Economia
«Il denaro è questione di economia fisica»

L’economia mondiale sta per essere sconvolta per sempre. C’è chi parla di quella che è di fatto, una nuova Bretton Woods, un nuovo accordo non ancora scritto ma chiarissimo con cui saranno regolate le relazioni commerciali e finanziarie internazionali.
C’è chi parla della prospettiva incredibile (ma ora piuttosto visibile) del rublo come nuova riserva monetaria mondiale – del resto, con quello con petrolio, gas, nickel, carbone, palladio, neon, fertilizzanti, grano, cioè commodity essenziali alla civiltà moderna.
Della de-dollarizzazione su questo sito abbiamo parlato molto. Così come del fatto che l’economia, con tutti i suoi trilioni, i suoi soloni, si trova davanti l’immagine più tremenda, più opposta a quello che in teoria dovrebbe rappresentare: la fame. La disfunzione nei rapporti e nei commerci che arriva al punto di minacciare l’integrità fisica delle popolazioni umane.
È con questo in mente che vogliamo tornare alle parole dell’economista e politico americano Lyndon LaRouche (1922-2019) a un seminario sponsorizzato dall’EIR il 29 giugno 2005 a Berlino, dove centrava perfettamente il tema della primazia dell’economia fisica e del denaro come sua espressione.
«La cosa più importante è che abbiamo a che fare con un mondo in cui c’è una concezione del denaro, che è la concezione popolare del denaro da parte dei governi e delle istituzioni leader, che, da quanto ne so, è pazzesco, per lo standard dell’effetto del concetto, del modo in cui viene applicato» dice Larouche.
«Che il valore del denaro non dovrebbe essere determinato sulla base di un valore contabile corrente. Tale contabilità dovrebbe essere vietata come metodo per determinare il valore del denaro».
«Il valore del denaro dovrebbe essere determinato da un principio scientifico, non da un principio contabile. E il principio scientifico è: che cos’è una determinazione fisicamente difendibile della volontà dei governi e della capacità dei governi di operare nel creare credito, a lungo termine, per lo sviluppo delle loro economie e delle loro produttività? E quindi, noi tra le nazioni, dovremmo riconoscere questo processo, utilizzare questo processo e stabilire valori in termini di credito e scambio, sulla base di quelle determinazioni, che devono essere determinazioni fisiche, scientifiche».
«Perché, la cosa cruciale è, qual è la vita fisica dell’investimento? Come verrà mantenuto? E quanto dura e qual è la sua qualità? Queste sono le basi su cui dovresti emettere credito: sulla conoscenza della determinazione e della competenza del governo a creare valore, a creare ricchezza e ad avere ricchezza sufficiente, a ripagare il debito che stai creando, in modo tempestivo».
«Questa è una questione fisica, non una questione contabile» conclude Larouche.
In pratica, i governi che hanno perso la concezione del fatto che il danaro serve allo sviluppo fisico, vitale della Nazione, sono destinati a sopperire. La finanza divorzia dalla realtà: ed ecco che abbiamo i grandi crash del 1929, del 2008, etc.
Ora il divorzio tra il danaro e la realtà fisica è pienamente visibile nella follia delle sanzioni alla Russia. Se con il danaro – dollari, euro – non posso comprare beni fisici indispensabili alla Civiltà come combustibili, metalli, cibo, a cosa serve il danaro?
Non è un pensiero difficile. Tuttavia i nostri governi pare che non ci arrivino.
Questo è il motivo per cui il rublo ha recuperato quasi tutta la sua caduta. Questo è il motivo per cui il rublo, moneta con dietro un mondo fisico ed una Nazione armata a difenderlo, non potrà che continuare a salire. Perché puoi andare avanti senza banche d’investimento, ma non senza pane.
Forse ci hanno convinto del contrario: narcotizzare la popolazione tenendola in uno stato allucinatorio lontano dalla realtà è del resto una blanda strategia dell’Impero della Menzogna.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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