. Non tanto perché la Russia non lo volesse, quanto perché le forze impiegate e le modalità operative adottate non erano in grado di raggiungerlo» dichiara Mini.

 

«La defenestrazione di Zelens’kyj è stata un obiettivo durante i mesi precedenti all’invasione e nelle prime quarantotto ore. Fallito quel tentativo che si doveva realizzare con l’accordo delle forze armate ucraine la defenestrazione è stata scartata e anzi è stato chiaramente indicato che Zelensky era ritenuto un interlocutore più affidabile di tanti candidati filorussi».

 

Tuttavia, in linea con quanto scrive anche questo sito, «l’atteggiamento di Zelensky è cambiato a causa delle pressioni dalla parte più estremista del suo entourage e da quelle degli inglesi e degli Stati Uniti con le promesse di sostenerlo nel combattere fino all’ultimo ucraino».

 

Una parola anche sulle origini della guerra, oramai tabuizzata da tutta la stampa occidentale: «hanno chiuso tutti e due gli occhi di fronte allo scempio che Kiev faceva del Donbass che allora non erano separatiste ma autonomiste nell’ambito dell’Ucraina. Kiev ha interpretato l’atteggiamento dell’Europa come un avallo delle repressioni e misure anticostituzionali che realizzava in Donbass».

 

 

Infine, l’analisi della via d’uscita dalla situazione.

 

«L’unica salvezza dalla guerra può venire soltanto da un passo indietro degli Stati Uniti o dalla spaccatura della Nato. Non ritengo probabile nessuna delle due anche se è ormai evidente che l’asse bellicista Washington -Londra disturba molti paesi europei. Se qualcosa succederà sarà dopo la guerra ucraina. Ma potrebbe essere troppo tardi».

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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